.|. Il Destino nello Specchio .|.

Capitolo IV

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“Cos’è accaduto…?” mormorò Legolas destandosi e guardandosi attorno.

Si trovavano in una piccola radura circondata da alberi silenziosi… un ruscello scorreva quieto e a poca distanza da loro.

Si tirò su a sedere appoggiandosi contro il tronco di un albero. Nel farlo, urtò contro il corpo del Ramingo disteso accanto a lui.

Si voltò di scatto, spaventato.

“Ma cosa… Aragorn…?” mormorò sgranando gli occhi.

L’Uomo era ancora completamente immerso nel sonno, disteso supino tra le foglie, gli abiti scuri semi slacciati fungevano da lenzuola sotto di sé.

Con un braccio si copriva gli occhi, mentre l’altro era appoggiato sul petto.

Ancora portava la spada nella fodera.

Legolas sorrise.

“Non te ne privi mai…” mormorò guardandolo dolcemente.

L’Elfo si accoccolò contro l’albero, attendendo di veder sorgere le prime luci dell’alba.

Il cielo chiaro la stava preannunciando, quasi che spingessero sotto di esso per nascere il più presto possibile.

Respirò profondamente immerso in quel silenzio e in quella quiete.

Non si fece nessuna domanda.

Di tanto in tanto lanciava un’occhiata sfuggente al Ramingo che pareva godere di quel sonno come non mai.

La presenza di Aragorn accanto a sé lo rassicurava e anche se egli non era sveglio, il suo corpo riusciva a trasmettergli calore e il suo respiro gli faceva capire che non era solo in quella radura.

Avrebbe avuto paura di restarci senza la sua compagnia.

Era un luogo a lui sconosciuto e l’aria trasudava qualcosa di troppo misterioso per guadagnarsi la sua fiducia.

Sembrava che gli alberi, le foglie, il prato e il ruscello sapessero qualcosa e fossero pronti ad interrogarlo e a giudicarlo.

Legolas non riconobbe quel luogo. Non ricordava nulla di ciò che era accaduto la notte precedente.

Lentamente le prime luci dell’alba scivolarono fuori da qualche varco nel cielo e chiare e rosate non attesero a ridipingere il mondo.

Le foglie d’autunno brillarono di un oro nuovo e brunito, il ruscello rifletté le sfumature del giorno e i raggi del primo pallido sole danzarono sull’acqua.

Tutto profumava di rinascita. E di fresco mattino.

Le luci rotolarono veloci sul corpo del Ramingo raggiungendogli il volto per riscaldarlo con il loro torpore.

Aragorn aggrottò un istante la fronte, scosse lievemente la testa mormorando qualcosa e a fatica aprì gli occhi che subito furono illuminati dai raggi del sole.

La luce chiara l’abbagliava. Poggiò una mano a terra, spiaccicando qualche foglia secca sotto di sé. Si voltò da un lato e da un altro incuriosito. Lentamente si sollevò.

Ma non fece in tempo a fare quel movimento che la sua testa andò a sbattere contro il tronco dell’albero dietro di sé.

“Ahi! Ma che diavolo…” borbottò, portandosi la mano dietro alla nuca indolenzita.

Evidentemente non si rendeva bene conto di dove si trovasse, di cosa ci facesse lì, anche se quel colpo in testa l’aveva risvegliato del tutto!

Si voltò verso l’Elfo che continuava a guardare dinanzi a sé con aria assente ed immersa nel vuoto.

“Legolas…” mormorò avvicinandosi a lui “Dove ci troviamo?”

“In una radura…” rispose l’altro continuando a fissare l’aria “…ancora nei pressi di Lorien, credo.”

“E… che cosa ci facciamo qui… si, insomma, stesi fra le foglie?”

“Me lo sto chiedendo anch’io!” rispose Legolas, voltandosi a guardarlo con aria divertita.

In quell’istante, Aragorn si accorse della sua casacca  semiaperta sul petto e, colto da un moto d’imbarazzo, richiuse l’abito su di sé.

Scrutò per un istante l’amico… cosa ci faceva a terra con il vestito aperto…? Era forse accaduto qualcosa…?

Ma negli occhi di Legolas poté leggere soltanto una luce che brillava serena ed allegra, il suo sguardo era sì, colmo di tenerezza, ma nulla di più.

Forse era stato semplicemente contagiato dall’atmosfera gioiosa di quella mattina.

“Le..Legolas…” mormorò d’un tratto il Ramingo, mettendosi lentamente a sedere accanto a lui.

“Cosa?”

“Il tuo volto…”
”Cos’ha…?” domandò l’Elfo sorridendo con dolcezza.

“Emana una luce…”
”Oh Aragorn, sono i riflessi del giorno! Potrei dire la stessa cosa di te!” rise, celando però un fremito d’imbarazzo.

“No, no… ha qualcosa di… ecco… non so come definirlo…”

“Di…?”

L’Uomo lo guardò profondamente.

“Di bellissimo, Legolas…! Bellissimo e… lontano… distante da qui!”

