.|. Un Velo per gli Occhi .|.

3. L'Unione

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“Nella tua stanza, Estel!” ansimò l’elfo biondo, tendendosi contro l’uomo.

Aragorn continuò a baciare quel collo liscio e diafano che il giovane gli aveva offerto. Non ascoltò subito quella richiesta, quella folle pretesa.

Spinse nuovamente Legolas contro la colonna di marmo, ansioso di un maggior contatto tra i loro corpi. Dopo le resistenze iniziali, Aragorn l’aveva praticamente spogliato del tutto, aveva quasi strappato via la sua tunica celeste, avventandosi contro quel petto invitante, liscio e perfetto come lo stesso materiale di cui era costruita la sua casa.

L’uomo aveva perso del tutto il controllo… vederlo seminudo dinanzi a sé, mentre egli era ancora completamente vestito con ancora gli abiti della festa, era stato troppo, eccessivamente troppo per le sue fantasie. Gli aveva conferito uno strano senso di potere e di liberazione.

Se fosse stato per lui, l’avrebbe preso anche lì, in quel luogo scoperto, in quel momento, del tutto dimentico delle persone che si divertivano a poca distanza da loro. Aveva afferrato una gamba dell’elfo, tenendola sollevata con una mano, affinché il suo ventre potesse aderire completamente a quello del giovane, affinché Legolas sentisse quale arcana ed erotica magia riuscisse ad esercitare su di lui.
Aragorn era completamente eccitato. Come gli era accaduto tanti anni prima, quando ancora non poteva dare un nome a quel calore e a quei brividi che lo pervadevano, come non gli accadeva da tempo ormai… troppo preso dagli impegni quotidiani e schiavo dell’abitudine, dei suoi pensieri, pensieri d’assenza e d’incompletezza.

Perché quell’elfo aveva un potere così grande su di lui? Perché era capace di fargli dimenticare ogni cosa? Il suo nome, il suo ruolo, le sue responsabilità.
Non volle domandarselo. Lasciò che quella notte fosse l’istinto a governare le sue azioni.

Alle conseguenze avrebbe pensato il mattino dopo.

“Nella tua…”

Non ci fu bisogno, da parte di Legolas, di ripetere la sua richiesta.

L’uomo l’afferrò per mano e lo strattonò via con sé. Si allontanarono definitivamente dai giardini.

Aragorn camminò clandestino, come mai aveva fatto, per i corridoi della sua casa, stringendo nella propria, la mano di Legolas che si limitava a seguirlo in silenzio… sorridendo nell’ombra. L’elfo sapeva bene che il cuore degli Uomini fosse debole e soggetto a fragilità e tradimenti, e sebbene sapesse che la sua forza fosse superiore a quella di Aragorn, non voleva approfittare di lui. Non era giunto a Gondor per questo motivo, sebbene l’apparenza potesse ingannare gli occhi di molti, ma uno scopo ben più profondo, uno scopo dettato da qualcosa più grande di lui, l’aveva condotto fin lì.

“Dove mi stai conducendo?” domandò il giovane, guardandosi attorno.

“Dove nessuno potrà vederci!” rispose il re, stringendo più forte la sua mano.

Smettila di nasconderti, Estel… devi smetterla…” si disse Legolas nei suoi pensieri. Sospirò. “E io sono qui affinché tutto questo cessi una volta per tutte!

Raggiunsero infine una remota ala del palazzo, immersa completamente nell’ombra, dove l’odore di legno vecchio e abbandonato regnava sovrano sullo splendore del marmo. Eppure in quella zona della casa, tra quei profumi si poteva ancora respirare un’aria di autenticità incontaminata.

Legolas sorrise.

“Non vorrai condurmi nelle segrete, Estel?” sussurrò sensualmente, lasciando che la sua voce risuonasse dolcemente nel corridoio.

Aragorn non rispose. Si limitò ad afferrare una torcia, conficcata nel muro ed accenderla, per poi dirigersi verso una piccola porticina scavata nella parete.

“Sembra che tu conosca molto bene questo luogo…” riprese Legolas “Sembra che tu non abbia bisogno di occhi per vedere…”

“Ci vengo spesso…” rispose il re, aprendo la porta e conducendo Legolas al suo interno “quando ho bisogno di stare solo…”

L’elfo mosse qualche passo all’interno della stanza. Era semivuota ad eccezione di un grande letto bianco appoggiato contro la parete ed una piccola scrivania posizionata sotto l’unica finestrella dalla quale proveniva un po’ di luce.

