.|. Passione Eterna .|.

1. Una Promessa Da Mantenere

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I raggi del sole iniziavano ad illuminare la stanza, dando vita ad un nuovo giorno, il vento caldo d’estate entrava dalla finestra, muovendo leggermente le lenzuola che ricoprivano dalla vita quel corpo candido e perfetto. Sulla schiena nuda ricadevano i lunghi capelli biondi, la testa era abbassata, il mento quasi sfiorava la spalla, la mano sinistra appoggiata sul cuscino. Era immobile ma no…non stava dormendo, i limpidi occhi blu profondi come il mare erano aperti e guardavano in lontananza il cielo, le nuvole che si muovevano lentamente. Sul pavimento erano sparsi diversi indumenti e due paia di stivali, come gettati senza alcuna attenzione.

Uno stormo di uccelli passò velocemente davanti alla finestra e le labbra sottili accennarono un sorriso. Era mattina e la vita a Minas Tirith continuava come sempre da quando Aragorn, figlio di Arathorn, era stato incoronato re di Gondor e aveva sposato Arwen, la bella figlia di Elrond, nel giorno di Mezza Estate, iniziando così una nuova era di pace e giustizia. I tempi dei festeggiamenti erano ormai terminati e tutti gli ospiti che si erano trattenuti fino a quel momento iniziavano a pensare alla partenza per fare ritorno alle proprie dimore.

Una nuvola oscurò il sole per un attimo e gli occhi blu si chiusero, per poi riaprirsi seguiti da un sospiro. Partire, lasciare Gondor, lasciarlo…era quello che doveva fare, doveva tornare dalla sua gente, da suo padre e doveva anche mantenere fede ad una promessa e vedere quegli alberi che non esistono altrove nella Terra di Mezzo. Non per sempre, no, non avrebbe mai potuto allontanarsi da lui, ma era suo dovere ritornare dal suo popolo ora che il male era stato sconfitto e sentiva il bisogno di vedere quei luoghi, non sapeva perché, ma il suo cuore era consapevole che era giunto il momento.

Un altro sospiro, questa volta più profondo…doveva parlare con lui, rivelargli le sue intenzioni, glielo aveva già accennato diverso tempo addietro, adesso però che il giorno si stava avvicinando, le cose diventavano sempre più difficili. Restare senza di lui, senza poter vedere il suo volto, senza sentire il suo corpo, la sua voce…chiuse di nuovo gli occhi.

La porta si aprì, richiudendosi poi senza fare troppo rumore, sentì i passi avvicinarsi e il letto si mosse lentamente quando l’uomo si sedette di fianco a lui. Indossava soltanto una lunga vestaglia di velluto blu ricamata, stretta in vita da una cintura argentata, dai capelli castani scendevano ancora delle gocce d’acqua che ricadevano sul suo collo scivolando sul petto. Con una mano accarezzò i capelli biondi sparsi sul cuscino, passando le dita lungo la piccola treccia che ne teneva raccolta una ciocca dietro all’orecchio. Sorrise, mai si era sentito così felice, sereno e mai aveva amato qualcuno in quel modo, perso completamente nella passione per quegli occhi blu che gli facevano dimenticare ogni cosa, per quella voce che avrebbe ascoltato per tutta la vita, per quel corpo che ad ogni più piccolo movimento era in grado di farlo fremere di desiderio, trasformandolo in uno schiavo della lussuria.

Abbassò la testa e posò dolcemente le labbra sulla guancia, guardando il profilo di quel viso che tanto adorava, poi ripeté il gesto sull’orecchio e questa volta con la lingua ne sfiorò la punta. Vide vicino a sé il corpo del compagno tremare e i suoi occhi aprirsi

“Non fare così Aragorn…” sussurrò Legolas sorridendo “Lo sai che…”

“Perché non dovrei?” disse il ramingo continuando a muovere la lingua nello stesso punto “E’ proprio perché ne conosco le conseguenze che voglio farlo…”

“Fermati, veramente, devo parlarti…” continuò l’elfo, cercando di mantenere la calma.

