.|. Sogno di una Notte di Mezza Estate .|.

by Aranel

La notte, il mare, un giovane, un uomo... mille paure, un passato celato. L'estate, la sua magia, il suo calore... e tutto può cambiare. Tutto quello che è rimasto nascosto può finalmente venire alla luce.

Sentimentale | Slash | Rating NC-17 | One Piece

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DESCLAIMER: Questa storia è frutto di fantasia... i personaggi, le loro vite, e le vicende qui narrate sono state solo create dalla mia immaginazione.

PS: Chiedo perdono a Shakespeare per avergli rubato il titolo della sua opera!!!
CREDITS: Thanx to Nil, che mi ha fatto da beta! ^O^ Grazie meleth!^^

 

Un uomo. Un ragazzo. Due uomini. Un fuoco. Insieme. Un attimo. Una sera. Una notte.
Un sogno.

Un quadro perfetto. Era un quadro perfetto. Ho passato ore insonni ad immaginarlo.

Avrei potuto farlo in qualunque momento. Ma ho indugiato. Troppi i pensieri che si accavallavano nella mia mente… mente stanca, mente provata da eccessive emozioni tenute nascoste.

Sono un uomo. Lui è un uomo.

“Che idiota!”

Scaravento il blocchetto in cui sono appuntati i miei pensieri, le mie poesie, e qualche scarabocchio del suo volto e delle sue espressioni, linfa vitale per i miei sogni.

Sono un uomo.

Vecchio.

Probabilmente per lui sì.

Giovane e attraente per molti altri, per uno stuolo sconfinato di fan urlanti, di persone che mi vogliono senza conoscermi, che gridano il mio nome come in preda ad un attacco d’isteria, senza conoscerne il reale significato, senza saperlo pronunciare con dolcezza.

Come solo lui sa fare.

Perché lui… sa fare tutto in modo perfetto.

Anche se non se ne rende conto.

***

Ho perso la testa.

Mi sono innamorato di lui.

L’ho capito nell’istante in cui l’ho visto piangere, solo, in un angolo dei uno dei nostri set, a poca distanza da un fiume.

Ho spiato senza ritegno i suoi pensieri.

Li ho spiati e mi ci sono beato… adorandoli.

Pensieri intimi e personali che da anni gravano il suo cuore, che ha sempre voluto tenere per sé e nasconderli sotto le mille maschere che utilizza per i suoi personaggi, pensieri che filtra attraverso la battuta di un copione, sentimenti che simula con un pianto o con un sorriso.

Ma quel pianto e quel sorriso non appartengono a Legolas, Legolas non piange perché Gandalf è morto, ma perché suo padre ha abbandonato Orlando, perché Orlando è cresciuto con un uomo che si è finto genitore ed ha dovuto amare per forza, Orlando piange perché dietro ai sorrisi radiosi di sua madre si nasconde un portafoglio pieno di soldi nelle tasche, Orlando piange perché le mille ragazzine che lo incontrano la sera in una discoteca desiderano solo il suo sesso, sorde a quanto forte pulsi il suo cuore.

Orlando piange, sì…
Ed io l’ho visto piangere davvero.

(Questa è la crudele macchina dei sogni di Hollywood, signori! Se sei un fallito nella vita, puoi diventare un eroe nella scena…

Venghino signori, venghino! Noi siam capaci di rendere reali i vostri sogni! Venghino signori, venghino! La vostra vita brillerà come la potente luce di una stella!

... ... ...

Ma nessuno ti dice che quella stella diverrà presto polvere e scivolerà via dal cielo senza che nessuno se ne accorga.

E quando le maschere si spezzeranno, resterà il volto nudo e troppo fragile per essere sfiorato anche da un solo soffio di vento!)

Ho visto i bellissimi tratti del suo viso, femminili come quelli di una Musa, sorgente di tante mie poesie, contrarsi per trattenere le lacrime, lacrime di vergogna che sua madre gli avrebbe senz’altro rinfacciato, che la sua manager avrebbe disprezzato e immediatamente pulito con un fazzolettino, lacrime di sconfitta e di paura.

Non avrei mai voluto vedere la sua maschera sorridente cadergli così rovinosamente ai piedi, non avrei voluto, ma sapevo che sarebbe successo.

Ed io, come un inetto, come un codardo non ho avuto il cuore d’interrompere quel pianto e prendere il ragazzo che amo fra le braccia, non ho trovato la forza nelle parole, né nel mio corpo, rimanendo immobile dietro a quell’albero, come uno dei peggior guardoni.

Sono rimasto lì, a rubargli il suo momento più segreto, unico testimone della sua debolezza.

Sono rimasto lì, e non ho potuto far altro che innamorarmi di lui, forse perché da sempre ho avuto in me la passione per tutto ciò che è lieve e fragile, splendido e delicato, come Orlando, dopotutto, sa essere.

Sono rimasto lì.

Ho fotografato ogni sua lacrima con la mente.

Sarebbe presto divenuto un dipinto, un perfetto soggetto per i miei quadri.

Sono rimasto lì.

Inerme.

Incapace anche di un solo gesto di umanità.

In grado soltanto di rendere arte ciò che in lui era dolore.

Codardo.

Sono un codardo.

Sono rimasto lì.

E mi sono commosso.

 Almeno questo… sono riuscito a farlo.

 

***

 

Un uomo. Un ragazzo. Due uomini. Un fuoco. Insieme. Un attimo. Una sera. Una notte.
Un sogno.

Finalmente. Sono riuscito ad organizzare il falò sulla spiaggia che tanto desideravo.

