.|. Tourniquet .|.
5. Tourniquet ~
...Sono troppo
perduto
Per essere salvato?
Sono troppo perduto?…
Quella notte l’aria era
calda, quasi ferma, non tirava una foglia. Il cielo sudava sparute gocce
di pioggia su una terra sanguigna e tralasciata. Forse perché è vero che
la Terra sente tutto quello che accade su di lei, dentro di lei…
Quei baci, tutti quelli,
che sono belli e forti come il primo, ma che dovrebbero essere sempre
l’ultimo.. il fremito della pelle, così forte da scuotere corpo e cuore,
quell’ansito continuo, fondo, quella voglia irrefrenabile…
-Ilu sinome…. Ve nuun…
(Non qui, più giù…)
Aragorn portò le labbra
verso l’ombelico dell’Elfo. Piano piano lo spogliava, slacciando un
bottone alla volta, come assaporando quella loro ultima e giurata notte.
-Ve… ve… nuun…
(Più.. più….giù…)
Lo faceva apposta.
Voleva riempirsi l’anima degli ansiti dolcissimi dell’Elfo. Voleva farlo
perché sarebbe stata la loro ultima volta, se l’erano giurati.. la loro
ultima alba, la loro ultima possibilità di..
-Ooooh….
Legolas gemette con
forza, trascinando su di sé Aragorn per le spalle. Lo baciò avidamente,
catturandolo addosso a sé e stringendolo, strisciandogli le mani sui
fianchi per far scivolare via la camicia.
Si ritrovarono di nuovo
sullo stesso letto della sera prima, il sangue caldo, le mani impazienti
di avere dall’altro quell’amore quasi atroce.. non in senso offensivo,
ma in senso di forza.
Legolas lanciò un gemito
convulso e l’uomo si vide costretto a tappargli la bocca con una mano,
mentre lentamente lo stringeva a sé. L’Elfo portò le mani sulle sue
spalle, premendolo verso il basso e scotendo la testa per liberarsi
dalla presa. Le sue dita scivolarono sulla schiena dell’uomo, che si
abbandonò a lui, incastrandogli la testa nell’incavo del collo. Legolas
lo premette contro di sé e si morse il labbro inferiore per non gridare.
Allora il ramingo si alzò, inginocchiato a cavalcioni su di lui e lo
prese, alzandogli la schiena per aver presa sui suoi fianchi.
Legolas chiuse gli
occhi, la testa all’indietro e le labbra semiaperte, gesto che permise
all’uomo di allungare il collo verso di lui e baciarlo, lambendo le sue
labbra, il mento, giù lungo il collo teso, mentre lo avvicinava a sé
premendogli il bacino con delicata decisione.
Lo fece distendere di
nuovo, portando le mani sul suo petto, fino al ventre che si alzava ed
abbassava convulsamente.
-Lo stai facendo di
nuovo…
lo rimproverò l’Elfo,
alzando la schiena e puntellandosi sui gomiti. Aragorn sembrò svegliarsi
da un attimo di ipnosi.
-Cosa?
-Lo stai facendo di
nuovo…
ripeté l’Elfo scivolando
da sotto di lui. Lo prese per le spalle e lo voltò, facendogli poggiare
la schiena sul proprio petto.
-Ti sei fermato a
guardarmi.
Aragorn sorrise con uno
sbuffo e prese le braccia di Legolas, inducendolo a mettergliele intorno
alle spalle. L’Elfo gli baciò il collo, arrivando fino all’incavo sotto
l’orecchio. L’uomo piegò il capo dal lato opposto per fargli spazio e
Legolas andò avanti fino alla punta dell’orecchio, poi tornò giù,
accompagnando le labbra con le proprie mani.
-Non posso non
guardarti. Ti sembrerà sciocco, ma mi piace mentre tu…
le parole gli morirono
in gola e gettò la testa all’indietro, sulla spalla dell’Elfo. Il
piacere del sentire le mani calde dell’amante su di sé l’aveva
letteralmente sopraffatto.
-Che hai, grande uomo..?
lo prese in giro l’Elfo.
Per tutta risposta il Ramingo girò un braccio all’indietro, afferrando
la schiena dell’Elfo ed aggrappandosi a lui, ancora gemendo. Legolas
ritrasse le mani e le fece scorrere lungo il petto dell’uomo,
soffermandosi sulle sue spalle per premergliele all’indietro.
