.|. Senza Tempo .|.

by Legolas

Viggo Mortensen è un affermato fotografo a cui viene proposta la realizzazioni di una serie di mostre in Europa, ma prima dovrà fare l'ultimo servizio e lanciare definitivamente qualcuno con cui aveva giurato a sé stesso di non lavorare mai... La Grecia sarà lo scenario per qualcosa di inaspettato...

Sentimentale | Slash /AU | Rating NC-17 | One Piece

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“Che cosa?”

Il tono della domanda era stato freddo, come a prima vista poteva apparire colui che l’aveva posta, ma l’effetto era stato equivalente e quello di un urlo.

“Avanti, non sarà poi la fine del mondo, non ho potuto rifiutarmi di dare il tuo nome, è stata la sua casa produttrice a chiedere espressamente di te, che cosa doveva fare, buttare tutto nel cesso perché tu, il grande artista non ti abbassi a fare una cosa del genere?”

Gli occhi dell’uomo lanciavano fiamme.

“Ti avevo già detto che mi dovevi tenere lontano quel bamboccio, io sono un professionista, non un fotografo da giornali scandalistici!”

“Lo so anche io che sei un professionista, non ho mai visto nessuno stare in una camera oscura per dodici ore di fila, ma in fin dei conti anche di lui si dice un gran bene, sembra che metta l’anima in quello che fa, magari non sarà così male…”

“NO, io non lavoro con un ragazzino che è apparso su tutte le copertine di questo mondo, su tutta la spazzatura possibile e immaginabile, dici che è un professionista anche lui? Io non lo credo, non lo credo minimamente, se lo fosse avrebbe saputo scegliere…”

“Ha scelto te, mi sembra una cosa buona…”

“I suoi agenti hanno scelto me, per lanciare ancora la sua immagine, se non sono del tutto stupidi sfrutteranno fino alla fine il suo successo…io non lavoro con una bambola che ha avuto successo solo grazie al suo bel faccino!”

“Dai, non fare così, non lo conosci neppure…”

“Ti ho detto di no, e non voglio riprendere questo discorso…”

“Ti prego, fallo per un vecchio amico, non mandare all’aria tutto solo per il tuo orgoglio, per una volta almeno nella tua vita cerca di metterlo da parte…”

L’uomo sbuffò e scosse la testa, se c’era una cosa che non sopportava erano le persone che facevano orecchie da mercante, e Martin in quel momento stava facendo proprio quello.

“Prova almeno per una settimana, se proprio vedi che non c’è niente da fare mi inventerò una scusa e cercherò una soluzione alternativa, ma ti scongiuro, almeno provaci…”

L’uomo si alzò di scatto dalla sedia e si avviò verso la porta aprendola violentemente.

“Un giorno mi dirai quanto ti hanno offerto vero Martin? Un giorno mi dirai per quante cazzo di migliaia di dollari mi hai venduto… e ti assicuro che questa è l’ultima volta che lo fai, mi hanno offerto una serie di mostre in Europa e ho deciso di accettare, questo sarà il mio ultimo servizio per il tuo fottutissimo giornale!”

Lasciò l’edificio come una furia inseguita dal Diavolo in persona, quella era stata letteralmente la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, aveva detto più di una volta che odiava lavorare con le star, preferendo i reportage dall’estero, e chi gli andavano ad affibbiare? L’ultima scoperta della Mecca del Cinema, un ragazzino che sarebbe stato divorato dai lupi se solo non avesse avuto intorno delle iene.

Il cellulare cominciò a squillare mentre si trovava davanti ad una edicola, rispose e sentì la voce di Martin che gli comunicava che gli aveva appena preso un appuntamento con il bamboccio per l’indomani mattina alle otto.

Mentre parlava vide un paio di occhi color nocciola che lo guardavano dalla copertina di Vogue, ne prese una copia e cominciò a cercare il servizio che lo riguardava.

E quello era un professionista? Nelle foto le luci erano completamente sbagliate, il trucco che aveva addosso lo faceva sembrare un efebo del Quattordicesimo secolo, e non ne aveva certo bisogno, e l’espressione era quella di un cane bastonato…un professionista non avrebbe mai permesso che foto del genere andassero a finire su una rivista a tiratura nazionale.

Strinse le mani con tanta violenza che il giornale si sgualcì completamente, ma l’edicolante non sembrava essere troppo arrabbiato, anzi quando lo lasciò cedere a terra non disse nulla, forse troppo abituato agli scatti d’ira di quello che era ritenuto da tutta la critica incaricata una poche promesse realizzate della fotografia.

“Bene Mr Bloom, stai pur certo che sarà un periodo d’inferno quello che passerai lavorando con me, io non sono abituato a coccolare i miei collaboratori, e forse per una volta avrai un buon motivo per avere quell’espressione triste e affranta che ti porti dietro da una vita!”

 

“Mr Mortensen buon giorno, sono felice di poterle presentare Orlando, e spero che la nostra collaborazione sarà proficua per entrambi!”

Il ragazzo sembrava letteralmente terrorizzato, aveva l’espressione di chi avrebbe preferito essere in un altro posto e magari anche in un altro tempo.

“La mia collaborazione con Mr Bloom sarà proficua se le cose verranno fatte in maniera adeguata, io non sono abituato a lavorare con le comitive…”

La donna che aveva parlato poco prima e che come sempre succedeva aveva anche usato la tattica del discorso flirt si era affrettata ad annuire.

“Ma certo, è ovvio che lei…”

“No, non credo che quello che sto per dire sia ovvio, per tutta la durata del servizio, io lavorerò solo con il vostro gioiellino, non voglio avere intorno nessuno che non sia strettamente necessario, sarò io a scegliere le location, il trucco e gli abiti che indosserà, e non mi interessa quali contratti abbiate, io ho il mio modo di lavorare e se la cosa non vi sta bene potete anche uscire da questo studio e non rimetterci più piede!”

