.|. Sense and Sensibility .|.
Parte Seconda ~
Quella sera, Melbourne sembrava più
tranquilla di quanto in realtà fosse. O forse era soltanto una
sensazione, forse era perchè il loro albergo era un pò fuori città, e
tutto sembrava più silenzioso e calmo.
“Cazzo, questa musica distrugge davvero!!!” gridò Dom, già brillo, mentre insieme agli altri si facevano un altro giro di birra sulle note dei Dream Theater, “Questo posto è la fine del mondo!” “A me stordisce un po’, però è bella, davvero!” rispose Orlie, accasciato su Lij, che era ormai l’unica cosa che lo teneva in piedi, “Ah, certo, tu sei stordito per la musica!!!” commentò il ragazzo, scrutando l’amico con i suoi occhioni azzurri, “Mica sei stordito perché ti sei bevuto questo mondo e l’aldilà?!?” “Io non sono ubriaco!!!” esclamò lui di rimando, scostandosi da Elijah, mentre il suo corpo smentiva le sue parole, barcollando pericolosamente, “Non sono ubriaco!” ripeté, per di più scosso dal singhiozzo... “Dom... Dom... e che cazzo, DOM!!!” sbraitò Lij voltando il ragazzo che intanto era impegnato nel pietoso tentativo di abbordare una tipa con dei lunghi capelli rossi e dei bracciali borchiati da sturbo, “EH?? CHE C’E’???” “Io porto fuori Orlando, ormai è del tutto andato!!! Avvisa anche gli altri!!” “OK, Ci vediamo fuori tra un’oretta!!!”
“Piano.. così... cerca di camminare... bravo..” Orlando stava finalmente tornando lucido, sotto le cure del piccolo Lij che, per farlo riprendere, gli stava facendo fare un po’ avanti e indietro appena fuori dal locale, dopo una breve sosta nei bagni del locale per farlo vomitare e fargli buttare fuori tutte le schifezze che aveva tracannato. Il giovane inglese si guardò intorno, scosso. L’insegna del locale, che lampeggiava di viola e rosso scuro, gli faceva male agli occhi. La scritta colorata ‘Jail’ gli fece stranamente effetto. Gli strani casi della vita... quella sera si sentiva confuso, oppresso, quasi.. imprigionato, e in che locale lo vanno a portare, i suoi amici??? ‘Cazzo, mi sento uno schifo...’ pensò, ‘E non solo fisicamente...’ “Ecco qua, va meglio?” domandò Elijah, scuotendolo dal suo torpore, mentre lo aiutava a sedersi su una panchina, “Lij... dove sono gli altri?” “Ancora dentro, ma fra un po’ escono e ce ne andiamo.” “Torna da loro, non mi va che ti intossichi la serata per fare da balia a me...” “Non preoccuparti, non mi piace tanto il Metal!” Orlando sorrise. ‘Lij... piccolo, apprensivo Lij...’ quanta tenerezza gli faceva, quel ragazzo che lo fissava preoccupato con quei suoi occhi enormi, tanto chiari da ricordare vagamente quelli di Viggo... Viggo. Viggo... Orlie scosse la testa ed ebbe un sussulto, mentre nella sua mente annebbiata dall’alcool riaffiorava il ricordo della telefonata a Sean e, insieme ad esso, veniva a galla quella sensazione orribile che aveva sentito in quel momento. Gli tornò il singhiozzo, ma stavolta non per l’alcool. Non passò molto prima che il ragazzo scoppiasse in un pianto dirotto. “Oh, no...” mormorò Elijah, abbracciandolo e poggiandogli una mano sulla testa, “No, no.. non fare così... vuoi dirmi che cosa c’è?” “In che senso?” chiese l’altro, continuando a singhiozzare, “Non ti sei mai sbilanciato tanto con l’alcool... si vede che hai qualcosa...” Orlando abbassò gli occhi. “Va bene...” disse, “Adesso ti racconto tutto.”
“...Capisci, Sean? Si sta incasinando tutto...” terminò il danese, tirando fuori il fumo dell’ultimo tiro della sua sigaretta, “Credo di aver totalmente perso il controllo...” “Su, su... non fare così, amico mio...” disse Beanie, guardando il fumo salire formando intricati ghirigori e poi svanire lentamente, “Sono fasi... vedrai che aggiusterete tutto...” I due si erano comprati una confezione di birra, avevano trovato un posto tranquillo, lontano dai rompicoglioni di ogni tipo, e stavano passando la nottata stesi sull’erba a bere, fumare e chiacchierare. “Di tanto in tanto sento di aver sbagliato tutto...” commentò Vig, accendendosi un’altra sigaretta, “E forse è la verità... non avrei mai dovuto mettere Orlie in tutti questi casini...” “Ehi, non dirlo neanche per scherzo, ok?!?” lo rimproverò Sean, voltandosi verso di lui, “Avete cominciato questa relazione perché siete innamorati l’uno dell’altro e, finché continuerete ad esserlo, non risarà niente di sbagliato in essa. Tienilo a mente!” “Lo so, ma a volte è difficile... molte cose sono difficili... ci sono molte differenze, molte cose, che...” “Cristo santo, Vig ma ti senti???” l’interruppe Beanie, “Sembri davvero un vecciho decrepito, stanco e depresso!” Viggo sorrise malinconicamente, facendo perdere lo sguardo davanti a sé. “Forse lo sono...” “No che non lo sei... fatti coraggio! Le difficoltà si superano, i problemi si affrontano... e che cazzo, ti deprimi proprio tu che porti con te il memorabile motto...” “Adattati e vinci!” dissero insieme i due, mettendosi poi a ridere. “Sai una cosa, Sean? Hai ragione. Mi serviva solo un po’ di tempo per rifletterci su.” “Oh, finalmente! Ti rendi conto che la situazione non è poi così grave???”