L’ho pensato per tante notti, ma al contrario della realtà, in quel meraviglioso scenario c’eravamo soltanto io e lui.

Forse perché io desideravo vedere unicamente questa cosa.

E’ metà Agosto, e anche qui in Nuova Zelanda si muore dal caldo. E’ una di quelle splendide notti piene di stelle, momenti in cui viene da chiederti chi possa essere il magnifico artefice di tale magia.

Ma non voglio dilungarmi in pensieri esistenziali…

Siamo in molti… io, Karl, Liv, Miranda, Bernard, gl’immancabili Hobbit, che quando si parla di feste e festini sono i primi ad accorrere, e poi c’è lui… che durante il tragitto in macchina è stato accanto a me, sempre in silenzio…

I suoi pensieri devono essere più pesanti che mai in questo periodo…

Spero soltanto che non abbia sentito i battiti del mio cuore pulsarmi contro il petto, tanto era il silenzio che ci sommergeva.

E’ stato felice, quando, nella mattinata, gli ho proposto questa idea… un falò nella spiaggia, a 30Km dal set, lontani per un momento dagli impegni di lavoro… è stato felice, esattamente come me lo ero immaginato nel mio quadro mentale.

Karl si è occupato degli alcolici, birra e vino a volontà, e anche una bella bottiglia di Jack per soddisfare i gusti esigenti dei "vecchi" del gruppo.

Liv e Miranda hanno preparato qualcosa di dolce da mangiare… una specie di muffin al cioccolato… ci sarà da fidarsi???

E a me invece è toccata la carne… sono pieno di carne in macchina… bistecche, salsicce e quant’altro, nonché l’attrezzatura per cuocerla, una bella griglia di ferro, il legno per accendere il fuoco  e altri arnesi.

E’ tutto pronto per una serata carina tra amici.

Una serata ideale, in cui tutto appare perfetto.

Appare…

 

***

 

Ci siamo seduti in cerchio, l’uno di fronte all’altro, sento le voci e le risate confuse di tutti, ma la mia mente sembra intorpidita… di tanto in tanto il mio sguardo cade sul suo volto… sembra tranquillo, sorride sempre, ride spesso…

E’ un grande attore, Orlando…

Suo padre gli ha telefonato due giorni fa, e da lì è ricominciato tutto…

Non può sentirlo, non vuole sentirlo… ogni volta che è costretto a dire “ciao papà” sente una terribile fitta al cuore, perché il suo pensiero vola al suo vero padre, Henry, e il ricordo della sua morte, sebbene fosse ancora un bambino, si fa dolorosamente nitido nella sua mente.

“Orlando sono orgogliosa di te!”

Ora è sua madre che parla.

Solita telefonata di rito.

“Grazie mamma!”

Un sorriso accennato, le lacrime agli angoli degli occhi… per fortuna c’è un cavo del telefono a dividerli, per fortuna può tenere nascosti i suoi veri sentimenti.

Sta male. E lo sappiamo tutti.

Dom e Lij riescono sempre a farlo ridere.

Come in questo momento.

Incontro il suo sorriso.

Ricambio.

E per un istante sembra che i nostri occhi rimangano come sospesi l’uno nella contemplazione dell’altro.

Ed io?

Io cosa faccio per lui?

“Viggo è il mio modello!”

Lo ripete sempre nelle interviste.

Perché?

Non ho mai scambiato una parola profonda con lui, non ce l’ho mai fatta, altrimenti sarebbe stato difficile, se non impossibile controllare le mie emozioni.

Ho preferito tenermelo lontano e fingere indifferenza.

‘Ignora e vedrai che chi t’infastidisce cesserà di farlo’

mi ripeteva sempre mio padre.

Ma Orlando non m’infastidisce.

I suoi grandi occhi da bambino cresciuto troppo in fretta sono la mia condanna, li sento addosso ovunque io vada, li sento addosso e mi fanno male, mi cercano perché vogliono una risposta, da me, soltanto da me.

Perché?

Sento ancora la sua risata.

“Cazzo, mi ha fatto un male cane cadere in quel modo da cavallo! Quasi non respiravo più!”

“Voi Elfi vi rompete facilmente!” sento Dom rispondergli, ridacchiando.

“Già… sei troppo fragile, Orlando!”

La mia voce rimbomba come un tuono in una stanza vuota.

Vedo i suoi occhi sgranarsi e diventare improvvisamente tristi, terribilmente tristi.

E guardarmi…

Rimango di sasso.

Paralizzato.

Immobile.

Come ho potuto pronunciare quelle parole…

Dio…

“Scusatemi…”

Si alza, pulendosi la bocca con un tovagliolo e si allontana da noi, dal falò.

Gli altri lo guardano stupiti, soltanto io riesco a scorgere una lacrima scivolare dalla sua guancia e inabissarsi nella sabbia scura.

Gli altri non capiscono.

Non hanno capito la mia battuta.

Hanno pensato che fosse in buona fede.

“Ma che gli prende?” esclama Dom, facendo una delle sue strane espressioni.

Gli altri scoppiano a ridere.

“Ha sentito suo padre, Dominic…” soggiungo, ma non ho certo il coraggio di ammettere che lo stronzo che lo ha fatto piangere sono stato io.

“Si, ho capito, ma quell’idiota sta lontano chilometri da qui! Orlando non può mica alzarsi e mollarci così, cazzo! Ora vado a ribeccarlo!”

Alzo una mano come per fermarlo, ma poi, lascio che vada.

