.|. Unnecessary Evils .|.

Nota: Versi da What You Need degli INXS

 

3. What you Need

tradotto da Ena

~

 

Hey, here is the story

Forget about the trouble in life

Don't you know, it's not easy

When you gotta walk upon that line

 

That's why - You need

That's why - This is what you need

I'll give you what you need

 

Don't you get sad and lonely

You need a change from

What you do all day

Ain't no sense in all your crying

Just pick it up and throw it into shape

Hey you, won't you listen

This is not the end of it all

Don't you see there is a rhythm

 

I'll take you where you

Really need to be

 

Orlando era alla sua quarta sigaretta in meno di venti minuti, seduto nel retro dell’auto che Tom aveva mandato per prenderlo e portarlo alla prova. L’unico problema era che Chuck  in qualche modo aveva convinto Tom a mandare la stessa macchina a prendere anche Viggo. L’automobile era parcheggiata davanti al cancello della casa di Viggo, mentre Orli fumava ininterrottamente aspettando che l’uomo uscisse. “Tutto ciò è dannatamente ridicolo!” esclamò per quella che doveva essere la trentesima volta. “Non potresti chiamarlo? Forse è morto lì dentro” chiese. “Ooh e in questo caso, sarebbe solo il mio gruppo” continuò, aggiungendo l’ultima parte in tono ottimistico.

L’autista acconsentì alla richiesta di Orlando e compose il numero che Chuck gli aveva dato. “Nessuna risposta”, disse alla fine dopo circa una dozzina di squilli.

“Allora non dovresti andare dentro o fare qualcosa, amico? Il fossile potrebbe essere caduto ed essersi rotto qualcosa” replicò.

“Non è il mio lavoro. Io non lascio la macchina” rispose l’autista.

Orli si mise a ridere “Stai scherzando. Cosa c’è, è scritto nella vostra cazzo di Costituzione?” L’autista non rispose. “Oh, dannazione, va bene, vado a vedere cosa cazzo sta succedendo. Ma ti avverto, amico, se lo trovo morto in una pozza di vomito, lo rimpiangerai”. Orlando scese dalla macchina, gettò a terra la sigaretta spegnendola con il piede, prima di dirigersi oltre il cancello aperto, fino alla porta d’ingresso. Bussò forte diverse volte, urlando “ Sei morto là dentro, vecchio?” Continuò a battere violentemente alla porta finché questa si spalancò.

“La vuoi piantare con questo cazzo di casino? Ti ho sentito” Disse Viggo guardandolo in cagnesco.

Orlando sogghignò “Spiacente, amico. Pensavo che magari avevi l’apparecchio acustico spento. E che cazzo di diritto hai di assumere questo atteggiamento di merda? Siamo fermi qui da venti minuti aspettando che tu muova quel tuo culo cadente”

 “Svegliato tardi, ho avuto una notte piuttosto…impegnativa” Rispose Viggo, voltandogli le spalle e lasciandolo fermo sulla soglia.

“Aah, il Viagra non è durato quanto lei, amico?” rise sdegnosamente Orlando seguendolo all’interno. Gli ci volle un minuto per guardarsi attorno. Il vecchio scemo viveva con stile, questo era sicuro. Dischi d’oro si allineavano lungo i muri dell’ingresso lungo il quale stava seguendo Viggo. Orlando si fermò davanti ad uno di questi e ci passò un dito sopra. “Merda” disse mentre scorreva con lo sguardo le dozzine di targhe appese al muro. Alla fine fece un passo indietro, scuotendo la testa per riprendersi dallo stupore. Non era più un ragazzino con gli occhi spalancati che idolatrava Viggo Mortensen. Lui era quello con il talento, lui era quello che sarebbe diventato grande. Più grande di quanto Viggo fosse mai stato. Orlando si diresse verso la fine del corridoio e trovò Viggo in una piccola stanza in fondo. “Cazzo…” disse entrando.

Viggo guardò in su da dove era inginocchiato, mentre riponeva una chitarra in una custodia. Poteva vedere la meraviglia stampata sul viso di Orlando: il ragazzo non era capace di nasconderla o forse nemmeno ci stava provando. “Ti piace?”

