.|. Sense and Sensibility .|.

Parte Seconda

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Quella sera, Melbourne sembrava più tranquilla di quanto in realtà fosse. O forse era soltanto una sensazione, forse era perchè il loro albergo era un pò fuori città, e tutto sembrava più silenzioso e calmo.
Viggo era steso sul letto della sua stanza. Si sentiva esausto. Il lavoro quel giorno, e poi il viaggio in aereo, seppur breve, l'avevano stancato più del solito...
Sul letto il telefono di Orlando squillò, facendo vibrare tutto il lenzuolo, e Viggo fece del suo meglio per ignorare i toni acuti della suoneria che sembravano voler trapassare il suo cervello da parte a parte.
"Hey Dom!", disse Orlando, rispondendo alla chiamata.
"Si... si, sono qui in camera di Viggo...noi, ehm...sono venuto a riprendermi alcune cose che avevo messo nella sua valigia..."
Viggo lo guardò di sottecchi e sospirò, mentre il ragazzo usciva fuori sul piccolo balcone, sempre continuando a parlare al telefono con l'amico.
Ora la sua voce era leggermente più lontana, ma Viggo riusciva comunque a comprendere ciò che dicevano.
"Davvero? Stasera? Si, io credo di... si, ci sono. Ok. Ok, chiedo anche a lui. A dopo allora".
Viggo restò immobile sopra le lenzuola. Sicuramente Dom aveva chiamato per organizzare un'uscita per quella sera. Dio solo sa se quei ragazzi avrebbero mai avuto voglia di buttarsi su un letto e vegetare fino alla mattina dopo, almeno per una volta....
Orlando rientrò, e si sedette sul bordo del letto.
"Chi era al telefono?", chiese Viggo, fingendo di non aver sentito, e soprattutto di non aver seguito l'intera conversazione.
"Dom. Chiedeva se ci va di unirci a loro stasera, pare che qui a Melbourne ci sia un locale che lui non vuole assolutamente perdersi".
Viggo si sollevò sul letto, e si avvicinò piano al ragazzo, abbracciandolo da dietro. Lo sentì irrigidirsi impercettibilmente... anche il tono di voce con cui aveva parlato era sospetto. Piatto. Quasi...quasi offeso.
Ma Viggo era stufo di quella situazione. Orlando ce l'aveva con lui per ciò che era successo in aereo, per la storia del mentire o non mentire. Aveva detto che voleva smettere di nascondersi, ma era una sua impressione, o anche lui aveva appena mentito a Dom?
"Ci andrai?", Viggo gli sussurrò all' orecchio, tenendo la voce bassa e stringendo le braccia attorno al petto del giovane.
Orlando aveva abbassato la testa, sentendo il respiro dell' uomo sfiorargli la pelle.
"Si".
"Mmmmmmm". Viggo fece un sussurro inarticolato, e aumentò la stretta attorno ad Orlando spingendolo giù sul letto. Si sentiva leggermente contrariato per la risposta del ragazzo, ma non voleva farglielo notare. Sperava di riuscire a fargli cambiare idea... Si spinse su di lui e gli coprì la bocca con la sua. Orlando accettò il suo bacio e lentamente cominciò a ricambiarlo, e le mani di Viggo iniziarono ad esplorare lentamente il giovane corpo sotto di lui...
"Vig", Orlando sussurrò, interrompendo il bacio e cercando di riprendere fiato nel contempo.
"Vig, per favore. Non abbiamo tempo, fra mezz'ora Dom mi aspetta giù nella hall e io devo ancora farmi la doccia".
Viggo fece una smorfia, deluso.
"Oh andiamo Elfboy. Non dirmi che vuoi andarci davvero", chiese, annoiato.
"Si che voglio". Orlando fece scorrere una mano lungo il braccio di Viggo, per addolcire la sua risposta. Non voleva che lui ci rimanesse male. "Perché non vieni con me? Ci divertiremo...", chiese, guardandolo in viso.
"No", Viggo rispose, serio. Si sollevò da lui, e si allontanò, evitando di guardarlo in faccia. "Sono stanco, Orlando. Vorrei rilassarmi un po’, almeno per oggi."
"Oh dai Vig", insistette Orlando, sollevandosi a sedere sul letto. "Ti prego. Non staremo molto... ti divertirai".
"No". Viggo si chinò ad aprire la sua valigia, cominciando a frugare fra le poche cose che vi erano dentro, più per tenersi occupato che per reale necessità.
"Vai pure, divertiti anche per me. Non preoccuparti".
Orlando lo guardò per qualche altro secondo ancora. L' uomo continuò ad evitare i suoi occhi, e quindi il ragazzo sospirò, sconfitto, e si alzò, dirigendosi verso il bagno.
Una bella doccia fredda lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee....lasciando la porta soltanto accostata, Orlando sentì il rumore delle dita sui tasti del telefono.
Viggo stava chiamando qualcuno... Vinto dalla curiosità, Orlando trattenne il respiro per riuscire a sentire meglio.
"Pronto, Sean? Si...tutto ok. Ascolta...esci con gli altri stasera? Oh, grazie a Dio...ti va se ci vediamo? Ho voglia di passare una serata tranquilla...eh si, la vecchiaia...ok. Ti aspetto qui per le dieci. A dopo".
Click. Chiamata terminata.
Orlando restò per qualche secondo soprappensiero.
Beanie? Dio mio, come poteva essere geloso di Beanie? Proprio di lui, che li aveva sempre aiutati...
Orlando si morse il labbro, mentre si spogliava per entrare nella doccia. In fin dei conti lui non poteva sapere... Sean e Viggo erano così amici...e stasera Viggo l'aveva chiamato per passare la serata insieme...

Ok. D'accordo. Se era questo che Viggo voleva, Orlando avrebbe agito di conseguenza.
Si sarebbe divertito anche lui quella sera.
Questo era sicuro.

 

“Cazzo, questa musica distrugge davvero!!!” gridò Dom, già brillo, mentre insieme agli altri si facevano un altro giro di birra sulle note dei Dream Theater, “Questo posto è la fine del mondo!”

“A me stordisce un po’, però è bella, davvero!” rispose Orlie, accasciato su Lij, che era ormai l’unica cosa che lo teneva in piedi,

“Ah, certo, tu sei stordito per la musica!!!” commentò il ragazzo, scrutando l’amico con i suoi occhioni azzurri, “Mica sei stordito perché ti sei bevuto questo mondo e l’aldilà?!?”

“Io non sono ubriaco!!!” esclamò lui di rimando, scostandosi da Elijah, mentre il suo corpo smentiva le sue parole, barcollando pericolosamente, “Non sono ubriaco!” ripeté, per di più scosso dal singhiozzo...

“Dom... Dom... e che cazzo, DOM!!!” sbraitò Lij voltando il ragazzo che intanto era impegnato nel pietoso tentativo di abbordare una tipa con dei lunghi capelli rossi e dei bracciali borchiati da sturbo,

“EH?? CHE C’E’???”

“Io porto fuori Orlando, ormai è del tutto andato!!! Avvisa anche gli altri!!”

“OK, Ci vediamo fuori tra un’oretta!!!”

 

“Piano.. così... cerca di camminare... bravo..”

Orlando stava finalmente tornando lucido, sotto le cure del piccolo Lij che, per farlo riprendere, gli stava facendo fare un po’ avanti e indietro appena fuori dal locale, dopo una breve sosta nei bagni del locale per farlo vomitare e fargli buttare fuori tutte le schifezze che aveva tracannato. Il giovane inglese si guardò intorno, scosso. L’insegna del locale, che lampeggiava di viola e rosso scuro, gli faceva male agli occhi. La scritta colorata ‘Jail’ gli fece stranamente effetto. Gli strani casi della vita... quella sera si sentiva confuso, oppresso, quasi.. imprigionato, e in che locale lo vanno a portare, i suoi amici???

‘Cazzo, mi sento uno schifo...’ pensò, ‘E non solo fisicamente...’

“Ecco qua, va meglio?” domandò Elijah, scuotendolo dal suo torpore, mentre lo aiutava a sedersi su una panchina,

“Lij... dove sono gli altri?”

“Ancora dentro, ma fra un po’ escono e ce ne andiamo.”

“Torna da loro, non mi va che ti intossichi la serata per fare da balia a me...”

“Non preoccuparti, non mi piace tanto il Metal!”

Orlando sorrise. ‘Lij... piccolo, apprensivo Lij...’ quanta tenerezza gli faceva, quel ragazzo che lo fissava preoccupato con quei suoi occhi enormi, tanto chiari da ricordare vagamente quelli di Viggo...

Viggo. Viggo... Orlie scosse la testa ed ebbe un sussulto, mentre nella sua mente annebbiata dall’alcool riaffiorava il ricordo della telefonata a Sean e, insieme ad esso, veniva a galla quella sensazione orribile  che aveva sentito in quel momento. Gli tornò il singhiozzo, ma stavolta non per l’alcool. Non passò molto prima che il ragazzo scoppiasse in un pianto dirotto.

“Oh, no...” mormorò Elijah, abbracciandolo e poggiandogli una mano sulla testa, “No, no.. non fare così... vuoi dirmi che cosa c’è?”

“In che senso?” chiese l’altro, continuando a singhiozzare,

“Non ti sei mai sbilanciato tanto con l’alcool... si vede che hai qualcosa...”

Orlando abbassò gli occhi.

“Va bene...” disse, “Adesso ti racconto tutto.”

