.|. Unnecessary Evils .|.

1. One Day Dead End Street

tradotto da Aranel

~

 

Come on spin the bottle

Let it turn

And if it points to you

I'll make you burn

 

Spin the bottle

Let it turn

And if it's points to me

I'll promise you nothing comes for free

 

This is a one-way dead end street

The only place where we will meet

We're on a one-way dead end street

All alone and no way home all chances blown

For you and me

 

Let's drink another

Or what it takes

To help me cover all of your fakes

So that no one sees how desperate we are

Far out heading one way to the stars

 

Due uomini si stavano gustando il pranzo da Clarke’s, perfettamente confusi alla moltitudine di altri clienti nella terrazza del ristorante.

Come tutti gli avvocati, i banchieri e gli uomini d’affari che li attorniavano, anch’essi indossavano dei completi nero-blu, delle scarpe nere di cuoio e dei costosi occhiali per proteggersi dal sole della California.

Tuttavia l’uomo al tavolo n° 32 non discuteva di mercati finanziari, né degli ultimi casi pro-bono. La loro conversazione era di natura completamente diversa, visto che erano stati buoni amici per diversi anni.

“Chuck” disse il più giovane dei due “Non posso credere che finalmente siamo riusciti a rivederci. Deve essere, quanto, nove o dieci anni?”

L’altro sorseggiò il suo Cabernet Sauvignon e inghiottì un morso della sua insalata di pollo prima di rispondere.

“Si, Tom, è passato tanto tempo. Ma non è colpa mia. Non sono stato io quello che ha deciso di andare in Inghilterra e scoprire giovani rockstar emergenti, dimenticandosi di un vecchio amico e lasciandolo nella sua fumosa Los Angeles. Comunque, sono davvero contento che tu sia tornato, amico!”

I due alzarono i bicchieri e brindarono al loro incontro.

“Hai mai ripensato al passato, Chuck? Quelli si che erano bei tempi, eh?”

“E chi se li scorda? E in più, ho una coppia di clienti che mi riportano sempre a quei giorni.”

“Davvero? Allora non siamo gli unici a volerceli lasciare alla spalle?”

“No, non  lo siamo. Chiedilo a Viggo Mortensen!”

“Mortensen, quel vecchio bastardo? È ancora vivo?” ridacchiò Tom “Non dirmi che stai ancora lavorando con lui! Che gli è successo da allora? “

“Niente, questo è il problema! Nessun tour. Nessun disco. Nel giro degli ultimi anni, ci ha lasciati con una sola fottutissima canzone, non so proprio cosa fare con lui. Il problema è che sono troppo nostalgico per mollarlo. E ho paura che potrebbe fare qualcosa di stupido tipo bere fino ad ammazzarsi, o annegare nella sua piscina. Cristo, quell’uomo ha portato il cliché della vita della rockstar fino alla perfezione!”

“Capisco… beh, ma tu devi aver avuto un certo successo con lui, sebbene si tratti di più di una decina d’anni fa. E lui può vivere ancora di questo?”

Chuck scosse la testa.

“Il problema è un altro. È senza un soldo. Spende tutto in alcolici, puttane e bei ragazzi. Poi si trascina da me, chiedendo, anzi no, elemosinando qualcosa da fare. Ma che cosa potrei offrirgli? È superato. È consumato. Chi lavorerebbe ancora con questa specie di rottame? E non può certo farcela da solo, questo è sicuro. Sarebbe ridicolo e toccherebbe  il punto più basso non solo della sua, ma anche della mia carriera!”

Tom riempì i bicchieri. “Sai, è consolante sapere che non sono il solo ad avere problemi con i miei clienti.”

“Si, in un certo senso, abbiamo sempre viaggiato sulla stessa lunghezza d’onda, non è vero? Abbiamo sempre attirato casi difficili e sfortunati… insomma, qual è il tuo problema?”

Tom si lasciò sfuggire un’espressione frustrata. “Si tratta del ragazzino che mi sono riportato dall’Inghilterra. L’ho scoperto diversi anni fa. Era una sorta di promessa piena di talento, allora. Aveva quel fare così innocente unito ad una vocetta sporca, sai cosa intendo, no?”

L’altro annuì e Tom proseguì.

