.|. Il Destino nello Specchio .|.

Capitolo VIII

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Trascorsero un paio di giorni.

Istante dopo istante Aragorn riacquistava le forze, la vita sembrava scendere in lui ancora più vigorosa di prima.

Il sole splendeva da diversi giorni su quei confini sconosciuti, terra di nessuno, calpestata dai viandanti, mai rivendicata da alcun sovrano, terra di passaggio ignorata e presto dimenticata.

Forse…

Se per alcuni una terra è indifferente, una semplice lingua di suolo da percorrere e poi abbandonare, per altri lo stesso luogo diviene il teatro dei momenti più importanti di una vita (nota filosofica dell’autrice!!).

Soltanto per coloro che la ridipingono con i propri sentimenti…

 

Legolas rientrò nella grotta.

Stava ormai calando la sera.

Trovò Aragorn addormentato accanto al calore del fuoco scoppiettante, ma anch’esso sembrava ormai prossimo alla fine.

L’Elfo s’inginocchiò, gettando un po’ di legna là dentro e riattizzò la fiamma.

Si sedette contro il muro dall’altro lato della grotta. Era stanco. Non aveva ancora mangiato nulla, ma non aveva fame.

In quei giorni non si era concesso neppure un attimo di riposo: aveva cercato animali da cacciare, aveva controllato se attorno a loro non ci fossero stati pericoli… non aveva pensato ad altro che a curare il suo compagno di viaggio e la sua ferita.

Aveva osservato ogni suo sonno, ogni suo movimento, ogni piccolo gesto che trasudava vita, ogni suo sospiro…

Lo fece nuovamente, ancora, come sempre…

Lo osservò.

Ogni suo sospiro… calmo e ritmato… ogni suo sospiro… il petto si sollevava lievemente… ogni suo sospiro… le sue labbra dischiuse… ogni suo sospiro… le ciocche di capelli rotolavano sul suo volto, scompigliate e selvagge.

Sorrise…

L’Uomo… il Ramingo… Grampasso… il re… Elessar… la Gemma Elfica… il bambino cresciuto dagli Elfi… lui, la speranza… la speranza… Estel!

“Estel…” mormorò, mentre i suoi occhi percorrevano quei tratti rilassati nel sonno.

Non riusciva a non guardarlo, l’aveva fatto spesso mentre egli dormiva, quel sonno di vita… era così bello vederlo riposare e sapere che il mattino dopo si sarebbe risvegliato.

Nessun sonno di morte gliel’aveva portato via, la morte… non era riuscita a rubarglielo.

Rubarmelo…

Sussultò. Cosa significava quel pensiero? Perché tutti quei timori alla sola idea di perderlo?

In quell’istante, Aragorn si mosse un poco, voltandosi su di un fianco.

“Legolas…” sussurrò destandosi.

La sua immagine era ancora sfumata al di là del fuoco, ma poté comunque intravedere i grandi occhi chiari dell’Elfo che brillavano pensierosi da dietro la fiamma.

Lo stavano fissando in silenzio.

Cosa stavano leggendo sul suo volto? A cosa stavano pensando in quegli istanti di quiete?

Legolas non tentava di leggergli nella mente, ma sembrava piuttosto che stessero sognando qualcosa di lontano, o forse… di già troppo vicino.

Lo sguardo divenne improvvisamente penetrante, ammaliante, profondo.

Aragorn si sentì scosso da un forte brivido di calore, come se già avesse in qualche modo assistito a qualcosa di simile.

“Legolas…” chiamò, ma non ottenne risposta.

“Legolas… cosa stai facendo?” ripeté, alzando il tono della voce.

“Cos.. io..” saltò su l’Elfo “…stavo pensando… solo pensando…”

“Mi stavi guardando…”

Legolas abbassò gli occhi, come se fosse stato scoperto nella sua intimità.

“Volevo solo accertarmi che tu stessi bene…”

Aragorn sorrise, tirandosi su a sedere.

“Sto bene, davvero…” allungò una mano verso di lui “Avvicinati…”

A quelle parole l’elfo fu colto da un sussulto.

Quella barriera che il fuoco aveva creato in mezzo a loro sembrava in un certo senso proteggerlo e se lui l’avesse superata non ci sarebbe stata più distanza, la barriera sarebbe finalmente andata perduta.

Tuttavia si alzò, la tunica leggera rumoreggiò contro le pietre e sulla terra. Si avvicinò al Ramingo, inginocchiandosi accanto.

“Guarda!” disse Aragorn ,scoprendosi la ferita.

“Che cosa fai?” gridò l’Elfo spaventato.

“Si è rimarginata… almeno mi sembra…”

Legolas aggrottò la fronte e scrutò la ferita attentamente.