-Ah..
mugolò quello, confuso,
l’Elfo continuò ad accarezzarlo, stavolta sulla schiena, massaggiandogli
piano la parte bassa del collo.
-Sei teso…
-Lo sono sempre, quando
ci sei tu e sei… senza vestiti.
Borbottò come scusa a
bassa voce. Si vergognava a dirglielo, ma era estremamente vero. Voleva
sempre essere, voleva sempre dare e ricevere con forza, voleva essere..
all’altezza.
-Lo sono anche io.
Quelle quattro parole
vennero come una benedizione. E’ sempre fantastico sentire e capire che
qualcun altro è come noi. Ci rende forti e sicuri. Perché ,anche se per
merito di una sola persona, non ci sentiamo nel torto. Legolas prese
Aragorn stretto a sé e scivolò di lato a lui.
-Anche io sono teso..
certe volte.
Gli prese il mento con
due dita, per far sì che lo guardasse. Ma Aragorn prese l’iniziativa e
bloccò il polso dell’Elfo, lo tirò a sé sbilanciandolo e facendo in modo
di afferrare al volo le sue labbra, con quel desiderio addosso che
nessuno avrebbe mai potuto togliergli. Così, con quel bacio sulla bocca,
l’uomo si distese trascinando Legolas con sé.
-Mhhh.. mi rammarico di
aver giurato che questa sarebbe stata l’ultima volta…
aggiunse. L’Elfo gli
chiuse la bocca con un altro bacio, un “non pensarci adesso” diretto e
piacevole. Furono momenti lunghi come i loro respiri, fondi, esagitati,
convulsi. Più volte Aragorn spinse Legolas sul baratto dell’incoscienza
dovuta al piacere e lui stesso godette infinitamente del corpo
dell’amante.
L’Elfo attese l’alba a
guardare Aragorn, addormentato ed aggrappato a lui come ad un saldo
appiglio. Sentiva perfettamente il suo corpo caldo addosso, ogni singolo
lineamento dell’uomo lo conosceva a memoria eppure non si stancava, non
era ancora pago di stare a guardare quel viso disteso, gli occhi chiusi,
le labbra semiaperte, la mano dalla pelle abbronzata abbandonata sul suo
petto. Una gamba di Aragorn intrappolava la destra di Legolas mentre il
suo fianco stava sopra al braccio con la cui mano l’Elfo gli carezzava
timorosamente la schiena. Se qualcuno gli avesse dato la possibilità di
esprimere un desiderio, quello sarebbe stato di spegnere il sole appena
sorto per poter prolungare il sonno dell’uomo e godere di quel momento
per l’eternità. Purtroppo, però, era perfettamente a conoscenza di
quello strano, morboso pericolo che stava loro alle calcagna.
Ripensandoci, magari quella volta che aveva visto qualcuno fuori dalla
porta stava solo sognando, febbricitante tra le calde braccia dell’uomo:
però ora era mattina, lui avrebbe dovuto essere nel dormitorio comune e
non a stringere Aragorn, steso tra le lenzuola del suo medesimo letto.
Si accoccolò sui cuscini stropicciati e si lasciò andare in un profondo
torpore. Sarebbe andata come sarebbe dovuta andare. A qualunque costo.
Sentì una lacrima
passeggiargli lungo la guancia, fredda come appena sgorgata da una
sorgente, come se gli fosse piovuta in viso. Ma sulle sue labbra risultò
una lacrima vera, salata e triste. Strinse un poco Aragorn a sé. Non
voleva lasciarlo andare. Girò la testa di lato ed appoggiò la fronte
contro quella dell’uomo: se si fosse svegliato, lo avrebbe guardato
negli occhi.
E così fu.
Il ramingo mosse un poco
le palpebre, come se fosse appena riemerso dalle scure e sinuose onde
del sonno ed aprì prima un occhio, poi l’altro, sorridendo alla visione
dello sguardo di Legolas.
-Uu-le vaare an-In o
koiva? (Hai atteso che mi svegliassi?)
-I uu vaare o …
(Ho atteso per…)
Aragorn portò una mano
al viso dell’Elfo e lo accarezzò sulla guancia, con le nocche
dell’indice e del medio.
-I uu vaare o man.