La donna aveva stretto le labbra ma non ribatté, sapeva che Viggo Mortensen aveva di gran lunga il più brutto carattere che il loro ambiente potesse ricordare, ma sapeva anche che era dannatamente bravo nel suo lavoro, era il migliore e loro avevano bisogno del migliore se volevano ricavare il più possibile da Orlando prima che un altro bel ragazzo facesse la sua comparsa nel mondo del cinema.

“Bene, si è fatto tardi e immagino che voi due vogliate conoscervi un po’ prima di cominciare a lavorare insieme…manderò una macchina a riprendere Orlando…”

“Non credo che sia necessario, questa sera potremmo già essere su una delle location, non credo che siate stati così sciocchi da fissargli altri impegni in questo periodo…”

“No, certo che no, tutto è bloccato fino a quando lei non avrà finito…”

“Bene, allora ve lo verrete a riprendere quando avrò finito, né un momento prima né un momento dopo, e adesso arrivederci!”

Quando la porta fu richiusa e il rumore dei tacchi della donna non fu più udibile Orlando pronunciò la sua prima frase.

“Io non sono un pacco postale che si spedisce e si va a ritirare come e quando ci piace!”

Viggo lo squadrò da testa a piedi, come per accertarsi che quelle parole fossero uscite proprio dalla bocca del ragazzo che aveva davanti.

“Su questo ho i miei dubbi ragazzino…”

“Non sono un ragazzino!”

“Non sono, non sono, non sono, mi piacerebbe capire allora che cosa sei, sempre che tu lo sappia…”

Orlando non rispose e si limitò a seguire Viggo in un’altra stanza, ugualmente grande, ma con una mobilia maggiore.

Si sedette su uno dei divani e aspettò che Orlando gli si mettesse davanti.

Sul tavolino di cristallo c’erano decine di riviste, tutte con sue foto, e tutte segnate da pennarelli rossi.

“Che cosa…”

“Mettiamo in chiaro una cosa, non c’è una delle foto che hai fatto che sia degna di questo nome, e soprattutto non c’è una foto diversa dalle altre nelle migliaia che ti sono state scattate…hai sempre lo stesso sguardo, sempre la stessa staticità…”

“Sono foto, semplici foto…”

“No, non maledizione, non sono semplici foto, avrebbero dovuto essere momenti della tua vita, invece sono delle immagini impresse su carta chimica…doppioni, triploni, decuploni di niente, assolutamente niente…questa roba ragazzino è solo spazzatura!”

“Non credo sia colpa mia, sono i fotografi…”

“Tu sei davanti all’obiettivo, devi essere tu a trasmettergli qualcosa, a farlo fremere, una litografia ha più movimento di queste cose…tu avresti dovuto dire al fotografo che cosa volevi e non il contrario…”

“Non ho scelto io di farmi fotografare, non ho voluto essere messo davanti ad un obiettivo…”

“Lo hai voluto nel momento stesso in cui hai deciso di fare l’attore, lo hai voluto nel momento in cui hai accettato parti che inevitabilmente ti avrebbero portato all’attenzione del grande pubblico, delle ragazzine urlanti che fanno la fila per vederti sugli schermi e che si strapperebbero i capelli se solo ti incontrassero!”

Orlando aveva abbassato la testa, quell’uomo non lo sopportava si leggeva chiaramente in quegli occhi azzurri, quegli stessi occhi che lo avevano colpito fin dalla prima volta che li aveva visti, ai margini di un suo sevizio dove compariva anche la sua foto.

Aveva fatto di tutto affinché fosse lui a curare il suo nuovo servizio, nonostante la sua menager fosse titubante, nonostante gli avesse detto più di una volta di aspettare prima di lavorare con Viggo Mortensen; era anche arrivato a minacciare di mandare tutto all’aria se non ci fosse stato lui dietro l’obiettivo questa volta, ma adesso cominciava a pentirsi della sua scelta.

“Nel periodo di tempo in cui lavoreremo insieme ragazzino io ti insegnerò che cosa vuol dire posare per una fotografia, e stai pur certo che ce la farò, anche se questo vorrà dire farti sputare sangue…mettiti in mente che con me si lavora seriamente, dunque spero che non ti abbiano abituato come un principino…”

“Posso lavorare senza problemi, è quello che faccio sempre e la fatica non mi preoccupa né mi spaventa, non sono nato nella bambagia e non mi sono adagiato sugli allori…non sono un bambino che ha bisogno della mamma per attraversare la strada!”

“Bene, ne sono felice, almeno abbiamo qualcosa da cui partire!”

Si alzò e si diresse verso una porta laterale.

“Alla luce di quello che ti ho detto, osserva le foto e dimmi secondo te in che cosa sono sbagliate, io vado a preparare qualcosa da bere e poi ci mettiamo a lavoro, prima di fare foto all’aperto è meglio lavorare in studio!”

Orlando prese una delle riviste e cominciò a fare quello che gli era stato ordinato, Viggo invece si diresse verso la cucina.

Quel ragazzo lo aveva in qualche modo colpito, all’inizio gli era sembrato completamente privo di spina dorsale, ma alla fine si era accorto che se stuzzicato riusciva quasi a svegliarsi…forse non tutto era perduto, forse sarebbe riuscito a tirare fuori da quell’esperienza lavorativa qualcosa di positivo, anche se sarebbe stata dura.

Tornò poco dopo con un vassoio su cui erano posati due bicchieri e una brocca piena di succo d’arancia, dallo sguardo di orlando era chiaro che non avesse compreso quello che aveva voluto dirgli, ma in fin dei conti c’era tempo.