 

“...Capisci, Sean? Si sta incasinando tutto...” terminò il danese, tirando fuori il fumo dell’ultimo tiro della sua sigaretta, “Credo di aver totalmente perso il controllo...”

“Su, su... non fare così, amico mio...” disse Beanie, guardando il fumo salire formando intricati ghirigori e poi svanire lentamente, “Sono fasi... vedrai che aggiusterete tutto...”

I due si erano comprati una confezione di birra, avevano trovato un posto tranquillo, lontano dai rompicoglioni di ogni tipo, e stavano passando la nottata stesi sull’erba a bere, fumare e chiacchierare.

“Di tanto in tanto sento di aver sbagliato tutto...” commentò Vig, accendendosi un’altra sigaretta, “E forse è la verità... non avrei mai dovuto mettere Orlie in tutti questi casini...”

“Ehi, non dirlo neanche per scherzo, ok?!?” lo rimproverò Sean, voltandosi verso di lui, “Avete cominciato questa relazione perché siete innamorati l’uno dell’altro e, finché continuerete ad esserlo, non risarà niente di sbagliato in essa. Tienilo a mente!”

“Lo so, ma a volte è difficile... molte cose sono difficili... ci sono molte differenze, molte cose, che...”

“Cristo santo, Vig ma ti senti???” l’interruppe Beanie, “Sembri davvero un vecciho decrepito, stanco e depresso!”

Viggo sorrise malinconicamente, facendo perdere lo sguardo davanti a sé. “Forse lo sono...”

“No che non lo sei... fatti coraggio! Le difficoltà si superano, i problemi si affrontano... e che cazzo, ti deprimi proprio tu che porti con te il memorabile motto...”

“Adattati e vinci!” dissero insieme i due, mettendosi poi a ridere.

“Sai una cosa, Sean? Hai ragione. Mi serviva solo un po’ di tempo per rifletterci su.”

“Oh, finalmente! Ti rendi conto che la situazione non è poi così grave???”

 

“Tu credi davvero che non sia grave?” chiese Orlie, poco dopo aver terminato il suo racconto a Lij,

“Certo che no!” assicurò l’amico, “Sono solo delle incomprensioni, tutte le coppie ne hanno!”

“Coppie?” ripeté Orlando, sorpreso,

“Beh, sì... tu e Vig state insieme, quindi... siete una coppia, no?” spiegò Elijah, un po’ imbarazzato da quella constatazione,

“Che buffo...”

“Cosa?”

“Non avevo mai pensato a me e Vig come ad una coppia come tutte le altre...” commentò il giovane, “Finora avevo sempre considerato il nostro rapporto come qualcosa di pericoloso, di proibito...”

“Proibito da chi?”

“Non lo so, forse dalla mia stessa mente... cazzo, è incredibile che pensieri profondi faccio, quando mi riprendo da una sbornia!”

“E dimmi, fra tutte queste perle di saggezza ti sei reso conto che non hai alcun motivo di essere geloso di Beanie?” domandò Elijah, “Ti dico solo due cose... prima: lui vi ha sempre aiutati, se avesse voluto portarti via Viggo l’avrebbe potuto fare in qualunque momento; seconda: a Vig piacciono le more!”

Si lasciarono entrambi andare ad una grossa risata.

“Beh, ti ringrazio, Lij.” biascicò Orlie, terminando in uno sbadiglio,

“Hm.. direi che è ora di andare a nanna, per te...”

“E gli altri?”

“Chissà dove si saranno infrattati... adesso mando un SMS a Billy e gli dico che ti porto a casa.”

“Ok...” concluse Orlie, aggrappandosi nuovamente all’amico per tirarsi su.

 

“Che dici, si torna indietro?” domandò Sean, dopo un po’,

“Perché vuoi tornare?” chiese di rimando Viggo,

“Beh, perché sono quasi le quattro e abbiamo finito la birra, è ovvio!”

“Ah, beh... se è finita... Torniamo indietro!”

Così, dopo aver visto chi dei due era più lucido, i due si misero in macchina e si avviarono all’hotel.

Avviandosi ognuno verso la propria camera, Sean notò la porta della camera di Orlie semiaperta...

“Ehi, Vig, Orlie è già tornato... è in camera, perché non provi a parlargli?”

“Mmm... forse dovrei...grazie, Beanie...”

Mentre si avvicinava alla stanza, Viggo sentì delle voci. Cazzo, Orlando non era solo... ma chi c’era con lui? Il danese scosse la testa ed entrò rapidamente e rumorosamente nella stanza, trovando il suo Orlie semidisteso sul letto ed Elijah che gli toglieva i vestiti...

“Ah, bene...” commentò incazzatissimo, mentre Orlie si alzò in piedi, stupito e ancora stordito, “Quando ti ho detto ‘divertiti’ mi hai proprio preso sul serio!”

“No Vig, calmati, hai frainteso...” disse immediatamente Elijah, imbarazzatissimi per l’equivoco, “Lui è ubriaco io lo stavo solo aiutando ad andare a dormire, e...”

“Tu adesso esci da questa stanza oppure ti ci mando fuori io a calci in culo!”

“Vig...” chiamò Orlando,

“Sei ancora qui? Ti ho detto di toglierti dai piedi!” sbraitò l’uomo, mentre Lij lo continuava a fissare, impaurito come un cerbiatto davanti a un leone,

“VIG!” gridò più forte Orlando, portandosi una mano alla testa e accasciandosi al muro, “Non incazzarti con lui, non ha fatto niente! Parla con me!”

Le grida, intanto, avevano attirato dentro anche Sean, che, mentre i due litigavano, discuteva sottovoce con il povero Elijah:

“Che è successo?”

“Orlie era ubriaco, ha pure vomitato, io l’ho portato qui... Vig ci ha visti e deve aver pensato...”

“Oddio, andiamo bene, anche Vig ha bevuto non poco... adesso sono cazzi...”

“Si ma io non stavo assolutamen--”

“Lo so, ma secondo te lui ti crede, così come sta ora?”

“Cazzo, vorrei sprofondare... stavano per risolvere tutto, e adesso, per uno stupido malinteso... guardali...”

In effetti, era una scena davvero incredibile.. i due non si erano mai parlati in quel modo...

“Sai, non credevo che il tuo programma serale includesse anche di farti Lij!” disse Viggo, ulteriormente caricato di rabbia dalla birra, “Vi siete messi d’accordo per telefono anche su questo?”

“Io non  mi stavo facendo Lij!” ribatté Orlando, sedendosi sul letto, “Cristo, Vig! Mi stava solo aiutando a cambiarmi, perché io sono pieno di schifezze alcoliche fin sopra i capelli!”

La cosa non poteva far altro che peggiorare. Viggo era furente, Orlando aveva la voce quasi rotta dal pianto.

“Tu, piuttosto...” continuò il ragazzo, “Come t’è andata la seratina romantica con Beanie?”

Sean guardò Orlando con l’aria del gentiluomo accusato di aver rubato la Torre di Pisa.

“Ah, siamo a questo, ora?” domandò Vig, “Non posso passare anch’io la serata con un amico? Sei tu il geloso, adesso?”

“Perché non dovrei esserlo?” chiese l’altro, “Non ho mica la sfera di cristallo, che ne posso sapere di quel che fai o che ti va di fare?”

“E proprio tu parli così? Qualche giorno fa mi dicesti che non dovevo essere geloso, che avrei dovuto fidarmi un po’ di più di te... era un discorso univoco? Complimenti, davvero complimenti, ragazzino...”

Orlando raggelò. Sentirsi chiamare ‘ragazzino’ era peggio di qualunque altra cosa Vig avrebbe potuto fargli. Le lacrime, che premevano per uscire, ebbero la meglio. Il ragazzo non riusciva neanche più a parlare correttamente, scosso dai sospiri e dai singhiozzi.

Elijah e Sean si guardarono l’un l’altro. Fossero stati due qualunque, a litigare, loro sarebbero usciti per farli discutere in pace, ma stavolta dovevano fare qualcosa, se non volevano che la relazione dei loro due amici si sgretolasse per un po’ di alcool in più e per uno stupido malinteso...

 

Viggo guardò Orlando piangere, e dentro di sé qualcosa si ruppe. Nonostante il suo cervello fosse annebbiato dall'alcool delle troppe birre di quella sera, riusciva a sentire il dolore che il ragazzo, il suo ragazzo, stava provando...Tuttavia quel maledettissimo orgoglio aveva deciso di prendere il comando delle sue azioni, e Viggo sentì riaffiorare la rabbia, più forte di prima.
"E' solo così che sai considerarmi", mormorò Orlando, tra i singhiozzi. Si passò una mano sul viso per tentare di far sparire le lacrime, ma inutilmente, poiché altre comparvero nei suoi occhi."E' solo questo che pensi di me..."
Complimenti, Orlando. Non sai fare altro, se non piangere come una fottutissima ragazzina.
"Oh, santo Dio Orlando, sta' zitto! Per una volta cerca di essere meno egocentrico, cerca di pensare a come si sentono gli altri! A come mi sento io!", Viggo gridò, stringendo i pugni per la rabbia.
"Hey, hey Vig", Sean decise di intervenire. Con due passi si mise fra l'amico, e il letto dove Orlando singhiozzava. "Andiamo. Siete tutti e due sconvolti, ora ci dormite sopra e domattina..."
"Sean, per favore, lasciami stare", disse Viggo, la voce tremante di stizza, lo sguardo basso.
Sean guardò da Viggo a Orlando.
Il ragazzo era accucciato sul materasso, aveva le guance rigate di lacrime e respirava faticosamente.
"Sean", la voce di Viggo lo riportò alla realtà. "Per favore! Va' via da qua! e portati via anche Elijah!"
"No che non me ne vado! Cazzo ma ti rendi conto? State litigando senza che ci sia il più pallido motivo, stai gridando e tra poco come minimo chiameranno la polizia!"
"Non me ne importa un accidenti Sean! Mi hai sentito? Questa cosa riguarda me e Orlando, me e lui! Cosa vuoi che..."