(Ho atteso per questo.)
e così dicendo avvicinò
le labbra a quelle dell’uomo, baciandolo piano, dolcemente, quasi con
più rispetto che passione.
-Questo cosa?
Legolas abbassò lo
sguardo.
-LLon telwa miguil…
(Il nostro ultimo bacio..)
Aragorn gli prese il
viso con le mani e ne scrutò a fondo lo sguardo, sperando di vedere che
quello era tutto uno scherzo, una sciocchezza. Trovò solo una vera
tristezza, in un mare azzurro.
Legolas si girò e fece
per alzarsi, ma l’uomo lo trattenne e lo tirò indietro, facendolo
sbilanciare, di nuovo con la schiena stesa sulle lenzuola. Lo dovette
bloccare a forza, perché quello opponeva una disperata resistenza. Si
aggrappò a lui e lo trasse a sé ancora, incrociandogli le braccia sul
petto per non farlo scivolare via. Poggiò il mento sulla sua spalla e
continuò a stringerlo.
-Kara-n-In
wanya! Aragorn..!
gridò l’Elfo quasi
spaventato, il cuore lentamente gli si frantumava nel petto e ne sentiva
le schegge di vetro. Aragorn non aveva nessuna intenzione di mollare la
presa, anzi, alzò la schiena trascinando l’elfo con sé, mettendolo a
sedere. Quello allungò le braccia all’indietro, per cercare di spingerlo
via, senza risultato alcuno.
-Ho cambiato idea… non
andartene, non puoi! Ci ho ripensato e non voglio perderti.
Gli mormorò l’uomo
all’orecchio, ma Legolas scosse vigorosamente il capo.
-Le uume hanya?
(Non capisci?)
e così dicendo cercò di
strattonarsi via dalla presa calda dell’uomo, tendendo le braccia
all’indietro ed inarcando la schiena.
-E’ filo spinato quello
che avvolgi intorno alle mie mani, con queste parole… con questo
abbraccio… Lasciami andare!
Aragorn lo lasciò andare
di scatto, ma Legolas non si mosse da sedere. Rimase così, fermo. Il
Ramingo gli si avvicinò nuovamente, lasciando che le sue mani
scivolassero lungo le braccia dell’Elfo, fino ai polsi.
-Lasciami svolgere
questo filo spinato… non andartene…
Il principe rabbrividì
nel sentire le labbra di Aragorn sul suo collo, ma poggiò una mano sul
suo capo e lo lasciò fare.
-Aara na rat-o-wanwa…
(L’alba è quasi finita…)
Aragorn lo fece voltare
verso di sé e lo catturò in quell’ultimo bacio che sarebbe dovuto
arrivare da tanto. E fu proprio l’ultimo, questa volta, un bacio che era
più confuso degli altri, più forte. Un turbinare continuo nel quale si
ha bisogno di stringersi a qualcuno per non venire trascinati via. Si
dice che in un bacio si possa trovare qualsiasi emozione possibile.
Dall’odio per chi ha stabilito una fine alla gioia di un inizio,
all’impazienza di averne ancora; dall’ansia di sapere “che sarà finita”
al vuoto che lascia quel “e dopo?”. Dopo? Cosa ci sarebbe stato dopo?
Cosa ci sarebbe stato dopo quel giuramento? Sarebbe stato un vuoto
incolmabile e spaventoso, o una via, una fiaccola ci sarebbe stata?
Qualcuno si sarebbe ricordato di accendere una lanternina lontana per
loro?
Immaginati di
chiudere una porta e di lasciarci un pezzo di cuore, dietro. Immagina di
chiuderla a chiave e di donare i lucchetto alla persona verso la quale
sarai fedele per il resto dei tuoi giorni.
-Era questo.. il nostro
ultimo bacio…
Aragorn gli carezzò il
viso e rimase a guardarlo ancora, il lenzuolo sul suo corpo sembrava una
veste chiara e spiegazzata. Ripetiti più volte di non andare mai più
ad armeggiare con la serratura cercando di riaprirla.
-Ma l’alba spunterà
sempre, ed io lascerò che il mio cuore ti baci ancora..
Conforta il tuo cuore
dicendo che continuerà a battere anche senza quella fetta che gli manca.
L’uomo lo strinse a sé,
abbracciandolo. Si alzarono ambedue iniziando a rivestirsi.