“Stai parlando…ed io ti sto ascoltando” bisbigliò l’uomo iniziando a succhiare la punta del suo orecchio.

“Ricordi…” ma le parole di Legolas furono sostituite da un gemito, con la mano strinse forte il cuscino “Ricordi ciò che ti ho detto non molto tempo fa…” sentiva il corpo cedere ma doveva resistere, doveva dirglielo.

“Certo che mi ricordo…” rispose Aragorn senza fermare la dolce tortura “…mi hai detto … Ah … sì …Aragorn ancora…non fermarti…continua…”

“Non…” lo interruppe l’elfo “Non intendevo quello…”

“Si, scusa, vediamo…” disse il ramingo iniziando a muovere la mano sulla schiena di Legolas “Allora…sì, adesso ricordo, mi sussurravi…sì…così…più forte ti prego…”

“Aragorn non quello…” disse Legolas alzando leggermente la voce, non riuscì a trattenere un sorriso però, sentiva il volto in fiamme e non sapeva se erano per i movimenti dell’uomo su di lui o per le sue parole, in quei momenti non sempre faceva caso a ciò che diceva, anzi, perdeva completamente il controllo di tutto e ora che Aragorn stava ripetendo le sue parole, con lo stesso tono di voce, si sentiva in imbarazzo.

“Ti riferisci forse alla volta successiva…” continuò l’uomo sorridendo, aveva notato che il volto del compagno si era improvvisamente tinto di rosso e la cosa lo divertiva “…o forse quella dopo ancora…” iniziò a baciargli il collo.

“No, non mi riferivo a questa notte Aragorn…” disse l’elfo mettendosi improvvisamente a sedere.

“Lo immaginavo…” sussurrò sorridendo il ramingo mentre sfiorava con l’indice la guancia destra di Legolas. Gli piaceva vedere la sua pelle chiara assumere quel colorito rosato soprattutto quando quella reazione era dovuta alle sue parole.

“Ti ho messo in imbarazzo principe di Bosco Atro?” continuò fissandolo negli occhi. Legolas abbassò lo sguardo sorridendo.

“Non devi aver paura di esprimere quello che provi, non è una vergogna lasciarsi andare alla passione…sai che ogni tua parola, ogni tuo sospiro mi fa impazzire…”

Aragorn portò la mano dietro alla testa del compagno e si avvicinò a lui, posando la guancia sulla sua

“…come sei caldo…” bisbigliò e con l’altro braccio lo strinse a sé.

Legolas chiuse gli occhi, si stava perdendo di nuovo tra le braccia dell’uomo che amava ma subito gli tornò alla mente quel pensiero…doveva parlargli, non poteva più aspettare.

“Aragorn ascoltami, ti prego, è importante…” disse cercando di allontanarsi quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. L’uomo lo fissò preoccupato, perché usava quel tono?

“Cosa succede?” chiese senza distogliere lo sguardo dal suo.

“Qualche giorno fa ho parlato con Frodo, lui e gli altri hobbit desiderano tornare nella Contea…” iniziò l’elfo.

“Sì ne sono al corrente, Frodo ha parlato anche con Arwen e me tre giorni fa ed è quasi tutto pronto per la loro partenza. Questa sera Eomer, re di Rohan, ritornerà a Gondor per portare Théoden a riposare nel Mark e tutti noi lo accompagneremo, con noi verranno anche gli hobbit così percorreremo insieme un lungo tratto di strada fino ad arrivare alla Breccia di Rohan da dove proseguiranno con Gandalf, Celeborn e Dama Galadriel. Allora noi potremo ritornare qui, credo però che Gimli voglia tornare dal suo popolo e potrà passare attraverso la Foresta di Fangorn quando la raggiungeremo, se Barbalbero glielo permetterà…”