E ancora una volta qualcun altro ha fatto ciò che avrei dovuto fare io.

 

***

 

I minuti passano, ma a me sembrano ore, uno snervante rintocco d’istanti…

I miei occhi si guardano spasmodicamente intorno, alla ricerca dei suoi occhi… ma quanto ci mette Dom? Cosa diavolo stanno facendo?
Sarebbero già dovuti tornare qui.

Maledizione, ma cosa mi prende?
Non mi sono mai sentito in questo modo… in ansia per un normalissimo errore, in ansia che lui non torni, che tutto sia finito.

Perché sì, in fondo la sua presenza, la sua voglia di cercarmi e di stare con me mi lusinga, mi fa sentire importante… ma soprattutto so che lui c’è, che è vicino a me, che è me che vuole… come amico, chiaro.

Stavolta ho proprio esagerato, quelle parole erano molto di più di una semplice battuta, gli ho letto nel cuore, ho sparato la sua verità davanti a tutti.

Perché è vero… lui è fragile, e lo sa.

Forse per questo me ne sono innamorato, forse per questo, quando gli leggo le sue paure sul volto, l’indecisione… quando abbassa i grandi occhi per nascondere lo sgomento e la tristezza, che io sento un’incredibile tenerezza salirmi al cuore.

Lui è triste… e proprio per questo… bellissimo.

Karl mi parla, ma io non riesco a sentirlo, rispondo automaticamente, come alle domande e agli ammiccamenti di Miranda, che continua a mostrare incessantemente il suo debole per me.

E’ esattamente come nel mio quadro… quì, su questa spiaggia... non c’è nessuno.

No, forse no… non è proprio esattamente così… perché là eravamo io e lui, eravamo insieme dinanzi al grande falò.

Invece qui, tra le grida festanti e le risate… sono solo.

“E’ cotta la carne?”

La sua voce… la sua voce torna a svegliarmi come una delle più dolci melodie.

Alzo la testa e incontro i suoi occhi… incontro il suo sorriso.

Mi sorride, dolcemente… sinceramente.

Tiro un sospiro di sollievo all'idea che sia ritornato, ma allo stesso tempo comincio a odiare me stesso.

“Perché lo fai?” penso dentro di me, “continuo a farti del male e non smetti di perdonarmi…”

Neppure questa volta ci sono riuscito, neppure ora ce l’ho fatta ad allontanarlo.

Lui è lì, come se niente fosse accaduto, il corpo scosso da nuove risate, mi tende il piatto, ed io, senza staccare gli occhi da lui, gli passo un pezzo di carne.

“Grazie!”

“Grazie…?!”

E’ pazzesco!

“Grazie di cosa, Orli? Del fatto che ti utilizzo come uno dei miei soggetti preferiti per qualche mia poesia, per qualche mio quadro, per tutte le mie proiezioni? Grazie per tutto il male che ti faccio, non ascoltandoti, allontanandoti da me, ferendoti?”

E non mi rendo conto, durante tutti quei pensieri, quanto lui sia più forte di me, quanto coraggio abbia nel cuore, e quanto grande sia il suo cuore per riuscire a conservare un po’ d’amore in quel mondo di celluloide che lo circonda e che vorrebbe farlo diventare una perfetta macchina sputasoldi.

"Dai, Karl! Che bella idea!"

La voce di Liv mi distrae dai miei pensieri, e immediatamente dopo... le note di una chitarra.

Mi volto alla mia destra e vedo Karl impegnato a cercare la melodia di qualche canzone.

"E quand'è che l'avresti portata questa?" domando, cercando d'ironizzare.

"Sveglia, Viggo! Scendi dal tuo Olimpo una volta ogni tanto... la chitarra è stata vicina a te per tutto il tempo!" mi risponde, senza più staccare gli occhi dallo strumento.

E' bello vedere che ognuno di noi abbia una passione, un diversivo dal lavoro, qualcosa che non dobbiamo fare per obbligo, ma per puro piacere.

Io ho le mie poesie, le mie fotografie, i miei dipinti, e...

La fiamma del falò brilla alta verso il cielo, scossa un poco dal vento... dietro di essa il suo volto, leggermente arrossato... lo sguardo profondo, immerso e concentrato sui movimenti delle dita di Karl... la voglia di distrarsi, di godersi quella notte e non pensare più a nulla.

Lo guardo, e questa volta lui non mi dedica alcuna nessuna attenzione... ne sono felice... è bello poter vedere e non essere visti.

La voce di Liv, accompagnata da quella di Miranda si disperde nell'aria.

La osservo per un istante... canta davvero bene.

E in quei momenti pare essersi creata una grande armonia tra di noi, armonia dettata dalla musica, o dall'amicizia, o...

Armonia che si spezza, nel attimo in cui Dom, con la sua voce gracchiante e semiubriaca fa partire uno stornelletto popolare. Karl si blocca e tutti scoppiamo in una fragorosa risata.

"Sei un animale, Dominic!"

"Dai, dai continua a suonare... però cambia canzone... queste... mi annoiano!"

Vedo Karl scuotere la testa e passarmi la chitarra.

La prendo per un istante tra le mani, faccio un rapido giro di accordi, una melodia che da giorni si ripete nella mia mente, finché non gliela ripasso...

"Avanti, suona tu!"

Annuisce, Dom si fa avanti barcollando... e il duetto inizia a fare i suoi pezzi, tra le risate e gli applausi degli altri.

Risate... risate... ed è emozione vedere il sorriso, per un attimo sinceramente radioso sul tuo volto...
Una felicità normale per gli altri, ma che per te è rara.