-Come faremo.. d’ora in
poi?
E trascorri la tua
esistenza così. Col segreto di quella porta.
Legolas scosse il capo.
-Non lo so.
Com’era bello. Bello
anche quando era triste, magari di più. Perché quando l’Elfo abbassava
lo sguardo, le sue labbra lo seguivano all’ingiù, in una morbida curva
sensuale. Il viso chino da un lato, quasi gravoso su di una sola spalla,
aveva un’aria così dolce, lontana, di chi col pensiero era riuscito a
tornare… a casa. Ma non sarebbero bastate le salde mura di roccia chiara
dei reami nascosti di Thranduil a farlo sentire protetto. Oramai aveva
capito che la protezione non poteva essere data dalla solidità senza
sentimento della pietra. La protezione era data dal provare qualcosa di
forte e piacevole. La protezione si trovava nell’amore. E allora chi
l’avrebbe protetto, da quel giorno in avanti?
-Legolas… io…
Aragorn gli si avvicinò,
poggiandogli una mano sulla spalla. L’altro non si mosse, sembrava una
meravigliosa statua di marmo chiaro.
-Come farò, in futuro..
sapendo che tutto ciò che ho mai avuto di bello nella mia vita sta a
qualche settimana di cavallo al galoppo da me… e che io non posso
raggiungerlo?
Mormorò l’Elfo
sconsolato ed uscì dalla stanza.
Non lo seguire. Non
buttarti a capofitto dietro di lui. Non faresti altro che fargli del
male. Quello che hai sognato l’altra notte.. potresti farglielo tu, se
gli corri dietro e lo fermi. Lascialo andare. Ormai è perso, lasciato e
riperduto. Ma questa volta non è colpa tua.
Ah, sì?
Già. Questa volta
puoi benissimo incavolarti come un ossesso e dare la colpa al mondo.
Questa volta puoi. Chi non ha mai sognato di andare in mezzo alla steppa
a gridare al cielo “Bastardo! Bastardo! E’ solo colpa tua!” ? Tu ne hai
la possibilità.
E perché.. proprio il
mondo?
Perché questa volta è
stato il mondo quello incapace di capire. Questa volta quelle regole
dell’etica morale che sono state impartite da chissachì quando non aveva
nulla da fare vi si sono ritorte contro. Ed è colpa del mondo che gira
solo da un lato e non riesce a concepire che se si sforzasse riuscirebbe
a girare anche dall’altro. Ci sono cose, su questa terra, che
preferiscono guardare la luna invece che il sole. Ce ne sono altre che
preferiscono il sole e la luce. Altre che odiano ambedue. E come sono
dette quelle cose? Reiette, storte, macabre, morbose e torbide. Non si
riesce ad accettare una tale diversità, non ancora. Magari quando il
tempo sarà cresciuto ancora ed avrà abbandonato questa giovinezza stolta
nella quale sembra ora voler stagnare, allora potrà capire che le
persone cieche sono quelle che vedono meglio. Potrà rendersi conto che
tutto ciò che è amore è giusto e non ha distinzioni. Ma se questo tempo
ancora non arriverà, allora tu avrai il permesso di gridare al mondo la
sua colpa. E lui sarà obbligato a riconoscerla.
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E’ quando il mondo si
muove che cominci a farci il callo. E’ quando il mondo ti costringe a
capire che la tua via non è quella che ,per il momento, non può essere
accettata che inizi a dirti di rassegnarti. E chiudi la porta. E’ quando
vedi l’orrore che può dare la sofferenza, quando sei ad un passo dal
toccare la morte che capisci quando diavolo sarebbe stato bello vivere
in quel sogno di qualche tempo prima. Ma è proprio quando ti accorgi che
quello è stato solo un sogno, che capisci di non poterlo vivere
eternamente. Puntualmente, qualcosa arriverà a svegliarti e tu ci
soffrirai. Puntualmente qualcuno verrà a dirti di smetterla.
Puntualmente ti rassegnerai.
Dritto e militare come
un orologio.