Bevvero e poi si spostarono nuovamente, questa volta nello studio vero e proprio, dove pannelli bianchi e neri e luci di ogni intensità e forma facevano aspettavano in silenzio l’arrivo di colui che li avrebbe resi vivi.

“Avanti, vediamo come te la cavi, fai quello che vuoi, senza pensare a me o al mio obiettivo!”

Orlando si sentiva in imbarazzo, non si era aspettato una richiesta del genere, fino a quel momento tutte le volte che era entrato in uno studio aveva trovato decine di persone vogliose di dirgli tutto quello che avrebbe dovuto fare.

“Non mi sembra di aver parlato in danese ragazzo, comincia a muoverti, a fare qualunque cosa ti passi per la testa, questa è solo una prova, foto che non verranno mai rese pubbliche, mi serviranno solo per vedere su che cosa lavorare con te e per scegliere un ambiente esterno che si possa sposare con le tue caratteristiche…”

Neppure questa rassicurazione era stata in grado di farlo rilassare…fare quello che voleva, sarebbe stato impossibile, Viggo lo avrebbe definitivamente preso per un marmocchio e avrebbe fatto di tutto per toglierselo di torno…da quando la sua vita era drasticamente cambiata, da quando non ne era più padrone c’era una sola cosa che gli sarebbe piaciuto fare, oltre naturalmente a chiamare quelli che un tempo erano stati suoi amici e che lo avevano visto sparire, partire per l’America e non farsi più sentire, avrebbe voluto piangere, come faceva da bambino, come non si era vergognato a fare neppure da adolescente, fregandosene altamente di quello che gli altri avrebbero potuto pensare.

Ma in quel momento in cui ne sentiva maggiormente il bisogno si era reso conto di non essere più in grado di farlo, si era reso conto che quella vita lo aveva reso insensibile ai suoi stessi sentimenti, e non aveva voluto guardare dentro di sé per scoprire che cosa era stata capace di fare ai sentimenti che aveva sempre provato per gli altri.

Orlando cominciò a guardarsi intorno, a sentì gli scatti della macchina che Viggo aveva preso poco prima, chiuse gli occhi e respirò profondamente cercando di calmarsi. Quando era a scuola si sentiva imbarazzato anche solo per le foto di classe…forse ava ragione chi diceva che quello non era l’ambiente adatto a lui.

“Per l’amor del cielo, tenta almeno di sembrare vivo…non stai posando per la foto di un passaporto in una macchinetta automatica…”

“Io…non so che cosa fare!”

“Sii te stesso, dimentica di essere in una stanza con qualcuno che tiene in mano una macchina fotografica, pensa di essere in un luogo che conosci, che ti è familiare e muoviti come se ti trovassi lì…”

Gli scatti si susseguirono per un lasso indefinito di tempo, e i momenti di silenzio erano peggiori di quelli in cui Viggo apriva bocca per riprenderlo o per correggerlo o solo per sospirare disperato.

Fu salvato in extremis dallo squillare insistente del campanello.

Viggo lasciò la stanza visibilmente alterato di dover interrompere quella meravigliosa seduta mattutina per andare a vedere chi diavolo fosse che aveva il coraggio di disturbarlo.

“Mr Mortensen?”

Viggo annuì, non aveva mai visto l’uomo che aveva davanti, ma era quasi del tutto certo che avesse a che fare con orlando.

“Questi sono gli effetti personali di Mr Bloom, li manda la sua manager…”

Perfetto, disturbato per dei vestiti e uno spazzolino da denti, non c’era proprio che dire, quella si stava avviando ad essere una vera esperienza.

“Li metta pure in un angolo, e dica alla manager di Mr Bloom di telefonare prima di mandare qualcuno altro qui, e le ricordi anche di farlo solo alle ore dei pasti, per il resto preferirei non essere disturbato ulteriormente!”

Tornato nello studio la seduta riprese con risultati non molto diversi da quelli ottenuti fino a quel momento; doveva trovare una chiave di lettura per entrare nella mente di quel ragazzo, ma ammetteva a se stesso di non sapere da che parte cominciare.

Appena Viggo decretò che per quel giorno poteva anche bastare e gli fece vedere la stanza che avrebbe potuto usare per tutto il tempo in cui sarebbe rimasto lì, si chiuse nella camera oscura e cominciò a sviluppare le foto.

Una volta che furono pronte non ebbe sorprese nel constatare quanto fossero fredde e impersonali, era come se Orlando non avesse sentimenti.

Per altri due giorni le cose non cambiarono di molto, anche se durante le pause era possibile sentire Orlando rispondere alle domande che gli venivano poste e partecipare addirittura alle conversazioni in cui Viggo cercava di coinvolgerlo, tutto questo pronunciando anche più di cinque o sei parole in fila a volte.

 

“Che cosa hai mente di fare questa sera?”

Orlando sperava vivamente che Viggo non lo portasse a cercare luoghi ameni come aveva fatto la sera precedente, non che non gli fosse piaciuto passare del tempo con lui fuori da quella casa e dallo sguardo della macchina fotografica sua e di tutti quelli che avevano magicamente saputo di questa collaborazione, il problema era l’opposto era che gli era piaciuto troppo stare con lui e sapeva che se fosse successo ancora ci sarebbero state buone probabilità che Viggo se ne accorgesse e non ci teneva a rovinare tutto adesso che forse ave trovato un modo per diventare almeno suo amico e non solo una stupida palla al piede che si deve sopportare per forza di cose.

“Restiamo a casa e vediamo dove cominciare a fare sul serio…ti vedo bene su un set vicino ad una spiaggia, ma non la nostra, stavo pensando a qualcosa di un po’ più piccolo dell’oceano e di un po’ più caldo!”

