.|. Salvami .|.

Capitolo 3

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Appena metto piede fuori dell’albergo, una piacevole aria fresca mi assale: tiro una lunghissima boccata d’aria, e, i miei polmoni, costretti da ben tre giorni ad un’irrespirabile aria satura di fumo di sigarette, quasi sembrano rigenerarsi…

 

Un caldo raggio di sole invernale, mi bacia dolcemente il viso; chiudo gli occhi, in completa balia di un’euforica gioia improvvisa; e per un attimo mi sembra di poter dimenticare tutti i miei guai, ma poi, una quasi impercettibile vocina nella mia testa, mi ricorda che è stato Vig ad insegnarmi ad amare tutto questo, a godere della bellezza del mondo e della natura che ci circonda, così, dopo aver riaperto gli occhi, contemporaneamente, mi richiudo nuovamente in me stesso, accompagnato dal solito straziante dolore e dal lacerante senso di colpa, che tornano inesorabili ed implacabili, ad invadermi anima e corpo…

 

Inizio ad incamminarmi, stringendomi nella mia giacca, tra le affollatissime strade di New York, optando per una direzione puramente casuale, ma, solo dopo un po’, mi accorgo che in realtà, se per le mie gambe, quella, era una direzione puramente casuale; per la mia mente, anche se a livello inconscio, non lo era affatto…

 

Solo adesso mi rendo conto che, senza volerlo, sto percorrendo la strada che porta verso casa di Vig; strada che ho percorso innumerevoli volte; ma tutte quelle volte, non ero quasi mai da solo…accanto a me, c’era sempre lui: Vig…

 

‘Bene!!’ Penso tra me e me ‘Eléne non ha fatto una piega!! Oltre a scegliere un albergo stile fuori dal mondo, e con un consiérge ancora più stile fuori dal mondo dell’albergo; è andata a sceglierlo proprio vicino casa di Vig!!’

 

Scuoto la testa rassegnato, e intanto continuo a camminare…

 

Passa mezz’ora, o forse è un po’ di più; e finalmente mi decido a rialzare lo sguardo che, fino a quel momento avevo tenuto basso; perso com’ero nelle mie solite e ormai quotidiane meditazioni…

 

Mi guardo intorno: nonostante siano passati ancor più di nove mesi, da quando ho messo piede per l’ultima volta dentro casa di Vig, la mia mente non fatica neanche un solo istante a riconoscere senza alcuna fatica, ogni angolo di quella strada, ogni particolare, ogni negozio, ogni semaforo, ogni passaggio pedonale; persino ogni cartello con su un segnale stradale…

 

Così come non fa fatica a riconoscere, neanche il buio vicoletto che si allunga alla mia destra, e a cui mi trovo a passare davanti…

 

Mi fermo per un attimo, e fisso lo sguardo verso il vicolo, così, completamente imbambolato, mentre un’autentica fiumana di gente mi scorre davanti e dietro; senza arrestare mai, neanche per un solo attimo, la propria corsa contro il tempo…

 

Ma io in realtà non li vedo, non vedo nessuno dei visi che vanno a comporre la fiumana di gente: tutto all’improvviso, pare scorrere al rallentatore; non vedo e non sento più niente, le persone intorno a me si sono trasformate in sagome indefinite di cui non riesco a cogliere il colore, il profumo, il suono dei passi, il ritmo del respiro…

 

Ombre; si sono trasformate in silenziose ombre…

 

Ombre che mi sfiorano, mi passano accanto, mi trapassano il corpo; e nonostante questo, non le sento, non mi curo della loro silenziosa inconsistenza, della loro taciturna irrealtà, della loro muta astrattezza…

 

E all’improvviso, simile ad un lampo che squarcia il cielo per preannunciare tempesta…delle voci…delle voci lontane…come una eco bisbigliata, mormorata, sommessa…

 

Un turbinio di ricordi, di sensazioni e di suoni passati mi trapassa il cervello: colori confusi, mischiati, sovrapposti tra loro…

 

Inizialmente, sembrano non avere un senso: ammassati tra di loro, i colori assumono ai miei occhi un qualcosa di indistinto, di confuso, sfocato, impreciso…poi, mi pare di coglierla quella nota di colore…

 

Grigio…si, grigio…un grigio plumbeo che si staglia su di un blu scuro…

 

Il grigio di un cielo plumbeo che si staglia sul blu scuro di una notte senza stelle…