“Ma non era tutto! Suonava la chitarra come se fosse una parte di sé. In più, scriveva pezzi propri, o almeno la musica.”

“Che è successo poi?”

“Il solito. Gli abbiamo formato una band su misura, e prodotto un disco. È finito dritto al primo posto in classifica. La televisione inglese, e persino quella europea, sono impazzite per lui. Ma lui non se ne occupava. Il successo gli ha dato alla testa, l’ha rovinato. Ha iniziato a comportarsi come se fosse un dono di Dio per il mondo del rock, come se tutti stessero lì ad aspettarlo. Così pieno di sé che non ti puoi immaginare. La band si stancò presto del suo comportamento e così si sciolsero. Ci ho provato con un’altra. Anche loro sciolti. Così come la terza. Da allora, nessun musicista inglese ha mai più voluto fare un concerto con lui. Per i ragazzi lassù, è diventato come una bandiera rossa per un toro! Tutti pensano ormai che sia un moccioso arrogante e viziato!”

“Assolutamente delizioso,” lo stuzzicò Chuck “perché continui a stargli dietro, allora?”

Tom si strinse nelle spalle. “Per lo stesso motivo per cui tu resti con Mortensen, suppongo. Non voglio darlo ancora per spacciato, ecco tutto. Non è proprio un cattivo ragazzo… il più delle volte. Immagino che sia sconosciuto qui, e voglio dargli una nuova possibilità con una nuova band, sperando che si comporti bene, o al massimo che ci provi. Purtroppo la sua reputazione lo precede . Ho incontrato alcune persone, cercando di poter combinare qualcosa insieme, ma è stato tutto inutile.”

“Mmm… forse posso aiutarti ad uscirne. Di che cosa hai bisogno?”

“Beh, dopo una serie di ricerche, sono finalmente riuscito a trovare due canadesi che sono disposti a tentare. Anche loro sono giovani e sconosciuti, e credo che abbiano pensato che fosse il loro giorno fortunato quando gli ho parlato di questa nuova band, così hanno accettato di avere me come manager. Uno di loro, Eddie, suona la batteria, un ragazzo tranquillo, degno di fiducia. Non è il tipo da creare casini. L’altro, Rex, suona il basso. È un po’ più eccentrico e selvaggio, ma assolutamente innocuo rispetto al mio ragazzo. Li ho già fatti incontrare, e sembra che funzioni. In ogni caso, ho bisogno di una seconda chitarra.”

I due uomini rimasero in silenzio e terminarono il loro pranzo.

“Sai, Tom…” disse Chuck, alla fine “non pensi che il tuo giovanotto avrebbe bisogno di essere riportato un po’ con i piedi per terra? Voglio dire, da come me ne hai parlato, questi due ragazzi non sembrano in grado di farlo.”

“Si, ci ho pensato anch’io. Ma chi sarebbe abbastanza folle per fare una cosa del genere? Intendo dire, soprattutto non abbiamo la garanzia che loro ce la possano fare. Il mio ragazzo potrebbe ritornarsene a Londra entro un paio di mesi e…” Tom fece una pausa, e guardò l’amico che stava sorridendo compiaciuto, come un gatto che ha appena divorato un uccellino. Realizzò all’istante. “Chuck… non starai seriamente pensando che… oh no, bello!”

“Perché no, Tom? Pensaci un attimo!” disse l’altro, alzando la voce, era chiaramente eccitato “Cristo, prendiamo due piccioni con una fava! E mi piacerebbe tanto ricominciare a lavorare con te. Proviamoci, avanti!”

“Chuck… davvero, non so…”

“Tom! Ci libereremmo entrambi dei nostri problemi! E non abbiamo nulla da perdere, voglio dire, non può mica andare peggio di così, no?”

“E dunque?”

I due amici si guardarono e scoppiarono a ridere.

“Bene, Chuck,” riprese a dire Tom, dopo essersi calmato un po’ “Devo ammettere che mi hai convinto. Hai senza dubbio colpito nel segno.”

“Pensi che il ragazzo sarà d’accordo?” chiese Chuck.