“Tu credi davvero che non sia grave?” chiese Orlie, poco dopo aver terminato il suo racconto a Lij, “Certo che no!” assicurò l’amico, “Sono solo delle incomprensioni, tutte le coppie ne hanno!” “Coppie?” ripeté Orlando, sorpreso, “Beh, sì... tu e Vig state insieme, quindi... siete una coppia, no?” spiegò Elijah, un po’ imbarazzato da quella constatazione, “Che buffo...” “Cosa?” “Non avevo mai pensato a me e Vig come ad una coppia come tutte le altre...” commentò il giovane, “Finora avevo sempre considerato il nostro rapporto come qualcosa di pericoloso, di proibito...” “Proibito da chi?” “Non lo so, forse dalla mia stessa mente... cazzo, è incredibile che pensieri profondi faccio, quando mi riprendo da una sbornia!” “E dimmi, fra tutte queste perle di saggezza ti sei reso conto che non hai alcun motivo di essere geloso di Beanie?” domandò Elijah, “Ti dico solo due cose... prima: lui vi ha sempre aiutati, se avesse voluto portarti via Viggo l’avrebbe potuto fare in qualunque momento; seconda: a Vig piacciono le more!” Si lasciarono entrambi andare ad una grossa risata. “Beh, ti ringrazio, Lij.” biascicò Orlie, terminando in uno sbadiglio, “Hm.. direi che è ora di andare a nanna, per te...” “E gli altri?” “Chissà dove si saranno infrattati... adesso mando un SMS a Billy e gli dico che ti porto a casa.” “Ok...” concluse Orlie, aggrappandosi nuovamente all’amico per tirarsi su.
“Che dici, si torna indietro?” domandò Sean, dopo un po’, “Perché vuoi tornare?” chiese di rimando Viggo, “Beh, perché sono quasi le quattro e abbiamo finito la birra, è ovvio!” “Ah, beh... se è finita... Torniamo indietro!” Così, dopo aver visto chi dei due era più lucido, i due si misero in macchina e si avviarono all’hotel. Avviandosi ognuno verso la propria camera, Sean notò la porta della camera di Orlie semiaperta... “Ehi, Vig, Orlie è già tornato... è in camera, perché non provi a parlargli?” “Mmm... forse dovrei...grazie, Beanie...” Mentre si avvicinava alla stanza, Viggo sentì delle voci. Cazzo, Orlando non era solo... ma chi c’era con lui? Il danese scosse la testa ed entrò rapidamente e rumorosamente nella stanza, trovando il suo Orlie semidisteso sul letto ed Elijah che gli toglieva i vestiti... “Ah, bene...” commentò incazzatissimo, mentre Orlie si alzò in piedi, stupito e ancora stordito, “Quando ti ho detto ‘divertiti’ mi hai proprio preso sul serio!” “No Vig, calmati, hai frainteso...” disse immediatamente Elijah, imbarazzatissimi per l’equivoco, “Lui è ubriaco io lo stavo solo aiutando ad andare a dormire, e...” “Tu adesso esci da questa stanza oppure ti ci mando fuori io a calci in culo!” “Vig...” chiamò Orlando, “Sei ancora qui? Ti ho detto di toglierti dai piedi!” sbraitò l’uomo, mentre Lij lo continuava a fissare, impaurito come un cerbiatto davanti a un leone, “VIG!” gridò più forte Orlando, portandosi una mano alla testa e accasciandosi al muro, “Non incazzarti con lui, non ha fatto niente! Parla con me!” Le grida, intanto, avevano attirato dentro anche Sean, che, mentre i due litigavano, discuteva sottovoce con il povero Elijah: “Che è successo?” “Orlie era ubriaco, ha pure vomitato, io l’ho portato qui... Vig ci ha visti e deve aver pensato...” “Oddio, andiamo bene, anche Vig ha bevuto non poco... adesso sono cazzi...” “Si ma io non stavo assolutamen--” “Lo so, ma secondo te lui ti crede, così come sta ora?” “Cazzo, vorrei sprofondare... stavano per risolvere tutto, e adesso, per uno stupido malinteso... guardali...” In effetti, era una scena davvero incredibile.. i due non si erano mai parlati in quel modo... “Sai, non credevo che il tuo programma serale includesse anche di farti Lij!” disse Viggo, ulteriormente caricato di rabbia dalla birra, “Vi siete messi d’accordo per telefono anche su questo?” “Io non mi stavo facendo Lij!” ribatté Orlando, sedendosi sul letto, “Cristo, Vig! Mi stava solo aiutando a cambiarmi, perché io sono pieno di schifezze alcoliche fin sopra i capelli!” La cosa non poteva far altro che peggiorare. Viggo era furente, Orlando aveva la voce quasi rotta dal pianto. “Tu, piuttosto...” continuò il ragazzo, “Come t’è andata la seratina romantica con Beanie?” Sean guardò Orlando con l’aria del gentiluomo accusato di aver rubato la Torre di Pisa. “Ah, siamo a questo, ora?” domandò Vig, “Non posso passare anch’io la serata con un amico? Sei tu il geloso, adesso?” “Perché non dovrei esserlo?” chiese l’altro, “Non ho mica la sfera di cristallo, che ne posso sapere di quel che fai o che ti va di fare?” “E proprio tu parli così? Qualche giorno fa mi dicesti che non dovevo essere geloso, che avrei dovuto fidarmi un po’ di più di te... era un discorso univoco? Complimenti, davvero complimenti, ragazzino...” Orlando raggelò. Sentirsi chiamare ‘ragazzino’ era peggio di qualunque altra cosa Vig avrebbe potuto fargli. Le lacrime, che premevano per uscire, ebbero la meglio. Il ragazzo non riusciva neanche più a parlare correttamente, scosso dai sospiri e dai singhiozzi. Elijah e Sean si guardarono l’un l’altro. Fossero stati due qualunque, a litigare, loro sarebbero usciti per farli discutere in pace, ma stavolta dovevano fare qualcosa, se non volevano che la relazione dei loro due amici si sgretolasse per un po’ di alcool in più e per uno stupido malinteso...