“Merda, amico…” Orlando camminava tutt’intorno al piccolo studio fermandosi ogni tanto per passare le dita su una chitarra. Ce n’erano probabilmente più di cento nella stanza, e molte di queste erano rare; della maggior parte Orli aveva solo letto o le aveva viste solo in foto. “Dove cazzo le hai prese queste?” chiese, sollevando una Sonic Blue Fender. Le sue dita scivolarono sulle corde, formando un accordo ma senza suonarlo.

“Alcune sono regali, altre le ho comprate all’asta, mi sono giocato un po’ di bigliettoni che non avevo facendo un’offerta su e-Bay per quella che hai in mano. Viggo chiuse la custodia. Si spostò verso Orlando, rimanendo in piedi alle sue spalle, sospirandogli sul collo “Però questa non è proprio quello su cui vorresti mettere veramente le mani, giusto?” sussurrò.

Orlando si lasciò sfuggire una risatina, sentì la pelle d’oca, sentì i capezzoli farsi turgidi, il suo sesso pulsare. Era solo un reazione automatica, ne era sicuro. Aveva desiderato Viggo per così tanto tempo quando era un ragazzino, che ora che gli era vicino, non poteva che aspettarsi una cosa del genere. Ma Orlando non era più interessato a sbattersi un fossile. Si spostò in avanti, poggiando delicatamente la chitarra e si voltò, entrando proprio nello spazio personale di Viggo, i loro corpi quasi si toccavano. Avvicinò la propria bocca a quella dell’americano e vide quello che sapeva avrebbe trovato nei suoi occhi. Brama, passione, desiderio. Accidenti, l’uomo era ancora dannatamente sexy. Orli scacciò quel pensiero. “Viggo, mi dispiace infrangere il tuo sogno, ma sono contrario alla necrofilia” disse.

Viggo rise e fece un passo indietro.  “Sei un piccolo coglione presuntuoso. Mi riferivo alla Rickenbacker” disse soavemente, recuperando lo strumento dall’angolo.

“Io…” Lo stupore era tornato. Orlando non ne aveva mai vista una di persona, prima. “Posso…”

C’era qualcosa di infantile nell’espressione di Orlando, nel modo in cui tendeva la mano. A Viggo sembrò di vedere un leggero tremore scuoterla. “Stai attento, non penso che sarò tanto fortunato da trovarne una terza” avvertì porgendo lo strumento al giovane.

Orlando la prese con attenzione, facendo passare la cinta dietro il collo. Era solo vagamente consapevole del fatto che Viggo si stava muovendo intorno a lui, collegando la chitarra ad un amplificatore. Le sue dita carezzavano le corde senza farle suonare.

“Forza, ragazzino, vediamo di cosa sei capace” Lo sfidò Viggo.

Orlando guardò in su e sogghignò. Abbassò le dita e suonò qualche nota. Era sempre stato una specie di prodigio, per quello che riguardava la musica. La prima volta che aveva preso in mano una chitarra acustica, all’età di quattro anni, dopo aver guardato qualcuno suonarla per qualche minuto, aveva imitato il motivo nota per nota. E stavolta non sarebbe stato diverso. Aveva visto delle riprese di Lennon, di George Harrison  che suonavano una dodici corde. In pochi secondi, Orlando aveva iniziato a suonare le prime battute di “Ticket To  Ride”.

Viggo osservava l’esibizione del giovane a bocca aperta. Questa volta era lui a dover restare a bocca aperta. Il ragazzino era maledettamente bravo. No, ancora di più, era incredibile. Lo sguardo di Viggo si concentrò sul volto di Orlando. Il battito del suo cuore accelerò quando vide la sua espressione dolce e serena. Sembrava una persona completamente diversa dal giovane uomo arrogante, scontroso e arrabbiato che aveva conosciuto fino a quel momento.

Orlando finì la canzone. Il silenzio restava sospeso nell’aria e lui era restio a mettere giù la chitarra. Guardò verso Viggo che lo stava fissando “Che c’è?”

“Niente…sicuro di non aver mai suonato una di queste, prima?”

“Mai” rispose Orlando, sfilando la cinta della chitarra e poggiando lo strumento.

“Cazzo, beh, probabilmente dovremmo andare Chuck e Tom stanno aspettando” replicò Viggo. Prese le custodie delle due chitarre che intendeva portare con sé alla prova e precedette Orlando fuori casa e verso la macchina. Orlando stava già aprendo la portiera e infilandosi nel retro dell’auto.

“Orlando, ti dispiace aiutarmi ad aprire il portabagagli?” gli chiese Viggo.