 

E un debole rumore in lontananza…

 

Un impercettibile tintinnio…un rumore vago, ma dal suono illimitato, infinito, come…

 

Come…si…come di pioggia che cade…

 

Ma non è solo quello, oh no! C’è dell’altro…

 

Voci, le stesse voci di prima, sussurrate in una eco bisbigliata; ma più forti, più vicine, più palpabili…

 

E la mia mente viaggia, gli va incontro, si abbandona a loro, e si lascia trasportare…

 

 

 

 

 

 

 

“Dai Vig!! Muoviti!!! Se non ci sbrighiamo, rischiamo di prenderci tutta l’acqua che questo cielo plumbeo minaccia di far arrivare!!!...Lo sapevo che era meglio che uscissimo in macchina!! Te l’avevo pur detto io!!” Urlai girandomi verso Vig, che era rimasto di qualche passo dietro di me, e con gli occhi fissi verso il cielo, non accennava a volersi muovere…così sbuffando continuai…

 

“Oh insomma!!...Eppure non mi sembra che tu abbia mangiato chissà che dentro quel ristorante, da non riuscire neanche a camminare, adesso!!...” E così dicendo, mi avvicinai rimanendo a solo pochi centimetri di distanza da te, e con aria maliziosa, aggiunsi in un bisbiglio:

 

“Ma se ti muovi…prometto che quest’abbuffata che ti impedisce di camminare, appena arrivati a casa…te la faccio smaltire io…”

 

Subito i tuoi occhi limpidi si posarono su di me, negandomi per un attimo il respiro: mi stupivo sempre più di quell’effetto che i tuoi occhi penetranti e magnetici avevano su di me; effetto che, fin dalla prima volta che incrociai il tuo sguardo, non mi ha mai abbandonato; e nonostante il tempo passato, anziché diminuire, aumentava ogni giorno di più…

 

Ci guardammo negli occhi per un attimo che parve un’eternità, così, uno di fronte all’altro, immobili; nessuno dei due parlava, anche se in quel momento avrei voluto gridarti e gridare al mondo intero tutto l’amore infinito che provavo per te, ma non dissi una parola, consapevole del fatto che i miei occhi parlavano per me…              

 

Anche questo; anche il “silenzio urlato” è stata una delle tante cose che mi hai insegnato, e io non ho potuto far altro che apprenderlo di buon grado, come tutto il resto, ed amarlo contemporaneamente…

 

Apprenderlo per cercare di arrivare sempre più vicino a te, per riuscire ad aggiudicarmi sempre di più un pezzetto del tuo animo poetico, come un muro di mattoni che giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, si fa via via sempre più alto; così anche il nostro amore, non era mai lo stesso: cresceva e cresceva, e non c’era mai un giorno dipinto dal colore vuoto della monotonia, mai un giorno che si susseguisse uguale ad un altro, perché con ogni giorno, con ogni nuova alba, con te accanto, arrivava sempre una nuova scoperta: un nuovo tesoro da aggiungere nel bagaglio che ognuno di noi si porta dietro attraverso la sua strada per il mondo…

 

Ed amarlo, semplicemente perché faceva parte di te.

 

Il tuo sguardo mi teneva incatenato a te; fino a quando non decidesti di liberarmi:

 

“E perché non qui…adesso!!...”

 

Uno scintillio nei tuoi occhi, mi fece tremare, e contemporaneamente mi riportò alla realtà…

 

“Qui?!!...Vig, ma cosa…” Ma non feci in tempo a finire la frase, che tu già mi avevi afferrato per un braccio, e trascinato nel buio vicoletto alla nostra destra…

 

Non ebbi neanche il tempo di realizzare, che già  mi avevi sbattuto contro il muro, imprigionandomi tra la fredda parete e il bollore del tuo corpo…

 

Senza dire niente, e senza chiedermi il permesso, incollasti le labbra alle mie, in un bacio dolce, passionale; e allo stesso tempo, violento, possessivo, come solo tu eri in grado di fare…

 

Mi abbandonai a quel bacio senza remore, e a quel convivio dei sensi che si era risvegliato in me: mi lanciai in un impeto selvaggio, nell’esplorazione della tua bocca, affondando le mani nei tuoi capelli, e attirandoti, se possibile, ancora più vicino…

 