"Hey, ma che succede qui?"
Quattro paia di occhi si voltarono verso la soglia, colti di sorpresa.
Liv si era affacciata nella stanza, vestita con un abito da notte, gli occhi pieni di sonno e la voce preoccupata. "Ragazzi, ma perchè state gridando?"
Viggo abbassò lentamente i pugni lungo i fianchi. Ok, ok, ora la cortina di nebbia si stava diradando, e il suo cervello stava recuperando un po’ di logica...
Liv. Liv??? Cosa diavolo ci faceva lì, Liv??
Non ottenendo risposta dai quattro uomini, che erano rimasti a guardarla come inebetiti, Liv fece scorrere lo sguardo da uno all'altro, fermandosi su Orlando e notando le sue lacrime.
"Orlando? O mio Dio tesoro che ti è successo? Stai bene?", chiese, improvvisamente spaventata.
"Io...si Liv noi non... non è successo nulla...", Orlando rispose incerto, guardandola avvicinarsi di qualche passo.
Sean sospirò. Gran bella situazione. Davvero.
'Per tutti i Valar, quando tutto questo sarà finito prenderò questi due stupidi e li strangolerò con le mie mani', pensò.
Liv si passò una mano fra i capelli, e fissò gli occhi sui due uomini cha tacevano di fronte a lei.
"Che cosa avete combinato stavolta? Scommetto che siete arrivati anche alle mani. Ci si può aspettare qualsiasi cosa da voi, siete peggio dei ragazzini!"
"Hai...hai ragione Liv. Scusami se ti abbiamo svegliato. Andiamo Sean. Poniamo fine a questa pagliacciata".
Dicendo questo Viggo si mosse verso la porta. Sean lo guardò come un allucinato. 'Questi qui sono tutti pazzi', pensò, seguendolo fuori dalla stanza, per accertarsi almeno che riuscisse ad arrivare sano e salvo al suo letto.

Era rimasto solo Elijah. Il povero giovane hobbit fissò su di loro occhi celesti e grandi come fanali.
"Io...beh...buonanotte...", disse dolcemente, con un sospiro, voltandosi ed uscendo.


Liv lo guardò andarsene, poi si voltò verso Orlando.
"Orli...te la senti di dirmi che sta succedendo?", sussurrò, sedendosi sul letto accanto a lui.
Il ragazzo si asciugò ancora una volta le lacrime. Odiava sé stesso. Ma perchè doveva sempre incasinare tutto? Era soltanto uno stupido. Un incapace...
"Non.. non succede nulla Liv. C' è stata soltanto una discussione ma...lo sai...niente di grave..."
La ragazza sollevò su di lui i suoi occhi blu scuro come la notte, come la notte neozelandese, quando il cielo era aperto e non c'era pioggia all'orizzonte. Annuì.
"Ne sei sicuro? Cioè, voglio dire...non voglio costringerti a dirmi nulla, se non ti va", sussurrò, scostandogli una ciocca di capelli color cioccolato dalla fronte. Orlando era sudato, e pallido.
"Liv, io...sono molto stanco. Io e i ragazzi abbiamo esagerato un pò questa sera, e non mi sento molto bene. Vorrei dormire...scusami".
Non poteva proprio dirle nulla, non poteva...oh, al diavolo. Non ce n'era bisogno. Liv sapeva già tutto, ne era sicuro.
"Certo", rispose lei, sorridendogli, un sorriso sincero. Si allungò a dargli un dolce bacio sulla fronte.
"Sdraiati, e cerca di riposarti. Domani si risolverà tutto, te lo prometto".
Orlando si distese sul materasso, e le restituì il sorriso. Si sentiva quasi sollevato...chiuse gli occhi. La stanza aveva smesso di vorticargli attorno, per fortuna.
Ma perchè era successo tutto quel casino, dannazione? Avrebbero dovuto passare la notte insieme, lui e Viggo...
Sentì il sonno cominciare a portarlo via con sé, e sperò con tutto il cuore che quello che Liv gli aveva promesso si avverasse.

 

Orlando si svegliò tardi, quella mattina. Le lacrime, l’alcool ed il nervosismo lo avevano stancato abbastanza da farlo dormire almeno 5 ore. Erano circa le 9:20 antimeridiane, quando, ancora con gli occhi semiaperti, il giovane inglese guardò l’orologio che aveva dimenticato di togliere e che, sicuramente, gli aveva lasciato dei bruttissimi segnacci sul polso.

‘Oddio, mi ricordo tutto, che casino...’

Si alzò a tentoni dal letto, dirigendosi verso il bagno. Un paio di schizzi d’acqua gelida in faccia ed eccoli, lievi ma inesorabili, un altro paio di conati di vomito. Ancora le schifezze allegramente trangugiate al Jail, oppure il solo modo che il suo corpo aveva trovato per scaricare la tensione?

Il ragazzo non sapeva dire quale fosse la causa principale. Sapeva solo che quella roba aveva un odore nauseabondo. Tirò lo scarico, si lavò i denti e si schizzò un altro po’ d’acqua fredda in faccia.

Alzò lentamente il volto verso lo specchio, seguendo il percorso che le goccioline facevano lungo il suo viso, ancora stravolto dal sonno, prima di ricadere nel lavabo. Guardò se stesso per una decina di secondi, poi, come un fulmine a ciel sereno, una sorta di comando interiore si fece strada nella sua testa:

‘Devo andare da lui!’

 

Viggo giaceva sul letto, era sveglio da un bel po’... in effetti non aveva quasi chiuso occhio, guardò la sveglia poggiata sul comodino alla sua destra, si accese una sigaretta.

‘Maledetto viziaccio...’ pensò, ‘Prima o poi mi viene un accidente...’

Osservando i rigagnoli di fumo salire verso il soffitto, l’uomo pensò che il fumo non era l’unico brutto vizio che aveva... ripensò agli avvenimenti di qualche ora prima, anche se “avvenimenti” era riduttivo, come termine...

Il rumore incalzante e ripetuto di nocche battute contro il legno della porta distolse Vig dai suoi pensieri.

‘Non ho voglia di aprire, non rompere il cazzo, chiunque tu sia!’ disse silenziosamente dentro di sé, pronto a ripetere a voce alta se l’intruso avesse bussato ancora.

Un mormorio indistinto gli giunse da fuori:

“Cazzo, forse dorme... mi chiedo come ci sia riuscito... forse non l’ha fatta pesare quanto me, magari ha già dimenticato... Vig, perché non apri???”

Il ragazzo sbalordì, vedendo la porta aprirsi, come se avesse detto ‘Apriti sesamo’.

“Tempismo perfetto.” commentò, sorridendo all’uomo, nonostante gli occhi rossi, “Se fossimo in un romanzo, questa sarebbe una scena importante. Dobbiamo parlare... dobbiamo capirci...”

“Sì... sì, noi... entra, honey.”

“Allora...” esordì il giovane, sedendosi si una delle tre poltroncine piazzate intorno al tavolino di vetro, “Sono un idiota. Un geloso, patetico idiota. Direi di cominciare da questo.”

“Non sei patetico.” replicò Viggo, “Se mi ami non lo sei: chi ama non è mai patetico.”

“Eppure ho fatto la colossale stronzata di essere geloso dell’ultima persona al mondo di cui avrei dovuto esserlo...”

“In questo siamo in due!”

“Abbiamo fatto una stronzata... ok, capita a tutti.”

Era tutto risolto, davvero? Forse sì... almeno quel particolare caso era risolto... e adesso?

“Oh, Vig!” continuò Orlando, alzandosi ed avvicinandosi al danese, che era rimasto in piedi, “E’ tutto così confuso... quale sarà la prossima cosa che faremo? Cosa ci succederà?”

I due si abbracciarono forte, quasi a voler imprimere quel momento così dolce nelle loro menti, in modo da poterlo ricordare, la prossima volta che la loro fiducia in quel rapporto avrebbe potuto  vacillare.

“Non lo so, Orlie...” mormorò Viggo, accarezzando i ricci del giovane con una mano e tenendogli stretti i fianchi con l’altra, “Non so cosa ci succederà... ma abbiamo cominciato questa cosa insieme... ed insieme la porteremo avanti. Con tutte le difficoltà che ne sorgeranno!”

L’uomo smise di mantenere Orlando per i fianchi, e gli accarezzò il volto. Il ragazzo afferrò quella mano, e gli baciò la punta delle dita.

“Grazie, Vig.” gli sussurrò, premendosi nuovamente la sua mano sulla guancia,

“Grazie di cosa?”

“Di stare con me...” e poi, finalmente, quelle parole. Che non si erano mai detti, che avevano considerato ‘sottintese, banali ed ovvie’ per lungo tempo... “Ti amo.”

Viggo fissò Orlando con i suoi occhi grigi. Gli sembrò di toccare il cielo con un dito. Immediatamente rispose a tono:

“Anch’io ti amo, Orlie... ti amo da morire...”