“È… soltanto il sole, Estel…” mormorò l’Elfo, voltandosi a rimirare il mattino.

Quel giorno c’era qualcosa nello sguardo di Aragorn che lo imbarazzava, come se l’Uomo volesse leggergli nell’anima.

“No, non può essere, il sole non basterebbe a…” s’interruppe, avvicinandosi ancor di più a lui come calamitato “I tuoi occhi, Legolas…”

“Cos’hanno i miei occhi…?” domandò l’Elfo, fissandoli su quelli del Ramingo.

“Io… non so… ma paiono lontani… già al di là dei confini di Lorien…” sospirò “Mi rammentano… oh Legolas, mi rammentano…”

“Cosa ti rammentano, Estel…?” sussurrò il giovane avvicinando il suo volto a quello del compagno.

Ma Aragorn si scostò, colto da uno strano brivido.

“Dove sei, Legolas…? Dove ti ha condotto il pensiero…? Dove sta volando il tuo sguardo…?”

L’Elfo rimase per un attimo interdetto. Non capiva proprio di cosa l’Uomo stesse parlando.

“Sto solo… guardando il giorno nascere! Nulla di più, Aragorn, nulla di più…” rispose, appoggiandogli una mano sulla spalla.

“A cosa stai pensando?” incalzò l’Uomo.

“Aragorn, te l’ho detto, io…”
Ma non riuscì a finire la frase, che si ritrovò immerso nello sguardo intenso del Ramingo.

Scosse lievemente la testa, aprì la bocca per parlare ma nessuna parola uscì dalle sue labbra.

Si sentì improvvisamente come rapito da quegli occhi.

“A cosa stai pensando? A cosa, Legolas?” lo scosse l’Uomo “Ti prego dimmelo!”

Pareva che il Ramingo cercasse disperatamente una risposta e che soltanto Legolas fosse in grado di dargliela.

“Non sto pensando a nulla, Estel, davvero…! Mi sto soltanto godendo la quiete di questa mattina. I miei occhi non raggiungono che la linea dell’orizzonte. Non stanno andando oltre…”sorrise dolcemente “La sorte ha concesso molto a noi Elfi, ma non possiamo vedere oltre a ciò che vediamo…! Non ci è dato di conoscere il futuro prima che esso avvenga!”

Aragorn esitò un istante prima di rispondere.

“È proprio… è proprio questo ciò che volevo chiederti…”

“Ma io non posso risponderti, Estel…!”

“Lo so…” disse l’Uomo, traendo un profondo sospiro.

“Io… vorrei poterlo fare… conosco il passato, posso aiutarti con la mia saggezza, indovinare il presente, ma il futuro, Aragorn, questo è un dono che non ci è stato dato! Io guardo al futuro con occhio Mortale, proprio come te… non posso prevedere nulla, amico mio! Siamo simili in questo!”

“Simili…?” mormorò l’Uomo

“Si, simili, come… in molte altre cose…” concluse l’Elfo respirando pienamente.

“Legolas, volevo soltanto dire che… ecco… sto percependo qualcosa, non so cosa sia e pensavo che magari tu…”

“Lo percepisco anch’io, ma non so darti una spiegazione a tutto questo… Ecco in cosa siamo simili, Estel… abbiamo lo stesso sguardo!” si voltò di colpo a guardarlo radioso “Forse… chissà… dovremmo scoprire insieme la risposta!”

L’Uomo si fece pensieroso.

“Già, lo stesso sguardo… lo stesso sguardo…” d’improvviso s’incupì “Legolas…!”
”Cosa…?”

“Ci siamo addormentati insieme, non è vero…?”

“Si…”

“Perché qui?”

“Non lo so…!”

“Perché ci siamo risvegliati qui, Legolas?” incalzò il Ramingo, agitandosi.

“Aragorn, ti ho detto che non lo so!”

“Dove… dove siamo finiti?” ansimò l’Uomo afferrandogli un braccio.

“Aragorn non lo so! Non lo so!” disse l’Elfo,cercando di spostarsi.

“Cosa sta succedendo, cosa?” gridò l’altro.

“Aragorn…”

“Cosa ci sta per capitare, Legolas?” gridò ancora afferrandolo per le spalle.

“Aragorn io non…”

“Ti prego rispondimi!”

“Io non…non…posso…”

“Si che puoi! Si che puoi!” incalzò l’Uomo scuotendolo.

“Ah! Mi fai… male!” gemette l’Elfo, gettando indietro la testa.

“Tu sei un Elfo! Tu conosci molte cose! Ti prego, Legolas, ti prego!”

“Aragorn, basta!” gridò l’altro dimenandosi.

“Cosa ci facciamo qui? Dove dovremo andare ora? Cosa dobbiamo fare? Cosa? Cosa…?”

“Basta, Aragorn! Smettila!” gridò l’Elfo, scostandosi da lui con uno strattone.

Il Ramingo abbassò gli occhi. Le mani ancora gli tremavano, era stato colto da una paura improvvisa.