“Lo sarà. Lui dipende da me. E da quando è arrivato qui, fin dalle prime settimane, ha capito che nessun’altra casa discografica si occuperebbe di lui. Stando così le cose, lo farà, deve! E che mi dici di Mortensen? Può ancora suonare?”

“Certo che può! Ha bisogno di un po’ di pratica, ma è ancora molto motivato. E sta supplicando per un lavoro. Dopotutto, anche lui dipende da me. Affare fatto?”

Tom allungò la mano e Chuck gliela strinse.

“Affare fatto!”

I due uomini alzarono i calici un’ultima volta.

“Oh, prima che mi dimentichi,” disse Chuck, dopo un istante “quest’inglese, qual è il suo nome?”

“Bloom. Orlando Bloom.”

 

*****

 

Viggo buttò giù un gran sorso di scotch, prima di riportare ancora una volta le dita sulle corde. Le toccò dolcemente, una melodia che non aveva intenzione di suonare uscì graffiante dalla chitarra. Per un istante, le sue dita sembrarono muoversi su accordi propri. Una vecchia canzone di tempi lontani invase l’aria attorno. Un mezzo sorriso si formò sulle labbra di Viggo, ancor prima che se ne rendesse conto. Ma attraverso i fumi dell’alcool, quell’attimo di lucidità si ridusse di colpo.

Fece scendere ancora le dita sulle corde, rudemente, un suono fastidioso e disarmonico fendette l’aria. Gettò la chitarra dall’altra parte della stanza; lo strumento risuonò fragorosamente e andò a fracassarsi contro il pavimento di legno duro, prima di finire completamente in pezzi contro il muro.

Viggo ne guardò i frammenti e alzò il bicchiere in quella direzione “Salute!” disse, prima di scolarsi il resto dello scotch.

“Cazzo Viggo, non sono neanche le quattro e sei già ridotto uno straccio!” disse Chuck, entrando lentamente nella stanza, sicuro di trovarlo lì.

Viggo non fece caso al suo manager e amico, si versò semplicemente ancora un po’ del liquido ambrato nel bicchiere.

“Come mai qui, Chuck? Sei venuto a criticare il modo che ho scelto per uccidere il resto delle mie cellule cerebrali?”

Ne trangugiò l’intero contenuto in una sorsata e fece per riempirsi nuovamente il bicchiere, ma prima che potesse farlo, Chuck afferrò la bottiglia. Viggo lo fissò “Chuck, mettila giù, se ci tieni alla vita!”

“Viggo, di questo passo finirai in ospedale!” disse Chuck. Lasciò la stanza, portando la bottiglia con sé.

Viggo gli lanciò un’occhiataccia e si alzò in piedi a fatica. Traballò un poco. Era più ubriaco di quanto pensasse. Inciampò proprio alle spalle del suo amico, scoprendolo intento a versare il resto della bottiglia nel lavandino della cucina.

“Fanculo! Era una bottiglia da 300 dollari!”
Chuck gettò la bottiglia nel cestino.

“Viggo, tutto questo deve finire! Tre mesi fa sei venuto da me, supplicandomi di aiutarti, dicendomi che ti mancava la musica, che era la tua vita, che non avevi niente da perdere, tranne tutto questo, l’alcol, la droga e me. Bene, quest’insieme di cose deve terminare!”
Viggo aggrottò le sopracciglia. Fece qualche passo, ma gli girò la testa. Si appoggiò ad una sedia, prima di mollarla e di mettersi a cavalcioni su di essa.

“E mi hai detto che non avresti potuto aiutarmi! Chi vorrebbe lavorare con un vecchio fallito del cazzo come me?”
Nascose il volto tra le mani, affondando le dita tra i capelli biondo-neri .

“Oggi è il tuo giorno fortunato, Viggo! Vuoi un lavoro? Un’altra occasione? Penso proprio di averne una!” disse Chuck lentamente.

Viggo sembrò rincuorarsi. Sollevò la testa “Non prendermi per il culo, Chuck!” disse.

“Non ti sto prendendo per il culo, Viggo. È da tanto che aspettiamo un’occasione simile!”

“Qual è il lavoro? Cantare filastrocche per una compagnia d’assicurazioni? Qualche concessionario di macchine usate vuol farsi bello grazie a Viggo Mortensen che canta nelle sue pubblicità? Perché, te lo dico Chuck, ho il mio orgoglio, io!”

