.|. Addio e' per Sempre .|.

2. Un Incontro Inaspettato

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Aragorn guardò perplesso la guardia.

“Visite per me? A quest’ora?”

“S..si, maestà… noi abbiamo cercato di convincerlo a tornare domani, ma…”

“Ma…?” l’interruppe il re spazientito.

“Ma ci ha detto che viene da molto lontano ed ha insistito che vuole vedervi, dice… che ha un messaggio molto importante per voi…”

“Un messaggio… da molto lontano…” mormorò Aragorn, aggrottando la fronte “Chi è lui?” chiese, dopo un istante, rialzando gli occhi sulla guardia.

“Uhm… non ce lo ha voluto dire, non ci ha rivelato né il suo volto, né la sua identità, ma ci ha pregato di farlo entrare e noi… seguendo i vostri ordini, non abbiamo opposto resistenza ad un viaggiatore che…”

“D’accordo, d’accordo Nimor, avete fatto bene, non si rifiuta asilo ad un viandante…” concluse il re “Scortatelo nella Sala del Consiglio, vi raggiungerò al più presto!”

Congedò la guardia e si avviò pensieroso e corrucciato nuovamente verso il balcone. Appoggiò le mani sul davanzale, sospirò.

“Cos’è questo, uno scherzo? Una beffa?” scosse la testa, perdendosi nello spettacolo delle stelle “Perché volete trattenermi ancora qui…?”

 

La Sala del Consiglio si trovava al piano terra del palazzo reale, poco distante dal grande portone d’ingresso.

Aragorn percorse velocemente il lungo corridoio che dalla sua stanza conduceva alle scale, le scese quasi correndo, attraversò un altro corridoio ancora, passando proprio dinanzi alla stanza di Eldarion.

“Padre!” saltò su il ragazzo, non appena udì quei passi.

Strinse forte le lenzuola contro il petto e ricadde sul cuscino, nascondendo il volto su di esso.

“Perché? Perché?” gemette, credendo di aver udito per l’ultima volta quei passi che presto sarebbero giunti nel luogo in cui ogni Mortale è destinato ad arrivare: le Aule di Mandos.
Aragorn scese l’ultima fila di scale e raggiunse finalmente la Sala del Consiglio.

Era ansioso e  tremendamente incuriosito di conoscere il misterioso straniero, tuttavia, allo stesso tempo provava rabbia nei suoi confronti: quell’uomo o quella donna gli avevano ritardato un processo che di lì a poco si sarebbe comunque compiuto.

Ormai aveva preso la sua decisione, ma serbava in sé un unico timore: e se il suo cuore si fosse risvegliato? Se avesse d’un tratto preso coscienza della sua scelta e i suoi sentimenti si fossero attaccati disperatamente al suo mondo e a tutto ciò che aveva amato?
L’addio alla Terra di Mezzo si sarebbe rivelato ancor più struggente di quanto avesse immaginato.

Decise che avrebbe risolto tutto il più velocemente possibile, e se avesse congedato in fretta lo straniero, sarebbe potuto partire anche quella notte stessa.

Si aggiustò la tunica nera, scomposta e leggermente aperta sul petto (sbaaaaaaaav *____* …ehm scusate!! Nda) a causa della corsa di pochi attimi prima, quindi… spalancò le porte della sala.(Io lo amo!!!!)

Tutti si voltarono, le guardie, i servitori che erano stati svegliati nel trambusto di quella notte, tutti, meno che uno… una persona era rimasta immobile nell’ombra, nascosta da un lungo mantello e da un cappuccio che celava ogni più piccolo particolare.

Gli occhi del re, dopo aver percorso con un rapido sguardo tutti gli astanti, si fermarono su di lui; Aragorn lo osservò in silenzio per un istante…

Chi può essere?” pensò, trattenendo il fiato.

Probabilmente una donna, la sua figura alta e slanciata ne tradiva l’aspetto.