A quelle parole Legolas abbassò la testa e chiuse gli occhi per un attimo

“Io e Gimli ci siamo fatti una promessa, te ne avevo già parlato diverso tempo fa, io visiterò insieme a lui le Caverne Scintillanti al Fosso di Helm e lui mi accompagnerà tra gli alberi di Fangorn…” le parole gli si fermarono nella gola, non riusciva più a continuare, alzò gli occhi e vide quelli azzurri di Aragorn che lo guardavano

“Cosa vuoi dire Legolas?” sussurrò il ramingo, non riusciva a capire ma nonostante ciò una paura si stava facendo strada nella sua mente.

“Aragorn io…” respirò profondamente come se fosse l’unico modo per fare uscire quelle parole “…non ritornerò qui…quando giungeremo alla Foresta di Fangorn io…l’attraverserò insieme a Gimli fino a raggiungere Bosco Atro ed il mio popolo…” Era riuscito a non abbassare lo sguardo mentre lo diceva e aveva visto un velo calare sul viso prima radioso dell’uomo.

Aragorn sentì il cuore iniziare a battere prepotentemente, un nodo gli stringeva la gola impedendogli quasi di respirare

“Vuoi…vuoi andartene? Vuoi lasciarmi?” bisbigliò con la poca voce che era riuscito a trovare.

“No Aragorn, non voglio lasciarti, non lo farei mai, ma…sento il bisogno di vedere quei luoghi, qualcosa dentro di me mi sta dicendo che è giunto il momento e poi devo tornare da mio padre per qualche tempo, devo parlare con lui del nostro viaggio e devo assicurarmi che tutto vada bene…poi tornerò qui…Riesci a capire?” la voce di Legolas era dolce e per Aragorn la cosa era ancora più difficile da affrontare.

“Io non…non ci riesco…” sussurrò l’uomo abbassando lo sguardo, non voleva farsi vedere debole ma sentiva molti sentimenti lottare tra di loro, rabbia, angoscia, tristezza

“No Legolas, non riesco a capire…perché adesso? Io…ho bisogno di te…non puoi allontanarti così…per quanto tempo poi? Giorni? Mesi?…” sospirò cercando di trattenere le lacrime “Anni?…Mi lascerai per anni senza la tua luce?”

“Io non so…non so quanto tempo servirà, ma ti giuro che tornerò il prima possibile, non è facile nemmeno per me pensare di vivere lontano da te, senza vederti, senza parlarti…” l’elfo gli accarezzò una guancia “Credimi…”

“E allora non farlo…” disse Aragorn alzando la voce “Resta qui, manderò dei messaggeri a Bosco Atro per informare tuo padre e il tuo popolo su tutto quanto e visiteremo insieme le foreste quando sarò riuscito a riordinare il regno…”

Le parole dell’uomo lo facevano tremare ma sapeva ciò che doveva fare

“No Aragorn, devo andare adesso, non riesco a spiegarti perché ma…lo sento…sento che devo farlo…”

“E non importa quello che sento io?” lo interruppe bruscamente il ramingo “Non voglio che tu te ne vada!”

Legolas lo guardava e sentì il cuore stringersi per il dolore, gli occhi dell’uomo erano velati di lacrime ed era sua la colpa, lo stava facendo soffrire ed era una cosa che non poteva sopportare ma era inevitabile, per entrambi.

“Non è una tua scelta…dipende da me…” sussurrò l’elfo. Aragorn lo guardò in silenzio e una lacrima scivolò sulla sua guancia, si girò e si mise a sedere sul letto dando le spalle al compagno. Capiva, riusciva a capire tutto quanto ma era così difficile da affrontare, il solo pensiero di dover restare senza di lui anche solo per mesi lo faceva morire e cosa sarebbe successo poi? Se Legolas avesse trovato qualcun altro? Se si fosse dimenticato di lui? Per la prima volta nella sua mente iniziavano a farsi strada dubbi e insicurezze.