Orlando lo guardò e chiuse lo sportello. Tirò giù il finestrino e si sporse fuori “Non sono il tuo cazzo di valletto, amico” rispose prima di chiudere di nuovo il finestrino.

“Dannato moccioso” borbottò Viggo. L’autista aveva già aperto il portabagagli, così Viggo mise giù le chitarre, sollevò il portello e le mise dentro, prima di sbatterlo, girare intorno alla macchina ed entrare.

Viaggiarono in silenzio fino allo studio di registrazione. Una volta dentro, Orlando prese la propria chitarra e iniziò a suonarla in un angolo, mentre Tom presentava Viggo al resto della band. “Viggo, questo è Rex, suona il basso, e Eddie, che è alla batteria. Signori sono sicuro che avete sentito parlare di Viggo Mortensen?”

“Ehi, amico, possiamo cominciare a suonare, o dobbiamo aspettare ancora?” intervenne Rex suscitando l’ilarità di Orlando, che era molto divertito dal modo in cui aveva praticamente ignorato Viggo.

“E’… è un vero piacere conoscerti, Viggo, voglio dire, signor Mortensen” balbettò Eddie.

Viggo gli sorrise “Viggo va bene”

“Sono un tuo grande fan da quando avevo 10 anni” aggiunse.

Viggo annuì “Fantastico” rispose. Dieci anni. Merda. Si sentì incredibilmente vecchio in quel momento.

“Okay” intervenne Chuck “Ora che abbiamo finito con i convenevoli, mettiamoci al lavoro”.

 

*******

 

Viggo si fece largo fino al bar e chiese un altro scotch, era già il terzo ed erano a quel party promozionale da poco più di un’ora e mezza. Lo scotch, combinato con i buoni risultati delle prove, aveva messo Viggo di buon umore. Dopo quello che aveva visto succedere a casa sua tra Orlando e la Rickenbacker, aveva già capito che il ragazzo sapeva suonare. E non gli ci era voluto molto a togliersi la ruggine di dosso, una volta che loro quattro avevano iniziato a suonare. C’era stata un po’ di tensione, musicalmente parlando, quando lui ed Orlando suonavano e lottavano per il predominio, ma in qualche modo la cosa lavorava a loro favore e i loro stili ingranavano quasi perfettamente.

Viggo sorrise e sorseggiò il liquore. Dopo tutto poteva non essere un disastro completo.

 

Orlando si guardò attorno ancora una volta, ma i giornalisti non gli prestavano alcuna attenzione. Si lasciò sfuggire un sospiro di frustrazione e lasciò Rex e Eddie per avvicinarsi a Viggo.

“Penso che sia stata un’idea maledettamente stupida venire qui” mugugnò “A nessuno frega un cazzo di noi”

Viggo bevve una lunga sorsata del suo scotch prima di rispondere “Cosa ti aspettavi? Che questi tizi della stampa si sarebbero prostrati ai tuoi piedi?”

“Andiamo, sai cosa voglio dire. Pensavo che sarebbero stati elettrizzati di scoprire che sei ancora vivo”

Quando Viggo non reagì alla provocazione di Orlando, il giovane continuò “Potrebbero almeno fare qualche foto. Tutto quello che vedono sono quelle puttanelle da quattro soldi che fanno vedere più pelle di quegli strani gatti nudi, quelli senza pelo.

“Sphinx”

“Eh?”

“I gatti. Si chiamano Sphinx”

“Oh grazie signor-so-tutto. Dato che sei così furbo, perché non tiri fuori un’idea per attirare un po’ l’attenzione?”

Ancora una volta, Viggo fece uno sforzo per bere lentamente un sorso prima di rispondere. Sapeva che la sua esitazione stava facendo ammattire Orlando, ma non gliene poteva importare di meno.

 

“Su, datti una calmata, Orlando, e goditi il party. La roba da bere è buona, la prova è andata bene ed io mi sento bene. E questa è la cosa più importante”

“Sai che c’è? Potresti almeno mostrare un più di entusiasmo, voglio dire, stiamo facendo questo per il nostro gruppo non scordartelo”.

“Il nostro gruppo?” sbuffò Viggo “Appena le cose non vanno come vorresti diventa il nostro gruppo? E comunque cosa vuoi che faccia? Dovrei iniziare una rissa? Colpire qualcuno nelle palle? Di sicuro questo attirerebbe l’attenzione!”