“Allora baciami e fammi morire con te.” disse scherzosamente il ragazzo, prima di scambiarsi con l’uomo quel bacio che avrebbe cancellato tutte le brutte sensazioni della notte prima, che avrebbe fatto loro voltare pagina e scrivere un nuovo capitolo della loro storia, iniziando da un appassionato momento d’amore in una suite d’albergo, illuminati dal Sole che, in quel radioso mattino, splendeva più bello e vanitoso che mai, orgoglioso dei suoi raggi...

 

Viggo accarezzò più volte i capelli di Orlando, mente il ragazzo aveva cominciato a sbottonargli la camicia, baciandolo lievemente sul collo, di tanto in tanto, con la punta delle labbra –sapeva bene che al suo Vig i baci sul collo piacevano un casino!– e i due finirono, lentamente ed inesorabilmente, stesi sul morbido ed accogliente letto della stanza.

“E’ pieno mattino, lo sai questo?” domandò il danese, senza neanche guardare Orlie negli occhi, immerso com’era nel caldo tepore del contatto fra i loro due corpi,

“E chi se ne frega?” ribatté il ragazzo, dandogli un bacio sulla punta del naso, “C’è il Sole ma fa freddo uguale, e io il freddo proprio non lo reggo!”

“Non sono mica un termosifone, sai?”

“Certo che non lo sei... un termosifone non è capace di farmi quello che fai tu...” disse infine Orlando, intimando a Viggo, con il suo sexy accento inglese, di non aggiungere altro, in modo che da potersi dedicare a ciò per cui entrambi erano finiti a letto...

Baci, carezze, gemiti e sospiri cominciarono a susseguirsi nel rapido crescendo della tensione erotica, Viggo, dopo aver spogliato il suo Orlie, si soffermò appena un istante ad ammirare la splendida creatura che –ora ne era certo – era soltanto sua e, mentre le loro lingue si incontravano in un ennesimo bacio, Orlando strinse a sé il corpo dell’unica persona al mondo che lo faceva sentire veramente sicuro, avvinghiandosi a lui anche con le gambe.

Se prima faceva un po’ freddo, ora l’aria della stanza era satura di calore, calore emanato dai corpi di Orlando e Viggo, che si strusciavano, si legavano, si studiavano a vicenda in un’inesistente lotta per la supremazia, che sarebbe andata avanti fino all’orgasmo.

Dopo i lunghi preliminari di romantiche carezze e lievi baci, Viggo entrò in Orlando, con la forza di chi rivendica il possesso di qualcun altro e la dolcezza di chi ama alla follia questo qualcuno, il ragazzo sussultò, al sentore della prima spinta, ma si armonizzò ai movimenti dell’uomo per poter andare avanti nella loro sensuale danza, sulle note che Amore permetteva loro di ascoltare, che si facevano sempre più forti nelle menti dei due, con l’avanzare del tempo, e che li portarono all’apice del piacere.

 

I due giacevano insieme tra le coperte, stravolti dal fuoco che aveva bruciato in loro fino a poco prima, quando Orlando decise che erano rimasti in silenzio abbastanza:

“Vig...”

“Mmm?” chiese apaticamente lui,

“Abbiamo sporcato le lenzuola...” avvisò l’altro, con la voce rotta dalle risate,

“Non fa niente, non ci pensare...” disse allora il danese, tirandosi su e trascinandosi il ragazzo con sé, “Ma adesso alziamoci, che è quasi mezzogiorno... ci avranno dati per dispersi...” aggiunse, baciandolo dolcemente sulla guancia,

“Uffa no, non è giusto...” commentò Orlando, con il tono di voce di un bambino deluso, “Restiamo a letto per l’eternità!”

“Mi piacerebbe, honey, ma non si può...” rispose Viggo dispiaciuto, separandosi malvolentieri dal giovane e cominciando a rivestirsi, “Coraggio, mettiti qualcosa addosso anche tu...”

“Okay, ma sono comunque del parere che non è giusto!” fu l’ultima cosa che disse Orlie, prima di alzarsi di malavoglia e cominciare ad infilarsi i vestiti continuando a provocare Vig con bacetti e moine varie...

I due andarono avanti con quell’accattivante giochino, facendo passare molti minuti senza nemmeno essersi rivestiti del tutto... prima che la voce di una terza persona facesse ricordar loro di non aver chiuso la porta a chiave:

“OH, SANTA PUPAZZA!” esclamò Billy, senza riuscire a trattenersi  quella vista e richiudendo immediatamente la porta davanti a sé, per poi rientrare dopo aver contato fino a 5, “Cazzo, ma allora è vero! Non era un’allucinazione!”

“Billy...” mormorò Viggo, imbarazzatissimo, “Que.. quello che hai visto, è...”

“Cristo, Vig, sono adulto e vaccinato, lo so cosa ho visto!”

“E quindi? Che pensi?” interloquì Orlando, senza tergiversare inutilmente, “Ci hai beccati, stiamo insieme. Ci disprezzi per questo?”

“No, ma che razza di domanda è?!?” ribatté sorprendentemente Billy, “Solo... perché non me l’avete detto prima?...”

“EH?” fu tutto ciò che i due riuscirono a dire, interdetti,

“Lavoriamo insieme da parecchio, ormai, queste cose dovreste farcele sapere... almeno a noi che siamo i vostri amici più stretti...”

“Non è facile...” spiegò Viggo, “Sai com’è, se si sparge la voce al di fuori dell’ambito stretto della Compagnia sono cazzi amari per tutti e due...”

“Mmm, credo di aver capito... chi altro oltre a me lo sa?” domandò allora Billy,

“Fammi pensare...” Orlando fece un rapido conteggio, “Tu, Beanie, Lij, forse Dom, che era vicino a lui quando ci sgamò in aereo... e forse, dopo i casini di ieri sera, anche Liv avrà capito...”

“Alla faccia della segretezza!” commentò Vig, ormai divertito da quella situazione che aveva del paradossale...

I tre ci risero su per un po’, finché Billy ricordò il motivo per cui era entrato a cercarli:

“Ah, comunque, se avete finito di tubare, colombelle, tra meno di un’ora si parte per tornare sul set, quindi se magari vi preparate non perdiamo l’aereo!”

“OPPORCAVACCA, E ADESSO CE LO DICI?!?!?” gli gridarono i due, che dovettero fare i salti mortali, per fare in tempo...

Presero l’aereo veramente per un soffio, e Beanie non fece altro che rimproverarli per tutto il volo, incazzatissimo per la loro sconsideratezza.....

 

La vita era bella. La vita era bella, e lui era felice.
Viggo non riusciva a pensare ad altro, in quelle mattine in cui l'alba faceva capolino dalla finestra della stanza da letto, e lui l'aspettava già sveglio, fiducioso in un altro giorno illuminato dal suo personale raggio di sole...Orlando.
Orlando, che ora se ne stava steso sulle lenzuola, addormentato, abbracciato al cuscino su cui nascondeva il viso, i capelli disordinati e il corpo di traverso lungo il letto.
Viggo sorrise, ed allungò una mano, passando le dita fra i folti riccioli e sentendone la morbidezza. Il ragazzo si mosse lievemente nel sonno, ma non si svegliò.
Il sorriso di Viggo si allargò subito, e lui si chinò, posandogli le labbra sulla gola dove i capelli lasciavano la pelle scoperta.
"Mmmmmph Vig", Orlando mormorò, voltandosi a fatica dall' altra parte, protestando. "...Ssssonnno".
"Sveglia Elf-boy. Sono quasi le cinque ora, tra poco dobbiamo essere sul set...Dai, sennò facciamo arrabbiare di nuovo Sean".
"Mmmmphimporta di Ssssean", fu l'unica risposta che Orlando riuscì a dargli, prima di ricadere in un sonno tanto profondo che sembrava lo avessero appena narcotizzato.
Viggo ridacchiò, e cominciò ad alzarsi per sgattaiolare nella doccia. Sapeva che ben presto Orlando, nonostante le proteste, avrebbe sentito la mancanza del suo calore nel letto e si sarebbe alzato per cercarlo, facendo il muso e brontolando a proposito di certi"maledetti raminghi mattinieri".