“Si, e nient’altro… No Viggo, non si tratta di cantare per delle pubblicità. È una band!”

“Una band? Io sono un solista.”

“Tu eri un solista. Ora sei soltanto un’attempata star del rock ubriaca e senza il becco di un quattrino. E sai bene che non puoi farcela da solo, non puoi guidare una band da solo. È una buona opportunità, Viggo! Non posso fare altro per te!”

“Insomma, chi altro c’è? Suppongo che sarò l’ultimo pezzo del puzzle, oppure non posso neppure permettermi questo?

“Si tratta del mio vecchio amico, Tom Drake, lo conosci, te l’ho presentato una volta, parecchio tempo fa” disse Chuck.

 “Si…” rispose Viggo, non ricordandosi affatto di lui.

“Ha messo insieme una band. Hanno bisogno di un'altra chitarra, sono giovani… bisogna avere qualcuno che… li guidi un po’!” disse.

“Non faccio da babysitter ad un gruppo di mocciosi, Chuck!”

“No, non sarà così. Il ragazzo attorno al quale abbiamo creato la band… è ok, davvero ok. Ha molto talento, è solo un po’… selvaggio. E non può guidare il gruppo da solo. I suoi ultimi due tentativi… beh, ha bisogno di qualcuno come te, Viggo. Brillante e capace di calcare il palco!”

“Due band fallite?” mormorò l’altro, aggrottando le sopracciglia.

“Beh… veramente tre. La prima ebbe comunque successo, fu solo… messa da parte, sai come vanno queste cose…”

“Come si chiamava la band?”

“Ehm…”

“Chuck, sono ubriaco. Ma tu non sei sordo! Come si chiamava la band?”

“Messiah” disse l’altro.

Viggo scoppiò a ridere.

“Mi ricordo, l’ultima promessa del momento, non era così? Quel cazzo di ragazzino fu paragonato a me! Suona come faceva Viggo Mortensen quando era giovane e pieno di talento, e non ha ancora scoperto le meraviglie dell’eyeliner! C’era questa citazione da qualche parte!”
”Nel ‘Rolling Stone’.” disse Chuck “Senti Viggo, lui è ok. E tu hai bisogno di questa cosa. Esattamente come lui. Quindi, alza il culo e buttati sotto la doccia, fatti passare la sbornia che tra due ore abbiamo un appuntamento!”

 

 

“Fuori…” disse Orlando, uscendo dal corpo dell’uomo che aveva appena finito di scoparsi.
Si sfilò via il preservativo
e lo gettò verso il cestino, mancandolo per un pelo.

Si allungò verso il comodino e prese le sigarette. Ne tirò fuori una, lasciandola scivolare tra le labbra, l’accese, quindi iniziò a fumarla.

Fece una smorfia: “Merde americane, sono atroci!” borbottò. Lanciò un’occhiata al ragazzo e vide che si stava infilando i suoi jeans scoloriti “E non ti lasciano mai soddisfatto!” aggiunse sottovoce “Hai fretta, tesoro?” disse.

Il giovane si voltò.

“Si, come ne hai avuta tu, no?”domandò, tirandosi su la zip dei jeans, ed indossando la sua t-shirt.

“Critichi le mie performance, amico?” chiese Orlando, mettendosi dritto a sedere, la coperta scivolò via scoprendo il suo sesso ormai non più eccitato.

Il ragazzo gli dette un’occhiata.

“Abbiamo un detto qui, *amico*, tutto fumo e niente arrosto, l’hai mai sentito?”

“Sono vegetariano!” disse Orlando “Levati dai coglioni, adesso!”

Il ragazzo rise, infilandosi le scarpe, e lasciò la stanza dell’hotel.

Orlando si guardò intorno, rendendosi conto di essere nuovamente solo. Fece un’altra tirata della sua sigaretta “America del cazzo, perché mai ho seguito quel bastardo di Tom qui?”

Scosse la testa e si ridistese all’indietro, sputando fuori anelli di fumo. Fu interrotto dal campanello della porta.

Scivolò via dal letto e s’infilò in un paio di jeans neri alquanto stretti. S’incamminò trascinandosi verso l’uscio e l’aprì senza esitazione.