“Tu sei pazzo. Io pensavo più a mettere su uno spettacolino per questi tizi della stampa”

 

Viggo sollevò un sopracciglio “Onestamente, Orlando, non ho la minima idea di cosa cazzo tu stia parlando, e mi stai annoiando. Ora mi prendo un altro drink. Se mi vuoi scusare…”

 

Quindi l’uomo gli voltò le spalle, ma Orlando gli afferrò un polso, e lo costrinse a guardarlo ancora.

 

“Che cazzo…” fu tutto quello che Viggo riuscì a dire, prima che Orlando lo attirasse più vicino a sé e premesse i loro corpi assieme.

Viggo sapeva cosa sarebbe accaduto e non provò a fermarlo: Quando le forti, vellutate labbra di Orlando incontrarono le sue, Viggo si perdette. Si arrese a quel corpo giovane e vigoroso contro il proprio, affondando le dita in quei riccioli di seta prima che il suo cervello fosse di nuovo capace di formulare un pensiero coerente.

 

“Questo ragazzino è un dannato pazzo” si disse quando la ragione riacquistò il dominio sugli istinti. Stava proprio per liberarsi da quel saldo abbraccio  e dare veramente a tutti uno spettacolo, quando sentì salire il volume delle voci attorno a lui. Grida tipo “Ehi Jim, di qua”  e “Pete, guarda questo” raggiunsero le sue orecchie, e subito dopo scattarono i primi flash. Viggo sorrise tra sé e sé chiuse gli occhi di fronte alle luci abbaglianti e decise, “Ma che cazzo…?”

Si abbandonò al bacio di Orlando. Forse il ragazzo non era poi  tanto pazzo. Beh, era solo un gioco, dopo tutto. E se Orlando voleva inscenare uno spettacolo, allora Viggo l’avrebbe fatto. Socchiuse le proprie labbra, quando sentì la lingua del giovane scivolarci sopra. Appena la lingua di Orlando comincio a carezzare la sua il baccano attorno a loro aumentò ancora di più.

Da parte sua, Orlando aveva quasi dimenticato che lo scopo del bacio, che ora era stato certamente raggiunto, era far scattare quei flash. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che baciare era stato così bello; l’ultima volta in cui un semplice bacio gli aveva infiammato il sangue.

 

Viggo decise di rincarare la dose e afferrò il sedere di Orlando, affondandogli le dita nelle natiche. Sentì le pulsazioni del ragazzo accelerare. Bene il piccolo punk ci stava prendendo gusto, o no? Viggo era pronto a rovesciare le posizioni e baciarlo in un modo che sapeva lo avrebbe messo sotto sopra, quando Orlando si staccò. Viggo soffocò un mugolio di disappunto. In effetti era durato abbastanza. Dopotutto si trattava solo di un po’ di divertimento a beneficio della stampa.

 

Orlando gli sorrise con un una luce compiaciuta che gli brillava negli occhi. Viggo sorrise a sua volta e annuì in segno di approvazione.

“Orlando…molto ben recitato.” Disse forte abbastanza perché solo loro due potessero sentire.

 

“Grazie”, rispose Orlando.

“Sei contrario alla necrofilia, sei proprio sicuro?”

Orlando rise “Fanculo”

Viggo gli sorrise “Hai finito di baciarmi, giusto? Posso prendere un altro scotch?”

“Certo, ma…ehi! Dato che ho appena scoperto quanto è buono, portane uno anche a me”

 

Viggo si avviò verso il bar e poi si voltò rivolgendosi ad Orlando a voce più alta stavolta. “Scordatelo ragazzino. Prenditelo da solo il tuo drink, non sono il tuo cazzo di cameriere”

 

 “Vaffanculo, segaiolo del cazzo” Orlando gli urlò contro e gli mostrò il dito. E i flash attorno a loro scattarono ancora. Viggo proseguì verso il bar con un ampio sogghigno sul viso.

 

   *********

 

“Un altro, per piacere” disse Viggo appoggiando il bicchiere vuoto sul bancone. Qualcuno gli batté sulla spalla, si girò e vide Alan Fisher redattore della pagina spettacoli del L.A. Times che gli sorrideva.

 

“Viggo” lo salutò “da quanto tempo”

“Già” rispose Viggo lentamente e sorseggiò il suo scotch.