“Maestà, questi è lo straniero di cui parlavo…”

“Va bene, Nimor, grazie! Ora… potete lasciarci soli, per favore?”

La guardia lanciò uno sguardo un po’ perplesso al re e fece cenno ai servitori di segurlo.

“Come desiderate, maestà…” disse, uscendo dalla Sala, accompagnato dagli altri.

 

Quando la porta fu finalmente chiusa, Aragorn e il misterioso viandante rimasero per alcuni istanti in silenzio e a debita distanza.

Finché l’uomo non avanzò un poco, fermandosi appena dietro di lui.

Poteva sentire la presenza dell’altro talmente vicina, quasi fossero una cosa sola.

“Chi siete…?” domandò dopo poco.

Non ottenne risposta. Il viandante rimase immobile nella sua posizione.

“Sapete…” proseguì il re “non è molto cortese da parte vostra mantenere questo silenzio, e potrebbe anche essere pericoloso per uno straniero presentarsi senza un nome e senza un’intenzione in un regno sconosciuto…” si avvicinò ancora un po’ “Avrei potuto farvi arrestare, ma il caso vuole che io non sia un sovrano che ama utilizzare certi metodi per…”

“So che genere di re sei, Estel…” l’interruppe l’altro, facendogli letteralmente morire le parole sulle labbra.

Aragorn rimase come impietrito.

Quella voce… io… la conosco…” pensò, senza riuscire però a creare un’immagine precisa nella sua mente, rimasta paralizzata.

“E so che mai nella tua vita hai commesso un’azione ingiusta…” proseguì quella misteriosa persona.

“Ti prego, voltati…” sussurrò Aragorn, incapace di pensare.

Lentamente l’altro si voltò, portandosi le mani al cappuccio.

“Io ti conosco, forse sei tu quello che ha dimenticato troppo in fretta…” sussurrò, prima di lasciar scivolare via la stoffa e scoprire del tutto il suo volto.

“Legolas!” esclamò il re, spalancando gli occhi.

L’elfo sorrise… dolcemente… intensamente…

Il cuore dell’uomo prese a battere con forza, con tanta forza… aveva dinanzi a sé l’amico di sempre, il compagno di viaggio, il guerriero che aveva combattuto al suo fianco nella Guerra dell’Anello, ma soprattutto, cosa ancor più sconvolgente, dopo lunghi anni, aveva, ancora una volta, dinanzi a sé la luce sempreverde di una creatura immortale.

Non era stata soltanto la sorpresa a fargli battere il cuore, bensì l’emozione.

Rimase immobile a fissarlo per alcuni istanti e fu Legolas a dover andare da lui per abbracciarlo.

Quando sentì il calore di quel corpo fondersi col proprio, Aragorn chiuse gli occhi.

L’elfo poggiò la guancia contro quella dell’amico e lo strinse a sé… un modo di salutare consono a quelli della sua razza.

“Mellon nin…” mormorò il re, ricambiando quel bacio.

Legolas si allontanò un poco da lui, ma non smise di sorridere.

“Cosa ti spinge fin qui dopo così tanto tempo?” domandò l’uomo, riprendendo lentamente il contatto con la realtà “Credevo che anche tu fossi partito per Eldamar, assieme al tuo popolo…”

“Infatti è così…” rispose l’elfo “…ed è proprio da Eldamar che vengo!”

A quella parola, gli occhi del re s’illuminarono di una luce nuova, la stessa luce che brillava in passato, ma anch’ essa, dopo pochi istanti si spense.

“Estel…” sussurrò Legolas, guardando l’amico “Mi sembra quasi di non riconoscere più il tuo sguardo…”

Il re si voltò, appoggiandosi ad una sedia.
Da quanto tempo qualcuno non lo chiamava più con quel nome…

“E lei… come sta…?” chiese a bruciapelo.

L’elfo si avvicinò a lui, poggiandogli una mano sulla spalla.

“E’ stata… è stata proprio lei a mandarmi qui!”