…Et earello,
endorenna uthulien
Sinome marovan, a
hildyniar
Tenn’ambar-metta…
Fuori dal grande
mare,sono arrivato in questa Terra di mezzo. Qui dimorerò e la mia
stirpe dopo di me, fino alla fine dei giorni. I giorni del Re. Ed ora a
Gondor era tutto così bello, Minas Tirith non aveva mai brillato così
tanto sotto il sole del mattino. Aragorn venne incoronato ed investito
letteralmente da una pioggia di petali d’argento e Niphrodel. E quello
fu l’ultimo giorno che vide Legolas. Avanzava a capo del corteo inviato
da Bosco atro, negli occhi quello sguardo dolcissimo e fiero. Aveva
imparato a nascondere la tristezza. E dopo averlo salutato, un’ultima,
straziante volta, era scomparso correndo tra la folla, facendosi largo a
spintoni, sgusciando per le vie di pietra. Alcune guardie giurarono di
aver visto passare Finwe a cavallo, senza sella né redini. Finwe, che
poi risultò essere Legolas. Aragorn l’aveva rincorso, alla fine della
cerimonia, aveva urlato il suo nome e come risposta aveva visto l’Elfo
voltarsi, ma oramai era già un puntino lontano, un petalo scappato col
vento, in sella al suo cavallo nero.
Ma si era voltato, prima
di andarsene definitivamente,l’aveva udito, l’aveva riconosciuto.. e ciò
diede all’uomo il coraggio di andare avanti ancora a lungo. Perché
quando si viene a sapere d’esser stati dimenticati, anche noi ci
dimentichiamo di noi stessi, tutti gli altri finiscono col dimenticarsi
di noi… e veniamo davvero lasciati indietro.
Un brillante mattino dei
giorni del Re, sulla piana del Pelennor apparve una figura slanciata, a
cavallo, l’armatura rilucente ai raggi del sole. Subito le guardie
andarono ad informare il Re dicendo che un Elfo, dal crine biondo e
l’andatura fiera stava salendo a cavallo fino alla cittadella
dell’ultimo piano di Minas Tirith. Il cuore di Aragorn iniziò a
saltargli in petto, pazzo di speranza. Poteva essere lui… poteva essere
tornato… Ma mentre era circondato da quel suo desiderio intangibile,
sentì qualcosa strattonargli la veste dal basso. Chinò il capo ed i suoi
occhi gelidi incontrarono quelli sgranati di un bambino. Suo figlio,
Eldarion. Lo guardava sgranando i grandi occhi azzurri ed aveva una
ciocca di capelli spettinati all’insù.
Sette anni. Erano
passati sette anni da quando Legolas si era voltato ed aveva udito il
suo grido. Sette anni fa, Aragorn aveva chiuso la sua porta personale e
aveva donato il lucchetto ad Arwen. L’Elfo varcò la soglia marmorea del
palazzo e si tolse l’elmo dorato. Aragorn strinse Eldarion che ora gli
stava seduto sulle ginocchia, per impedirsi di piangere. Non era
Legolas.
-I na in handaresse e
Legolas o Wenyalassea, haryon e Sindarinwa Wenyatavassea. (Sono un
messaggero di Legolas Verdefoglia, principe degli elfi di Boscoverde)
si presentò e s’inchinò
al re. Eldarion era rimasto colpito dalla sua armatura e stava sporgendo
il capo in avanti, rischiando di cadere dalle ginocchia del padre.
-I voite in tengwale…
ten in Haran e Gondor. (Ho una lettera per il Re di Gondor)
e così dicendo tirò
fuori da sotto il lungo mantello scuro una lettera avvolta in una seta
verde chiara, sottile e quasi assente al tatto. Aragorn la prese con
mano tremante e ringraziò il messaggero, chiedendogli di restare, ma
quello declinò cortesemente l’invito, scusandosi poiché il “bosco
chiamava”.Eldarion aveva iniziato a saltellare da seduto sopra le gambe
di Aragorn, incitandolo ad aprire quello che per lui sembrava quasi un
pacco regalo. Ci rimase un po’ male quando vide che il contenuto non era
dolciastro o quantomeno commestibile e scese sul pavimento di marmo per
poi eclissarsi nelle enormi stanze del palazzo. L’uomo aprì l’involucro
di carta pergamena e sul grembo gli scivolò una chiave sottile, un
luccichio d’argento lavorato e screziato.
…Immagina di
chiuderla a chiave e di donare i lucchetto alla persona verso la quale
sarai fedele per il resto dei tuoi giorni…
Il tremore alle mani si
fece sempre più intenso. Apri la lettera.