Viggo guardò Orlando piangere, e dentro di
sé qualcosa si ruppe. Nonostante il suo cervello fosse annebbiato
dall'alcool delle troppe birre di quella sera, riusciva a sentire il
dolore che il ragazzo, il suo ragazzo, stava provando...Tuttavia quel
maledettissimo orgoglio aveva deciso di prendere il comando delle sue
azioni, e Viggo sentì riaffiorare la rabbia, più forte di prima.
Orlando si svegliò tardi, quella mattina. Le lacrime, l’alcool ed il nervosismo lo avevano stancato abbastanza da farlo dormire almeno 5 ore. Erano circa le 9:20 antimeridiane, quando, ancora con gli occhi semiaperti, il giovane inglese guardò l’orologio che aveva dimenticato di togliere e che, sicuramente, gli aveva lasciato dei bruttissimi segnacci sul polso. ‘Oddio, mi ricordo tutto, che casino...’ Si alzò a tentoni dal letto, dirigendosi verso il bagno. Un paio di schizzi d’acqua gelida in faccia ed eccoli, lievi ma inesorabili, un altro paio di conati di vomito. Ancora le schifezze allegramente trangugiate al Jail, oppure il solo modo che il suo corpo aveva trovato per scaricare la tensione? Il ragazzo non sapeva dire quale fosse la causa principale. Sapeva solo che quella roba aveva un odore nauseabondo. Tirò lo scarico, si lavò i denti e si schizzò un altro po’ d’acqua fredda in faccia. Alzò lentamente il volto verso lo specchio, seguendo il percorso che le goccioline facevano lungo il suo viso, ancora stravolto dal sonno, prima di ricadere nel lavabo. Guardò se stesso per una decina di secondi, poi, come un fulmine a ciel sereno, una sorta di comando interiore si fece strada nella sua testa: ‘Devo andare da lui!’
Viggo giaceva sul letto, era sveglio da un bel po’... in effetti non aveva quasi chiuso occhio, guardò la sveglia poggiata sul comodino alla sua destra, si accese una sigaretta. ‘Maledetto viziaccio...’ pensò, ‘Prima o poi mi viene un accidente...’ Osservando i rigagnoli di fumo salire verso il soffitto, l’uomo pensò che il fumo non era l’unico brutto vizio che aveva... ripensò agli avvenimenti di qualche ora prima, anche se “avvenimenti” era riduttivo, come termine... Il rumore incalzante e ripetuto di nocche battute contro il legno della porta distolse Vig dai suoi pensieri. ‘Non ho voglia di aprire, non rompere il cazzo, chiunque tu sia!’ disse silenziosamente dentro di sé, pronto a ripetere a voce alta se l’intruso avesse bussato ancora. Un mormorio indistinto gli giunse da fuori: “Cazzo, forse dorme... mi chiedo come ci sia riuscito... forse non l’ha fatta pesare quanto me, magari ha già dimenticato... Vig, perché non apri???” Il ragazzo sbalordì, vedendo la porta aprirsi, come se avesse detto ‘Apriti sesamo’. “Tempismo perfetto.” commentò, sorridendo all’uomo, nonostante gli occhi rossi, “Se fossimo in un romanzo, questa sarebbe una scena importante. Dobbiamo parlare... dobbiamo capirci...” “Sì... sì, noi... entra, honey.” “Allora...” esordì il giovane, sedendosi si una delle tre poltroncine piazzate intorno al tavolino di vetro, “Sono un idiota. Un geloso, patetico idiota. Direi di cominciare da questo.” “Non sei patetico.” replicò Viggo, “Se mi ami non lo sei: chi ama non è mai patetico.” “Eppure ho fatto la colossale stronzata di essere geloso dell’ultima persona al mondo di cui avrei dovuto esserlo...” “In questo siamo in due!” “Abbiamo fatto una stronzata... ok, capita a tutti.” Era tutto risolto, davvero? Forse sì... almeno quel particolare caso era risolto... e adesso? “Oh, Vig!” continuò Orlando, alzandosi ed avvicinandosi al danese, che era rimasto in piedi, “E’ tutto così confuso... quale sarà la prossima cosa che faremo? Cosa ci succederà?” I due si abbracciarono forte, quasi a voler imprimere