Legolas respirò profondamente. Sebbene quel luogo somigliasse più ad una cella che ad una delle stanze di un palazzo reale non provò paura, non fu infastidito dal buio che lo circondava, ma sentì sulla pelle un brivido, un fremito di piacere come non provava da tempo… qualcosa di profondo e di vero.

Sono venuto qui per questo…” si disse, soffermandosi nel percepire ancora quella sensazione che lo stava invadendo… non la grande casa del re, non le sue camere meravigliosamente arredate, non gli alberi e i giardini perfettamente disegnati, ma era in quel luogo che l’elfo poteva sentire la reale essenza del mondo degli Uomini… era quel luogo che sapeva autenticamente di Aragorn, Aragorn come se lo era sempre immaginato.

Perché nascondi questo posto agli occhi di tutti? Perché lo nascondi ai tuoi occhi? E’ splendido, Estel…” avrebbe voluto dirgli, invece si limitò a pronunciare altre parole:

“Arwen sa di tutto questo?”

“No.” rispose l’uomo, senza distogliere gli occhi da quella splendida creatura che aveva davanti, illuminata appena dalla fiamma della torcia.

“Arwen conosce le abitudini segrete del suo sposo…?” ripeté l’elfo.

“N..non…”

“I suoi desideri nascosti… i suoi rimpianti… le sue passioni?”

“Io non… non ho desideri nascosti, né rimpianti…”

“Ah no?” l’interruppe Legolas, iniziando a camminargli intorno “E a cosa serve questo luogo allora? Un luogo nascosto dalla notte, precluso ad un elfo e alla luce del sole…” lo fissò profondamente “Questo luogo non esiste, Estel… questo luogo è dentro la tua anima… è la tua zona d’ombra…”

Legolas lesse la confusione sul volto di Aragorn… sapeva che non avrebbe capito le sue parole, o almeno non subito.

Si avvicinò a lui, e gli sollevò dolcemente il mento con le dita, facendo accuratamente attenzione che quella lieve carezza avesse effetto su di lui.

“Sembra quasi… sembra quasi un’alcova per amanti…” sussurrò con voce bassa e sensuale.

Aragorn scostò il suo volto dalla mano del giovane, irritato da quel gesto, ma allo stesso tempo… ahimé… involontariamente eccitato.

“Non ne ho mai avuti…”

Legolas sorrise ancora. E non si mosse.

L’uomo abbassò gli occhi, indugiando.

“Ho forse semplicemente atteso…” sospirò a fatica “che giungesse quello giusto…”

L’elfo provò tenerezza dinanzi a quelle parole. Vide nuovamente Aragorn in tutta la sua fragilità e nuovamente sentì un’incredibile attrazione nei suoi confronti, sentì che ciò che stava facendo era la cosa giusta.

Si accostò al suo petto, consapevole che la sua tunica fosse ancora semiaperta… chiuse gli occhi, avvicinando il volto a quello dell’uomo… cercò il suo respiro… cercò le sue labbra…

“E dimmi Estel…” mormorò con voce rotta “quando arriverà quello giusto…?”

Aragorn trasalì, impotente dinanzi all’eccitazione che cresceva violentemente in lui.

Afferrò il volto di Legolas con entrambe le mani, impaziente di perdersi ancora una volta in quel sapore così dolce.

“E’ già qui…”

E si abbandonò a quel bacio, ghermendone tutto il succo e la morbidezza.

Si baciarono a lungo, senza sosta, l’uno con la precisa consapevolezza di ciò che stava facendo, l’altro… completamente perduto.

Aragorn si allontanò lentamente dalla bocca dell’amante, cercando di assaporare per quanto possibile anche il sapore quell’assenza. Assaggiò un’ultima volta piccoli frammenti delle sue labbra, guardò con occhi curiosi le loro bocche unirsi e separarsi, deliziandosi del fatto di avere tra le sue braccia una così splendida creatura, ancor più bella della sua Arwen… ancora più viva ed intensa.

Legolas rimase appoggiato contro la sua fronte ancora per qualche istante, ad occhi chiusi, come aveva fatto poco prima fuori nei giardini. Lo sentiva vicino, intimamente suo, quell’Uomo bello e fuori dal comune, così vicino come se lo conoscesse da sempre. Ed ebbe quasi paura.