Orlando... Dio... quando sorridi sei bellissimo.

 

***

 

“Mi sento pieno!” esclama d’un tratto, Dominc, smettendo di cantare( cantare per modo di dire!) e distendendosi a terra “E pure un po’ ubriaco!”

"Non ce ne eravamo accorti!" ridacchia Liv, dandogli una pacca sulla spalla.

“Quello lo siamo tutti!” gli fa eco, Lij, stendendosi a sua volta accanto a lui.

Giocano un po’ insieme…

“Mmm… vieni qua bel topolone mio…!”

E come suo solito, Dom inizia a distribuire baci sulla bocca a chi gli capita.

“Eddai! Finiscila!” grida, Lij, cercando di allontanarlo, ma siccome anche lui è ubriaco, quell’abbraccio non gli da poi così tanto fastidio.

Orlando li guarda.

Non me ne ero accorto.

Ma non sta ridendo.

E’ serio e profondamente concentrato sui due amici, che sembrano essersi addormentati di colpo.

E dopo un istante, i suoi occhi incontrano i miei.

“Cosa fai… mi guardi?”penso interdetto, senza riuscire a smettere di fissarlo.

Un pensiero mi balena nella mente, ma cerco di scacciarlo.

“No, non può essere… non puoi realmente volere che anche noi due…”

Continua a fissarmi… ho perso talmente la ragione, affogata nei suoi occhi, che sto quasi per chiederglielo.

“Ragazzi, noi andiamo!”

Mi volto di scatto verso Liv, come se la sua voce mi avesse fatto sobbalzare.

“Viggo… tutto bene?”

“A-ah!” annuisco.

“Noi andiamo… domani mattina viene mio marito, devo farmi trovare in piedi per una certa ora…”

“Ok, d’accordo, a domani allora!”

“Ciao Vig, è stata una bellissima serata!” soggiunge Karl, dandomi una pacca sulla spalla.

Seguono anche gli altri, soltanto Miranda indugia un poco. Si ferma accanto a me e cerca di regalarmi uno dei suoi più bei sorrisi.

“Non... vieni con noi…?”

“No, credo che aspetterò qui l’alba!”

Annuisce, ed io dentro di me prego affinché non le venga la malsana idea di tenermi compagnia.

“Beh, ci vediamo domani!”

Mi rilasso.

"Ok... a domani!"

Solo per un istante, seguo con lo sguardo ancora per un poco i miei amici allontanarsi, giusto il tempo per voltarmi ed incontrare nuovamente gli occhi di Orlando, scuri e profondi come quelli di un demone al di là del fuoco del falò.

Ci guardiamo per un attimo in silenzio… il nostro primo sguardo lungo e indagatore, poi afferro ultimo pezzo di carne e con aria indifferente (quella che in queste situazioni mi aiuta molto) gli dico:

“Tu cosa fai?”

“Io?” risponde, attirando con il tono della sua voce la mia attenzione “Io resto, Vig!”

                                                           ***

Merry e Frodo, anzi, per meglio dire, Dom e Lij stanno dormendo.

Sorrido, e mi metto comodo, semidisteso, a non troppa distanza da loro, dinanzi al fuoco.

“E’ una splendida notte, vero Orlando?” mormoro, gettando un poco indietro la testa per guardare il cielo scuro e stellato sopra di me.

Devo pur trovare un modo per spezzare quegli istanti di ghiaccio che ci dividono… stavolta non ci sono gli altri a parlare, a scherzare al posto mio… stavolta sono solo con tutta la mia capacità di socializzazione, con tutto l’insieme dei miei sentimenti.

“Divina…” mi risponde, alzando anche lui lo sguardo verso il cielo.

Posso vedere la sottile linea del suo mento… delle sue labbra semidischiuse… posso vedere un lieve sorriso incurvarle e un’espressione di meraviglia dipingersi su di esse.

Alle volte assomiglia ad un bambino che ha perduto troppi istanti per strada, e così si stupisce di tutto, s’innamora anche delle cose più semplici, cose alle quali un ragazzo di ventidue anni non farebbe neanche più caso.

Evidentemente certi momenti gli mancano… momenti che non ha mai vissuto e che pare riscoprire ora, a tratti…

Sento il cuore rimbombarmi nelle tempie… il sangue che mi pulsa forte nelle vene… indago di nascosto il suo corpo… mi perdo nella pelle scura del suo collo, nel profilo della t-shirt che lo circonda, ed immagino segretamente, cosa possa esserci sotto.

Inevitabilmente… mi eccito.

“Sei bravo con la chitarra!”

“Come?” sussulto, ritornando nuovamente e all’improvviso sulla terra.

“Mi piace come suoni…”

“Ma se non ho suonato, è stato Karl a…”

“Mi piace…” m’interrompe, concludendo, strappandomi ogni altra parola dalle labbra… rendendola silenzio.

Perché sì… solo in silenzio, muto ed emozionato, riesco a contemplarlo adesso… è seduto sulla sabbia scura, rannicchiato su se stesso… ha portato le ginocchia contro il petto, cingendole con le braccia.

E’ la cosa che amo di più di lui… quell’aria infantile ed accattivante che sprigiona come uno dei più maestosi profumi… come in questo momento… com’è così ora… con il volto reclinato da un parte, appoggiato sulle sue stesse gambe, mentre una ciocca di capelli rotola sulla sua fronte.

Lui soffia e la scaccia.

Vede la mia espressione imbambolata e ride.

Dio, quanto lo adoro…

“Perché mi guardi…?”