“Bello sapere che sei tornato, vecchio mio. La scena rock è stata piuttosto noiosa senza di te”

 

Viggo sollevò un sopracciglio. Ricordava molto bene che Alan era stato uno dei giornalisti che l’avevano dichiarato finito come artista qualche anno prima. Probabilmente aveva già scritto il suo necrologio e lo conservava da qualche parte in ufficio accuratamente scritto a macchina. Ma questo era semplicemente il modo in cui andavano gli affari. Alan lo sapeva e lo sapeva pure Viggo. Inoltre, Alan era uno dei più influenti critici dell’ambiente e Viggo ci era sempre andato piuttosto d’accordo. E allora perché non rinverdire la loro vecchia conoscenza? Quella sera erano lì per fare PR, giusto?

 

“Sì, Alan” rispose alla fine “è bello essere tornato”

Alan ora sorrise apertamente e si avvicinò a Viggo mostrando serio interesse “Allora cosa sta succedendo tra te e questo ragazzino inglese? Nuovo gruppo, eh?”

Viggo annuì “Sì, stiamo giusto cominciando”

“E lui com’è? Si chiama Orlando, vero?”

“Sì Orlando. E’…beh…è bravo. Un talentuoso piccolo punk, davvero. Sono sicuro che in un modo o nell’altro riusciremo a sfondare!”  “Almeno lo spero” Aggiunse Viggo tra sé.

“E’ bello sentirtelo dire, sinceramente. Progetti per il futuro? Disco? Tour?”

“Probabilmente sì. Entrambi. Prima l’album, poi il tour”

Alan era impegnato a scrivere le informazioni sul suo taccuino.“E il nome?”

“Eh?”

“Il nome. Del gruppo.”

 

Viggo restò per un attimo confuso. Era una buona domanda, giusto? E nessuno ci aveva ancora pensato. Tutta l’eccitazione e il desiderio di iniziare a lavorare avevano fatto scordare a tutti una delle cose più importanti, il nome della nuova band. Il problema era: cosa doveva fare Viggo ora? Ammettere che ancora non avevano un nome? Sarebbe stato ridicolo. E avrebbe portato alla domanda successiva “Perché no?” E Viggo non aveva una risposta neanche per quella domanda. Doveva inventarsi un nome, allora? A nessun altro sembrava interessare.

Viggo si guardò intorno nervosamente finché il suo sguardo si posò su Orlando. I giornalisti avevano circondato anche il ragazzo che pazientemente rispondeva alle loro domande. Quando si voltò e fissò per un momento i propri occhi in quelli di Viggo, gli fece l’occhiolino. Sembrava così felice, così soddisfatto. Quasi inoffensivo. Vide quello stesso innocente, vulnerabile ragazzino così pieno di meraviglia che aveva suonato tanto bene poco prima in casa sua quello stesso giorno “Potrebbe essere tutto così facile” pensò “Se lui non fosse…se noi non…”

“Viggo? Sei ancora qui con me, amico?”

“Unnecessary Evils” mormorò.

“Scusa?”

“Unnecessary Evils” ripeté un poco più forte

“Suona bene. Da dove viene?”

“Uhm è …ciò da cui nasce tutto” farfugliò non ancora sicuro di quello che stava dicendo. Non ebbe la possibilità di approfondire perché Chuck interruppe la conversazione. “Alan”, intervenne, “ci puoi scusare, per piacere”. Prese Viggo per un braccio e lo condusse verso un angolo vuoto. Tom e Orlando arrivarono nello stesso momento, seguiti da Rex ed Eddie.

“Ok, non ho idea di cosa sia successo tra voi due pochi minuti fa” cominciò Chuck puntando il dito contro Orlando e Viggo. La voce era calma e ferma, ma non mascherava molto bene la rabbia che si nascondeva sotto. “Questo probabilmente è stato il più patetico tentativo di attirare un po’ d’attenzione cui io abbia mai assistito. Non so di chi sia stata l’idea, ma, giuro, se questo bacio provocherà i guai che temo, la pagherete. Volete fare musica o diventare delle troiette da gossip?”

Sia Orlando che Viggo stavano per rispondere qualcosa, ma Chuck li zittì con un cenno della mano. “Ne parleremo domani. Adesso non sono in vena di ascoltare nessuna delle vostre ridicole scuse. Ora ce ne andremo prima che voi due pazzi abbiate la possibilità di combinare altri danni.”

 

Nessuno si era accorto del giovane giornalista che si era avvicinato furtivamente al piccolo gruppo. “Scusate l’interruzione, ma ho appena saputo del nome del gruppo, e vorrei sentire un commento” se ne uscì innocentemente.