“Scusa? Non credo di starci capendo molto…”

“Il Mediterraneo, un’isola della Grecia potrebbe andare bene, magari una molto piccola che abbia qualcosa dell’antico splendore di quella terra e che abbia resistito all’avvento della modernità!”

“Grecia? Ma non è un po’ troppo lontana?”

“Paura dei viaggi lunghi?”

“No, non è questo, è che credo che sia tempo sprecato…lo hai detto anche tu che sono praticamente negato per queste cose!”

“Io non ho mai detto una cosa del genere, anche se avevo creduto che ti sarebbe piaciuto dimostrarmi che la mia prima idea su di te era sbagliata, comunque se la Grecia non ti piace a me non ci vuole niente a portarti su una spiaggia e a riprenderti come migliaia di altri hanno già fatto e come probabilmente continueranno a fare…”

    “No, non è questo che voglio, se pensi che la Grecia vada bene io non ho niente da ridire!”

“la Grecia è una terra calda, come te Orlando, una terra amata dal sole fino alle estreme conseguenze, che arde di passioni e di sentimenti che sono stati in grado di perdurare per millenni, e io voglio che posi per me in un luogo del genere, in una terra che ha più punti in comune con te di quanto tu stesso possa arrivare ad immaginare!”

La passione che vibrava nelle parole di Viggo lo aveva letteralmente contagiato, per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva entusiasta e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di rovinare quel momento.

“Se sei d’accordo allora possiamo partire domani!”

“Sì, non ci sono problemi, devo solo avvisare…”

“Lo sanno già e mi hanno data carta bianca, anche se vogliono che io li informi in tempo per quando saremo pronti per la conferenza stampa di presentazione del servizio…da quello che ho capito hanno in mente di fare le cose in grande e vogliono essere pronti con anticipo!”

Orlando sorrise imbarazzato, sembrava che la sua manager questa volta si fosse messa veramente d’impegno.

Orlando si alzò dal divano e si stiracchiò come un grosso gatto, piegando la schiena a disegnare un’onda, non si accorse neppure dello scatto di Viggo.

Il suo cellulare cominciò a squillare e dopo molto tempo Orlando rispose senza temere di essere interrotto da qualcuno che gli diceva di non passare troppo tempo al telefono con il suo passato.

Mentre il ragazzo parlava si muoveva per la stanza come se si trovasse nella propria casa, in un ambiente per niente ostile, e per la prima volta da quando aveva imparato a vedere la sua faccia sui giornali Viggo vide uno spiraglio del vero Orlando, un ragazzo timido e solare, con uno splendido sorriso.

Pur sapendo che quello che stava facendo andava contro una certa etica professionale Viggo stava continuando a fotografarlo senza sosta, riprendendolo da tutte le angolazioni possibili ed immaginabili, soffermandosi sulla figura intera e sui particolari, sulla mano che stringeva il telefono e su quella che si muoveva in aria enfatizzando un discorso che non gli importava sentire; ma la cosa che lo colpiva di più, che attraeva il suo obiettivo come una calamita era il viso e del viso senza ombra di dubbio il sorriso, non gli occhi, quelli li avevano già visti tutti e in tutte le salse, con e senza trucco, con ciglia finite o vere, colorate o nere, ma nessuno fino a quel momento era stato in grado di cogliere quel particolare che da solo valeva più di tutto il resto.

Smise di scattare poco prima che Orlando finisse la sua telefonata e senza dire una parola si diresse nuovamente verso la camera oscura.

Il ragazzo rimase senza parole, ma in fin dei conti ormai si stava abituando allo strano carattere di Viggo e ai suoi sbalzi d’umore.

Viggo uscì dalla camera oscura a notte fonda, ma quelle che aveva in mano erano delle vere foro, con un vero soggetto e non uno stereotipo creato a tavolino da curatori d’immagine e altre persone che non lo conoscevano neppure.

 

L’aereo privato messo loro a disposizione dagli Studios stava sorvolando il mare greco; dopo ore di volo stavano finalmente per arrivare a destinazione.

Orlando non sapeva se si sentiva più stravolto per la levataccia a cui era stato costretto oppure se per le nove ore di fuso orario.

“Come hai detto che si chiama questa isola?”

La voce era stanca e assonnata.

“Dio Santo ragazzo, fa una cura per la memoria, te l’ho detto meno di cinque minuti fa e non per la prima volta… Santorini o Santorino, a seconda della dizione che preferisci!”

Quando finalmente fecero scalo nel più improbabile degli aeroporti che Orlando avesse mai visto ci vollero almeno due ore prima che potessero raggiungere il luogo dove avrebbero alloggiato, il tempo necessario per far sbarcare dall’aereo tutto il materiale che Viggo aveva portato con sé e per accertarsi che arrivasse intero alla casa che avevano affittato.

Il viaggio in auto fu il colpo di grazia per Orlando, non era abituato a strade piccole e sterrate.

“Temo di doverti dare una bruttissima notizia Orlando…questa luce è perfetta per scattare…”

“Stai scherzando vero? Sono distrutto, non puoi veramente…oddio, tu sei completamente pazzo, un pazzo e sadico aguzzino!”

“Mi è stato detto di peggio credimi, ma in fin dei conti credo che sia vero, sei nelle mani di un pazzo che ti costringerà a girare per le vie di questo villaggio di pescatori e che ti riprenderà mentre farai quello che qualunque persona perfettamente normale farebbe al tuo posto; niente pose studiate o finte, niente ordini, solo e soltanto te stesso, e questa volta voglio che tu dia veramente il massimo, voglio il vero Orlando e non un volto da copertina, voglio un ragazzo di ventiquattro anni in vacanza in un posto che non ha mai visto, in un luogo fuori dal tempo e dallo spazio!”