Forse, egli stesso… avrebbe perso il controllo.

Forse egli stesso… sarebbe divenuto vittima del suo stesso compito.

Ma non gliene importò. Ci sarebbe stata una risposta anche per questo.

Lasciò scivolare una mano tra i capelli corvini del re e accarezzò dolcemente la sua nuca. Nessuno l’aveva messo in guardia di quanto fascino potessero avere quelle creature all’apparenza così rozze, nessuno gli aveva mai parlato della bellezza, della forza e della sapienza che il re di Gondor sapesse emanare, ed ora già sentiva che di tutto questo non ne poteva più fare a meno.

“Non ti giudicherò, non ti additerò, non ti farò sentire colpevole di nulla, mai…” sussurrò l’elfo a bruciapelo sulle sue labbra “Qualunque cosa farai, per me sarà sempre la cosa giusta…”

Ancora parole enigmatiche, ancora parole strane e apparentemente senza senso.

Cosa avrebbe dovuto fare re Elassar? Perché mai Legolas gli stava offrendo quel sostegno?

Eppure la risposta a tutte quelle domande stava giungendo prima del previsto. Sarebbe già arrivata in quella notte, o forse era giunta nello stesso istante in cui gli occhi di Aragorn di Gondor avevano incontrato quelli del principe Legolas. Ora stava soltanto all’uomo ascoltarla e ascoltarsi… togliere il velo dai propri occhi e vivere veramente.

D’un tratto Aragorn scostò il giovane da sé e senza dire una sola parola, dopo aver posizionato la torcia in un anello di ottone alla parete, si avviò verso il grande e letto e si distese sopra.

Legolas fece per seguirlo, ma un gesto della mano del re bastò per fermarlo.

L’uomo scosse la testa. I suoi occhi erano colmi di desiderio.

“Ho atteso tanto tempo…” sospirò “Ho atteso tanto tempo per questo…” si morse le labbra “Spogliati Legolas!”

L’elfo spalancò gli occhi.

“Ti prego fallo per me… come lo facevi allora!”

Un lieve colore rosso si dipinse sulle gote del giovane. Nonostante tutto, Legolas doveva essere molto timido.

Tuttavia si avvicinò al letto, a passi lenti e cadenzati, affinché raggiungesse il punto esatto dove Aragorn gli aveva chiesto di posizionarsi, quel punto illuminato a dovere, in cui un gioco di luce ed ombre avrebbe potuto intrecciarsi sul suo corpo nudo.

I due amanti si guardarono per un istante che parve interminabile, e bastò quello sguardo ad accrescere il desiderio in entrambi.

Legolas si scostò i capelli dalle spalle, per poi far ricadere le braccia lungo i fianchi, in attesa di un desiderio o di un ordine da parte dell’uomo.

Aragorn sorrise… questa volta anche lui… malizioso.

“Portati le mani sulla tunica…” disse infatti il re dopo un istante “afferra la stoffa e lasciala scivolare lentamente sulla pelle, come se fosse una carezza…” si bagnò un poco le labbra con la lingua “Voglio che tu ti conceda carezze infinite stanotte, Legolas… da solo e con me…”

L’elfo ubbidì senza indugi a quella richiesta, e se si attardò nei suoi gesti, lo fece unicamente per tendere al massimo quell’intesa che si era creata fra di loro, come avrebbe potuto fare con il suo arco prima della caccia.

Non appena sentì i morbidi polpastrelli contro il proprio petto, un brivido bollente l’attraversò tutto… tremò, mentre la stoffa abbandonava lentamente il suo corpo.

Gli occhi di Aragorn erano fissi su di lui e questo non faceva altro che accrescere la sua eccitazione.

Come un tempo… si concedeva e si ritraeva dalla sguardo curioso e impertinente dell’uomo, ma a differenza di allora, questa volta non sarebbe stato un semplice gioco, questa volta, entrambi, sarebbero andati oltre.

La tunica cadde finalmente a terra, scoprendo in modo dolorosamente lento prima il ventre, poi il pube nascosto dalle ombre della stanza e infine il sesso dell’elfo.

Aragorn fece appello a tutto il suo controllo per non muoversi, per non alzarsi dal letto, prenderlo tra le braccia ed amarlo fino a farlo gridare dal piacere… perché era questo che attendeva, era questo ciò che aveva atteso da anni.

Ma le cose più prelibate si gustano con maggior piacere se vengono consumate senza fretta.