Rimasero così in silenzio l’uno davanti all’altro per alcuni istanti.

“Perdonami amico mio…” riprese Aragorn con un tono di voce più calmo “Non so cosa mi sia preso… purtroppo non riesco a stare troppo a lungo senza una risposta…”
Legolas taceva senza guardarlo.

“Tutti questi misteri… questi presagi che sono nell’aria… queste cose accennate… queste percezioni… queste incognite… tutto questo io…”

“Hai forse paura, Uomo?” l’interruppe Legolas, guardandolo fisso negli occhi.

Aragorn tacque, colpito da quella domanda.

Stava per rispondere, ma non ne ebbe il tempo. Scorse una scintilla nello sguardo del compagno, che pareva essere diventato indecifrabile e coraggioso.

“Bene! Cerca allora di non averne!” rispose per lui l’Elfo, poi proseguì più dolcemente “Non tu, Estel, non tu…”
Alzò una mano e istintivamente gli carezzò il volto.

Fu un tocco lieve e impercettibile, ma Aragorn a quel contatto chiuse gli occhi sussultando.

“Anch’io sono fragile, Legolas… anch’io in alcuni momenti ho paura di non farcela, soprattutto quando non riesco a capire…”

“Aragorn…” esclamò d’un tratto l’Elfo guardandolo con ardore “Sei stato tu che mi hai insegnato a lottare! Tu, mi hai spinto a credere in questa folle missione, anche quando tutto sembrava perduto, e oscuro e confuso. Tu mi hai insegnato a proseguire quando sembrava non esserci più speranza, come a Moria, sei stato tu a rialzarmi quando Gandalf è scomparso tra le ombre, ad avere fiducia nell’incomprensibile quando ormai non c’era più nulla da capire…!”

“Legolas…”

“E ora ascoltami bene, Aragorn…” proseguì l’elfo, mettendosi in ginocchio davanti a lui e afferrandogli le spalle “ Noi non possiamo permetterci di avere paura! Oppure quando essa ci assale e ci fa cadere, dobbiamo rialzarci a vicenda e proseguire come abbiamo fatto fino ad ora.

Tu hai fatto questo con me prima di arrivare qui, tu me lo hai insegnato Aragorn, anche al prezzo di considerarti senza pietà dopo la morte di Gandalf! Ma la tua non era mancanza di pietà, era amore e coraggio, ora comprendo! Mi hai fatto rialzare, mi hai ordinato di proseguire, mi hai spinto in avanti, proprio quando il mio cuore si stava spezzando dal dolore…” lo avvicinò a sé, guardandolo dolcemente “E adesso, non lascerò che la paura abbia la meglio su di te! Non lascerò che questo ti accada, amico mio!”

L’Uomo distolse per un attimo gli occhi, abbassando la testa.

Legolas aveva ragione, oh si che aveva ragione!

“Capisco cosa provi in questo momento, Estel…” sorrise teneramente “Conosco il sentimento umano dell’incertezza, della paura dei misteri che svelano appena e non dicono nulla, ma è in questi momenti che non puoi, non devi mollare, Aragorn. Non farti più domande adesso, altrimenti” s’interruppe “…è finita!”

Il Ramingo rimase a lungo in silenzio.Ogni parola pronunciata da Legolas l’aveva colpito nel profondo.

“Ci sono molte cose che non comprenderemo in questo cammino, ma non per questo dobbiamo fermarci…” proseguì l’Elfo, rialzando il volto all’amico “Dobbiamo viverle, Estel… tutte!”

L’Uomo non resistette più. Attirò a sé Legolas e l’abbracciò con forza, cercando di nascondere l’emozione che il giovane gli aveva trasmesso.

“Sei importante per me… e non sai quanto…”sussurrò l’Elfo, tra i capelli neri del compagno “Tu sei più di un amico, tu sei… come… un fratello per me!”

“Oh Legolas…!” mormorò l’Uomo stringendolo ancora di più.

L’adorava. Non seppe il perché, ma in quell’istante si sentì legato a lui.

“E se…” proseguì l’altro “…e se rivedo ancora una volta quell’angoscia nel tuo sguardo, io…”

“Non accadrà più, Legolas, non accadrà…” rispose il Ramingo, carezzandogli la nuca come per rassicurarlo.

L’Elfo si liberò dolcemente da quella presa e si spostò a sedere accanto a lui, contro l’albero.

Il sole era ormai già alto nel cielo.

“Aragorn… abbiamo tutti paura, io posso sentire la tua, ma non posso privartene… posso soltanto aiutarti a…”

“A sorreggerla…” l’interruppe l’Uomo.

“Si, è così… Questo è un cammino personale…siamo soli, Estel…!”

Ma il Ramingo scosse la testa, sorridendo al compagno di viaggio.

“Tu l’hai appena fatto, Legolas… mi hai sorretto…” si fermò a guardarlo profondamente “Ti sbagli, amico mio… noi non siamo soli! Finché ci sorreggeremo, non saremo mai soli.”