“Io? Io non…”

“Tu mi guardi sempre…”

Rimango disorientato dalle sue parole, dalla verità che c’è in esse. Ho paura, timori, emozioni, tutto insieme… adesso…

“Suonami qualcosa…”

“Orlando io non…”

“Guarda, Karl ti ha lasciato la chitarra, è proprio lì, vicino a te!”

Mi volto e infatti la vedo… accenno un sorriso… in fondo sì, è vero… mi va di suonare.

“D’accordo!”

L’afferro, mi sollevo, incrocio le gambe e inizio a mettermi comodo per lasciarmi trasportare da quella splendida atmosfera.

Io e Orlando non abbiamo mai parlato molto, ci siamo a volte ritrovati in momenti come questi e in momenti come questi siamo riusciti a dirci tutto… tutto…

Forse per questo continua a starmi accanto, forse per questo… riesce sempre a perdonarmi…

“Cosa vuoi che ti suoni?”

“Cosa t’ispira, artista?” mi risponde dolcemente.

“Artista…”

Alzo gli occhi su di lui, mi sorride, con il suo sguardo triste e felice al tempo stesso.

Lascio scorrere quasi automaticamente le dita sulle corde e come per magia inizio a far uscire da quella chitarra le note di una canzone di Bob Dylan, una canzone d’amore, di nostalgia, di tempi lontani trasportati dal vento…

The answer, my friend, is blowin' in the wind,

the answer is blowin’ in the wind...

Mi guarda, faccio fatica a continuare a suonare… mi guarda e le sue labbra iniziano a muoversi e ad intonare assieme a me quelle canzone…

How many roads must a man walk down
before you call him a man?

Lo guardo, i nostri occhi s’incontrano, gli uni immersi negli altri…

The answer, my friend, is blowin' in the wind,

the answer is blowin’ in the wind...

Mi fissa… profondamente… vuole da me una risposta…

“How many seas must a white dove sail
before she sleeps in the sand?”
…perché questa canzone sembra parlare di lui…

The answer, my friend, is blowin' in the wind,

the answer is blowin’ in the wind...

Abbassa gli occhi, ed io comprendo che forse è giunto il momento di poggiare la chitarra…

Mi alzo in piedi e mi avvicino, mettendomi seduto accanto a lui.

E senza sapere perché, lo abbraccio.

Si lascia andare… immediatamente, come se da tanto, troppo tempo avesse atteso quel calore…

Poggia la sua testa sulla mia spalla ed io posso sentire i suoi riccioli castani solleticarmi il collo, mentre, grazie al fuoco traditore, riesco a scorgere una lacrima bagnargli il volto.

“Mi dispiace…”

Non mi risponde… sento soltanto il suo respiro, trattenuto, come se da un momento all’altro potesse esplodere qualcosa che lui non vorrebbe… non vorrebbe mai…

La sua fragilità.

“Mi dispiace per prima…” proseguo “…mi dispiace perché a volte manco di delicatezza…” si stringe più a me, sono perplesso “Credo di non aver mai capito niente di te!”

“Questo non è vero…” risponde con un filo di voce, mentre le lacrime continuano a scendere copiose sul suo volto “Questo non è vero…”

Ho un desiderio folle di proteggerlo in questo istante, lo sento mio, terribilmente mio ed ho paura.

Non è più l’icona lontana di un mio sogno, l’immagine perfetta per le mie forme d’arte… è semplicemente lui, crudemente, violentemente reale… vera materia, sofferta, vicina, imperfetta.

“E’ stato bello averti vicino… laggiù, al fiume…”

Sobbalzo. Lo scosto un poco.

“Cristo, Orlando… tu… tu mi hai visto? Dio… perdonami… non avrei mai voluto…”

“No, Vig…” m’interrompe, posandomi due dita sulle labbra “Non ti ho visto, ti ho sentito…”

Sto tremando. Sento che tremo.

Restiamo per alcuni istanti in silenzio, a guardarci… lui non intende spostare la sua mano dalla mia bocca, anzi (o forse è solo una mia illusione) mi pare di sentire le sue dita muoversi impercettibilmente sul profilo delle mie labbra.

Mi sento debole, terribilmente debole… la mia mente in quegli istanti non mi è d’aiuto, e la tensione, non potendo essere coperta dalle parole (inutili, inutili parole) è crescente…

Riuscirò a sopportare tutto questo?

“Vig…”

La sua bellezza…

“Desidero…”

I suoi occhi che brillano dinanzi al fuoco…

“Desidero…”

La sua innocenza dipinta sulle sue gote brunite…

“Sentirti… ancora…”

Faccio per aprire la bocca, per rispondere (no… non può essere vero!), ma, al contrario, non riesco a far altro che restare muto e accogliere le sue dita tra le mie labbra.

“Vig…”
I suoi occhi si bagnano improvvisamente di desiderio…

Non è possibile!

Cerco di scacciarlo, di andarmene, di fuggire via ancora… con la mente.

Resto immobile, completamente ammaliato dai suoi occhi, e senza poter più controllare la mia volontà, lascio che le sue dita scivolino ancor più dentro la mia bocca… senza poter più mantenere un minimo di controllo, inizio ad assaporare quella dolce intrusione, mai provata prima, solo immaginata, sognata, sperata.

Lui stuzzica dolcemente la mia lingua, che risponde senza esitazioni a quel contatto, intrufolandosi tra quelle dita, gustando il calore di quella pelle, succhiando, lambendo… fino a strappargli un primo, tremante gemito.

