.|. Song for Ireland .|.

by Marissa

Molte cose cambiano. Cambiano tanto che ci sembra di non riconoscerle più. No, è soltanto il tempo che passa, e fa cambiare, e ci lascia la nostalgia a ricordarci di quello che c’ è stato e che non potrà mai più tornare.

Sentimentale | Slash/Song-fic | Rating PG | One Piece

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Si, lo so. Sono una veneratrice dell’ angst….che volete farci, io vivo di nostalgie e di sogni (le prime mi riportano indietro, e poi ci pensano i secondi a farmi guardare avanti…).

Come sempre, non conosco Viggo né Orlando, né Sean, ma darei chissà cosa per andare in giro con Orli e Beanie quando si fanno i loro party alcolici. J Vi amo ragazzi!!!

 

Comunque. Grazie ai Coors per avermi ispirato. Grazie a voi che mi leggete. Grazie a Leia, ancora. Grazie all’ America. Grazie a Orli, Viggo, Sean, e tutti quei pazzi di Lotr. Grazie ai sogni.

 

 

Viggo aveva aperto piano la porta del Cuntebago. La sera era silenziosa e piena di stelle, e una luce fioca proveniva dall’ interno del trailer.

Dalla soglia, Viggo aveva visto Sean seduto al piccolo tavolino pieno di carte e affettuoso disordine. L’ amico stava leggendo qualcosa, dei fogli tenuti insieme da una clip, molto probabilmente una parte delle sue battute per il giorno dopo. Gli aveva sorriso.

“Ciao Vig. Fatto tardi, stavolta?”

Lui aveva chiuso la porta dietro di sé, sentendosi improvvisamente meglio, ora che era lì, nel loro rifugio privato. Sapeva di casa. Sapeva di affetto, e di qualcosa su cui contare nei momenti di malinconia.

“Già”, aveva risposto, togliendosi la giacca leggera. “Peter aveva bisogno di me per le ultime scene di oggi”.

Sean aveva annuito, e aveva sorriso ancora.

Poi Viggo si era voltato. Laggiù, nell’ angolo più in ombra del trailer, disteso sul piccolo divano azzurro, Orli dormiva. Tranquillo, abbandonato, il petto che si alzava ed abbassava lentamente.  Sembrava così giovane,  così sereno.

Viggo si era avvicinato a quell’ angelo addormentato, e si era seduto accanto a lui, attento a non svegliarlo. L’ aveva accarezzato con lo sguardo, e aveva sospirato.

E poi. 

E poi la radio aveva diffuso nell’ aria le note di Song for Ireland. E lui non era riuscito a far altro, se non sentire le lacrime che lottavano per uscire dai suoi occhi. Aveva continuato a guardare con meraviglia quel ragazzo splendido, disteso lì accanto a lui, e non aveva fatto nulla per nascondere i suoi occhi lucidi, anche se sapeva che Sean non riusciva a vederlo, per via della penombra.

“Era stanchissimo, vero?” chiese, tentando di mantenere ferma la sua voce, senza staccare gli occhi da lui.

Un attimo di silenzio. Il pianoforte era risuonato dolcemente ed aveva sfiorato i loro visi, come carezze di mani invisibili.

“Si”, aveva risposto Sean. Si era avvicinato a lui, e gli aveva posato una mano sulla spalla. “Ma anche tu lo sei. Perché non vai a riposarti un po’?”gli aveva detto, la voce quasi un sussurro.

Viggo aveva guardato negli occhi verdi dell’ amico, ma non si era mosso. Dopo qualche secondo, il suo sguardo era tornato sul viso di Orli, su quei ricci da bambino, sulla pelle bianca, su quel corpo così giovane.

Sean aveva sospirato, mentre un sorriso lieve e malinconico si affacciava sulle sue labbra.

“Goditelo finchè è qui con te”, gli aveva detto, stringendogli piano la spalla, con dolcezza. “Prima che vada via. Le sue ali sono aperte, Vig. Deve solo spiccare il volo”.

Le parole gli erano giunte come da un sogno. Come dalla sua mente.

Le aveva già sentite. Le conosceva già.

Ed ogni volta, il cuore gli faceva male da morire. Ogni volta, era combattuto tra il suo essere orgoglioso di Orli, e il dolore perché, inevitabilmente, stava per perderlo.

Non si era voltato a guardare Sean. Non ce n’ era bisogno. L’ amico li aveva lasciati soli. E lui, lui aveva passato la sua grande mano fra quei riccioli castani, con tutta la tenerezza del mondo, mentre una lacrima era scesa, lievissima e bruciante, lungo la sua guancia.

 

 

Viggo riemerse dai suoi ricordi. Respirò profondamente, tentando di vincere l’ improvviso attacco di nostalgia che lo aveva assalito. Guardò un’ ultima volta quella foto di Orli, quella che aveva fatto riemergere memorie, custodite così gelosamente nel suo cuore.

La foto ora mostrava un Orlando cresciuto. Adulto. Diverso.

Magari anche lui ogni tanto si perdeva nei ricordi, si disse. Magari, anche lui rimpiangeva.

Viggo sospirò ancora. Ripose la foto fra le pagine del suo diario, e lo conservò nel cassetto, nella scrivania del suo studio.

I raggi del sole penetravano leggeri dalla finestra.

Orlando aveva preso il volo.