Ormai la loro relazione era giunta ad un punto stabile. Oddio, Viggo odiava pensarla così. Come se loro due fossero una vecchia coppia sposata che si avvia verso il tramonto. No che non era così... con lui, con Orlando, ogni giorno era una continua scoperta. Ogni giorno c'era una nuova risata, o una sua nuova espressione del viso, o un nuovo gioco o una litigata con quei matti degli hobbit che faceva morire dal ridere Viggo.
E allora Orlando faceva il broncio e lo accusava di stare dalla parte nemica, e poi gli saltava in braccio e lo baciava come se non si vedessero da secoli, e i poveri hobbit facevano del loro meglio per togliersi dai piedi in un nanosecondo, prendendoli in giro per quanto erano sdolcinati.
Orlando era dolcissimo, e contemporaneamente cocciuto da morire. Se si metteva in testa una cosa non c'era santo che potesse fargli cambiare idea.
"Quel ragazzo arriverà lontano", gli aveva detto una volta Sean. Viggo aveva annuito, con una punta di malinconia.
Arriverai lontano, Orli - aveva pensato allora. Lascerai questo stupido vecchio alle tue spalle, e vivrai la vita che ti meriti davvero...
Viggo sospirò ripensandoci. Sollevò la testa, lasciando che l'acqua della doccia lo colpisse dritto in viso, come se potesse così scacciar via tutti quei pensieri.
Mancava un mese ormai, alla fine delle riprese. Viggo si ritrovava spesso a pensare che stava per finire tutto...
Un paio di braccia forti si allacciarono intorno alla sua vita, e un giovane corpo si schiacciò contro il suo da dietro, distogliendolo dalle sue masochiste malinconie.
"Buongiorno Vig", Orlando mormorò, premendo un bacio sulla schiena dell' uomo. Lasciò che il getto della doccia gli bagnasse i capelli e si spostò, in modo da guardare Viggo in viso.
"Buongiorno amore. Dormito bene?", l' uomo rispose, sforzandosi di tornare alla sua normale serenità.
"Stavo dormendo benissimo, prima che qualcuno venisse a strapparmi al mio bellissimo sogno..."
Orlando si allungò e unì le loro labbra, e si baciarono appassionatamente mentre l'acqua scorreva sui loro corpi.
"Mmmmm...e cosa sognavi, angelo mio?"Viggo chiese quando terminarono il bacio.
"Cioccolata. Un mare di cioccolata. Talmente tanta che avrei potuto passare una vita intera a mangiarla"
Viggo sorrise maliziosamente. "Potrei darti qualcosa di altrettanto dolce.. per farmi perdonare di averti svegliato..."disse. Chinò il capo e cominciò a baciare il collo di Orlando, la pelle delicata della gola, la spalla.
Orlando gemette. "Vig...."
"Mmmmmmm....Orlando lo sai che fosse per me, non vorrei fare altro...ma ora non possiamo..."
"Noo...perchè Vig..."
"Finiremo per essere in ritardo...oggi...oggi giriamo la scena finale, quella del matrimonio..."
Orlando sollevò il viso e baciò di nuovo la bocca del suo compagno. Lentamente. Se non avevano tempo per fare altro, almeno voleva dargli un bacio degno di questo nome.
"Ok...", acconsentì, deluso.
Viggo si spostò dal getto della doccia e si strizzò i capelli.
"Finisci di lavarti, io mi vesto e ti aspetto di là. Ti do cinque minuti, Elfboy. Se ritardi ti abbandono alle ire di Sean".
Orlando si accigliò. "Stronzo".
"Si Orli, anch'io ti amo!", gli rispose Viggo, uscendo dalla doccia e procedendo a vestirsi.

 

 

...”Ok, ok, proviamo a rifarla, magari viene meglio!” incitava il paziente Peter, “Allora, Orlie, cerca di mirare un po’ più in alto, non importa dove finisce la freccia, tanto non devi ammazzare Vermilinguo, in realtà, quello lo montiamo noi dopo!”

“Per fortuna!” commentò Brad, ridacchiando dal backstage,

“D’accordo, ho capito, dammi il via!” disse quello che in quel momento era Legolas,

“E.... adesso!”

Orlando prese la mira, tese la corda e scagliò la freccia con tutta la sua forza, che si conficcò quasi alla fine del bersaglio che gli avevano posto davanti.

“Ok, buona!” esultò contento il regista, “Adesso giriamo dal punto di vista della cima di Isengard, tutti ai vostri posti!”

“Hey, toglimi una curiosità...” chiese Viggo, mentre lui e Orlie si allontanavano dal set, “Volevi tirar giù la torre?”

“Eh?” disse l’altro in tutta risposta, intontito,

“Hai colpito con un impeto che ha fatto quasi paura...”

“Beh... è che sono un po’ nervoso, Vig... perché so che la fine è vicina.”

“Che fine?”

“Come, che fine??? La fine delle riprese, la fine di questi giorni... la fine del mio tutto, del nostro tutto!” spiegò il ragazzo, mettendo il suo adorabile broncio da bambino,

Viggo sospirò, pensando a sua volta all’inevitabile allontanamento. Non si sarebbero potuti vedere più tanto spesso, dopo le ultime riprese... Orlando aveva ragione. I giorni lieti e pacati stavano per finire. Il danese scosse un istante la testa, doveva essere forte. E doveva are forza ad Orlando.

“Lo so, honey, lo so... una volta finito non ci vedremo tutti i giorni, ma mica partiamo per la guerra? E’ solo un ritorno alla vita normale, niente di più... ci vedremo meno, ma ci vedremo ugualmente!”

“Sarà solo una sensazione...” commentò il giovane, stringendo le spalle, “Ma sento che appena ci separeremo succederanno un sacco di casini!”

“Non pensarci, Orlie, non pensarci...” tentò nuovamente di calmarlo Viggo, “Pensa piuttosto che camminando camminando siamo finiti davanti al trailer e che siamo da soli...”

“Mmmmm... abbastanza valido, come argomento!” disse allora Orlando, con la sua voce suadente, “Ma... i costumi?”

“Sarà più divertente...” sussurrò l’altro, “Sai com’è... non l’ho mai fatto con un Elfo...”

“Sei un maiale...” lo rimproverò l’inglese, contraddicendosi mentre univa le loro labbra in un caldo e tenero bacio, “E’ per questo che mi fai impazzire!”

Senza tanti preamboli, i due si murarono vivi nel trailer e, quando ne uscirono, Peter, Sean e gran parte dei truccatori avrebbero voluto ucciderli, ma, dopo le ramanzine e le lavate di testa, finì tutto sul ridere.

Ridendo e scherzando, Orlando pensava che decisamente avrebbe sentito la mancanza di quei momenti, spensierati, allegri, senza nessuna preoccupazione al mondo... Orlando sentiva che, lontano dal suo Vig, senza più il suo sostegno, non avrebbe saputo resistere a tutte le difficoltà che si sarebbe trovato davanti.

Il ragazzo si sforzò di non pensarci, mentre si avviava come al solito nella roulotte degli hobbit, pronto per un’altra notte all’insegna del caos più totale che avrebbe fatto da preambolo ad un’altra inevitabile levataccia per le riprese del giorno dopo, ma ogni tanto quell’odioso pensiero ritornava a frullargli in testa, ed al ragazzo capitava di desiderare ardentemente di poter fermare il tempo...

 