Le ritira, ed io rimango con le labbra bagnate e socchiuse a contemplare l’immagine del mio desiderio, divenuta realtà dinanzi a me.

Ci fissiamo in silenzio, ed anche questa volta, in silenzio… riusciamo a dirci tutto.

“Vorresti… fare una passeggiata sulla spiaggia con me?”

Innocente come sempre.

Ha appena scosso ogni singola parte di me, con un fuoco fino ad ora sconosciuto, tanto più reale di quello che avevo solo immaginato, ed ora, come se niente fosse accaduto, mi chiede una cosa così semplice… così naturale.

“S..si, certo…”

Ci alziamo insieme, completamente dimentichi dei nostri due amici che dormono a poca distanza da noi, che avrebbero anche potuto sentire tutto.

Mi volto verso Orlando, e improvvisamente sento mancarmi il respiro.

Lo vedo togliersi la maglietta con un gesto veloce, e rimanere dinanzi a me, a torso nudo.

Mi sorride, avvicinandosi.

“Fa così caldo in queste notti di mezza estate!” mormora, suggerendomi quasi apposta alcune parole del caro, vecchio Shakespeare… tanto che per me è praticamente scontato ripensare a quel sogno magico, in cui il mondo e gli essere viventi si armonizzavano tra loro.

Ci avviamo verso la riva, e non appena siamo un po’ più lontani da possibili occhi indiscreti, accade qualcosa di ancora più bello… Orlando mi prende per mano, intrecciando le sue dita alle mie.

Nessuno dei due in quel momento riesce a pensare alla somiglianza dei nostri sessi, al fatto che siamo due uomini, al fatto che stiamo camminando lungo il mare, come una coppia di ragazzini innamorati.

Ci sentiamo. E questo ci basta.

I nostri passi affondano nella sabbia fresca, e le nostre orecchie sono cullate dal suono melodioso della spuma marina che s’infrange contro la riva, per ritirarsi e poi ritornare ancora… come flusso e riflusso di cose, di attimi, momenti, istanti che si perdono e si ripetono… sempre con qualcosa in più.

Restiamo in silenzio.

Non vogliamo di più.

E in quel silenzio posso sentire tutte le parole che Orlando avrebbe voluto da sempre gridarmi, tutte le confidenze che avrebbe voluto farmi… il suo passato… suo padre… l’ansia e la paura di crescere troppo in fretta… l’angoscia di un bambino impreparato ad affrontare un mondo troppo veloce e schiacciante.

“Sento che mi capisci…” sussurra d’un tratto “Per questo ti voglio vicino…”

“Lo sono, Orli…”

Si blocca.

Silenzio.

Melodia del mare.

“Lo voglio ancora di più!”

 

***

 

Ci sediamo, l’uno accanto a l’altro, lasciamo che la sabbia bagnata sommerga i nostri piedi, lasciamo che l’acqua ci ripulisca da quella sabbia, per poi scomparire di nuovo.

E’ una sensazione fresca e piacevole, e un po’ mi aiuta ad alleviare il fuoco bollente che sento crescere nelle vene.

Nessuna parola, nessuna poesia, nessuna canzone mi sale alla mente, perché mi basta ascoltare il suo respiro per credere ai versi, per credere alla musica, per sentire l’armonia tutta intorno a me.

Vedo le sue dita creare sottili sentieri sulla sabbia, disegni, che vengono presto portati via, oppure si sciolgono ad ogni passaggio di una piccola onda.

Sorride, ma i suoi pensieri sembrano portarlo lontano.

“Sai…” inizia dopo poco “…solo con te posso vivere queste cose… con gli altri rido, scherzo, mi diverto, conservo la mia immagine, nascondo i miei momenti tristi…” raggiunge la mia mano “Tu non mi giudichi mai…”

La scosto, e mi volto dall’altra parte a guardare un punto indistinto nell’ombra.

“Invece sì, io… ti ho giudicato troppe volte, sono stato curioso della tua vita e ho rubato parti che non mi sarebbero dovute appartenere…”

“Tu non capisci…”

Il suo tono di voce attira mi attira nuovamente, mi volto verso di lui, e vedo che non ha perso il suo sorriso.

“Tu sei stato il primo a considerarmi importante per quel che sono… mi hai dedicato poesie, sguardi, emozioni nascoste e soprattutto… poche parole…”

“Io ti ho soltanto evitato!” esclamo sconvolto.

Alza lo sguardo su di me.

E’ indagatore.

Ora vuole tutto.

Vuole tutta la verità.

Vuole ogni cosa da me.

Lo vedo.

Lo sento.

“Io…” tentenno “Ho solo avuto paura…”

Forse così, svelandogli la mia codardia posso riuscire ad allontanarlo, forse così cesserà di guardarmi nel cuore, di starmi accanto, di perdonarmi tutto.

“Paura? Paura di cosa?”

Non mi lascia il tempo di rispondere.

“Paura di questo?” soggiunge.

Ho la mia mano sul suo cuore… ora.

Non so come ci sia arrivata.

Sento il suo petto tremare… la sua pelle nuda e lievemente raggrinzita da piccoli brividi di freddo… sento il suo calore…

Le sue dita sono chiuse intorno al mio polso.

E’ stato lui a condurre la mia mano su di sé.

“Orlando…” deglutisco a fatica “Orlando, perché…”

“Sta battendo il mio cuore…?”

Scuoto la testa.

“No… no… perché…”

“Batte sempre più forte…?”

Muovo debolmente il braccio, la sua presa si fa ancora più stretta.