“Fammi vedere… questo tipo di ferite non si rimarginano così facilmente, ci vogliono giorni… dovevi tenere la benda più a lungo…” lo scrutò con aria grave “Perché devi sempre fare di testa tua?”

Davanti a quell’espressione di rimprovero, l’Uomo non riuscì a trattenere una risata… era così divertente vedere un Elfo arrabbiarsi e perdere la consueta calma.

Legolas poi era ancora più intenso quando tirava fuori le sue emozioni.

“Ma è guarita!” esclamò Aragorn continuando a ridacchiare.

“Già… non so come possa essere accaduto… ma è proprio così!” dovette ammettere l’Elfo.

“Dovevi saperlo che io sono un tipo speciale… ancora te ne stupisci?”

Legolas gli lanciò un’occhiata più eloquente di molte altre parole.

Detestava che qualcuno si burlasse di lui, se si trattava di un Mortale poi…

Tuttavia la gioia del pericolo scampato fu molto più forte, quasi non credeva ai suoi occhi: del sangue che solo pochi giorni prima colava a flutti ne era rimasta solo la sfumatura e al posto della ferita stava comparendo una cicatrice.

“Puoi toccare, non mi fa male!” disse d’un tratto Aragorn, prendendogli una mano e appoggiandogliela sulla sua spalla.

Legolas prese a sfiorarlo delicatamente, l’Uomo rimase tranquillo, anche se il tocco dell’Elfo gli provocava un leggero solletico.

“E’ vero…” sorrise l’Elfo “E così rapidamente poi…”

Continuò a toccare la spalla del Ramingo, senza fermare il movimento lento delle dita, ma d’un tratto si bloccò, il suo sguardo cadde sul braccio nudo dell’Uomo, sulla casacca lacerata per metà che scopriva il petto e la pelle brunita, scura e dorata sotto il riflesso del fuoco.

Cercò di ritrarre la mano, ma al contrario lo accarezzò.

Sentì improvvisamente il suo calore, l’accarezzò ancora, senza distogliere lo sguardo da lui, massaggiò il punto dolente, lo sfiorò con il dorso e il palmo della mano, scivolò lungo il suo braccio, per poi risalire verso l’alto e toccarlo di nuovo.

Aragorn trattenne il respiro, ogni parola gli era morta sulle labbra dinanzi a quel gesto così pieno di dolcezza.

Lentamente si lasciò andare al piacere che le dita dell’Elfo gli procuravano sul suo corpo.

Chiuse gli occhi a quelle carezze che non erano affatto di troppo, ma che gli sembravano naturali, anche se strane per un Elfo.

“Ti sono debitore…” sussurrò d’un tratto.

Legolas ritrasse la mano, come se quelle parole l’avessero improvvisamente destato.

“Per… per cosa?”

“Mi hai salvato la vita, ti sembra poco questo? Ti sei spogliato dei tuoi abiti per darli a me, non c’è stato un attimo che tu non mi abbia curato e assistito…” alzò una mano e come per istinto gli carezzò dolcemente il volto “Non hai pensato neppure per un attimo né a te, né al tuo riposo…”

“Non è stato niente…” sussurrò Legolas, nascondendo un sorriso, ma allo stesso tempo iniziò a muovere la guancia contro la mano dell’Uomo.

“Legolas…” proseguì Aragorn, rialzandogli il volto “Come fai a non capire… dici che non è stato niente, ma in realtà è stato tutto, dici che è una piccola cosa rispetto a ciò che ci attende, ma in realtà… la Missione non è altro che questo!”

L’Elfo lo guardò, sgranando i profondi occhi blu. Non capiva dove il Ramingo volesse arrivare, ma una strana sensazione si stava facendo largo in lui.

“In questo c’è il suo senso, tutto il suo senso… è contro la dedizione, contro il nostro coraggio, contro la speranza e contro l’amore che Sauron non può nulla!”

“Contro l’amore?” sussultò Legolas.

Aragorn aveva pronunciato quelle parole come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Ma qual’era l’amore di cui l’Uomo parlava?

“Si, Legolas, l’amore! Contro di esso l’Unico Anello non ha alcun potere…”gli sfiorò i lunghi capelli biondi “E’ qui la nostra forza…!”

“Cosa…? Qui…?” balbettò interdetto l’Elfo. Fece per scostarsi, ma le parole di Aragorn lo trattennero.

“Grazie per il tuo amore Legolas!” sorrise l’Uomo guardandolo negli occhi.

“Grazie per il mio amore…? Estel… io, mi sono solo preso cura di te…”

“Il tuo cuore è grande, amico mio…” mormorò Aragorn interrompendo i suoi pensieri “Così grande che quasi mi spaventa…” proseguì, poggiandogli una mano sul petto.