Caro Aragorn,
avevo giurato di dare
la chiave della mia anima alla persona alla quale sarei stato fedele per
tutta la vita.. come vedi ho fatto la mia scelta. In tutti questi anni
di vita mi sono ritrovato ad amare veramente una sola persona.
Svisceratamente, disperatamente, con tutto me stesso io ho scoperto cosa
davvero volesse dire quel brivido così piacevole, quel peso sul cuore
quando la solitudine si fa rumorosa… una sola volta. Ed ora, Aragorn, la
mia solitudine mi sta attanagliando. E’ tutto così buio.. gli alberi non
ondeggiano più al vento, l’acqua del lago rimane indifferente al sorgere
del sole, l’aria stessa sembra non avere voglia di volare via. La luna
si beffa di me, il sole m’infastidisce ed ogni sacrosanta notte.. il mio
letto sembra così duro e vuoto… Ho cavalcato tanto fino al margine del
Bosco, per vedere di scorgere la sagoma della tua città bianca, ma la
nebbia della mia sofferenza sempre mi vela lo sguardo, sempre
m’impedisce di scorgere il tuo viso… La nostra alba..non ho dimenticato
il calore delle tue mani, la forza del tuo corpo, ho ancora voglia dei
tuoi baci, ma purtroppo devo sempre nascondermi, farmi del male perché
devo far capire a me stesso che no, non posso raggiungerti e che tu
dovrai sempre rimanere lontano, lontano ancora… La disperazione è notte,
la tua assenza ha spento le stelle nel mio cielo eppure non sono
scoraggiato, perché so che…
Eldarion corse incontro
a suo padre tenendo tra le manine un grosso librone coperto di pelle e
con giochi d’oro sulla copertina.
-Papà.. che cos’è
questo?
E lo alzò sopra la
testa. Aragorn lo prese ed issò il figlioletto su un bracciolo del trono
d’ebano. Aprì il libro. Era un vecchio tomo elfico, pieno di figure e
tengwar che Eldarion non faceva altro che additare chiedendo “Cos’è? Che
vuol dire? Chi è?”. Ed Aragorn, paziente, raccontava. Ad un tratto, a
circa metà del libro, l’attenzione del figlioletto s’incagliò su
un’immagine di un Elfo, regalmente abbigliato e seduto su di un trono di
pietra.
-E questo? Chi è questo
qui?
-Lui è Thranduil, grande
signore degli Elfi. Vive a Bosco Atro…
-Quello dove sei stato
tu?
Il re sorrise e voltò la
pagina.
-E questi chi sono?
Domandò ancora il
bambino indicando col dito quattro Elfi raffigurati insieme. Ad Aragorn
la voce andò via dalla gola.
-Questi… sono i figli di
Thranduil.
Disse, poi con un dito,
carezzò leggermente la guancia di uno di essi, raffigurato in un angolo
della pagina.
-Vedi, Eldarion.. lui è
Legolas. A detta di molti, il più bello dei discendenti di Finwe il
Dorato.
-Più bello anche di me?
L’uomo rise e prese in
braccio il bambino, scarmigliandogli i capelli con la mano. Poi, d’un
tratto, si alzò dal suo trono e condusse il figlio con sé, fuori, sotto
un cielo azzurro come mai prima d’allora. Arrivarono insieme alla punta
della lancia di Minas Tirith, proprio alla fine della Torre Bianca.
-Vedi, Eldarion..
-No, papà.. c’è il muro
e non ci arrivo!
L’uomo prese il bambino
in braccio ed indicò un punto lontano avanti a loro. All’orizzonte si
distingueva a fatica un’ombra scura, come un segno di matita cancellato
male.
- Guarda.. laggiù c’è
Bosco Atro. E.. se aguzzi bene bene la vista,proprio dove c’è il mio
dito… puoi vedere Legolas cavalcare.
Il bambino cercò di
sporgersi un poco, aggrottò le sopracciglia per la concentrazione e poi
sbottò.
-Io non lo vedo…. Tu lo
vedi, papà?
Aragorn guardò ancora
l’orizzonte, poi volse uno sguardo affettuoso al piccoletto.
-Sì, lo vedo.
…perché so che… Ovunque
nel mondo sarai, ed ovunque nel mondo sarò, se uno di noi penserà
all’altro…
…sorgerà il sole.
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