“Perché…” si avvicina lentamente “desidero il tuo calore?” il suo braccio nudo sfiora il mio “La tua persona?” il suo corpo nudo aderisce al mio “La tua presenza?”

La sua voce è diventata un soffio…

“Vig…”

Respiro vicino, sempre più vicino… lo sento sulle labbra…

"Io... non conosco la risposta a niente..."

La sua guancia sfiora la mia… ritmicamente… dolcemente… insistente… e cresce la voglia di essere ancora più vicini…

“Vig…”

“Dio…”

“Non… lasciarmi…”

“Orli…”

Il profilo delle sue labbra appena sopra al mio, sentire che si sfiorano leggermente… sentirle tremanti… sentire il suo istinto… sentire il suo bisogno…

“Baciami…” mormora, e nel farlo la sua bocca racchiude un poco la mia…

Non resisto più… prendo il suo volto tra le mani ed imprigiono ogni suo sospiro, ogni lamento, ogni parola in un primo bacio, lungo e profondo.

Entrambi ad occhi chiusi, entrambi rapiti l’uno nel corpo dell’altro, tra le spire di un sogno.

Quando ci separiamo per respirare, restiamo a fissarci, perduti, consapevoli che la strada che abbiamo imboccato insieme non può più essere percorsa a riverso.

“Da quanto tempo, Vig?”

“Da sempre!”

“Ti prego dimmelo!”

“Ti amo!”

Mi bacia ancora.

Afferra con forza la mia testa con una mano e mi spinge dentro di sé.

La sua lingua é un turbinio di calore troppo forte da sopportare, una lingua che esige, che reclama, che desidera…

Lo voglio… lo voglio e non so più come fermarmi… sento il suo corpo dappertutto, aderisce a me in ogni sua parte… ovunque cerchi di fuggire, c’è il suo fuoco che mi trattiene, quando tento di negarmi, ci sono le sue carezze che mi riportano alla realtà.

Passo una mano dietro alla sua schiena, e con un gesto deciso lo stendo a terra, affinché affondi le sue ampie spalle nella sabbia.

Un gemito abbandona le sue labbra, e l’eccitazione nel mio corpo cresce ancor di più.

Non mi curo dell’acqua che ci ricopre, dei suoi jeans fradici, sporchi e bagnati… l’accarezzo, lo esploro ovunque riesco ad arrivare… sento i suoi capezzoli turgidi scivolare via sotto i palmi delle mie mani, sento la sua pelle bagnata tremare, i suoi muscoli contrarsi al mio passaggio.

“Toccami!”

Raggiungo il suo sesso, lo racchiudo in tutta la mia mano, sebbene a separarci ci sia ancora la stoffa dei jeans.

Un gemito strozzato vola nell’aria.

Muovo il pugno, ancora non del tutto soddisfatto, ancora non del tutto chiuso con più velocità, sfrego con forza sopra quella zona segreta, calda e dura… lo tormento, affinché i suoi gemiti si moltiplichino, affinché m’inebrino fino a farmi perdere del tutto la ragione.

Perché è questo ciò che voglio che accada.

Voglio abbandonare per un istante la mia mente e vivere di solo istinto, di solo cuore, e so, che soltanto lui è capace di aiutarmi a compiere questo piccolo miracolo.

Spalanco di colpo gli occhi, incontro i suoi, lo fisso profondamente, affinché veda tutto… affinché sappia…

“Non mi fermerò stanotte!”

E senza aggiungere altro, slaccio i suoi pantaloni.

Orlando ansima, desideroso anch’egli di quel qualcosa che non conosce, lascio scivolare la mia mano sotto la maledetta stoffa ed incontro il suo ventre… abbasso la testa come se avessi improvvisamente un peso troppo greve da reggere, un lamento mozzato ricade nella mia gola, mentre le mie dita, inarrestabili ormai, afferrano il bordo dei pantaloni, sfilandoglieli senza troppi indugi.

Orlando alza il bacino.

Lo guardo.

M’invita a continuare.

Lo libero del tutto dai suoi vestiti.

E finalmente lo vedo… nudo.

Sotto il chiarore di quelle stelle complici, attraverso il vento malizioso di quell’estate che s’imprimerà nei nostri ricordi.

M’inginocchio accanto a lui, come rassegnato, come consapevolmente inferiore a quella bellezza, sapendo di essere indegno di essere proprio io a poter possedere quel corpo.

Ma una sua carezza mi rassicura.

Si è girato su di un fianco, sollevandosi un poco verso di me, rialzandomi il volto che avevo lasciato cadere stancamente in avanti.

Lo guardo.

M’incoraggia.

Senza una parola. Soltanto con pochi gesti.

Appoggio le mani sulle mie cosce, e lascio che una lieve brezza scosti un poco i miei capelli e mi sfiori il viso, mentre lui, in silenzio inizia a spogliarmi della camicia bianca.

Lo lascio fare.

Voglio vedere di cosa è capace.

Voglio conoscerlo.

Voglio sapere dove può arrivare.

Si solleva del tutto, inginocchiandosi dinanzi a me.

Ora siamo pari, l’uno al cospetto dell’altro.

Spalanca del tutto la mia camicia e mi rende nudo sotto l’occhio inquisitore del cielo… scopre le mie spalle, ed io posso sentire la seta scivolare via dalle mie braccia.

Poggia le mani sul mio petto, e senza lasciarsi vincere dai suoi stessi sospiri, mi esplora in ogni mia parte, scendendo, lentamente in direzione del mio ventre.

Lo raggiunge.