“Arwen?” saltò su Aragorn, voltandosi a guardare l’amico.

“Si…”

L’uomo abbassò gli occhi, respirando a fatica. Doveva cercare di razionalizzare anche solo per un istante, doveva capacitarsi di ciò che stava accadendo.

“Ma se tu… sei potuto ritornare indietro, perché non l’ha fatto anche lei…? Perché… non è tornata da me?”

“Ha fatto una promessa a suo padre, non ricordi…?” rispose Legolas, cercando di calmarlo.

Ma Aragorn era tornato ad essere pensieroso, improvvisamente… quasi rassegnato.

“E se anche fosse tornata… a cosa sarebbe servito?” mormorò fra sé e sé.

Ormai aveva fatto la sua scelta.

Forse doveva proprio ringraziare i Valar che avevano inviato Legolas, anziché Arwen… rivederla e dirle addio per una seconda volta sarebbe stato troppo doloroso.

“Ho un messaggio per te…” disse d’un tratto l’elfo, interrompendo i suoi pensieri.

“Da parte di…”

“Si, ma non solo… tutti noi… stiamo pensando a te da un po’ di tempo…”

Aragorn si strinse tra le spalle e sorrise nervosamente… un primo moto di angoscia iniziava a crescere in lui.

Pensò per un istante di rivelare all’amico ciò che aveva appena fatto, ma poi questo pensiero gli passò subito di mente… poteva farlo? Avrebbe mai trovato il coraggio di farlo, prima che…

“Dimmi cosa ti ha detto?”

Legolas gli sfiorò un braccio con una carezza.

“Mi ha chiesto… di restarti accanto per un po’ di tempo, prendermi cura di te e vedere come stanno andando le cose nel regno…”

“Non… non si fida forse più di me?” mormorò Aragorn, cercando di nascondere il suo nervosismo.

“Oh si, Estel, più che mai, ma ritiene che in questo periodo tu non debba…”

“Io non ho bisogno di niente Legolas!” gridò improvvisamente l’uomo, scostandosi da lui “Io non… voglio… niente…”

L’elfo lo osservò attentamente, non aveva mai visto una reazione del genere in lui, anche nelle situazioni più difficili era sempre stato calmo e pacato.

Si riavvicinò all’amico.

“Sai bene che noi elfi, nonostante abbiamo lasciato la Terra di Mezzo non abbiamo mai rinunciato ad avere un contatto con il vostro mondo. Noi… possiamo ancora sentirvi e… forse per questo, alcune notti fa, Arwen è venuta da me raccontandomi di averti visto in sogno…”lo guardò profondamente “Sono molte notti che riesce a vederti, Estel e mi ha detto che i suoi sogni sono oscuri… Aragorn, noi abbiamo il dovere di proteggerti…”

“Voi non avete più nessun dovere, né nessun diritto!” sibilò l’uomo, guardandolo bieco “Voi… ve ne siete andati e ci avete abbandonato… le nostre vite sono ormai separate, Legolas!”

L’uomo aveva pronunciato con tale rabbia e al tempo stesso con tale dolore quelle ultime parole, che l’elfo non poté fare a meno di abbassare gli occhi.

Poteva sentire tutta l’angoscia e tutto il turbamento che in quel momento attanagliavano il cuore dell’amico.

“Comprendo il tuo dolore e comprendo la tua rabbia, Aragorn e credo che… proprio per questo motivo Arwen mi abbia mandato…”

“Perché tu? Perché non lei?” sibilò il re, guardandolo negli occhi.

Aveva completamente perso il controllo, stentava quasi a riconoscere l’amico che aveva avuto accanto per anni.

“Non lo so, Estel, forse è stato il destino a scegliere…”

“Il destino? IL DESTINO?” gridò l’uomo fuori di sé. Dopodiché ricadde a sedere pesantemente sulla sedia che aveva accanto “A scegliere…” sussurrò stravolto.