La tua lingua nella mia bocca, mi stava facendo impazzire, e le tue mani sul mio corpo, mi stavano mandando in estasi: non capivo più niente, non volevo più niente; solo perdermi all’interno della mia tempesta ormonale, che secondo dopo secondo, carezza dopo carezza, bacio dopo bacio; infuriava sempre di più all’interno del mio corpo, partendomi dal cervello, fino ad arrivare giù, dritto per dritto, come un’asse che segue un percorso lineare; in mezzo alle gambe…

 

Non resistevo più, non ce la facevo più, e non avrei retto ancora per molto; e tu questo lo sapevi bene, oh, eccome se lo sapevi…ma volevi giocare, volevi giocare con me, come sempre, fino a quando non mi avresti sentito supplicare, fino a quando non avresti visto i miei occhi iniettati dal sangue incandescente del desiderio…

 

Iniziai a muovermi su di te, e con mio grande piacere, e con mia grande meraviglia, mi accorsi che stranamente, assecondavi i miei movimenti…forse stavolta, non volevi giocare, forse stavolta non volevi farmi arrivare al limite senza prendermi subito, solo per vedere uscire fuori quell’istinto animale che, puntualmente, ogni volta, ogni volta che giocavi con me, quasi sadicamente, quasi a volermi vedere soffrire, impaziente di essere penetrato; usciva in me, lasciando il suo celato e remoto angolo, da qualche parte nella mia mente, da qualche parte nel mio cuore, in qualche punto nascosto all’interno del mio corpo…

 

Ma mi sbagliavo…Dio solo sa se mi sbagliavo…Ma ti amavo anche per questo; per la tua capacità di risvegliare in me un istinto sessuale così potente che, con nessuno avevo mai provato, con nessun altro prima di te; ed è stato proprio con te che è venuto fuori la prima volta, rimanendone io stesso, per primo, sconvolto e meravigliato…

 

Così come ti amavo, anche per la tua capacità di trarmi in inganno in momenti come quello…

 

Dopo un ultimo bacio carico di passione, ti avventasti sul mio collo, iniziando a mordicchiarlo sensualmente, e passando la lingua dall’attaccatura della spalla fino al lobo del mio orecchio, con movimenti lenti e misurati…

 

Volevo toccarti, avrei voluto restituirti tutto il piacere che mi stavi donando in quel momento, ma non me lo permisi fin da subito: mi tenevi imprigionate le braccia dietro al mio stesso corpo, aumentando il contatto tra i nostri due corpi, appena sentisti che le volevo liberare…

 

“V Vig…Lasciami andare le braccia…vo voglio toccarti…”

 

Ti avvicinasti al mio orecchio e mi sussurrasti sensualmente:

 

“Non ci penso neanche…Voglio vederti soffrire principino…” E cominciasti a succhiare e a lambire con la lingua la punta del mio orecchio, per poi scendere giù, insaziabile, fino al lobo “Voglio sentirti gemere il mio nome…Voglio sentirti supplicarmi di prenderti…Voglio farti impazzire di piacere…”

 

Crudele; crudele e meraviglioso amante…

 

“Ma così…mi farai impazzire e basta…avrai sulla coscienza la mia salute mentale piuttosto…”

 

“Zitto!!”

 

Ordinasti; ed io mi zitti all’istante, incapace di replicare…

 

Con crescente foga, mi spalancasti completamente la camicia che portavo, aprendola bottone dopo bottone, velocemente, e ti avventasti questa volta, su uno dei miei capezzoli, che si inturgidii subito, al passaggio della tua lingua bollente…

 

Nel momento stesso in cui ti abbassasti per scendere sul mio ventre, colsi al volo l’occasione per liberare le mani, ma mi lasciasti fare, e le affondai nuovamente tra i tuoi capelli, assecondando i tuoi movimenti…

 

“Vig!! Vig!! Baciami ti prego!! Baciami!!”