“Abbiamo già visto che non ne sono capace, forse sarebbe meglio che tu mi dicessi che cosa fare e così la faremmo finita in tempo per la tua mostra in Europa…”

“E tu come fai a sapere che mi hanno proposto proprio questo?”

“Io…io devo averlo letto da qualche parte…”

Viggo lo guardò con aria interrogativa, aveva detto una sola volta che avrebbe accettato la proposta, ed era stato molti mesi prima.

Orlando era praticamente sbiancato, era stato un perfetto idiota a lasciarsi sfuggire una cosa del genere, e la scusa che aveva tirato fuori era stata ridicola, ma in fin dei conti non poteva certo dirgli la verità, non poteva dirgli che sapeva praticamente tutto di lui, che si era innamorato di lui dalla prima volta che aveva visto in uno degli articoli che parlavano di lui.

“Bravo Orlando, sei veramente un genio, non riesci a capire come possano decine di ragazzini che non incontrerai mai dire di essere innamorate di te e poi fai la stessa cosa!”

Solo che adesso Orlando lo aveva incontrato veramente Viggo, non era più un semplice sogno da tenere nel fondo di un cassetto o da svelare tra le lacrime al buio di una stanza in compagnia di una bottiglia di vodka, e si era accorto che se la sua mente era già stata soggiogata da quegli occhi, adesso anche il suo corpo rischiava di non essere più in grado di essere indifferente.

 

Sistemarono i bagagli nella piccola costruzione di pietra bianca e consumarono un pranzo leggero a base di verdura e formaggio, poi Viggo fu irremovibile, avrebbero cominciato a lavorare questo era quanto.

“Viggo dannazione, ma ci tieni proprio a farmi fare la figura dell’idiota davanti a tutti? Non ne sono capace, non riesco a farmi amare dal tuo obiettivo…”

“Ti sbagli, l’Orlando che loro hanno costruito non ci riesce, ma la mia macchina è perdutamente innamorata del vero Orlando!”

“tu non lo hai neppure mai visto il vero Orlando, non sai neppure se esiste o se solo una tua fantasia!”

“Io l’ho visto, l’ho visto ieri sera al telefono, l’ho visto mentre era finalmente sereno…”

Viggo tirò fuori le foto che aveva scattato la sera prima e le pose accanto alle prime che gli aveva scattato mentre erano ancora nel suo studio a Los Angeles.

“Riprovo a farti la stessa domanda che ti ho fatto qualche giorno fa!”

Non sembrava interessato allo sguardo stupito del ragazzo.

“Quale è la differenza tra questi due gruppi di foto?”

Orlando rimase in silenzio, come a voler pensare e nello stesso tempo reprimere la risposta che minacciava di uscirgli dalle labbra.

“Me lo dirai mentre lavoriamo!”

L’uomo si diresse verso la porta dopo aver preso tutto l’occorrente e non si voltò mai, neppure una volta per vedere se Orlando lo stava seguendo, sapeva che era così, lo sentiva.

Sorrise tra sé e sé, la verità era che la Grecia aveva sempre avuto uno strano effetto su di lui, aveva sempre pensato che i miti avessero un fondo di verità, rimasta intatta nei millenni, e aveva paura che se si fosse voltato in quel momento avrebbe visto Orlando scomparire come la nebbia al cospetto del sole, come Euridice scomparve sotto lo sguardo di Orfeo.

Le strade erano strette e bianche come tutto in quel posto, le bancarelle vendevano di tutto, dalle stoffe ai prodotti che il mare poteva offrire.

Orlando dimenticò completamente di essere in quel paradiso per lavorare, e fu allora che Viggo sentì le dita prudergli, mentre regolava l’obiettivo della macchina, stava fremendo, finalmente quello che aveva sperato avvenisse stava accadendo.

Vide nuovamente il sorriso comparire sul volto del ragazzo e cominciò a immortalarlo.

Dopo appena un’ora aveva una quantità di pellicola impressionata che lo lasciava senza parole, e sapeva che il bello doveva ancora arrivare, ormai il ragazzo sembrava essersi sciolto, le barriere stavano cadendo, ancora poco e avrebbe potuto vedere quello che stava disperatamente cercando.

Orlando si era avvicinato ad una bancarella che vendeva frutta e aveva acquistato una mela per un prezzo assurdo, senza neppure aspettare il resto si era allontanato e aveva addentato il frutto, votandosi verso di lui nell’istante in cui Viggo scattò la foto.

Finalmente si era convinto a guardarlo, finalmente aveva cominciato a giocare con l’obiettivo, adesso tutto era perfetto.

“Credo che tra poco potremo andare…”

In quel momento Orlando cominciò a correre e velocemente raggiunse la spiaggia.

Finalmente era libero.

Entrò in acqua vestito, e cominciò a giocare con le onde, mentre Viggo non poteva fare altro che scattare e scattare e scattare.

L’acqua gli aveva impregnato la camicia bianca facendola aderire al petto, i capelli, tenuti in una coda lenta si erano sciolti e venivano adesso agitati dal vento.

E in quel momento Viggo Mortensen non ebbe più davanti Orlando Bloom, stella di Hollywood, ma Ulisse che torna da Troia dopo vent’anni di assenza, Alessandro che abbandona il suo essere semplicemente un re mortale per abbracciare la libertà della natura divina che la leggenda gli aveva attribuito, Achille immortale e contemporaneamente esposto alla morte più di tutti gli altri partecipanti alla guerra in seguito alla libertà della scelta che lui stesso aveva effettuato.