Tutto era ancora troppo tranquillo. Orlando si chiese come mai dal trailer degli hobbit non provenissero rumori e grida e musica a tutto volume.
”Forse sono io ad essere in anticipo”, pensò tra sé e sé.
Fece ancora qualche altro passo, e finalmente riconobbe, attraverso la penombra della sera, due figure, sedute sugli scalini della roulotte.
Billy e Dom.
Orlando allungò il passo e li raggiunse.
"Hey ragazzi, ma come mai non c'è ancor-"
Billy sollevò gli occhi su di lui, e Orlando notò che teneva il braccio attorno alle spalle di Dom, il quale se ne stava a testa bassa e sembrava non essersi nemmeno accorto di lui.
"...H-hey, ma che succede..?"chiese, esitante. Si inginocchiò di fronte al suo amico Dominic e gli poggiò le mani sulle gambe. "E' tutto ok? Che sta succedendo?"
"Tranquillo Orli, non è successo nulla. Noi...stavamo aspettando gli altri", gli rispose Billy.
Orlando lo guardò, perplesso. Poi tornò a guardare Dom.
"Dom, stai bene?"
L' amico non sollevò la testa, ma ridacchiò, camuffato contro la stoffa dei pantaloni su cui nascondeva il viso.
"Hey Orli, rifiata pure. Non vorrai mica farti arrivare un infarto per me? Lo so che mi ami, ma..."
Orlando gli diede un colpetto sulla gamba. "Sei il solito acido. Mi avete fatto venire un colpo, ve ne state qui, al buio e sembrate due che sono stati appena condannati alla sedia elettrica..."
Decisamente sollevato, Orlando spostò di nuovo lo sguardo da Billy a Dom. Non era successo nulla, per fortuna era tutto tranquillo allora....
'No. No che non lo è', Orlando disse tra sè e sè quando incontrò di nuovo lo sguardo di Dominic. I suoi occhi erano lucidi, e sembrava quasi che avesse pianto.
Billy notò l' espressione confusa di Orli.
"Ok amico. Noi.. stavamo parlando a proposito...si beh, sai di questa storia che fra poco ce ne ripartiremo".
Oh. Doppio oh. Ora Orlando capiva.
"...e pensavamo che, boh, chissà quando ci ricapiterà una cosa così nella nostra vita, e insomma...non sappiamo nemmeno cosa faremo dopo. Dove andremo a finire. Insomma, si lo so, sono pippe mentali ma noi..."
"Ci ho pensato anch'io Bills", disse Orlando, volendo disperatamente interrompere il discorso dell'amico che ormai non era altro che un balbettio, e quel che era peggio, rispecchiava esattamente le sue stesse preoccupazioni.
"Ci penso tuttora. Oggi è ripartito anche Beanie, sai...ok, lui andava e veniva, questo è vero...ma oggi è stata la sua ultima volta qui sul set..."
Dom sollevò di più la testa, e si morse le labbra. Un altro segno tangibile che, piano piano, tutti quanti avrebbero preso un dannatissimo aereo, e se ne sarebbero volati via da lì, forse per sempre.
"Ci chiedevamo cosa succederà", riprese Billy.
Dom annuì, senza guardarli."Non sappiamo nemmeno se questo maledetto film avrà successo. Che succede se non piace a nessuno? Che succede se tutti ci rideranno dietro?"chiese, la voce piena di amarezza.
Orlando li guardò incredulo. "Ma cosa diavolo state dicendo? Ma certo che avrà successo. Sarà un grande film. Tutti si precipiteranno a vederlo! Ne sono sicuro!"
Non riusciva a credere che i suoi amici fossero così disillusi riguardo la buona riuscita di quell' impresa a qui si erano dedicati per più di un anno e mezzo ormai. Lui ci credeva profondamente. Credeva nelle potenzialità, nell' abilità di tutti. Credeva nel loro regista.
"Dom, ascolta", disse poi, sforzandosi di riflettere. Doveva riuscire a rassicurare Dominic. Anche se lui stesso aveta provato, e stava provando anche ora, le sue stesse paure per il futuro.
"Nessuno può sapere con certezza cosa succederà. Nessuno di noi è Nostradamus, per la miseria! Ma questo è un grosso trampolino di lancio, abbiamo imparato tanto in questi mesi, e sicuramente ognuno di noi avrà la sua occasione fuori da qui..."
Dom ridacchiò ancora. "Già. Chissà, magari mi chiamano per un telefilm. Già mi ci vedo, a fare il ganzo come Brendon di Beverly Hills".
Billy rise. "Già! Ti immagini!! Hey ragazzi sentite questa: immaginatevi che magari il film vince pure un Oscar...e noi che siamo lì in platea su quelle poltrone rosse, e PJ che va a ritirare il premio..."
"Questa è buona" mugugnò Dom, ridacchiando ironicamente. "E il premio come best scemo dell'anno va a...Billy Boyd, per la sua interpretazione di Pipino!"
Billy tirò un finto pugno all' amico e i sue scoppiarono a ridere.
Orlando si sedette a terra, e sbuffò, in parte scherzosamente e in parte no.
"Siete due guastafeste. E criticoni, anche".
Dom tornò improvvisamente serio.
"Tu avrai Viggo, Orli", disse sommessamente, dopo un lungo silenzio. "Avrai qualcuno che ti ama sul serio, e non soltanto perchè sei Legolas del Signore degli Anelli".
Orlando si voltò. "E questo cosa vorrebbe dire?"
"Voglio dire..."Dom si morse di nuovo il labbro, cercando di trovare le parole giuste. "...oh cazzo Orli. Possibile che non capisci? Noi saremo soli una volta andati via da qui. Tuttalpiù, ci sarà qualcuno con noi di cui nemmeno potremo fidarci del tutto, perchè non sappiamo se si finge amico o lo è davvero. Si insomma, lo sai come funziona tutta quella merda hollywoodiana".
Billy sospirò. "Quello che Dom vuole dire è che...tu e Viggo sarete insieme anche dopo... beh, almeno la maggior parte delle volte. Anche se non in pubblico, chiaramente.."
Orlando tacque. Cosa aveva appena detto Billy? 'Tu e Viggo sarete insieme anche dopo'. Sentì qualcosa che gli pungeva il cuore, e si ricordò improvvisamente che lui e Viggo non avevano mai parlato del 'dopo'.
Cioè, mai esplicitamente. Viggo aveva fatto qualche riferimento vago, dicendo che si sarebbero visti ugualmente, anche se meno. Ma stava parlando di tutto il gruppo, non di loro due soli. Non aveva mai detto che sarebbero stati insieme anche una volta andati via da lì.
Un terribile pensiero cominciò a stringergli i polmoni. E se Viggo non avesse avuto intenzione di continuare la loro storia, una volta andati via di là?
Ma certo, era così. Viggo non avrebbe saputo che farsene di uno come lui, una volta tornati nel 'mondo reale'.
Orlando fece un sospiro profondo, e si voltò, guardando gli alberi attorno alla radura, le fronde che si muovevano dolcemente al vento notturno.
Dom e Billy tacquero anche loro, immersi nel proprio personale limbo di pensieri, e tornarono in loro stessi soltanto quando videro arrivare Elijah, e poi mano a mano, gli altri.
Viggo aveva già avvertito che non si sarebbe unito a loro, quella sera. Era molto stanco, e preferiva restarsene a casa a riposare.
”Devo parlare con lui”, si disse Orlando, alzandosi in piedi. “Devo chiedergli che cosa ne pensa. Devo chiedergli di non lasciarmi...

Sospirò ancora, e, con il cuore pieno di tristezza, seguì gli altri, che, avendo già deciso dove andare a fare casino quella sera, si erano avviati verso le macchine.

 

“Dio, ragazzi non mi sono mai divertito tanto quanto stasera!!!” esclamava Elijah, mentre scendevano dalle auto per avviarsi ai rispettivi trailer, continuando a fare chiasso, incuranti dell’orario,

“Beh, devo darti ragione, mio piccolo Elwood!” commentava Orlando, scompigliandogli i capelli con le mani, “Non ti avevo mai visto ballare il flamenco sul tavolo di un disco-pub!”

“Che spettacolo pietoso!” aggiunse Billy, alle loro spalle, catapultandosi in mezzo ai due, “E non eri nemmeno del tutto ubriaco!”

“Ragazzi, sono le ultime notti, dobbiamo spassarcela!” si difese Lij, “Se non facciamo adesso tutte le stronzate che ci frullano in testa, ci capiterà raramente di poterle fare dopo... e finiremo con lo scoppiare!”

“Sì ma il tuo livello di stronzaggine sta pericolosamente salendo alle stelle!” s’intromise anche Dominic,

“Hey, e tu che ne sai, Dom? Hai uno stronzometro, per caso?”

“Vabbeh, ragà io sono arrivato...” disse ad un tratto Orlie, dando poi una veloce occhiata all’orologio, “Ci vediamo tra... non so... circa due ore e un quarto??”

“Sì, vai vai, fratello!” gli dicevano gli altri, “Corri che il ramingo ti sta aspettando! Sveglio e forse pure incazzato!”

“Sì, sì... sfottete... disgustosssi piccoli hobbitsssssssssss!!!” ribatteva l’inglese, sparandosi dagli altri fra risate e smorfie...

 

La roulotte era avvolta nel buio, ma, entrando, Orlando riusciva a sentire che Viggo era sveglio.

Il danese era steso sul letto, ma non dormiva. Lo stava aspettando.

Il giovane tolse le scarpe, si sfilò i vestiti ed infilò il pigiama, sdraiandosi, poi, accanto al suo Vig.

“Abbiamo fatto tardi, stasera, hm?” gli sussurrò l’uomo, con voce calda e suadente, accarezzandogli le spalle,

“Saresti dovuto venire con noi...” rispose Orlie, voltandosi ed abbracciandolo, “Lij era al culmine dell’idiozia, stasera!”

“Se ti sei divertito tu sono contento anch’io...” Viggo accompagnò le parole con un paio di dolci baci sul collo del ragazzo e fece per distendersi e dormire, ma Orlando, tirandosi su e mettendosi seduto, lo scosse bruscamente dal tepore in cui si stava immergendo.

“Vig, dobbiamo parlare.”

“Eh?”

“Dobbiamo parlare...” ripeté il ragazzo, “Dio, mi sento una fidanzatina isterica... ma dobbiamo parlare del futuro.”

“Del futuro? Adesso?” Viggo era molto assonnato, ma in verità temeva quel momento. Temeva perché non sapeva cosa il suo ‘honey’, come lo chiamava lui, stava per dirgli. Voleva forse lasciarlo, dopo tutte le volte che proprio lui aveva lottato per restare insieme? Finite le riprese, finita la magia, finito l’amore? “Cristo, Vig, hai quarant’anni suonati, non dovresti farti queste pippe mentali!” si disse, preparandosi al peggio...

“Lo so che è tardi...” Orlando continuò, attirando di nuovo l’attenzione del danese, “Ma io devo sapere. Devo sapere che cosa hai intenzione di fare, una volta finito tutto questo.”

“In che senso?”

“Non fare il finto tonto, Vig!” disse con fermezza il ragazzo, sperando che i suoi occhi non fossero già lucidi come al solito. Stavolta era importante, non c’era spazio per le lacrimucce da quattro soldi. “Che cosa ne sarà, di noi, dopo la fine del Ritorno del Re?”

“Orlando, io...” l’uomo si sforzò di trovare le parole giuste. Non aveva mai seriamente pensato al futuro, seppure un futuro a breve distanza: aveva sempre dato per scontato che sarebbero rimasti insieme, ma ora... non ne era sicuro. Aveva paura. “Io... non ho la sfera di cristallo, non lo so cosa ci succederà...”

“Cazzo, Viggo, non ti ho chiesto cosa succederà, ti ho chiesto cose vuoi farne!”

“Farne di cosa?”

“Del mio cuore, ramingo che non sei altro! Devi dirmelo se vuoi lasciarmi, almeno me lo strappo via da solo e risparmio tempo!”

“Tu pensi davvero che io voglia lasciarti?”

“NO! Non lo so! Non so cosa devo pensare, perché tu non mi fai mai capire ciò che ti frulla nella testa, non esterni mai i tuoi sentimenti, le tue paure... ammesso che tu ne abbia!”

Improvvisamente, Orlando si sentì avvolto in una forte stretta. Viggo lo aveva abbracciato, tutto d’un tratto, e lo aveva fatto con una tale forza che faceva quasi male. Stringeva il corpo di Orlie come se fosse l’unica cosa che lo teneva in vita.

“Oh, honey...” mormorò l’uomo, tenendo la testa nascosta nel petto del giovane, “Non essere così severo con me...”

Orlando sussultò: la voce di Viggo, del suo impassibile ed impenetrabile ramingo, era tremante, quasi rotta da lacrime incombenti.