“E’… è meglio fasciare la ferita…” disse Legolas scostandosi da lui e ricominciando ad armeggiare con le bende.

Si chinò su di lui in silenzio e iniziò a fasciare la spalla.

I suoi occhi erano fissi sul lembo bianco, ma non riuscivano a vedere nulla, cercò di concentrarsi su ciò che stava facendo per non pensare alle parole dell’Uomo e a ciò che in quel momento gli stavano provocando dentro.

“Cosa mi sta succedendo? Mi ha solo ringraziato… ha solo dimostrato il suo affetto alla maniera degli Uomini, nulla di più… perché mi sento così, così…”

“Fermati! Non c’è fretta…” disse d’un tratto Aragorn fermandogli la mano.

L’attirò a sé, Legolas fece un poco di resistenza, ma poi si lasciò andare tra le braccia dell’amico.

“Ho bisogno di abbracciarti…”

“Bisogno…?” sussurrò l’Elfo, mentre i suoi sospiri si facevano sempre più profondi.

“So che non puoi capire il perché, ma è il mio modo per dirti grazie…”

Legolas chiuse gli occhi.

Quel modo di dimostrare affetto lo spaventava e al tempo stesso lo faceva tremare.

Era in quegli attimi che la ragione veniva meno… sentì il profumo della pelle del compagno, lo respirò profondamente… il calore del fuoco gli riscaldava le guance… sentì la sua barba pungergli la pelle… strinse le labbra… il calore non veniva dalla fiamma, ma da dentro…

Dischiuse le labbra per poterlo assaporare, lo sentiva vicino e la percezione di quella vicinanza si fece più intensa del fuoco, così bruciante da diventare pericolosa.

Riaprì gli occhi di colpo, tutto gli girava intorno e trovò quelli del compagno fissi sui suoi.

Risplendettero chiari ed emozionati, scossi come da lievi flutti d’acqua.

Aragorn…”

A quella parola il suo cuore prese a battere con forza.

Il Ramingo non cessava di fissarlo, pareva altrettanto perso nel suo sguardo.

Legolas percepì la forza delle sue braccia che lo sorreggevano contro di sé, il proprio petto premuto contro quello nudo dell’Uomo, la sua bellezza tanto diversa dalla sua ma così vicina, come mai l’aveva vista prima.

“Cosa c’è…?”

Il Ramingo non rispose.

“A..Aragorn…”

A quel richiamo l’Uomo lo guardò con un’espressione indecifrabile, si avvicinò ancor di più al suo volto, fino a sfiorarlo quasi con le labbra.

Legolas si sentì come intrappolato, il suo cuore gli mandava chiari messaggi d’aiuto, ma il suo corpo non aveva intenzione di muoversi di lì… tremò, come se da un momento all’altro dovesse accadere qualcosa che avrebbe mutato per sempre la sua storia e il suo modo di sentire le cose.

In quell’istante Aragorn alzò una mano e andò a sfiorare le palpebre dell’Elfo che si chiusero lentamente per poi riaprirsi umidi di una luce tanto simile al desiderio.

“Non è possibile…” sussurrò l’Uomo continuando a toccarlo “I tuoi occhi… io, li ho già visti… mi ricordano…” ma s’interruppe, come se fosse troppo difficile continuare.

Legolas allora gli scostò dolcemente la mano, ma non si allontanò da lui.

Quel calore era calamitante…

“Estel… cosa ti sta succedendo…?”

“Li ho già visti!” mormorò l’altro con aria incredula.

“Certo che li hai visti… sono i miei…!”

“No, no… questi sono… tu non…” si staccò bruscamente da lui, respirando affannosamente “Non è possibile…”

L’Elfo lo guardò sbigottito.

“Estel sono io!” gridò, attirandolo nuovamente a sé.

Ma l’Uomo, con un gesto inaspettato gli afferrò di colpo i polsi e lo fissò, lo fissò con tale intensità, quasi volesse penetrarlo con lo sguardo soltanto.

“Possibile che tu non mi riconosca…? Possibile che tu non ricordi nulla…? Perché non mi riconosci, Legolas, perché?” gridò scuotendolo un poco.

“Aragorn…”

“Brillavano e chiamavano… brillavano azzurri ed intensi come ora… nell’acqua… tutt’attorno… dentro di me! Brillavano… e… chiamavano… chiamavano me…” incalzò l’altro come ipnotizzato.

“Aragorn guardami!” disse l’Elfo rialzandogli il volto “Cos’è che vedono i tuoi occhi che io non vedo?”

L’Uomo fissò lo sguardo su di lui.

Questa volta fu Legolas a paralizzarsi.