Il mediterraneo con la sua storia di vincitori e vinti, la spiaggia celebrata da mille cantori, il tramonto sempre uguale a se stesso, lo stesso che era stato osservato da Omero e poi lui, la creatura più bella che avesse mai visto, brillante come una gemma preziosa e fragile come il cristallo.

Orlando… Orlando…. Orlando.

Non riusciva a capire quando potesse essere successo, non riusciva a dare un tempo a quello che aveva cominciato a provare, ma sapeva che in quel momento, mentre lo fotografava, mentre lo stava facendo suo come mai nessuno prima era riuscito a fare, sapeva che si era perdutamente e irrimediabilmente innamorato di lui.

Tutto quello si fermò solo quando il sole sparì completamente.

Tornarono a casa in silenzio, entrambi immersi nei propri pensieri.

Viggo aveva quello che voleva, adesso bastava trovare un luogo da attrezzare come camera oscura, sviluppare la pellicola e rimpiangere per sempre quello che avrebbe potuto essere e che non sarebbe mai stato.

Orlando sapeva di essere riuscito a dimostrare all’uomo di cui era innamorato di non essere solo una bella faccia da sbattere in copertina, ma questo non riusciva a colmare il senso di vuoto che provava.

“Io, io credo di aver capito…”

Viggo fu riscosso dai suoi pensieri, ma non riuscì a cogliere il senso dell’affermazione.

“La cosa che mancava alle foto che mi sono state scattate prima, è l’anima, quella stessa anima che tu sei riuscito a catturare ieri…”

“Quella stessa anima che tu mi hai permesso di catturare anche oggi, nelle ultime foto sei felice, ieri al telefono eri come un bambino, avevi la sua stessa voglia di vivere!”

Orlando sorrise ma non rispose, lasciando che un nuovo silenzio li accompagnasse fino a casa.

Entrambi erano stanchi, entrambi avevano cose a cui pensare e entrambi non erano ancora pronti per dividere i propri pensieri, i propri sentimenti con l’altro.

Mangiarono velocemente e si chiusero nelle stanza che avevano scelto, ma nessuno dei due prese sonno quella notte, nonostante tutto.

 

Orlando si era alzato abbastanza presto, almeno per i suoi standard, ma scoprì di essere stato battuto da Viggo, l’uomo gli aveva lasciato un appunto sulla tavola in cui diceva di essersi recato in un’isola vicina per sviluppare le foto e che non sarebbe tornato prima del pomeriggio.

Aveva dunque qualche ora a disposizione e non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione per vivere un altro giorno, forse l’ultimo prima di tornare a Los Angeles e permettere al sistema in cui era stato scaraventato di ingoiarlo nuovamente.

Questa volta non si diresse verso il mercato e la spiaggia, ma andò dalla parte opposta, cominciando a salire un sentiero abbastanza ripido.

Quello che vide alla fine della sua camminata lo lasciò completamente senza fiato.

In una piccola radura infatti trovò un tempio risalente ai tempi d’oro di quelle terre, ma la cosa che lo sorprese maggiormente fu lo stato di conservazione, quasi perfetto.

Le colonne che sorreggevano il frontespizio e che delimitavano il perimetro erano di un bianco accecante colpite dai raggi del sole di quella calda primavera, nonostante il marmo fosse rovinato e avesse perso la lucentezza che doveva aver avuto in passato sembrava che da un momento all’altro dovesse risuonare di canti e accogliere pellegrini e visitatori.

Il rumore prodotto da un ruscello nelle vicinanze poteva essere lo stesso prodotto dalle libagioni che le sacerdotesse versavano agli dei prima di comunicare il loro responso agli uomini.

Prima di avanzare all’interno, senza saperne neppure il motivo, si tolse le scarpe abbandonandole prima dei gradini.

Neppure le splendide chiese della città in cui era nato potevano niente in confronto alla disarmante semplicità di quella perfezione architettonica.

Una volta che ebbe raggiunto il centro della costruzione alzò gli occhi per fissare il sole, incurante del dolore che all’inizio il suo agire gli procurò…cominciò lentamente a girare su se stesso, con le braccia aperte e i piedi scalzi, la testa reclinata e i capelli sciolti sulla schiena.

“Sembri un dio… Apollo sceso dall’olimpo per permettere ai mortali di godere della sua bellezza per lasciarli poi nella disperazione, memori di quanto hanno perduto!”    

Orlando si arrestò improvvisamente e cercò di mettere a fuoco la figura che sapeva starsi avvicinando.

Sapeva che era Viggo, ma voleva vederlo, voleva vederlo ne sentiva un bisogno impellente, e sapeva  che avrebbe commesso la più grossa delle sciocchezze, ma non gli importava, in quel momento non importava niente all’infuori di loro due.

Viggo si avvicinò e Orlando poté sentire il suo profumo e la sua pelle bruciare, ma non per il sole.

Sentì le sue stesse mani muoversi sul petto dell’uomo, sentì le sue dita slacciare la camicia che portava e sentì che Viggo non faceva niente per fermarlo.

Lasciò che la stoffa cadesse a terra e toccò quel corpo che aveva desiderato per la prima volta.

Le spalle, il petto dove si soffermò a giocare con i capezzoli induriti da quelle carezze, lo stomaco dove i muscoli guizzarono al suo tocco, e fu allora che successe qualcosa che non aveva programmato.

Viggo chiuse lo spazio che ancora esisteva tra di loro e lo imprigionò impossessandosi delle sue labbra, senza lasciargli via di fuga. Un gemito sfuggì dalle labbra di Orlando al contatto con la lingua calda di Viggo e quando questa cominciò a farsi più insistente e a premere sulle labbra affinché fossero aperte Orlando non si fece pregare, dando libero accesso alla sua bocca, gemendo nuovamente quando il sapore dell’uomo si unì al suo, quando anche la sua lingua, risvegliata dalle languide carezze dell’altra cominciò a giocare e accarezzare.