“E’ vero…” disse a bassa voce senza voltarsi “Hai ragione, non dipende da me…” si alzò, raccolse i suoi vestiti e gli stivali e si diresse verso la porta.

“Aragorn aspetta…” disse l’elfo.

“…non posso obbligarti a restare ma sappi che io continuerò ad amarti nonostante la lontananza…” sussurrò il ramingo ma non riusciva a continuare, le lacrime erano troppo forti da controllare, aprì la porta e uscì.

Legolas rimase immobile, nei suoi occhi oltre al dolore c’era il terrore per quello che aveva appena fatto, l’aveva allontanato, invece di restargli vicino quando ne aveva bisogno, ma era l’unico modo per dirgli quelle cose o forse no…poteva usare un tono diverso, essere più comprensivo…oramai però non poteva più tornare indietro, la cosa che lo spaventava di più in quel momento era di non poter passare con lui quegli ultimi giorni prima della partenza come sempre.

 

Come preannunciato quella sera re Eomer di Rohan giunse a Minas Tirith insieme ad un gruppo di cavalieri del Mark e fu accolto da tutti quanti con grandi onori. Dopo essersi riposato e cambiato d’abito, fu accompagnato nel Merethrond, il Grande Salone delle Feste, dove gli altri ospiti lo stavano aspettando per iniziare la cena.

“Bentornato a Gondor, re di Rohan” gli disse sorridendo Aragorn

“E’ un piacere rivedervi…” rispose Eomer guardandosi intorno e sorridendo a tutti quanti, il suo sguardo però era continuamente attratto dalla splendida Dama al fianco del re.

“Permettimi di presentarti la mia sposa, Arwen Stella del Vespro, figlia di Elrond mezzelfo” disse il ramingo.

“E’ un onore, mia signora e mia regina” disse Eomer e lentamente le prese la mano baciandola.

Arwen sentì un brivido in tutto il corpo, c’era qualcosa in quel cavaliere che riusciva a disorientarla, per la prima volta dopo molti anni sentì dentro di sé la stessa cosa che aveva provato quando aveva incontrato Aragorn.

La cena era pronta e tutti gli ospiti si sedettero a tavola. Aragorn e Arwen erano a capotavola mentre al loro fianco sedevano Eomer e Gandalf, Celeborn, Elrond, Galadriel, Faramir, Eowyn, Gimli e Legolas e tutti gli altri invitati, compresi gli hobbit della Contea che però faticavano a raggiungere i propri piatti. Aragorn fece allora portare dei cuscini

“Ah grazie, adesso sì che va meglio!” disse Pipino allungando un braccio per prendere il bicchiere che finalmente riusciva a raggiungere.

Aragorn sorrise e si guardò attorno, incrociò per un attimo gli occhi di Legolas che erano sempre fissi su di lui, ma abbassò subito la testa. Eomer non riusciva più a distogliere lo sguardo dalla regina, non aveva mai visto una dama più bella e luminosa in tutta la sua vita, e la sua luce oscurava persino quella delle altre signore presenti nella sala, perfino Galadriel. Doveva dare ragione a Gimli, la bellezza della Dama del Bosco d’Oro era notevole ma niente in confronto ad Arwen, la notte aveva rinunciato ad una delle sue stelle più preziose mandandola sulla terra.

Anche Arwen si sentiva attratta da quell’uomo, i suoi occhi profondi, i lunghi capelli scuri sciolti sulle spalle, dopo molto tempo non stava più pensando ad Aragorn ma ad un altro uomo, desiderava immensamente di poter restare sola con lui per parlargli, per conoscere i suoi pensieri, la sua anima.