“Ed ora, mia splendida creatura…” riprese l’uomo “toccati per me…”

Legolas chiuse per un istante gli occhi, lasciando cadere all’indietro la testa, ormai priva di alcun sostegno.

Sollevò una mano ed iniziò a passarsela sul volto, come a volersi conoscere. Sapendo che Aragorn lo stava guardando, indugiò a lungo sulle proprie labbra, finché, accompagnando quel gesto con un primo debole gemito, non lasciò scivolare due dita all’interno di esse. Succhiò con avidità.

I sospiri dell’uomo si fecero più intensi ed occuparono l’aria attorno. Legolas era incredibilmente sensuale e sfacciato, eppure, nonostante tutto, continuava a trasmettere la sua consueta e virginale innocenza attraverso ogni parte del suo corpo.

“Ed ora…” proseguì Aragorn, senza mai staccare gli occhi da lui “lascia che quella mano scivoli sul tuo petto…” vide l’elfo fare ciò che gli veniva richiesto. Divenne duro, insopportabilmente duro a quella visione e a quell’idea “Si, così… accarezzati, Legolas, amati, come sapevi amarti nei tuoi bagni… fa che le tue dita siano il panno bagnato che ti rinfrescava in quelle notti…” chiuse un poco gli occhi “Voglio ancora immaginare le goccioline fredde che scivolano su di te…voglio immaginare i tuoi brividi…”

“Non… non devi immaginare, Estel…” rispose ora l’elfo, dopo lunghi attimi di silenzio “Io… sto tremando davvero…”

Aragorn spalancò gli occhi e vide che il giovane aveva portato la mano sul proprio sesso, chiudendolo a pugno, per poi lasciarlo e continuare ad accarezzarsi con maestria… ovunque.

Legolas lo stava fissando, con le palpebre pesanti e lo sguardo implorante.

“Ho bisogno di andare oltre… ho bisogno di…” gemette con voce rotta “Ti prego, Estel…”

Le sue dita, tremanti, indugiavano con fatica sul suo ventre, il suo vigore, ormai duro e lievemente bagnato pareva chiamarlo, prossimo all’esplosione.

Aragorn non resistette più. Voleva vederlo, aveva bisogno di vederlo nel momento più alto della sua bellezza… nell’estasi, nell’abbandono più completo.

“Fallo Legolas! Adesso!”

L’elfo non poté far altro che ubbidire a quell’ordine. Afferrò la propria eccitazione con forza e con forza la mosse nella mano, per soddisfare la propria, disperata esigenza, per soddisfare le esigenze del suo re.

Vacillò, non avendo nessun appiglio a cui aggrapparsi. Divenne un tutt’uno con il proprio corpo, con la propria bellezza efebica e maschile.

Infine esplose, liberandosi nella propria mano, abbandonandosi a quel piacere violento, reso tale dallo sguardo privo di veli del suo amante.

Si ascoltò. Si ascoltò tutto. Nel calore, nei respiri veloci e affannati, nel suo nettare, che caldo, scivolava tra le sue cosce, inebriandolo di qualcosa che fino ad allora aveva solamente sognato.

Aragorn lo guardò. Succhiò da quella visione fino all’ultima goccia. Ormai completamente esposto, ormai privo di domande e di pensieri, ormai troppo avanti per tornare sui suoi passi, sulla sua vecchia vita che l’attendeva laggiù, nella parte più elegante del suo palazzo.

Perdutamente innamorato del suo giovane ospite, allungò una mano verso di lui. Legolas l’accolse e si avvicinò all’amante salendo a carponi sul letto.

Cadde, stanco, sul materasso, ma non ebbe neppure il tempo di godersi quell’istante che Aragorn l’aveva già preso tra le braccia, cercando furiosamente le sue labbra.

Le trovò, le prese tra le sue, cercò con un semplice bacio di possederlo tutto, tremando all’idea che quella splendida creatura, venuta per far crollare la sua vita fittizia, se ne andasse.

Accarezzò quel volto diafano e sempiterno. Si perse nei suoi occhi, in quell’oceano profondo.

E fu la fine.

“Resta con me, resta con me per l’eternità!” ansimò, stringendolo con più forza.

Legolas appoggiò la fronte contro la sua spalla, ricoprendola di piccoli baci.

“Se troverai il coraggio di legarmi al tuo cuore per sempre, da stanotte… io sarò con te!”