Si divisero per riprendere fiato e Viggo privò a sua volta Orlando della maglia che indossava.

Riservando al suo corpo le stesse carezze che aveva subito il suo, scendendo velocemente verso la cintura dei jeans slacciandola velocemente, mentre Orlando cercava di fare altrettanto, anche se le sue mani tremavano leggermente.

Entro breve rimasero completamente nudi l’uno di fronte all’altro, mentre le mani si muovevano su quei corpi quasi con disperazione, mentre le lingue disegnavano arabeschi improbabili in tutte le parti che riuscivano a raggiungere e i denti marchiavano la carne tenera come a volerne indicare il dominio.

Orlando dovette afferrare le spalle di Viggo quando sentì una delle mani dell’uomo massaggiargli il sedere.

Poco dopo sentì sul viso la carezza delle lunghe dita dell’uomo che cominciarono a giocare con le sue labbra fino a penetrare nella bocca che le accolse volentieri.

La lingua cominciò a saettare tra le dita, succhiandole e baciandole, prima che la mano fosse ritirata Orlando posò le labbra su quel palmo in un bacio veloce.

Sentì una delle dita bagnate penetrare il suo corpo, irrigidendolo, mentre Viggo lo stava lentamente portando ad inginocchiarsi.

L’uomo cominciò a muovere quella parte di sé in Orlando, massaggiando i muscoli per abituarli ad una presenza estranea.

Poco a poco sentì Orlando rilassarsi e impegnò nuovamente quella bocca in un bacio nel momento in cui introdusse un secondo ed un terzo dito, sempre continuando a massaggiare, ma questa volta il ragazzo non sembrò accorgersi di niente, impegnato a concentrarsi sulle labbra di Viggo e sul suo collo.

Sentì la pressione dell’uomo sul proprio corpo e capì che gli si chiedeva di sdraiarsi.

Il marmo freddo contro la pelle bollente e la scarica elettrica delle loro erezioni che entravano in contatto per la prima volta.

Viggo estrasse le dita da qual corpo e aprì maggiormente le gambe di Orlando, gemendo e combattendo il desiderio di penetrare in lui in un solo istante quando sentì che il ragazzo le aveva intrecciate dietro la sua schiena.

Si spinse in lui e seppe che era il primo, che Orlando gli stava regalando il proprio dolore, la propria verginità. Il grido del giovane si spense presto tra i marmi, un grido di dolore e piacere.

Viggo rimase immobile per qualche istante, aspettando di sentire Orlando rilassarsi prima di muoversi in lui e farlo suo completamente.

Fu Orlando, sempre senza parlare che gli fece capire che il momento era arrivato, cominciando a muovere il bacino verso di lui.

Viggo gli afferrò le spalle, usandole come leva per spingersi in lui, per arrivare ad un punto nascosto nel suo corpo che lo avrebbe fatto impazzire, e fu così.

Orlando aveva serrato ancora le gambe, accentuando la presa sull’uomo, e aveva passato le braccia intorno al suo collo, reclamandolo per altri baci.

Entrambi erano vicini al limite, lo potevano vedere l’uno negli occhi dell’altro, occhi che dardeggiavano degli stessi sentimenti, della stessa passione.

Viggo si liberò in Orlando nello stesso momento in cui Orlando rilasciava la sua essenza sui loro petti.

Il loro grido di liberazione si fuse e raggiunse anche il sole che era stato il sole testimone della loro unione.

Rimasero stretti l’uno nel calore dell’altro per istanti, ore, millenni e sapevano che quella era la perfezione, tutto ciò che avevano sempre cercato nella vita senza neppure saperlo.

Quando il sole cominciò a declinare si rivestirono in silenzio e sempre in silenzio tornarono verso casa, come se non avessero niente da dire, come se le cose da dire fossero troppe per essere contenute dal mondo.

 

Il silenzio tra loro fu rotto solo una volta sull’aereo, una volta che quel maledetto mostro di metallo si apprestò a riportarli a casa, alla normalità, alla separazione.

“Domani ci sarà la conferenza…le foto sono splendide e piaceranno, faranno in modo che la tua immagine campeggi ovunque, che nessuno possa ignorarti…io partirò appena il sipario calerà su questa collaborazione…”

“E’ stato tutto un sogno allora? Io dovrò tornare a una vita che non mi appartiene e tu te ne andrai oltre un altro mare?”

Non stava piangendo, ma la voce era ugualmente rotta.

“La scelta è solo tua, io non posso interferire nella tua vita, devi essere tu a decidere se vuoi tornare ad essere solo un oggetto nelle mani di qualcun altro, che vive la vita dei personaggi che interpreta e non la propria…oppure se vuoi essere il ragazzo vero e splendido che ho imparato a conoscere…solo tu puoi dire che cosa vuoi essere Orlando!”                     

Un nuovo silenzio, mai, neppure per una volta, i due parlarono di quello che era avvenuto tra loro.

Si separarono all’aeroporto di Los Angeles, Orlando andò via con tutto lo staff che la sua manager aveva radunato e Viggo andò via con i collaboratori che erano venuti a prenderlo per portarlo al luogo in cui si sarebbe tenuta la conferenza per montare il tutto.

Prima che i finestrini anneriti delle due macchine si chiudessero gli occhi azzurri si incontrarono con quelli nocciola.

 

Viggo era stato uno dei primi ad arrivare e si meravigliò di trovare Orlando, seduto su una delle poltrone che presto sarebbero state occupate dai giornalisti.

Lo salutò quasi distrattamente e fu colpito quando il ragazzo gli pose una domanda.