“Bene, è tutto pronto allora!” disse Gandalf “E’ giunto il momento di partire per tornare alle nostre dimore, anche se la cosa, devo ammetterlo, reca in me una certa tristezza, dover lasciare tanti amici per un lungo periodo...ma il nostro destino è questo, e tra di noi c’è qualcuno che desidera rivedere la propria casa più di ogni altra cosa…”

Gli hobbit sorrisero annuendo.

“E voi invece? Dove vi recherete una volta lasciato questo posto?” chiese Frodo guardando i Compagni che avevano affrontato con lui questa lunga avventura.

“Io giovane hobbit, visiterò le Caverne presso il Fosso di Helm quando ci arriveremo e se Mastro Elfo manterrà fede alla sua promessa, lo stesso farò con la mia, seguendolo tra gli alti alberi della Foresta di Fangorn” disse Gimli guardando Legolas.

“Certo amico mio, anche se il pensiero di tornare di nuovo in quell’oscurità non rallegra il mio cuore, l’ho promesso, e d’altro canto credo che anche tu non sia molto felice all’idea di camminare nei boschi…comunque è la strada che dobbiamo percorrere per tornare dalla nostra gente…” disse l’elfo sorridendo al nano che sedeva davanti a lui.

A quelle parole Arwen alzò lo sguardo e fissò Legolas

“Quindi…non resterai con noi a Minas Tirith? Non tornerai qui quando il viaggio sarà finito?” non voleva dirlo, ma le parole uscirono da sole dalle sue labbra.

“Certamente tornerò ma… non subito, ho dei doveri verso il mio popolo e verso mio padre, quando tutto sarà sistemato raggiungerò di nuovo Gondor…” rispose l’elfo e istintivamente guardò versò Aragorn che però teneva gli occhi bassi sul piatto.

Arwen continuò a fissarlo ma questa volta non parlò, ma i suoi pensieri lo raggiunsero lo stesso.

“Hai intenzione di lasciarlo così? Io ti capisco ma non so come lui affronterà questa cosa, ha bisogno di te, delle tue parole, del tuo sostegno, soprattutto adesso che i doveri di re si stanno facendo più incombenti…”

“Arwen, lo so ma devo…”

“Sì Legolas, non devi spiegarlo a me, comprendo benissimo, ma non immagino come vivrà senza di te…quanto tempo starai lontano?”

“Non posso dirtelo, ignoro ciò che troverò nella mia terra ma farò di tutto per tornare al più presto…Anni…”

“Anni? Sarà difficile per entrambi ed io…non so se riuscirò ad aiutarlo, è un uomo forte ma la sua forza deriva anche da te, dal tuo amore…non so se sarò in grado di sostenerlo per così tanto tempo…torna presto Legolas, ho paura di quello che potrebbe succedere…”

I loro pensieri furono interrotti dalla voce di Aragorn

“Bene, ora che abbiamo finito di cenare possiamo festeggiare gli ultimi momenti che passeremo insieme, che la musica possa allietarvi in queste ore…”

Tutti i presenti si alzarono e si sparpagliarono in vari gruppi per la sala, alcuni ballavano tra loro, altri discutevano…al tavolo erano rimasti il re, la regina, Eomer e Legolas.

“Scusatemi…” disse Aragorn “Devo sbrigare alcune faccende…” e si alzò dando un lieve bacio sulla fronte alla sua sposa per poi uscire velocemente dalla stanza.

Legolas rimase fermo, il cuore gli batteva, non l’aveva nemmeno guardato.

“Mia regina…” disse Eomer rompendo il silenzio che si era creato “Posso avere l’immenso onore di ballare con la stella più brillante dell’intero firmamento?”