“Tom, sei qui! Mi sto annoiando da morire. Ancora cinque minuti e avrei cominciato a spaccare la stanza!” disse, con gli occhi scintillanti.

Si divertiva a prendersi gioco di Tom. E questi era sinceramente preoccupato da quando  il ragazzo aveva effettivamente distrutto la camera d’albergo nel quale era stato per la prima volta, soltanto perché la cena gli era stata portata con dieci minuti di ritardo.

“Orlando, vuoi essere di nuovo sbattuto fuori da un altro hotel?”

Orlando si strinse nelle spalle e si allontanò da Tom, lasciandosi cadere sul sofà.

“Ci sono sempre altri hotel!” disse.

“Certo, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è di accumulare altre denunce, così rispediranno il tuo culo direttamente in Inghilterra!”

“Non mi va di leccare il culo a Los Angeles in ogni caso!” disse Orli con aria petulante.

“Mmhmmm, ma *leccare il culo* a Los Angeles è l’ ultima possibilità che hai per salvare la tua carriera!” rispose Tom.
Orlando rimase in silenzio, tirò nuovamente un’altra boccata dalla sua sigaretta. Alla fine parlò: “Dunque, nessuna novità su quel fronte?” disse, impegnandosi a cancellare ogni indizio d’interesse dal tono della sua voce.

Tom sorrise.

“Veramente, avrei trovato un’altra chitarra. Beh, ok… un’altra ancora. Qualcuno con i piedi ancora immersi nel business,che è proprio ciò di cui tu hai bisogno, se vogliamo rilanciare la tua carriera qui negli Stati Uniti!”

Orlando guardò Tom, giocando con le dita con i suoi riccioli scuri.

“Così si tratta di qualcuno già sistemato?”
”Si, e abbiamo un appuntamento con lui e con il suo manager tra due ore.”

Orlando annuì, alzando gli occhi al cielo ancora una volta “Come si chiama?”

“Beh… non so se conosci il suo nome. Più di dieci anni fa la sua carriera è stata dannatamente eccitante, tu allora eri appena un bambino, quindi…”

“Vuoi infilare qualche vecchio fossile nella mia band?” chiese Orlando, voltandosi verso il suo manager.

“Che sia chiaro, Orlando. Questa non è la tua band. Vedi di usare la parola nostra. Abbassa la cresta amico mio!”

“Chi sarebbe il cadavere che hai riesumato per la mia band?”

“Viggo Mortensen!” rispose Tom.

Orlando sbuffò.

“Mi stai prendendo per il culo?”

“No. Lui è nella band!”

“Col cazzo, amico! Non divido la band con un vecchio che probabilmente ha bisogno dei pannoloni e di un’infermiera che l’aiuti a mettersi l’eyeliner!”

“Orlando, non hai scelta! Nessuno che ha qualche progetto per il futuro vorrebbe in alcun modo entrare in società con te. Il nome Bloom è come veleno. Così giovane e pieno di talento vuoi essere fuori? Giovane e disgraziato? Io posso anche fare qualcosa per te, ma questa band fallirà ancor più velocemente delle tre precedenti!”

Orlando distolse lo sguardo da Tom.

“Così diverrò una stella piena di talento e già in declino…”

“Diverrai quello che dico io! Hai bisogno di lui, Orlando! E lui ha bisogno di te! Inoltre, io stesso ho bisogno di questo per lavorare, anche la mia reputazione è sul filo del rasoio. Quindi, se io non ritenessi che questa fosse una buona idea…”

Orlando sollevò una mano, interrompendo Tom. “Ve bene. Incontrerò quel vecchio strambo! Ora ordinami qualcosa da mangiare, sto morendo di fame!”

Tom scosse la testa, ma un sorriso soddisfatto incurvò gli angoli della sua bocca.

Sollevò la cornetta del telefono, chiamando il servizio in camera.

 

Continua…

 

*NOTA: Ringraziamo Irene per averci consigliato il nome della band. La canzone all’inizio di questo capitolo è tratta da ‘One Way Dead End Street’ dei Fury In The Slaughterhouse. E’ una band tedesca di Hannover che rende Ani molto orgogliosa! ;)