“Tu non puoi dirmi che cosa fare, ed è giusto perché in fin dei conti questa è la mia realtà, ma c’è una cosa che puoi dirmi…quello che è successo in Grecia, è stato solo dettato dalla particolarità del momento e del luogo? Sono stato solo un bel corpo da scopare Viggo? Questo me lo devi dire…”

“Gli dei erano soliti concedersi amanti mortali, e quando tutto finiva se ne andavano lasciandoli nello smarrimento, perché mai avrebbero potuto dimenticare quello che avevano provato, mai avrebbero potuto ignorare la cruda realtà…per loro la vita finiva con la partenza del Dio con cui erano stati perché mai un sentimento più grande dell’amore che era stato risvegliato in loro lo avrebbe potuto cancellare!”

“Tu mi ami? E’ questo che stai dicendo Viggo?”

“L’ho appena detto, ma in fin dei conti che importanza ha? Sono i mortali che amano per tutta la vita il Dio che ha concesso loro l’amore anche se solo per una volta, il dio li dimentica velocemente…non ti devi preoccupare!”

La stampa entrò tutta insieme, come un’orda barbarica e occupò i posti loro assegnati, senza smettere per un secondo di parlare, dividendo Orlando da Viggo.

Si ritrovarono sul palco da cui avrebbero risposto alle domande, seduto uno accanto all’altro, ma distanti come non lo erano mai stati.

Le domande cominciarono e la manager di Orlando stava già facendo i conti sui prossimi contratti sui quali avrebbe avuto una grossa percentuale.

Le fotografie intanto erano state mostrate e distribuite.

Più di una volta Viggo fu chiamato a rispondere, ma il tempo passava velocemente e ad un certo punto la voce della donna annunciò che le due ore programmate stavano per finire, c’era il tempo per un’ultima domanda.

“Mr Bloom, questo servizio, dalla firma così prestigiosa sicuramente non potrà fare altro che aumentare la sua popolarità…tutto sembra essere stato preparato per un evento importante… pensa and una prossima apertura  delle porte del cinema impegnato e delle grandi firme?”

“La sua domanda è adeguata, questo servizio è stato fatto in occasione di un grande evento…”

Tutti erano pronti a prendere appunti, c’era qualcosa di grosso nell’aria si sentiva dalla tensione che si respirava, e qualunque cosa fosse la manager del ragazzo era stata dannatamente brava a non far trapelare niente.

“Mi piace fare le cose in grande, o almeno questo è quello che credono di me le persone che si illudono di sapere tutto sulla mia vita… e questo servizio è grande, abbastanza per fare da sfondo al mio ritiro…Signori è finita, lascio la scena, e lo faccio senza che qualcuno possa dire di avermi sostituito!”

Viggo lo guardava sconcertato, tutto si era aspettato tranne che una cosa del genere.

Si riprese solo quando vide che Orlando stava lasciando il palco e che la sua manager lo stava per raggiungere.

Intanto la sala si era trasformata in una vera e propria bolgia infernale, tutte le redazioni dovevano essere informate della notizia al più presto per battere la concorrenza sul tempo visto che nessuno poteva parlare di scoop.

 

Viggo vide la donna litigare pesantemente con Orlando, sentì il tono che stava usando, ma soprattutto sentì la risposta del ragazzo.

“Mi riprendo ciò che è mio, mi riprendo la mia vita…prima o poi tu e il tuo staff mi avreste anche trovato la donna giusta con cui farmi uscire, con cui farmi fotografare e dare spettacolo e scandalo all’occorrenza…senza pensare che potrei anche innamorarmi senza il vostro permesso… e credimi io sono innamorato, e sono convinto che per questo amore valga la pena lottare e anche gettare al vento la mia carriere come dici tu…ma vedi, la carriere sarebbe giunta a fine ugualmente, mentre io voglio che questo amore duri a lungo…duri per sempre magari…e con voi nel mezzo questo non sarebbe possibile!”

“Se adesso lasci questo luogo senza essere tornato dentro per smentire non potrai più tornare indietro, se giri le spalle a Hollywood non potrai tornare mai più, nessuno Studios ti farà più lavorare, quando questo tuo fantomatico amore finirà ti ritroverai con niente in mano Orlando, avrai bruciato la tua vita per inseguire una chimera…”

“E’ Hollywood la vera chimera, e mi chiedo se tu e quelli come te riuscirete mai a capirlo… se vi interessa capirlo!”

La donna si girò quasi oltraggiata e passò accanto a Viggo quasi travolgendolo.

“Perché?”

Orlando lo guardò fisso negli occhi avvicinandosi a lui.

“Perché è una mia scelta, e non mi interessa se agli altri può sembrare folle!”

“Sei veramente innamorato?”

“Lo sono da mesi, da quando ho visto per la prima volta una tua foto…questa volta sembra che sia stato l’umano a catturare il dio!”

“Non sarà facile, lo sai vero questo? Sai che a volte rimpiangerai questa scelta, che ti darai dello stupido per aver scelto me?”

“Quando quei momenti arriveranno dovrò fare solo una cosa!”

“Cosa?”

“Ricordarmi dei tuoi occhi in questo momento, dell’amore che vi leggo, e allora saprò che ne è valsa la pena, che ho fatto la scelta giusta!”

Viggo Lo abbracciò come già aveva fatto in Grecia, stringendolo possessivamente, come a voler essere certo che fosse tutto reale, che non sarebbe scomparso da un momento all’altro.

Orlando gli sorrise prima di baciarlo dolcemente e insieme si diressero all’uscita del teatro, passando da dietro le quinte, come da quel momento in poi si sarebbe svolta la loro vita, lontana dagli sguardi del mondo… privata, come era giusto che fosse e insieme…come il fato aveva scritto per loro nel destino.