“Non so quello che sta accadendo qui, ma… che tu lo voglia o no io ti starò accanto… non posso venire meno ad una preghiera espressa da una mia compagna!” concluse risolutamente l’elfo.

Doveva mantenere la calma. Presto o tardi avrebbe compreso… tutto.

“Abbiamo combattuto fianco a fianco per anni e mille volte ti ho sentito vicino, mille volte mi hai sorretto, ora è certo che non sarò io ad abbandonarti!” proseguì.

“Come fai ad essere così sicuro che io abbia bisogno di te?” rispose Aragorn, voltandogli le spalle.

Provò tenerezza, una tenerezza immensa, Legolas in quell’istante… avrebbe voluto prendere l’amico fra le braccia e stringerlo a sé, donargli tutta quella forza che in quel momento sembrava lo stesse abbandonando.

“Il tuo cuore è troppo simile al nostro, amico degli Elfi…” sussurrò, poggiandogli una mano sulla spalla.

L’uomo si voltò lentamente verso di lui.

“Non temere Estel, non resterò a lungo, so che il tuo animo brama più che mai la solitudine, ma rimarrò il tempo necessario, come mi ha chiesto Arwen, dopodiché, una volta terminato il mio compito lascerò per sempre questo regno.”

Aragorn sospirò. Il suo cuore si era appesantito di troppi segreti.

Quanto avrebbe voluto aprirsi al suo amico, quanto avrebbe voluto raccontargli della sua follia e della sua disperazione, quanto avrebbe voluto che Legolas non avesse posto un termine alla sua visita e fosse rimasto a palazzo a lungo, molto a lungo.
Ma questo sarebbe potuto accadere un tempo…

In un tempo di speranza, amore e paesaggi sterminati. In un tempo di coraggio e di amicizia, in un tempo in cui tutto aveva ancora un senso e uno scopo.

Ciò che una volta trasudava vita già stava sfumando in ricordo.

“Consideralo una specie di patto…” riprese l’elfo, cercando di ironizzare.

Aragorn annuì, ma il suo volto esprimeva indifferenza.

Legolas si chinò un poco e appoggiò la sua testa a quella del vecchio compagno di viaggio.

“Non vorrai forse negare l’ospitalità ad un amico?”

“Certo che no…!” sospirò l’uomo, accennando un sorriso.

“Bene! Mostrami la mia stanza allora!” esclamò l’elfo saltando nuovamente in piedi e fissandolo con i suoi grandi occhi blu.

Aragorn si perse per un istante in quello sguardo… evocava una miriade di ricordi.

“Una guardia ti accompagnerà nella tua stanza, Legolas… buonanotte…”

“Buonanotte, Estel…” sussurrò uscendo amaramente dalla Sala del Consiglio. Avrebbe preferito che fosse stato  Aragorn ad accompagnarlo.

 

Il re rimase sveglio a lungo quella notte.

Nulla pareva essere cambiato, una notte come tante, il letto sfatto, le carte riordinate sulla scrivania pronte per il mattino seguente e i ricordi che si tramutavano in sogni.

Il tempo, però inesorabile, continuava a girare all’inverso… Aragorn non vi fece più caso, o forse preferì dimenticarsene per qualche ora.

Si coricò e come ogni notte lasciò nella sua mente spazio all’oblio, o… ad una nuova luce.

 

Quando Legolas richiuse la porta della Sala del Consiglio, incontrò inaspettatamente gli occhi di una persona.

Aragorn…?” pensò tra sé e sé.

Poi si rese conto che, anche se fossero molto simili, non erano gli stessi. Appartenevano ad un bambino.

Li guardò meglio e scoprì che erano lucidi di pianto, ma le labbra del piccolo erano allo stesso tempo incurvate in un sorriso.

Osservava con stupore e quasi con gratitudine quella creatura bella e chiara dinanzi a sé, un istante dopo si avvicinò a lui, strinse il lembo del suo abito tra le dita, sorrise ancora.

“Hannon le!” sussurrò il giovane Eldarion.