quel momento così dolce nelle loro menti, in modo da poterlo ricordare, la prossima volta che la loro fiducia in quel rapporto avrebbe potuto vacillare. “Non lo so, Orlie...” mormorò Viggo, accarezzando i ricci del giovane con una mano e tenendogli stretti i fianchi con l’altra, “Non so cosa ci succederà... ma abbiamo cominciato questa cosa insieme... ed insieme la porteremo avanti. Con tutte le difficoltà che ne sorgeranno!” L’uomo smise di mantenere Orlando per i fianchi, e gli accarezzò il volto. Il ragazzo afferrò quella mano, e gli baciò la punta delle dita. “Grazie, Vig.” gli sussurrò, premendosi nuovamente la sua mano sulla guancia, “Grazie di cosa?” “Di stare con me...” e poi, finalmente, quelle parole. Che non si erano mai detti, che avevano considerato ‘sottintese, banali ed ovvie’ per lungo tempo... “Ti amo.” Viggo fissò Orlando con i suoi occhi grigi. Gli sembrò di toccare il cielo con un dito. Immediatamente rispose a tono: “Anch’io ti amo, Orlie... ti amo da morire...” “Allora baciami e fammi morire con te.” disse scherzosamente il ragazzo, prima di scambiarsi con l’uomo quel bacio che avrebbe cancellato tutte le brutte sensazioni della notte prima, che avrebbe fatto loro voltare pagina e scrivere un nuovo capitolo della loro storia, iniziando da un appassionato momento d’amore in una suite d’albergo, illuminati dal Sole che, in quel radioso mattino, splendeva più bello e vanitoso che mai, orgoglioso dei suoi raggi...
Viggo accarezzò più volte i capelli di Orlando, mente il ragazzo aveva cominciato a sbottonargli la camicia, baciandolo lievemente sul collo, di tanto in tanto, con la punta delle labbra –sapeva bene che al suo Vig i baci sul collo piacevano un casino!– e i due finirono, lentamente ed inesorabilmente, stesi sul morbido ed accogliente letto della stanza. “E’ pieno mattino, lo sai questo?” domandò il danese, senza neanche guardare Orlie negli occhi, immerso com’era nel caldo tepore del contatto fra i loro due corpi, “E chi se ne frega?” ribatté il ragazzo, dandogli un bacio sulla punta del naso, “C’è il Sole ma fa freddo uguale, e io il freddo proprio non lo reggo!” “Non sono mica un termosifone, sai?” “Certo che non lo sei... un termosifone non è capace di farmi quello che fai tu...” disse infine Orlando, intimando a Viggo, con il suo sexy accento inglese, di non aggiungere altro, in modo che da potersi dedicare a ciò per cui entrambi erano finiti a letto... Baci, carezze, gemiti e sospiri cominciarono a susseguirsi nel rapido crescendo della tensione erotica, Viggo, dopo aver spogliato il suo Orlie, si soffermò appena un istante ad ammirare la splendida creatura che –ora ne era certo – era soltanto sua e, mentre le loro lingue si incontravano in un ennesimo bacio, Orlando strinse a sé il corpo dell’unica persona al mondo che lo faceva sentire veramente sicuro, avvinghiandosi a lui anche con le gambe. Se prima faceva un po’ freddo, ora l’aria della stanza era satura di calore, calore emanato dai corpi di Orlando e Viggo, che si strusciavano, si legavano, si studiavano a vicenda in un’inesistente lotta per la supremazia, che sarebbe andata avanti fino all’orgasmo. Dopo i lunghi preliminari di romantiche carezze e lievi baci, Viggo entrò in Orlando, con la forza di chi rivendica il possesso di qualcun altro e la dolcezza di chi ama alla follia questo qualcuno, il ragazzo sussultò, al sentore della prima spinta, ma si armonizzò ai movimenti dell’uomo per poter andare avanti nella loro sensuale danza, sulle note che Amore permetteva loro di ascoltare, che si facevano sempre più forti nelle menti dei due, con l’avanzare del tempo, e che li portarono all’apice del piacere.