“Il fatto è che ho molta paura anch’io, Orlie...” continuò il danese, alzando la testa ed accarezzando il volto del suo tesoro, “Non ho alcuna intenzione di troncare la nostra storia, ma, fuori di qui, tu hai un sacco di opportunità, tante cose da fare, da provare, sei giovane, puoi farlo... e allora questo vecchio ramingo sarà solo un impiccio, per te... e, proprio perché ti amo davvero, mi toccherà lasciarti andare, e tu volerai via, angelo mio, lontano da me...”

Qualcosa scattò, nel cuore di Orlando, vedendo il suo forte e stabile Vig diventare così vulnerabile. Il ragazzo prese fra entrambe le mani il volto dell’uomo, appoggiando la fronte contro la sua.

“Hey, Vig.” sussurrò, sicuro, finalmente, dei sentimenti che provava e che sapeva ricambiati, “Io ti amo, e ti amo da morire. Anche se ci separano molti anni di differenza, il nostro amore è grande e il nostro legame indissolubile.”

Un bacio seguì le dolci parole del giovane, che, dopo aver separato malvolentieri le sue labbra da quelle del danese, continuò: “Sono cresciuto, Vig, grazie a te. E per quanto alto io possa volare, tornerò sempre da te, che mi hai insegnato a farlo, e continueremo a volare insieme.”

“Orlie, io... spero solo che ciò che hai detto sia possibile, e che non ci perderemo di vista...” commentò tristemente Viggo, “Morirei, se dovessi sapere di non poterti più incontrare...”

“Non dirlo! Non devi mai più dirlo, nemmeno per ipotesi!” esclamò allora Orlando, stringendo forte l’uomo, “Non permetterò che accada!”

I due si strinsero forte l’uno all’altro, e si stesero, in attesa che quelle poche ore che mancavano al giorno passassero, per cominciare, un’altra faticosa giornata, ormai sempre più vicini alla tanto temuta fine...

 

 

Il primo pomeriggio di un giorno di sole.
Per quanto Viggo amasse la pioggia, e il rumore delle gocce sui vetri, e guardare il mondo che placa la sua sete dopo momenti di calura, un pomeriggio di sole era tutto ciò che gli serviva in quel momento.
Hey, no. Non proprio tutto. Se avesse avuto Orlando accanto a sè, sarebbe stato perfetto.
L' uomo si alzò dalla sua sedia e si mise alla ricerca del suo elfo. Non l'aveva visto per tutta la mattina. Aveva saputo che Peter lo aveva tenuto impegnato in alcune riprese davanti al blue screen, probabilmente quelle della scena dell' Olifante, e Viggo non era nemmeno sicuro che avesse finito.
Non aveva percorso neanche cento metri che lo vide. Era seduto sugli scalini del trailer di Karl. Davanti a lui c'erano Miranda e John, ma sembrava stessero parlando fra loro dal momento che il ragazzo non partecipava alla conversazione, anzi, appariva particolarmente interessato alle crepe nel terreno sotto i suoi piedi.
"Orlando", Viggo lo chiamò leggermente, avvicinandosi a loro.
Miranda lo guardò e gli sorrise, riprendendo poi a parlare con John.
Orlando sospirò, e si alzò in piedi.
"Orli", Viggo ripetè, più sommessamente ancora. Si mise davanti al ragazzo e avvicinò il volto al suo, bramando quelle labbra che da qualche ora non toccava.
Ma Orlando si scostò, girando il viso di lato.
"O-Orli? Che succede?"chiese l'uomo confuso, e un pò infastidito. Orlando non si era mai comportato così.
"Non succede niente Vig!"sbottò il ragazzo, come reagendo ad un insulto. Il suo corpo tremava di rabbia, e i suoi occhi evitavano accuratamente quelli del compagno. "Non preoccuparti!"
Con quest' ultima frase Orlando si allontanò, senza voltarsi indietro, e si diresse verso la loro roulotte.
Viggo lo seguì con lo sguardo, incredulo. Miranda e John avevano sentito, e ora lo guardavano preoccupati, ma non avevano il coraggio di dire nulla.

"Orlando?"
Viggo aprì piano la porta del trailer, e si affacciò all' interno. Vide soltanto buio.
"Orlando, cucciolo? Ci sei?"
Non ci fu risposta. Viggo entrò e si chiuse attentamente la porta alle spalle.
Una rapida occhiata intorno gli permise di localizzare il corpo di Orlando, raggomitolato in una palla sul letto al lato della stanza, le ginocchia al petto e il viso nascosto contro di esse.
"Orlando tesoro...stai bene?", chiese Viggo impaurito. Con due passi fu al suo fianco, e si sedette accanto al ragazzo accarezzandogli la fronte.
Questa volta Orlando non si scostò.
"Non sapevo che sarebbe stato così difficile Vig", singhiozzò.
"Amore ma di cosa stai parlando?"
Viggo gli si avvicinò di più e con un dito sotto il mento gli fece sollevare il viso. Non riusciva a capire quello che diceva se lui continuava a tenere la bocca schiacciata contro le ginocchia.
"Noi...stiamo per andare via e cambierà tutto. E come se non bastasse oggi ho ricevuto anche una telefonata da Fiona".
"Fiona?". Ora Viggo davvero non capiva.
Orlando si asciugò una lacrima col dorso della mano e singhiozzò.
"La mia agente di Londra. Dice che la gente sta fremendo per vedere il nostro film. Dice che tutti non aspettano altro, e che diventeremo delle grandi star"
Viggo annuì. "E allora? E' il tuo grande sogno, si sta realizzando. Non ne sei felice?"
"Fiona dice anche che devo troncare questa cosa che ho con te. O almeno fingere che non ci sia, fingere di non stare insieme a te perchè la gente non lo accetterà..."
"Tu glielo hai detto?"
Orlando sussultò. Il tono di Viggo era sommesso ma duro.
"S-Si. Certo che glielo ho detto, io non..."
"Non avresti dovuto".
Viggo si allontanò leggermente e guardò dritto davanti a sé. Sapeva che non doveva arrabbiarsi con Orlando, ma quella confessione lo aveva lasciato perplesso. Avevano cercato di nascondere la loro storia agli amici più stretti per l' amor di Dio, e ora perchè lui l' aveva rivelato con tanta leggerezza a quella donna?
"Non capisco perchè l' hai fatto".
Gli occhi di Orlando si spalancarono. Aveva fatto una cazzata, una delle sue solite. Dio, questa era la volta buona che Viggo lo avrebbe piantato su due piedi.
"Vig...mi dispiace, ok? Io...io non ci ho pensato, sono stato stupido, ma come...come si fa a tenere nascosta la cosa più bella della tua vita??"disse, la voce rotta e gli occhi pieni di lacrime.
Viggo si voltò improvvisamente verso il ragazzo. Vide una grossa lacrima tracciargli il contorno della guancia pallida, e non poté resistere. Lo prese tra le braccia e lo strinse a sé. Si vergognava terribilmente per averlo rimproverato in modo così aspro, quando l'errore del ragazzo era stato solo quello di essere felice per la loro storia, così felice da non riuscire a non dirlo al mondo.
"Oh Orli, io...sono stato uno stronzo...scusami. Ho parlato senza tenere conto di quello che stavi provando".
Orlando si aggrappò al suo petto e si strofinò contro di lui, singhiozzando.
"No Vig. Avevi ragione. Mi sono comportato come uno stupido e adesso per colpa mia tutto è rovinato...".
Viggo gli baciò i capelli e sospirò. Voleva potergli dire che tutto sarebbe andato bene, ma cosa poteva saperne lui?
Lui era soltanto un vecchio attore innamorato pazzo del suo collega ventiquattrenne e maledizione, non avrebbe permesso a nessuno di portargli via il suo angelo.
Orlando continuò a singhiozzare contro di lui e Viggo lo strinse forte, finché non sentì che cominciava a calmarsi.
Viggo lo scostò da sé appena appena e lo baciò sulla bocca, chiudendo forte gli occhi e spingendosi nel calore delle sue labbra. Orlando le aprì e si arrese alla lingua dell' uomo che cominciò ad esplorarlo, rabbiosamente quasi.
E poi il bacio finì, e li lasciò entrambi senza fiato e ansimanti. Occhi marroni, lucidi di lacrime e passione incontrarono profondità azzurre e vi annegarono.
"Come faremo a negare tutto questo? Come faremo a fingere di essere semplici colleghi?", chiese Orlando debolmente.
"Beh, " Viggo cominciò, giocherellando con i riccioli del compagno. "Siamo attori, giusto? Reciteremo".
Il ragazzo annuì. Si era perfettamente accorto dell' amarezza contenuta in quelle parole. Deglutì.
"E poi non dovremo fingere del tutto. Non all' inizio, almeno", sentì Viggo continuare. La grande mano dell' uomo lasciò perdere le ciocche castane e scivolo giù lungo il suo corpo fino ad incontrare l' orlo della maglietta e insinuarsi al di sotto.
"All' inizio ci saranno le premiere e altre stupidate simili e saremo insieme, e potremo fare gli scemi l' uno con l' altro quanto ci pare e piace", Viggo concluse. Fissò lo sguardo sul viso del ragazzo tra le sue braccia e sorrise quando lo vide chiudere gli occhi. La mano sotto la maglietta indugiò sui suoi capezzoli, e il ragazzo non poté trattenere un gemito.
"Poi io ti rapirò, e ti porterò via con me, nella mia stanza d' albergo. Nessuno ci vedrà e nessuno parlerà di noi".
La voce di Viggo era sempre più sommessa. La sua mano continuava le sue incessanti carezze, finché Orlando non riaprì le sue profondità d' ambra e lo guardò.
"Ne sei sicuro?", chiese, incerto.
"Certo. Ne sono sicuro, Elfboy".
Orlando sorrise, un sorriso appena accennato. Voleva credergli. Doveva credergli. Si sollevò un poco e unì di nuovo le loro bocche, che si incontrarono affamate l' una dell' altra, mentre Viggo spingeva entrambi a distendersi sul letto.
Non voleva più preoccuparsi. Non voleva sapere il futuro. Ciò che gli importava, ora, era soltanto il presente.