Arwen sorrise e annuì alzandosi in piedi, allungò una mano verso l’uomo che subito la strinse nella sua. Prima di voltarsi guardò ancora una volta Legolas

“Vai da lui…non lasciare che si allontani così, sta soffrendo e sei tu l’unica persona che può farlo stare meglio…”

“Ma è colpa mia, soffre per colpa mia e non riesco a perdonarmelo…”

“Lo so ma non puoi perderlo, non puoi andartene senza che tra di voi le cose si siano sistemate...è molto orgoglioso e si sta comportando così perché crede di fare la cosa giusta, crede che se vi lasciate in questo modo per lui poi le cose saranno più facili ma…si sbaglia…Vai Legolas…salvalo da sé stesso”

 

L’elfo rimase per un attimo seduto a guardare Arwen ed Eomer ballare, poi si alzò di scatto e uscì dalla stanza. Dove poteva essere? Quando erano a Lothlòrien i posti erano limitati ma in quel castello...tutte quelle stanze, quei corridoi, per non parlare poi dell’immenso giardino.

Chiuse gli occhi cercando di percepire qualche rumore ma in ogni angolo echeggiava la musica che proveniva dal Salone delle Feste. Iniziò a correre lungo i corridoi fino a quando passò davanti ad un portone socchiuso che dava su un grande balcone al piano terra. Si fermò di colpo riprendendo fiato, solitamente gli elfi non sono disturbati dai cambiamenti di temperatura ma quella sera faceva veramente caldo e nonostante indossasse solo una tunica leggera di un verde chiaro sopra ai pantaloni, sentiva il corpo scottare e il sudore iniziare a scivolare lungo il volto.

Quando si sentì tornare alla normalità aprì di più la porta e uscì sul balcone. Sulla destra c’era un grande tavolo di marmo circondato da alcune sedie e sulla sinistra due panchine anch’esse di marmo. Appoggiato al balcone c’era lui, il re di Gondor vestito con una lunga tunica nera sulla quale erano ricamate delle foglie argentate che risplendevano sotto i raggi della luna. La calda brezza estiva gli muoveva dolcemente i capelli e asciugava le lacrime che scendevano dal suo bel viso.

“Perché ti comporti così?” sussurrò Legolas richiudendo la porta dietro di sé.

“Non so a cosa ti riferisci…” rispose Aragorn senza voltarsi.

“Lo sai invece…non mi hai più parlato da questa mattina, ogni volta che cercavo i tuoi occhi tu abbassavi lo sguardo e adesso non mi degni più nemmeno di quello…” continuò l’elfo facendo alcuni passi verso di lui.

“Beh, tra qualche giorno te ne andrai non so chi sta facendo la cosa peggiore…” disse l’uomo accennando un sorriso nervoso.

“Non trattarmi in questo modo Aragorn, parli come se lo facessi apposta per ferirti…” continuò Legolas.

“E non è così? Sai benissimo come mi sento e nonostante questo partirai in ogni caso” la voce del ramingo era sempre più bassa.

“L’ultima cosa che vorrei e vederti soffrire ma devo fare questo viaggio…poi resterò con te per sem…”

“Zitto…non dirlo…” lo interruppe Aragorn alzando la voce.

“Perché?…Perché non devo dirlo?” disse l’elfo “E’ la verità, lo so che stai male per causa mia e vorrei tanto che tu capissi…” sospirò profondamente “…io provo lo stesso dolore…ti amo Estel…ma devo fare questa cosa e…”

“Basta…smetti di torturarmi…” sussurrò l’uomo “…lasciami solo…” le lacrime rigavano il suo volto “…vai via…ti prego…”

“Aragorn…” bisbigliò Legolas cercando di avvicinarsi a lui, allungò una mano per toccargli la spalla ma…

“Vattene Legolas…” gridò il ramingo cercando di soffocare il pianto. L’elfo indietreggiò, sentì un nodo alla gola e il blu intenso dei suoi occhi fu ricoperto da un velo trasparente, non sapeva cosa fare, si sentiva completamente perso dopo quelle parole. Vedeva il corpo di Aragorn tremare, scosso dai singhiozzi.

“Come desideri…” sussurrò e voltandosi mise una mano sulla maniglia del portone.