.|. The End .|.

Capitolo II

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“Éomer...” Éomer sorrise. Nel sogno Faramir lo stava chiamando. Era entrato nello stagno e stava camminando lentamente verso il centro. Era buio tutto intorno e la luna, riflettendosi sull’acqua, giocava strani effetti di luce sulla pelle dell’uomo. I capelli ramati scendevano oltre le spalle e si muovevano leggermente sulla schiena. Era un’immagine così tranquilla e dolce che Éomer non voleva togliere lo sguardo per non perderne nemmeno un istante.

Poi Faramir si voltava, e gli sorrideva. Un sorriso seducente, languido.

Avrebbe voluto raggiungerlo, ma all’improvviso si rendeva conto che aveva terrore dell’acqua. Un terrore ingiustificato, eppure profondo. Allungava la mano per richiamare indietro l’uomo ma la distanza era troppo grande.

“Non andare, Faramir, aspetta. NO!” Riusciva ad afferrare la mano del compagno per pochi istanti, prima che le acque lo risucchiassero completamente.

 

“NO!!!”

 

Éomer si svegliò di colpo con il sangue che martellava nelle orecchie e il cuore chiuso in una morsa.

 

“No...”

 

Era stato un sogno, solo un sogno. Qualcosa lo aveva svegliato. Poi la sentì, distinta, una pressione delicata sulla propria mano. Cercò di controllare il respiro, deglutì a fatica e rimase a fissare il vuoto. Aveva paura. Paura che quel tocco fosse stato ancora nei suoi sogni.

 

“Éomer... cosa...” La voce usciva a fatica, rauca, debole, ma reale.

 

Éomer aspettò ancora un istante; chiuse gli occhi per ricacciare le lacrime: non voleva piangere davanti a lui.

Si girò lentamente e finalmente i suoi occhi incontrarono quelli di Faramir.

Si avvicinò al letto, tenendo la mano delicatamente fra le proprie.

Vide lo sforzo e la sofferenza nel volto dell’altro mentre cercava di articolare le parole.

 

“Non parlare, sei ancora troppo debole. Aspetta, ti porto dell’acqua, poi chiamo Aragorn lui saprà cosa fare.”

 

Éomer sentiva l’emozione crescere nella sua voce. Cercò di alzarsi ma la stretta della mano dell’altro si fece più decisa. Faramir cercò di trattenere un gemito: quel semplice gesto gli aveva procurato un dolore fortissimo in tutto il corpo.

 

“Come... stanno... chi...”

 

“Shhh, non parlare, non sforzarti.” Éomer sentì la commozione prenderlo nuovamente: i primi pensieri coscienti di quell’uomo erano stati per i suoi compagni. Nonostante le ferite, nonostante il dolore, nonostante quello che gli avevano fatto...

 

“Sono vivi. Purtroppo abbiamo perso alcun uomini della scorta del Re, ma gli altri stanno bene, qualche ferita di poco conto, ma sono già tutti in piedi.”

 

Appoggiò la mano sui capelli del compagno e cominciò ad accarezzarli lentamente: voleva disperatamente rassicurarlo.

 

“E... io... cosa mi è successo...”

 

La mano di Éomer tremò impercettibilmente mentre cercava di controllare il tono della propria voce. Aveva temuto questa domanda fin dall’inizio, negli eterni momenti di veglia, mentre i suoi occhi non si staccavano un solo istante dal viso dell’altro, pronti a cogliere il minimo segno di risveglio, la sua mente lavorava, fervidamente, cercando di elaborare risposte che facessero sembrare la realtà meno dolorosa di quello che era. Non vi era mai riuscito.

Cercò di sorridere mentre tentava di leggere dentro gli occhi di Faramir per capire quanto effettivamente ricordasse. Gli occhi azzurri dell’uomo ricambiavano il suo sguardo, ansiosi, preoccupati, smarriti.

 

“Sei stato ferito, in modo serio, ma per fortuna non mortale.”

 

La verità, o, almeno, una parte di essa. Éomer attese. Sapeva che Faramir non si sarebbe accontentato di questa risposta.

 

“Dove?”

 

“Al fianco, sulla schiena, sul volto.” Un’altra parte di verità. Decise che avrebbe continuato a rispondere il minimo indispensabile.

 

“Quanto tempo è passato? Io... io non ricordo nulla...”

 

Éomer sentì una leggera fitta di delusione; avrebbe dovuto essere contento che l’altro non ricordasse nulla, anzi, avrebbe dovuto supplicare i Valar che MAI ricordasse... ma in fondo all’anima sperava che una piccola parte di quella notte fosse rimasta presente nelle mente di Faramir, un parte che lui non avrebbe mai dimenticato.

 

“Sono passati dieci giorni ed è normale che non ricordi nulla, abbiamo temuto per la tua vita.” Credevo di impazzire. “Ma hai ricevuto le cure migliori: ti rimetterai presto, ora hai solo bisogno di riposare.”

 

“Sì, ma il dolore... non riesco a muovermi, Éomer, non riesco nemmeno quasi a respirare dal dolore....”

 

Una lacrima cominciò la sua lenta discesa lungo la guancia di Faramir.

 

“Perdonami, Éomer, io....”  Il pianto soffocato in gola.

 

Éomer avvicinò la mano al volto del compagno e con il pollice asciugò le lacrime che iniziavano a scendere dagli occhi di Faramir.

Si stupì delle dolcezza della propria voce.

 

“Perdonarti di cosa? Di esserti battuto come un eroe? Di avere rischiato la tua vita per noi? No, non scusarti Faramir... e... piangi se vuoi, non è una cosa di vergognarsi.”

 

Rimase per molto tempo ad accarezzargli i capelli fino a che non vide il sole, rosso, accenderli di una luce colore del fuoco. Era il tramonto. Si accorse che Faramir si era addormentato. Si alzò a fatica ed andò a cercare Aragorn.

 

***

 

Odio questo letto, odio questa stanza, odio il viavai di persone che si affannano intorno a me. Voglio rimanere da solo.

Un invalido incapace perfino delle azioni più semplici, ecco quello che sono.

Ti ho mentito.

Non è vero che non ricordo. O, almeno, non è vero che non ricordo nulla.

Quello che abbiamo fatto, che ti ho fatto, è così presente e reale che mi sembra di sentire la tua carne nelle mie mani.

Ma non posso sopportare il tuo sguardo, non posso sopportare la pietà di nessuno, la tua soprattutto. Per questo ti ho mentito, perché so di non poterti dare quello che vuoi. Qualcosa si è spezzato e non è solo il mio corpo.

Il dolore mi tiene sveglio e lucido e anche quando fingo di dormire per non doverti guardare i miei sensi sono all’erta.

So che mi nascondi qualcosa, e ti odio anche per questo. Che cosa è successo quella notte, Éomer? Che cosa mi hanno fatto? Perché provo così tanto odio e dolore che mi sembra quasi che il mio corpo non riesca a contenerlo?

Vorrei ricordare tutto, ma non ci riesco... non ci riesco... la mia memoria si ferma al momento in cui i tuoi occhi, ancora pieni di desiderio, si sono incontrati con mi miei. Ti ho fatto godere. E poi?

Perché non ricordo?

 

***