 

Viggo si svegliò con riluttanza, quella mattina. Gli ultimi mesi erano stati i più belli della sua vita, ed ora stava per finire tutto. Dal momento in cui sarebbero scesi dall’aereo in poi, sarebbe stato di nuovo tutto un inganno, una bugia continua, per tenere nascosta una cosa meravigliosa, che però nessuno avrebbe capito né tanto meno accettato. Il danese si sentiva come un animale in gabbia.

Svegliò il suo Orlie baciandolo più e più volte con passione, perché chi poteva sapere quando avrebbero avuto la possibilità di baciarsi ancora?

“Mmmmm... cinque minuti dite a Pete che arrivo subito!” mormorò il ragazzo, dopo le prime carezze,

“Alzati, stupidone. Oggi si parte.”

Orlando si alzò come se l’avessero svegliato con una secchiata d’acqua gelida. “Vig...” disse, ripresosi, “Non è strano?”

“Cosa?” domandò l’altro, continuando ad accarezzarlo dolcemente,

“Per tutta la durata delle riprese...” spiegò il giovane, accucciandosi contro il petto del danese, “Abbiamo più e più volte desiderato la fine, ma, ora che è finita davvero... non voglio andare via...”

“Ce ne andremo insieme, honey.” lo rassicurò Viggo, “Nessuno ci separerà.”

I due si baciarono ancora una volta, cercando quasi di fondersi, o, almeno, cercando di assorbire l’uno il sapore dell’altro, per ricordarsene nei momenti in cui sarebbero stati separati.

“Coraggio, prepariamoci.” sussurrò Viggo, quando si separarono, “L’aereo non ci aspetta, sai?”

“Uffa, sei sempre il solito ramingo mattiniero!”

“E tu il solito elfo pigrone!”

C’era una sottile nota di tristezza, nei loro soliti scherzi. Entrambi sapevano che ne avrebbero sentito la mancanza, stando lontani. Quasi simultaneamente, i due scossero la testa per non pensarci, erano piccolezze! Il loro amore era più forte.

Sicuri della forza dei loro sentimenti, Viggo ed Orlando finirono i preparativi per il viaggio e si misero in volo con gli altri. Destinazione Los Angeles. Da lì, dopo conferenze ed interviste varie, ognuno per la propria strada.

 

Orlando e Viggo passarono l’intero viaggio mano nella mano, “Appiccicati come due cerotti”, avrebbe detto Dom, se fosse stato in vena di scherzare.

La vista dell’aeroporto di LA fu come un pugno nello stomaco, un po’ per tutti. Era davvero finita...

In quella situazione tutto sembrava insopportabile. I flash dei fotografi, il brusio delle voci degli intervistatori, gli occhi delle telecamere fissi a guardarli... Viggo ringraziò il cielo, quando tutte quelle persone -che in quel momento l’uomo non poteva fare a meno di detestare- li lasciarono finalmente in pace.

Lui, Orlando ed un altro paio di amici si trovavano nella hall dell’albergo, semideserta, a quell’ora.

Il danese si era abbandonato su una delle tante poltrone, Orlie gli sedeva accanto, con un braccio teso verso di lui e le sue sottili dita che affondavano tra i capelli dell’uomo.

“E così... domattina presto torni in Danimarca?” domandò, ad un tratto, il ragazzo,

“Sì...” rispose Viggo, poggiando la mano sulla sua e tenendosela vicino alla guancia, “Tu a che ora parti?”

“Nel tardo pomeriggio, verso le sei e mezza - sette...”

“Allora devo dartela adesso, domattina non ne avrò la possibilità...” sussurrò il danese, più a se stesso che ad Orlando,

“Cosa?” domandò lui, giustamente incuriosito, “Che devi darmi?”

“Adesso salgo nella mia stanza, fai passare qualche minuto e raggiungimi.” gli disse Vig, rivolgendosi poi agli altri, che parlavano tra loro, “Beh, ragazzi... si è fatto tardi, io alle cinque devo partire! Vi saluto!”

Detto questo, l’uomo si avviò al piano superiore, accompagnato dai vari “Ciao Vig!” oppure “Ci vediamo presto, amico!”

 

Il ragazzo bussò alla porta, cercando di non fare troppo rumore. Viggo aprì immediatamente, e lo trascinò dentro prima ancora che potesse dirgli qualcosa. Lo baciò appassionatamente e lo condusse verso il letto, sul quale si adagiarono insieme.

“Allora, cos’è questo misterioso regalo che devi farmi?” chiese Orlando, accarezzando il volto del suo amore,

“Non avere fretta, Elfboy...” rispose suadente l’altro, “Prima voglio salutarti come si deve, voglio che tu ricordi questo momento...” aggiunse, cominciando a spogliarlo, “Voglio che tu ricordi il mio calore...”

“Vig, io...” un sospiro interruppe le parole di Orlando, quando Viggo cominciò a baciargli il collo, portandosi sopra di lui e facendo scorrere le mani sui suoi fianchi, “Io non dimenticherò mai questi momenti...”

“E ricordatelo sempre, io ti amo, Orlie...”

“Anch’io ti amo, Vig. E nessuna stupida immagine pubblica potrà mai farmelo dimenticare.”

I due giacquero insieme un’ultima volta, amandosi più intensamente che mai, baciandosi, accarezzandosi, guardandosi più volte negli occhi, l’uno per imprimere nel cuore l’immagine dell’altro, e solo quando furono tutti e due stanchi si fermarono.

“Adesso è venuto il momento di darti il mio regalo...” mormorò ad un tratto Viggo, allungandosi a prendere qualcosa dalla giacca, abbandonata sul pavimento, ed estraendone un foglio, “L’ho scritta per te. Leggila soltanto quando sarai in aereo... promesso?”

“Promesso.” rispose dolcemente Orlando, baciando le labbra del suo Vig per l’ultima volta, mentre prendeva il foglio, “Adesso è meglio ch’io vada... ciao, ramingo mattiniero che non sei altro!”

“Ciao, elfo pigrone!”

 

Orlando fissava assorto un punto imprecisato, oltre il vetro del finestrino. Udì appena la voce del comandante, che annunciava che stavano decollando.

“A quest’ora Viggo sarà già atterrato...” disse tra sé e sé, “Mmm, è venuto il momento di leggere il misterioso biglietto che il mio tesoro mi ha donato...”

Il ragazzo estrasse il foglio e cominciò a scorrere gli occhi su di esso...

Un’hostess, ad un tratto, gli toccò una spalla, facendolo sussultare:

“Signore... si sente bene?” domandò,

“Sì...” rispose lui, voltandosi verso il finestrino e ricominciando a fissare il vuoto, mentre due lacrime, taglienti come lame, scendevano lungo le sue guance, “Sì, è tutto a posto, grazie.”

Mentre la donna si allontanava, chiedendo di tanto in tanto a qualche passeggero se desiderava qualcosa, il ragazzo chiuse gli occhi, portandosi il foglio al petto e sospirando.

“Non ti dimenticherò, Vig...” mormorò, volgendo i suoi pensieri verso il momento in cui avrebbe avuto la possibilità di rivedere il suo amore... sperando che tale momento non fosse troppo lontano, Orlando diede un’altra occhiata al foglio:

 

Communion, Viggo Mortensen



We’ve left shore somehow

Become the friends 

Of early theory

Close enough to speak

Desire and pain of absence

Of mistakes we’d make
Given the chance. 

 

Each smile returned
Makes harder avoiding
Dreams that see us
Lying in early evening
Curtain shadows, skin
Safe against skin.
Bloom of compassion
Respect for moments
Eyes lock turns
Forever into one more
Veil that falls away.


This after seeing you
Last night, first time
Smelling you with
Permission: shoulders to
Wonder openly at
As carefully kissed
As those arms
Waited impossibly on.
They’ve held me now

And your breath
Down me back
Sent away night air
That had me shaking
In the unlit anglican
Doorway.


Are we ruined for
Finding our faces fit
and want to know more
about morning? Is
Friendship cancelled
If we can’t call
Each other anymore
In amnesia, invite
Ourselves to last glances
Under suspicious clocks
Telling us when we’ve
had enough?


Your steady hands
Cradling my grateful
Skull: were you taking
In my face to
Save an image
You’ve rarely allowed
Yourself after leaving
That cold alcove?
Am I a photograpf
You gaze at in
Moments of weakness?

 

You ordered me
Off my knees
Into your arms.
Wasn’t to beg
That I knelt; only
To see you once  
From below.

 

Tried to say something
That I filled my mouth
And longed to rest
In your ear.
Don’t dare write
It down far for fear it’ll
Become words, just

Words.

 

“Sì, Vig, è una promessa...” ripeté il ragazzo, asciugandosi gli occhi e riponendo il foglio in tasca, “Io non ti dimenticherò mai, e ti amerò sempre.”

 

-----Fine-----