I due giacevano insieme tra le coperte, stravolti dal fuoco che aveva bruciato in loro fino a poco prima, quando Orlando decise che erano rimasti in silenzio abbastanza: “Vig...” “Mmm?” chiese apaticamente lui, “Abbiamo sporcato le lenzuola...” avvisò l’altro, con la voce rotta dalle risate, “Non fa niente, non ci pensare...” disse allora il danese, tirandosi su e trascinandosi il ragazzo con sé, “Ma adesso alziamoci, che è quasi mezzogiorno... ci avranno dati per dispersi...” aggiunse, baciandolo dolcemente sulla guancia, “Uffa no, non è giusto...” commentò Orlando, con il tono di voce di un bambino deluso, “Restiamo a letto per l’eternità!” “Mi piacerebbe, honey, ma non si può...” rispose Viggo dispiaciuto, separandosi malvolentieri dal giovane e cominciando a rivestirsi, “Coraggio, mettiti qualcosa addosso anche tu...” “Okay, ma sono comunque del parere che non è giusto!” fu l’ultima cosa che disse Orlie, prima di alzarsi di malavoglia e cominciare ad infilarsi i vestiti continuando a provocare Vig con bacetti e moine varie... I due andarono avanti con quell’accattivante giochino, facendo passare molti minuti senza nemmeno essersi rivestiti del tutto... prima che la voce di una terza persona facesse ricordar loro di non aver chiuso la porta a chiave: “OH, SANTA PUPAZZA!” esclamò Billy, senza riuscire a trattenersi quella vista e richiudendo immediatamente la porta davanti a sé, per poi rientrare dopo aver contato fino a 5, “Cazzo, ma allora è vero! Non era un’allucinazione!” “Billy...” mormorò Viggo, imbarazzatissimo, “Que.. quello che hai visto, è...” “Cristo, Vig, sono adulto e vaccinato, lo so cosa ho visto!” “E quindi? Che pensi?” interloquì Orlando, senza tergiversare inutilmente, “Ci hai beccati, stiamo insieme. Ci disprezzi per questo?” “No, ma che razza di domanda è?!?” ribatté sorprendentemente Billy, “Solo... perché non me l’avete detto prima?...” “EH?” fu tutto ciò che i due riuscirono a dire, interdetti, “Lavoriamo insieme da parecchio, ormai, queste cose dovreste farcele sapere... almeno a noi che siamo i vostri amici più stretti...” “Non è facile...” spiegò Viggo, “Sai com’è, se si sparge la voce al di fuori dell’ambito stretto della Compagnia sono cazzi amari per tutti e due...” “Mmm, credo di aver capito... chi altro oltre a me lo sa?” domandò allora Billy, “Fammi pensare...” Orlando fece un rapido conteggio, “Tu, Beanie, Lij, forse Dom, che era vicino a lui quando ci sgamò in aereo... e forse, dopo i casini di ieri sera, anche Liv avrà capito...” “Alla faccia della segretezza!” commentò Vig, ormai divertito da quella situazione che aveva del paradossale... I tre ci risero su per un po’, finché Billy ricordò il motivo per cui era entrato a cercarli: “Ah, comunque, se avete finito di tubare, colombelle, tra meno di un’ora si parte per tornare sul set, quindi se magari vi preparate non perdiamo l’aereo!” “OPPORCAVACCA, E ADESSO CE LO DICI?!?!?” gli gridarono i due, che dovettero fare i salti mortali, per fare in tempo... Presero l’aereo veramente per un soffio, e Beanie non fece altro che rimproverarli per tutto il volo, incazzatissimo per la loro sconsideratezza.....
La vita era bella. La vita era bella, e lui
era felice.
...”Ok, ok, proviamo a rifarla, magari viene meglio!” incitava il paziente Peter, “Allora, Orlie, cerca di mirare un po’ più in alto, non importa dove finisce la freccia, tanto non devi ammazzare Vermilinguo, in realtà, quello lo montiamo noi dopo!” “Per fortuna!” commentò Brad, ridacchiando dal backstage, “D’accordo, ho capito, dammi il via!” disse quello che in quel momento era Legolas, “E.... adesso!” Orlando prese la mira, tese la corda e scagliò la freccia con tutta la sua forza, che si conficcò quasi alla fine del bersaglio che gli avevano posto davanti. “Ok, buona!” esultò contento il regista, “Adesso giriamo dal punto di vista della cima di Isengard, tutti ai vostri posti!” “Hey, toglimi una curiosità...” chiese Viggo, mentre lui e Orlie si allontanavano dal set, “Volevi tirar giù la torre?” “Eh?” disse l’altro in tutta risposta, intontito, “Hai colpito con un impeto che ha fatto quasi paura...” “Beh... è che sono un po’ nervoso, Vig... perché so che la fine è vicina.” “Che fine?” “Come, che fine??? La fine delle riprese, la fine di questi giorni... la fine del mio tutto, del nostro tutto!” spiegò il ragazzo, mettendo il suo adorabile broncio da bambino, Viggo sospirò, pensando a sua volta all’inevitabile allontanamento. Non si sarebbero potuti vedere più tanto spesso, dopo le ultime riprese... Orlando aveva ragione. I giorni lieti e pacati stavano per finire. Il danese scosse un istante la testa, doveva essere forte. E doveva are forza ad Orlando. “Lo so, honey, lo so... una volta finito non ci vedremo tutti i giorni, ma mica partiamo per la guerra? E’ solo un ritorno alla vita normale, niente di più... ci vedremo meno, ma ci vedremo ugualmente!” “Sarà solo una sensazione...” commentò il giovane, stringendo le spalle, “Ma sento che appena ci separeremo succederanno un sacco di casini!” “Non pensarci, Orlie, non pensarci...” tentò nuovamente di calmarlo Viggo, “Pensa piuttosto che camminando camminando siamo finiti davanti al trailer e che siamo da soli...” “Mmmmm... abbastanza valido, come argomento!” disse allora Orlando, con la sua voce suadente, “Ma... i costumi?” “Sarà più divertente...” sussurrò l’altro, “Sai com’è... non l’ho mai fatto con un Elfo...” “Sei un maiale...” lo rimproverò l’inglese, contraddicendosi mentre univa le loro labbra in un caldo e tenero bacio, “E’ per questo che mi fai impazzire!” Senza tanti preamboli, i due si murarono vivi nel trailer e, quando ne uscirono, Peter, Sean e gran parte dei truccatori avrebbero voluto ucciderli, ma, dopo le ramanzine e le lavate di testa, finì tutto sul ridere. Ridendo e scherzando, Orlando pensava che decisamente avrebbe sentito la mancanza di quei momenti, spensierati, allegri, senza nessuna preoccupazione al mondo... Orlando sentiva che, lontano dal suo Vig, senza più il suo sostegno, non avrebbe saputo resistere a tutte le difficoltà che si sarebbe trovato davanti. Il ragazzo si sforzò di non pensarci, mentre si avviava come al solito nella roulotte degli hobbit, pronto per un’altra notte all’insegna del caos più totale che avrebbe fatto da preambolo ad un’altra inevitabile levataccia per le riprese del giorno dopo, ma ogni tanto quell’odioso pensiero ritornava a frullargli in testa, ed al ragazzo capitava di desiderare ardentemente di poter fermare il tempo...