 

A quella mia richiesta, che suonava più come una supplica che ad altro, ti rialzasti di scatto, e incollasti nuovamente le labbra  alle mie:la tua lingua cercava la mia, e la mia, la tua; mi sfioravi le labbra e me le mordevi, me le succhiavi e me le leccavi; ed io, perso completamente in quel bacio, mi sentivo come uno stremato viaggiatore perso da giorni in mezzo al deserto, e che finalmente ha trovato la sua oasi di salvezza; e mi dissetavo da te, dalla tua bocca e dalle tue labbra, fino all’ultima goccia…

 

E le mie mani intanto, insediatesi al di sotto della tua camicia, tracciavano sentieri e linee immaginari sulla tua schiena vigorosa e tornita, e graffiavano e graffiavano, lasciando segni rossi sulla pelle diafana; e graffiavano quel tanto che bastava a far lasciare gemiti inconsulti dalle tue labbra…fino a quando una delle mie mani, si posò repentina tra le tue gambe, sfregando con forza e decisione la tua possente virilità, attraverso la stoffa dei jeans; e allora un gemito più forte degli altri ti sfuggì dalle labbra…

 

Credevo che ti saresti abbandonato a me per una volta, che ti saresti abbandonato alle mie carezze, che ti saresti appoggiato con la fronte all’incavo del mio collo; gemendo e godendo…per una volta mi ero illuso di poter condurre io il gioco, dimentico che quello, era il TUO gioco; e tu sembrasti essere riuscito a leggere i miei pensieri azzardati; ed io venni subito punito per questo…punito e portato sulla soglia massima di eccitazione che un uomo può riuscire a reggere…

 

Improvvisamente quel contatto bocca a bocca, mi venne a mancare, e senza dire una sola parola, fissasti il tuo sguardo celeste nel mio; uno sguardo agghiacciante, provocante, penetrante…

 

E in un solo attimo, capii; capii l’errore che avevo commesso coi miei pensieri azzardati, e capii che presto, molto presto, di lì a qualche istante, ne avrei pagato le conseguenze…

 

Ti abbassasti sul mio corpo, più veloce di una saetta, allontanando così anche le mie mani dalla tua schiena…

 

Con foga incredibile, afferrasti i miei jeans e quasi mi strappasti via i bottoni, tanto era l’impeto con cui li apristi; quasi un’energia violenta…

 

E dopo i jeans, fu la volta dei boxer a lasciare la loro postazione…

 

La mia virilità venne scoperta, e al contatto della stoffa che le sfregava contro, abbassandosi, dovetti mordermi un labbro per trattenere un gemito, subito soffocato; ma nel farlo, non mi resi conto della forza che ci misi; totalmente incapace di calibrarla in quel momento, e un rivolo di sangue fece la sua comparsa, sgorgando, incurante del lieve dolore che io stesso mi ero provocato; dalle mie labbra vermiglie, e andando a scendere giù, scorrendomi lungo il mento, fino a quando una goccia non si andò a depositare silenziosa sulla tua guancia sinistra…

 

E in un attimo fu il delirio…

 

Ti rialzasti di scatto, completamente incapace di reggere a quella visione, e ti avventasti nuovamente sulle mie labbra, succhiando morbosamente il mio labbro inferiore; cercando di catturare ogni goccia di sangue disponibile, e non ancora sazio del mio plasma, spostasti la lingua sul mio mento, leccando avidamente la striscia vermiglia che il mio liquido vitale aveva lasciato al suo passaggio…

 

Fu troppo anche per me:

 

ti afferrai il viso a due mani con forza, costringendoti a fermare il tuo attacco, e dopo averti fatto spostare la testa di lato, presi a leccare la tua guancia, proprio nel punto in cui la goccia di sangue si era andata a depositare…ma quel momento durò un attimo, solo pochi secondi, sufficienti però a mandarmi ancora più in estasi di quanto già non fossi…

 

Tornasti alla postazione di prima, accovacciandoti tra le mie gambe: il mio membro si ergeva duro e lucido davanti alla tua faccia; trapassando l’aria, trapassando l’oscurità della notte…trapassando ogni minima briciola di pudore che ancora ti era rimasta; annientandola…

 

E me lo prendesti in bocca, tutto, giù, fino in gola; e iniziasti a lambire, succhiare, carezzare con la tua lingua sapiente ed esperta, insistendo su quei punti che sapevi, sapevi, mi avrebbero fatto perdere del tutto la ragione…

 

E la tua mano, agile e veloce, instancabile e leggera, accompagnava il movimento della tua bocca, e si muoveva su e giù, su e giù, sempre più veloce; al ritmo della tua lingua che, ora si muoveva solo in punta, ora si spostava su tutta la lunghezza della mia erezione…

 