L’acqua… velata d’invisibile… lo specchio… quegli occhi… il suo Destino…

Il suo volto trasfigurò nella sorpresa e nell’emozione come pochi istanti prima era avvenuto per il compagno.

Riconobbe quello sguardo, fu doloroso e bellissimo… commovente.

Non si domandò nulla. Non ne ebbe il tempo.

Un violento calore scivolò dentro di lui e bruciò, bruciò come mai un Elfo aveva bruciato prima e senza accorgersi la gioia e la disperazione si fusero in lui.

Non te ne andare…

Bruciò ancora…

Quel pensiero spezzato da un dolce sapore sulle labbra…

Estel…

Cosa stava accadendo?

Il suo profumo… il suo calore… ora dentro di lui…

Stava forse vivendo un sogno?

Era quel calore a regalargli la vita e mai se ne era reso conto.

Dischiuse un poco la bocca e sentì le labbra del compagno muoversi dolcemente tra le sue… morderle e rilasciarle… succhiarle con tenerezza… cercare più a fondo.

L’Uomo lo costrinse dolcemente ad aprirsi un po’ di più, quanto bastasse per lasciar scivolare la sua lingua a cercare quella dell’Elfo ed assaporare quel sapore dolce e raro, lambendo ogni parte della sua bocca.

A quel contatto Legolas strinse forte le mani tra i capelli del compagno, che fino a pochi attimi prima erano rimaste immobili come il resto del suo corpo.

Giocò anch’egli con la sua lingua, prima timidamente poi con più intensità, si bagnarono le labbra a vicenda, senza mai allontanarsi l’uno dall’altro, fin quando il respiro glielo concedette.

Sentì il corpo dell’Uomo premere contro il suo, quel corpo vigoroso come la fiamma, caldo e imperfetto contro quello lunare dell’Elfo.

Legolas iniziò a sospirare più profondamente e i sospiri erano a tratti interrotti da deboli gemiti, gemiti che venivano a loro volta soffocati dalle labbra del Ramingo.

Mi stai baciando… mi stai baciando… cosa sta accadendo fra di noi…?

Gemette ancora… il fuoco era troppo intenso per essere sostenuto… non doveva perdere la ragione, non del tutto, altrimenti non sarebbe più riuscito a tornare indietro… quello sguardo… ormai non poteva più tornare indietro.

“N..no!” disse improvvisamente scostandosi di colpo da lui.

Staccarsi da quelle labbra avide e dolcissime fu doloroso, tanto che gli sembrò gli mancasse l’aria per un istante, ma non doveva cedere di nuovo, non doveva abbandonarsi, non poteva, altrimenti… sarebbe stato per sempre.

Con uno scatto fu in piedi, sotto gli occhi sconfitti e imploranti del compagno.

Non poteva andarsene così.

Aragorn scorse nel suo sguardo uno strano chiarore crescente: gioia… rabbia… paura… desiderio trattenuto… frustrazione…

“Non… non si tratta più di curare una ferita… … tu… tu non hai più bisogno di me, Estel, non devo più starti accanto…” le voce gli si fece rotta “Io non posso più starti accanto…”

Aragorn ricadde su un fianco ed osservò il compagno senza dire nulla.

Ma la stessa forza che li aveva uniti pochi istanti prima ora non aveva intenzione di separarli.

Quella forza erano i loro occhi, quegli occhi erano la loro verità.

Legolas sentiva ancora sulle labbra il sapore bagnato del bacio del suo compagno, le mani gli tremavano e tanto era il desiderio di ripetere ciò che aveva appena vissuto.

No, lui era un Elfo non poteva cedere all’irrazionale… per anni aveva vissuto come guerriero e come guerriero doveva concludersi la sua vita.

Non poteva stare ancora a guardare quegli occhi splendidi come il mare di notte, non poteva più guardare in faccia quella verità.

Fece qualche passo indietro ansimando, e con un enorme sforzo di volontà si voltò e corse via dalla grotta.

“Non te ne andare!” gemette il Ramingo allungando una mano “Non ora che finalmente ti ho ritrovato…”

Già una volta aveva pronunciato quelle parole. Non ricordò né quando, né dove, ma queste furono l’unica cosa che egli riuscì a dire in quel momento in cui gioia e disperazione si mescolavano dentro di lui.

 

Fuori aveva ripreso a piovere. Non una stella, soltanto vento freddo e oscurità nella notte ormai calata.

Legolas se ne era andato.

Lontano si levò un lamento.

Si alzò nell’aria e scivolò intenso e malinconico tra gli alberi e le chiome dorate di Lorien.

Galadriel spalancò gli occhi.

E l’acqua nello Specchio tremò.