Tutto era ancora troppo tranquillo. Orlando
si chiese come mai dal trailer degli hobbit non provenissero rumori e
grida e musica a tutto volume. Sospirò ancora, e, con il cuore pieno di tristezza, seguì gli altri, che, avendo già deciso dove andare a fare casino quella sera, si erano avviati verso le macchine.
“Dio, ragazzi non mi sono mai divertito tanto quanto stasera!!!” esclamava Elijah, mentre scendevano dalle auto per avviarsi ai rispettivi trailer, continuando a fare chiasso, incuranti dell’orario, “Beh, devo darti ragione, mio piccolo Elwood!” commentava Orlando, scompigliandogli i capelli con le mani, “Non ti avevo mai visto ballare il flamenco sul tavolo di un disco-pub!” “Che spettacolo pietoso!” aggiunse Billy, alle loro spalle, catapultandosi in mezzo ai due, “E non eri nemmeno del tutto ubriaco!” “Ragazzi, sono le ultime notti, dobbiamo spassarcela!” si difese Lij, “Se non facciamo adesso tutte le stronzate che ci frullano in testa, ci capiterà raramente di poterle fare dopo... e finiremo con lo scoppiare!” “Sì ma il tuo livello di stronzaggine sta pericolosamente salendo alle stelle!” s’intromise anche Dominic, “Hey, e tu che ne sai, Dom? Hai uno stronzometro, per caso?” “Vabbeh, ragà io sono arrivato...” disse ad un tratto Orlie, dando poi una veloce occhiata all’orologio, “Ci vediamo tra... non so... circa due ore e un quarto??” “Sì, vai vai, fratello!” gli dicevano gli altri, “Corri che il ramingo ti sta aspettando! Sveglio e forse pure incazzato!” “Sì, sì... sfottete... disgustosssi piccoli hobbitsssssssssss!!!” ribatteva l’inglese, sparandosi dagli altri fra risate e smorfie...
La roulotte era avvolta nel buio, ma, entrando, Orlando riusciva a sentire che Viggo era sveglio. Il danese era steso sul letto, ma non dormiva. Lo stava aspettando. Il giovane tolse le scarpe, si sfilò i vestiti ed infilò il pigiama, sdraiandosi, poi, accanto al suo Vig. “Abbiamo fatto tardi, stasera, hm?” gli sussurrò l’uomo, con voce calda e suadente, accarezzandogli le spalle, “Saresti dovuto venire con noi...” rispose Orlie, voltandosi ed abbracciandolo, “Lij era al culmine dell’idiozia, stasera!” “Se ti sei divertito tu sono contento anch’io...” Viggo accompagnò le parole con un paio di dolci baci sul collo del ragazzo e fece per distendersi e dormire, ma Orlando, tirandosi su e mettendosi seduto, lo scosse bruscamente dal tepore in cui si stava immergendo. “Vig, dobbiamo parlare.” “Eh?” “Dobbiamo parlare...” ripeté il ragazzo, “Dio, mi sento una fidanzatina isterica... ma dobbiamo parlare del futuro.” “Del futuro? Adesso?” Viggo era molto assonnato, ma in verità temeva quel momento. Temeva perché non sapeva cosa il suo ‘honey’, come lo chiamava lui, stava per dirgli. Voleva forse lasciarlo, dopo tutte le volte che proprio lui aveva lottato per restare insieme? Finite le riprese, finita la magia, finito l’amore? “Cristo, Vig, hai quarant’anni suonati, non dovresti farti queste pippe mentali!” si disse, preparandosi al peggio... “Lo so che è tardi...” Orlando continuò, attirando di nuovo l’attenzione del danese, “Ma io devo sapere. Devo sapere che cosa hai intenzione di fare, una volta finito tutto questo.” “In che senso?” “Non fare il finto tonto, Vig!” disse con fermezza il ragazzo, sperando che i suoi occhi non fossero già lucidi come al solito. Stavolta era importante, non c’era spazio per le lacrimucce da quattro soldi. “Che cosa ne sarà, di noi, dopo la fine del Ritorno del Re?” “Orlando, io...” l’uomo si sforzò di trovare le parole giuste. Non aveva mai seriamente pensato al futuro, seppure un futuro a breve distanza: aveva sempre dato per scontato che sarebbero rimasti insieme, ma ora... non ne era sicuro. Aveva paura. “Io... non ho la sfera di cristallo, non lo so cosa ci succederà...” “Cazzo, Viggo, non ti ho chiesto cosa succederà, ti ho chiesto cose vuoi farne!” “Farne di cosa?” “Del mio cuore, ramingo che non sei altro! Devi dirmelo se vuoi lasciarmi, almeno me lo strappo via da solo e risparmio tempo!” “Tu pensi davvero che io voglia lasciarti?” “NO! Non lo so! Non so cosa devo pensare, perché tu non mi fai mai capire ciò che ti frulla nella testa, non esterni mai i tuoi sentimenti, le tue paure... ammesso che tu ne abbia!” Improvvisamente, Orlando