E le mie mani sulla tua testa che affondavano sempre più violentemente tra i tuoi capelli, quasi a volerteli tirare; ed io…oh, io, io che gemevo come una puttana in calore, completamente appoggiato contro il muro, unico sostegno che mi aiutava a rimanere in piedi, a reggere quella danza ritmica ed erotica che la tua bocca e la tua mano insieme, avevano intrapreso sul mio uccello duro…

 

E gemevo e gemevo, con gli occhi chiusi; perso in quegli attimi di assoluto piacere, mi stavi mandando in visibilio, e supplicavo di non fermarti, di continuare a torturarmi dolcemente, di annientarmi delicatamente…di uccidermi gentilmente…

 

E gemevo e spingevo, e gemevo e mi spingevo nella tua bocca, sempre più veloce, sempre più veloce…stavo quasi per arrivare…ero sempre più vicino, ma consapevole della punizione che volevi infliggermi, con uno sforzo di volontà inaudito, mi limitai a gemere, senza parlare, senza parlare per rivelarti che stavo per arrivare; ma un movimento dei miei fianchi, più brusco degli altri, mi tradii…

 

Capisti che ero quasi al limite, e con un movimento secco, cessasti il tuo attacco con un’espressione soddisfatta dipinta sul volto…

 

Un gemito di frustrazione lasciò le mie labbra, cercai in ogni modo di farti finire il lavoro iniziato e non ancora portato a compimento; il mio uccello pulsava e pulsava come se dovesse scoppiare da un momento all’altro, duro come una roccia, gonfio come un pallone aerostatico; e con le mani ancora affondate nei tuoi capelli, violentemente cercai di spingere nuovamente la tua bocca verso la mia erezione…ma tutto fu inutile…

 

La punizione che avevi in serbo per me, era stata compiuta.

 

Cercai allora di convincerti a parole, quando, dopo avermi lanciato quel maledetto sguardo di compiacimento, ma allo stesso tempo così dannatamente provocante, così stramaledettamente sexy; capii che non avresti ceduto ai miei attacchi forzati:

 

“V Vig…ti prego…co continua…n non fermarti…continua…continua…”

 

Ma non accennavi a muoverti, così portai la mia mano all’altezza della mia erezione che non accennava a voler smettere di pulsare neanche per un secondo; e deciso ad andare fino in fondo, la afferrai, esclamando allo stesso tempo:

 

“Se non lo farai tu…a-allora lo farò io!!...”

 

Ma la tua mano fu più veloce della mia, e la bloccasti all’istante, portandola e imprigionandola dietro la mia schiena…

 

“Ho in serbo per te qualcosa di meglio…” Sussurrasti al mio orecchio con un tono di voce rauco e sensuale; profondo e greve come quello di un attore consumato…

 

“…Attore da quattro soldi!!...” ti feci eco io con una nota di sarcasmo nella voce…

 

“Oh oh!!...Guarda guarda che cosa abbiamo un po’ qui…un principino elfico arrabbiato…” E cominciasti a muoverti sul mio corpo, sfregando coi tuoi jeans il mio uccello ancora duro e nudo…

 

“A casa non ti hanno mai insegnato le buone maniere?!...” Continuasti implacabile e sensuale…

 

“Si che me l’hanno insegnate, ma le ho scordate tutte da quando mi sono unito a un gruppo di pirati!!...”

 

“Oh!!...Capisco!!...Allora qui dobbiamo rimediare…”

 

“Vig, Vig!! Ti prego smetti!!...Mi stai facendo impazzire…Hai avuto quel che volevi, no?!...Allora adesso riprendimelo in bocca, e finisci quello che stavi facendo…o fammi una sega, o…o scopami, o…oh, insomma!! Fai quello che vuoi, basta che la smetti di giocare, e mi fai venire…adesso!!”

 

“Non così di fretta!!...Con calma mio bel principino…con calma…” Mi sussurrasti sempre più sensuale, mentre eri sceso sul mio petto, e mordicchiavi un mio capezzolo senza lasciargli tregua…

 

“Vig!! Ti prego!! Non ce la faccio più, non ce la faccio più!! Prendimi Vig, prendimi adesso!!” Ti implorai, mentre mi dimenavo sul tuo corpo come un animale selvaggio…

 

“I tuoi occhi sono iniettati di sangue…Si!!...È così che volevo vederti, così…”

 

“Scopami Vig!! Scopami subito, scopami fino a farmi perdere la ragione, scopami fino a farmi urlare il tuo nome, scopami fino a farmi perdere il senso della realtà…ma scopami, e scopami adesso!!!”