Chiudo gli occhi.
Si morde le labbra.

Strappa via la stoffa tra i bottoni.

Gemo.

Li abbassa con forza.

Mi sollevo un poco.

E anch’essi finiscono nell’acqua, assieme ai suoi.

Sono nudo.

 

Ricado su di lui.

E nell’istante che i nostri corpi aderiscono, mi sento fuso con quel ragazzo fin nell’anima … la mia pelle brucia, e neppure l’acqua che ricopre le mie gambe serve per attenuare quel calore soffocante.

Orlando si muove sotto di me… ed io lo blocco, cospargendolo di baci… prendo possesso del suo collo, mentre lui, marchia la mia schiena con le sue unghie…

Una cosa… una cosa sola dobbiamo essere… una cosa infinita e dolorosamente illimitata.

Infliggimi ferite, amore mio! Infliggimele fin quando non ti vedrò piangere dal piacere, fin quando non sentirò il mio nome gridato oltre questo orizzonte!

Continuo a muovermi freneticamente sopra di lui, facendo impazzire il suo sesso, sfregato con forza dal mio… Orlando geme, geme, e mi graffia, soffre, piange… implora.

“Viggo, ti prego AMAMI!” grida d’un tratto.

Mi blocco sconvolto.

“Non attendere più… non attendere…” singhiozza disperato, e in quello stesso istante spalanca le gambe, facendomi ricadere tra di esse.

Affondo il mio volto nell’incavo del suo collo… è troppo, troppo quello che mi sta chiedendo, è pazzesco, fuori da ogni controllo…

Afferra il mio viso ed intreccia le caviglie dietro alla mia schiena… lo sento… ora posso sentirlo, l’accesso al suo corpo… lo sfioro con la punta bagnata del mio sesso… Orlando, mi guarda con occhi che non ammettono repliche.

“Amami, scopami, prendimi, possiedimi… ma fallo Viggo, fallo adesso!” mormora con voce roca, con intenzione decisa.

Passo un braccio sotto il suo bacino, e senza attendere ancora, chiedendogli perdono con lo sguardo, entro in lui, penetrandolo tra le sue urla e le mie lacrime, finché, in un spinta sola, non raggiungo

la fine del suo corpo e la fine del mio corpo, finché ci uniamo, divenendo una cosa sola.

“DIOOOOOOOOOOOOO!!!!!!”

Le sue grida spezzano la notte, il suo corpo si tende, illuminato dalla luce delle stelle che si posa sulle gocce del suo sudore, ma io non l'abbandono... oh no, non questa volta, nonostante il dolore... voglio farlo mio.

Così continuo a spingere, intrecciando le mie dita alle sue, raccogliendo con entrambi i pollici i riccioli scuri che rotolano sulle sue spalle... e desidero piangere ancora, perchè una cosa talmente bella nella mia vita non mi è mai capitata, una cosa talmente degna di commozione da lasciare prostrati davanti ad essa.

Lentamente, Orlando ritorna in sé, mormora qualcosa come immerso in uno strano sogno, come se la sua anima si espandesse alta e lontana e il suo corpo fosse ancora incatenato a terra nel suo stesso piacere.

"Vi..Vig..."

Le sue prime parole... nell'istante del risveglio.

"Puoi sentirmi? Mi senti, Orlando?" ansimo, cercando di carezzarlo ovunque riesca ad arrivare.

"Ti... ti sento..."

Riapre debolmente gli occhi, ed io, mentre i miei sono annebbiati da una lussuria sempre più vorace, riesco comunque a scorgere una luce strana e nuova in essi.

Sento le sue dita muoversi impercettibilmente tra le mie, come un bambino che esplora il mondo per la prima volta... è tenero, così tenero e piccolo che quasi ho paura di continuare a prendere il piacere che ha voluto donarmi.

Vorrei stringerlo a me e abbracciarlo, coccolarlo, regalandogli tanti piccoli baci, ma non posso, non ce la faccio... non ora...

"Co..continua..."

Non posso... ora... dargli... quell'amore... che cerca... perchè... sento... di... soccombere... sotto... il suo calore...

"Ah... ti... prego... non... fermarti..."

Volta il viso da un parte, e le stelle illuminano una sua guancia cosparsa di sabbia, le palpebre bagnate ed appesantite... vedo la sua testa muoversi ritmicamente indietro e avanti, a seconda delle mie spinte...

Geme ancora...

Ed io non posso fare a meno che affondare nel suo corpo, come esso, a sua volta affonda nella sabbia, e se ora l'acqua ricoprisse entrambi, regalandoci come dono al Dio del Mare ne sarei felice.

Mi sento tremare, mentre lui mi accoglie, e si abbandona ancor di più, come una donna pronta a divenire madre, offrendo il suo grembo... lui s'abbandona ed io spingo più forte... lui s'abbandona ed il mare ruggisce... lui s'abbandona e il vento si alza e mi schiaffeggia... il calore violento corre rapidamente verso il mio ventre... sospiro... verso la fine di tutto.

Orlando mi chiama...

Spalanchiamo gli occhi entrambi...

Un' ultima spinta...

La sabbia risucchia parte del suo corpo, ed io crollo su di lui come foglia morta d'autunno.

Lui, che ha accettato la mia fragilità.

Io, che ho rubato un po' del suo coraggio.

 

***

 

Un uomo. Un ragazzo. Due uomini. Un fuoco. Insieme. Un attimo. Una sera. Una notte.
Un sogno.

Un destino.

Una cosa sola.

***

Sogno di una notte di mezza estate.

*Aranel*