si sentì avvolto in una forte stretta. Viggo lo aveva abbracciato, tutto d’un tratto, e lo aveva fatto con una tale forza che faceva quasi male. Stringeva il corpo di Orlie come se fosse l’unica cosa che lo teneva in vita. “Oh, honey...” mormorò l’uomo, tenendo la testa nascosta nel petto del giovane, “Non essere così severo con me...” Orlando sussultò: la voce di Viggo, del suo impassibile ed impenetrabile ramingo, era tremante, quasi rotta da lacrime incombenti. “Il fatto è che ho molta paura anch’io, Orlie...” continuò il danese, alzando la testa ed accarezzando il volto del suo tesoro, “Non ho alcuna intenzione di troncare la nostra storia, ma, fuori di qui, tu hai un sacco di opportunità, tante cose da fare, da provare, sei giovane, puoi farlo... e allora questo vecchio ramingo sarà solo un impiccio, per te... e, proprio perché ti amo davvero, mi toccherà lasciarti andare, e tu volerai via, angelo mio, lontano da me...” Qualcosa scattò, nel cuore di Orlando, vedendo il suo forte e stabile Vig diventare così vulnerabile. Il ragazzo prese fra entrambe le mani il volto dell’uomo, appoggiando la fronte contro la sua. “Hey, Vig.” sussurrò, sicuro, finalmente, dei sentimenti che provava e che sapeva ricambiati, “Io ti amo, e ti amo da morire. Anche se ci separano molti anni di differenza, il nostro amore è grande e il nostro legame indissolubile.” Un bacio seguì le dolci parole del giovane, che, dopo aver separato malvolentieri le sue labbra da quelle del danese, continuò: “Sono cresciuto, Vig, grazie a te. E per quanto alto io possa volare, tornerò sempre da te, che mi hai insegnato a farlo, e continueremo a volare insieme.” “Orlie, io... spero solo che ciò che hai detto sia possibile, e che non ci perderemo di vista...” commentò tristemente Viggo, “Morirei, se dovessi sapere di non poterti più incontrare...” “Non dirlo! Non devi mai più dirlo, nemmeno per ipotesi!” esclamò allora Orlando, stringendo forte l’uomo, “Non permetterò che accada!” I due si strinsero forte l’uno all’altro, e si stesero, in attesa che quelle poche ore che mancavano al giorno passassero, per cominciare, un’altra faticosa giornata, ormai sempre più vicini alla tanto temuta fine...
Il primo pomeriggio di un giorno di sole.
Viggo si svegliò con riluttanza, quella mattina. Gli ultimi mesi erano stati i più belli della sua vita, ed ora stava per finire tutto. Dal momento in cui sarebbero scesi dall’aereo in poi, sarebbe stato di nuovo tutto un inganno, una bugia continua, per tenere nascosta una cosa meravigliosa, che però nessuno avrebbe capito né tanto meno accettato. Il danese si sentiva come un animale in gabbia. Svegliò il suo Orlie baciandolo più e più volte con passione, perché chi poteva sapere quando avrebbero avuto la possibilità di baciarsi ancora? “Mmmmm... cinque minuti dite a Pete che arrivo subito!” mormorò il ragazzo, dopo le prime carezze, “Alzati, stupidone. Oggi si parte.” Orlando si alzò come se l’avessero svegliato con una secchiata d’acqua gelida. “Vig...” disse, ripresosi, “Non è strano?” “Cosa?” domandò l’altro, continuando ad accarezzarlo dolcemente, “Per tutta la durata delle riprese...” spiegò il giovane, accucciandosi contro il petto del danese, “Abbiamo più e più volte desiderato la fine, ma, ora che è finita davvero... non voglio andare via...” “Ce ne andremo insieme, honey.” lo rassicurò Viggo, “Nessuno ci separerà.” I due si baciarono ancora una volta, cercando quasi di fondersi, o, almeno, cercando di assorbire l’uno il sapore dell’altro, per ricordarsene nei momenti in cui sarebbero stati separati. “Coraggio, prepariamoci.” sussurrò Viggo, quando si separarono, “L’aereo non ci aspetta, sai?” “Uffa, sei sempre il solito ramingo mattiniero!” “E tu il solito elfo pigrone!” C’era una sottile nota di tristezza, nei loro soliti scherzi. Entrambi sapevano che ne avrebbero sentito la mancanza, stando lontani. Quasi simultaneamente, i due scossero la testa per non pensarci, erano piccolezze! Il loro amore era più forte. Sicuri della forza dei loro sentimenti, Viggo ed Orlando finirono i preparativi per il viaggio e si misero in volo con gli altri. Destinazione Los Angeles. Da lì, dopo conferenze ed interviste varie, ognuno per la propria strada.