 

“Girati!!” Ordinasti; secco, crudele, con un tono di voce che non ammetteva repliche…

 

Non potei fare altro che obbedire di rimando, e d’altronde era quello che più agognavo in quel momento: finalmente le mie suppliche sarebbero state esaudite!...

 

Mi girai impaziente verso il muro, e vi appoggiai le mani a palmi completamente aperti…

 

Ti sentii posizionarti dietro di me, e ti sentii aprirti i pantaloni; poi appoggiasti il mento sulla mia spalla e sussurrasti:

 

“Sei pronto?!...”

 

Quel sussurro fu peggio di una scarica di adrenalina, e attraversò ogni fibra del mio corpo e della mia anima; incendiandomi…In quel momento avrei venduto anche l’anima al diavolo, pur di sentirti dentro di me…

 

“Si Vig!!...Scopami!!”

 

E con un movimento veloce, secco, repentino; entrasti dentro di me, in un colpo solo, completamente, senza un minimo accenno di preliminari che preparassero il mio corpo, al tuo corpo…

 

“AH!!”

 

In quel preciso istante, provai una marea di sensazioni messe insieme: non era di certo la prima volta che facevo l’amore con te, ma ogni volta, era come provare una sensazione nuova, sconosciuta; mistica quasi…Un misto di dolore e piacere si impadronì all’istante di me, ma presto, il primo sparì del tutto, lasciando ampiamente spazio solo al secondo…

 

Iniziasti a muoverti dentro di me con crescente intensità; le tue spinte poderose mi stavano facendo toccare la soglia della pazzia, il tuo membro duro all’inverosimile, mi stava mandando incontro a quel luogo che chiamano Nirvana, o Paradiso, o  Empireo, o Eden…ma comunque si chiamasse quel posto, adesso avevo la prova che non si trovava in cielo; oh no…si trovava in un buio vicoletto di un viale al centro di New York…

 

E aumentasti le spinte, e io gemevo e gemevo, come una baldracca vogliosa; completamente in balia dei sensi, e tu gemevi insieme a me; e gemevamo insieme, all’unisono…

 

“Oh V Vig…è è bellissimo, non..ah!! Si Vig!! Co continua…così…ah ah…Dio!! Si!! Così…”

 

“O Orli…come se-sei stretto…e caldo…mi mi stai mandando in visibilio…Ah, si!!...”

 

“Riempimi tutto Vig!! Riempimi tutto!!...” E iniziai a muovermi con te, ritmicamente, avanti e indietro, avanti e indietro…

 

“N non muoverti così Orli…non…”

 

“Zitto, e…muoviti!! Mi…mi sto prendendo la mia rivincita…ah!!...”

 

“Mi piaci quando..ah! quando fai così…sei, sei così provocante…Dio!! Mi fai impazzire!!...”

 

“Ti ti ho detto di tacere…sporco umano!! Esaudisci senza discutere gli ordini di…ah!!..di questo principe!!”

 

“Come desiderate, mio…mio signore!!...”

 

Le tue mani appoggiate fino a quel momento accanto alle mie che si muovevano spasmodicamente sul muro, andarono a cercarle, e le nostre dita si intrecciarono, come a voler suggellare, come a voler conservare quel momento per sempre, per tutta l’eternità, fino alla fine dei tempi…fino a quando il cielo non cadrà, rovesciandosi sulla terra…

 

E come a voler testimoniare quel gesto, il cielo scuro della notte, alzò il suo velo plumbeo, mostrandoci le sue lacrime; e la pioggia cominciò a cadere sulla città buia, riversandosi su case e automobili, su persone e oggetti inanimati…

 

E riversandosi su di noi; sui nostri due corpi uniti dalla passione e dall’amore, e sulle nostre anime, purificate e assolte dalle lacrime dello stesso cielo…

 

E consapevoli entrambi della nostra assoluzione, continuammo a danzare al ritmo di quella musica dettata dal delirio dei sensi; sempre più veloci, instancabili, insaziabili, cospiratori lussuriosi…

 

I nostri gemiti riempivano l’aria, le nostre urla squarciavano il silenzio della notte; silenzio riempito soltanto dal rumore della pioggia che, incessante e sempre più forte, cadeva su di noi; come a volerci avvolgere tra le sue braccia purificatrici, come a volerci proteggere all’interno della sua dimora insonorizzata: quella dimora in cui la tua voce, solo lei può sentirla; perché l’unica voce che si sente da fuori è solo la sua, attutendo rumori e suoni di qualunque altro genere…