La domanda colse Chuck completamente impreparato “Di cosa sta parlando? Non abbiamo ancora deciso un nome”

Viggo Alzò gli occhi al cielo. Aveva una vaga idea di quello che stava per capitare.

“Ah, non c’è più bisogno di prenderci in giro, Mr Finch” ribatté precipitosamente il giovane “il segreto è trapelato, ormai”. Viggo ne ha già parlato con Alan, l’ ho sentito. “Unnecessary Evils, mi piace veramente!” Annuì con entusiasmo.

Chuck chiuse gli occhi e alzò la testa al soffitto. Aveva bisogno di un momento per adattarsi all’idea.

Orlando invece, fu molto più veloce a reagire. Si mosse verso Viggo, gli occhi che gli scintillavano furiosamente. “Tu hai fatto cosa? Sbottò “hai dato un nome al mio…al nostro gruppo senza parlarcene prima? E tu chiami me presuntuoso, segaiolo?” Fece una pausa, incapace di parlare. Come aveva potuto Viggo decidere tutto da solo una cosa così importante? C’era da sperare che Chuck avrebbe finalmente capito che il rudere era completamente matto.

“Tu sei un fottuto presuntuoso, Orlando. E poi io ho solo pensato che…”

“E’ questo il problema, Viggo, tu non sei più in grado di pensare, per colpa di questo.” Fece volare il bicchiere dalla mano di Viggo, mandandolo a frantumarsi a terra con un forte colpo.

Qualcosa scattò nella testa di Viggo. Tutto lo stress e la tensione degli ultimi giorni gli calarono addosso improvvisamente e questo era semplicemente troppo da sopportare. Con un grugnito furioso afferrò Orlando per il collo, lo sollevò leggermente da terra e lo inchiodò al muro.

“Piccolo idiota di un punk, cosa pensi di fare ora?”

Orlando si dimenò sotto Viggo e in qualche modo riuscì a colpirlo col ginocchio sinistro in mezzo alle gambe. L’uomo urlò e lasciò andare Orlando. Entrambi caddero e piombarono a terra. Nonostante Viggo sentisse l’inguine andare a fuoco, si sporse e afferrò una buona manciata degli scuri riccioli di Orlando tirandoli senza pietà “Vieni qui…bastardo”

Ora fu il turno di Orlando di gridare. Scalciò alla cieca senza colpire nulla, ma provocando un grande scompiglio. Non c’era bisogno di dire che l’intera scena era ancora una volta osservata da almeno una mezza dozzina di giornalisti.

Era successo tutto così rapidamente e inaspettatamente, che a Tom, Chuck e Eddie ci volle qualche secondo prima di riuscire alla fine a separare i due e a rimetterli in piedi. Un enorme tipo della sicurezza apparve dal nulla “Signori, devo chiedervi di andarvene. Subito.”

Tom, che anche con l’aiuto di Rex stava trovando molta difficoltà a tenere fermo Orlando, annuì “Sì, era quello che avevamo intenzione di fare in ogni caso. Grazie” Lui e Rex spinsero Orlando fuori. “Lasciatemi, toglietemi quelle cazzo di mani di dosso” urlava l’inglese. Tom fece segno ad un taxi, mentre il resto del gruppo li raggiungeva a distanza di sicurezza. Anche Chuck e Rex tenevano Viggo per le braccia ma l’uomo più anziano sembrava essersi già calmato un pò.

Questo fece dimenare Orlando ancora di più “Mi lasciate andare, ora? Non vedete che è lui quello pazzo? Non avete visto quello che mi ha appena fatto?”

“Chiudi la bocca, ora” urlò Chuck . Quando Orlando alla fine obbedì e smise di agitarsi, proseguì “Ok. Nel mio ufficio. Domattina alle 10. Tutti quanti. Puliti, sobri, incolumi. Chiaro?. Bene, andiamo a casa, ora.”

Si voltò, trascinando Viggo con sé. Rex aprì la portiera del taxi, cercando di spingere Orlando dentro. Il giovane rialzò la testa e parlò un’ultima volta. “Io ti odio, Mortensen! Hai sentito? Ti odio, cazzo, maledetto idiota rincoglionito!”

Viggo semplicemente scosse la testa, seguendo in silenzio Chuck in un altro taxi.

  

Continua…