Orlando e Viggo passarono l’intero viaggio mano nella mano, “Appiccicati come due cerotti”, avrebbe detto Dom, se fosse stato in vena di scherzare. La vista dell’aeroporto di LA fu come un pugno nello stomaco, un po’ per tutti. Era davvero finita... In quella situazione tutto sembrava insopportabile. I flash dei fotografi, il brusio delle voci degli intervistatori, gli occhi delle telecamere fissi a guardarli... Viggo ringraziò il cielo, quando tutte quelle persone -che in quel momento l’uomo non poteva fare a meno di detestare- li lasciarono finalmente in pace. Lui, Orlando ed un altro paio di amici si trovavano nella hall dell’albergo, semideserta, a quell’ora. Il danese si era abbandonato su una delle tante poltrone, Orlie gli sedeva accanto, con un braccio teso verso di lui e le sue sottili dita che affondavano tra i capelli dell’uomo. “E così... domattina presto torni in Danimarca?” domandò, ad un tratto, il ragazzo, “Sì...” rispose Viggo, poggiando la mano sulla sua e tenendosela vicino alla guancia, “Tu a che ora parti?” “Nel tardo pomeriggio, verso le sei e mezza - sette...” “Allora devo dartela adesso, domattina non ne avrò la possibilità...” sussurrò il danese, più a se stesso che ad Orlando, “Cosa?” domandò lui, giustamente incuriosito, “Che devi darmi?” “Adesso salgo nella mia stanza, fai passare qualche minuto e raggiungimi.” gli disse Vig, rivolgendosi poi agli altri, che parlavano tra loro, “Beh, ragazzi... si è fatto tardi, io alle cinque devo partire! Vi saluto!” Detto questo, l’uomo si avviò al piano superiore, accompagnato dai vari “Ciao Vig!” oppure “Ci vediamo presto, amico!”
Il ragazzo bussò alla porta, cercando di non fare troppo rumore. Viggo aprì immediatamente, e lo trascinò dentro prima ancora che potesse dirgli qualcosa. Lo baciò appassionatamente e lo condusse verso il letto, sul quale si adagiarono insieme. “Allora, cos’è questo misterioso regalo che devi farmi?” chiese Orlando, accarezzando il volto del suo amore, “Non avere fretta, Elfboy...” rispose suadente l’altro, “Prima voglio salutarti come si deve, voglio che tu ricordi questo momento...” aggiunse, cominciando a spogliarlo, “Voglio che tu ricordi il mio calore...” “Vig, io...” un sospiro interruppe le parole di Orlando, quando Viggo cominciò a baciargli il collo, portandosi sopra di lui e facendo scorrere le mani sui suoi fianchi, “Io non dimenticherò mai questi momenti...” “E ricordatelo sempre, io ti amo, Orlie...” “Anch’io ti amo, Vig. E nessuna stupida immagine pubblica potrà mai farmelo dimenticare.” I due giacquero insieme un’ultima volta, amandosi più intensamente che mai, baciandosi, accarezzandosi, guardandosi più volte negli occhi, l’uno per imprimere nel cuore l’immagine dell’altro, e solo quando furono tutti e due stanchi si fermarono. “Adesso è venuto il momento di darti il mio regalo...” mormorò ad un tratto Viggo, allungandosi a prendere qualcosa dalla giacca, abbandonata sul pavimento, ed estraendone un foglio, “L’ho scritta per te. Leggila soltanto quando sarai in aereo... promesso?” “Promesso.” rispose dolcemente Orlando, baciando le labbra del suo Vig per l’ultima volta, mentre prendeva il foglio, “Adesso è meglio ch’io vada... ciao, ramingo mattiniero che non sei altro!” “Ciao, elfo pigrone!”
Orlando fissava assorto un punto imprecisato, oltre il vetro del finestrino. Udì appena la voce del comandante, che annunciava che stavano decollando. “A quest’ora Viggo sarà già atterrato...” disse tra sé e sé, “Mmm, è venuto il momento di leggere il misterioso biglietto che il mio tesoro mi ha donato...” Il ragazzo estrasse il foglio e cominciò a scorrere gli occhi su di esso... Un’hostess, ad un tratto, gli toccò una spalla, facendolo sussultare: “Signore... si sente bene?” domandò, “Sì...” rispose lui, voltandosi verso il finestrino e ricominciando a fissare il vuoto, mentre due lacrime, taglienti come lame, scendevano lungo le sue guance, “Sì, è tutto a posto, grazie.” Mentre la donna si allontanava, chiedendo di tanto in tanto a qualche passeggero se desiderava qualcosa, il ragazzo chiuse gli occhi, portandosi il foglio al petto e sospirando. “Non ti dimenticherò, Vig...” mormorò, volgendo i suoi pensieri verso il momento in cui avrebbe avuto la possibilità di rivedere il suo amore... sperando che tale momento non fosse troppo lontano, Orlando diede un’altra occhiata al foglio:
Communion, Viggo Mortensen
We’ve left shore somehow
Become the friends
Of early theory
Close enough to speak
Desire and pain of absence
Of mistakes we’d make
Given the chance.
Each smile returned
And your breath
You ordered me
Tried to say something Words.
“Sì, Vig, è una promessa...” ripeté il ragazzo, asciugandosi gli occhi e riponendo il foglio in tasca, “Io non ti dimenticherò mai, e ti amerò sempre.”
-----Fine-----
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