 

Ma i nostri sospiri passionali, riuscivano ad abbattersi anche sulle pareti insonorizzate della pioggia; fino a quando, intrecciando le nostre dita in una stretta frenetica e ancora più forte, ma questa volta di una mano soltanto, perché l’altra tua mano era scesa in mezzo alle mie gambe, chiudendo il pugno su di me, e muovendolo velocemente, sempre più velocemente; mentre io gettavo la testa all’indietro sulla tua spalla; con un ultimo potente grido di entrambi che, pronunciava rispettivamente i nostri nomi; le annientammo…

 

“VIG!!”

 

“ORLI!!”

 

Ed esplodemmo insieme…

 

Sfiniti dall’impeto.

 

Consumati dalla passione.

 

Uniti dall’amore.

 

E ancora una volta colpevoli…

 

Ma sicuri che presto, molto presto, un nuovo perdono, con una nuova assoluzione; sarebbero infine arrivati…con un altro temporale dalla pioggia purificatrice, o col candore della neve fresca, o con i primi caldi raggi di un sole primaverile; chissà…

 

“Ti amo, piccolo!!...” Mi dissi cingendomi la vita da dietro, e con il mento appoggiato sulla mia spalla…

 

“Ti amo anch’io, vita mia!!...” Ti feci eco io, dopo essermi girato verso di te, e averti afferrato con delicatezza il volto a due mani…

 

Un altro bacio, ma questa volta…dolce, delicato, gentile; carico soltanto di amore infinito…

 

Andava sempre a finire così, ma non ho mai nascosto che mi piaceva; mi piaceva che, ogni volta, dopo un amplesso carico di una passione sconosciuta ai più degli uomini e delle donne…mi piaceva che andasse a finire sempre nella tenerezza e nella dolcezza totali…

 

Ci rivestimmo in fretta, e dopo un ultimo sguardo complice, e un veloce bacio a fior di labbra, ci prendemmo per mano, e sotto la pioggia, che ancora continuava a cadere incessantemente, come due ragazzini, ci lanciammo ridendo, in una corsa a perdifiato verso casa…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il suono del clacson di un taxi a due metri da me; mi riporta lentamente alla realtà, mi porto una mano alla fronte, con lo sguardo basso e gli occhi chiusi, e mentre cerco di riabituarmi a quel giorno, a quell’ora, al traffico della città, alle persone che non hanno mai smesso di fluirmi avanti e dietro, e al tempo che, nonostante tutto, non ha mai cessato di scorrere, veloce e inesorabile; faccio due passi all’indietro, come di chi è incapace di reggersi bene in piedi…

 

Altro turbinio di sensazioni e di suoni, di colori e profumi; è lo stesso di prima, ma stavolta pare scorrere all’incontrario, e in quello che mi pare un aggrovigliamento contrario, non più ricordi di sensazioni, suoni, colori e profumi passati; ma sensazioni, suoni, colori e profumi presenti…presenti…presenti…

 

‘Presenti’…questa parolina pare ripetersi all’infinito nella mia testa, mi gira tutto, mi scoppia il cranio, non riesco a reggermi in piedi…continuo ad andare indietro…poggio una mano su un qualcosa di freddo, metallico…

 

Presenti…presenti…presenti…

 

PRESENTE…

 

E finalmente riapro gli occhi, capitolando nella realtà circostante; quella stessa realtà che non ha mai cessato di essere quella, mentre io ero completamente perso nei miei ricordi…

 

Mi guardo intorno con aria smarrita, e mi accorgo che la mia mano è poggiata ad un palo segnaletico; freddo e metallico, e poco a poco, tutti i miei sensi, ricominciano ad acquisire coscienza del presente…

 

Così come la mia anima e la mia mente, acquisiscono coscienza del fatto che si è trattato solo di un ricordo; di un dolce, bellissimo, meraviglioso ricordo…

 

E mi maledico, mentre la mia anima e la mia mente tornano ad essere invasi dal dolore straziante e dal lacerante senso di colpo…

 

E maledico me stesso per i miei errori…

 

Errori a causa dei quali, adesso, il mio momento d’estasi, posso averlo solo tramite il ricordo…