.|. The Matrix .|.

 

4. Rivelazioni

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Quando Legolas rientrò nella camera trovò Aragorn ancora profondamente immerso nel sonno. L’elfo sorrise avvicinandosi al letto dove giaceva l’uomo e lo osservò affascinato per qualche istante, prima di decidersi a svegliarlo.

Era ferma intenzione di Legolas limitarsi a chiamarlo per nome o al massimo scuoterlo leggermente, ma quando fu il momento, invece, appoggiò un ginocchio sul letto e le mani ai lati della testa del Ramingo e si chinò a baciarlo.

Aragorn, abituato dalla sua vita di guerriero ad avere i sensi allerta anche quando dormiva, era sveglio da quando l’elfo era rientrato nella stanza, ma aveva deciso di continuare a fingere di essere immerso nel sonno per vedere cosa aveva intenzione di fare Legolas e non se ne era trovato affatto pentito. Senza che l’elfo se l’aspettasse, il Ramingo lo strinse con forza tra le braccia, e nonostante fosse impedito dal lenzuolo e dalla coperta sotto cui si trovava, lo tirò sul letto e si mise sopra di lui. Legolas trovandosi imprigionato in una specie di trappola creata dalle coperte attorcigliate e dal peso del corpo dell’uomo alzò la testa per incontrare lo sguardo di Aragorn. Con sua somma sorpresa il Ramingo lo guardava divertito e gli sussurrò una domanda ironica: “Credevi di essere il principe azzurro che sveglia la bella addormentata?”.

Legolas era così sorpreso che non poté fare a meno di ridacchiare a quella domanda, dimenticandosi della propria dignità offesa e del fondo di paura che avevano suscitato in lui il gesto dell’uomo.

Aragorn vedendo che l’elfo sorrideva e che non tentava minimamente di liberarsi cominciò a baciarlo con passione e sentendo che l’altro rispondeva al suo bacio con uguale impeto iniziò ad accarezzarlo e a muovere il suo corpo su quello di Legolas.

L’elfo si sentiva perso tra le braccia del Ramingo, non c’era in lui alcun desiderio di tentare di fermarlo e si sentiva tremendamente eccitato dalla consapevolezza del fatto che tra lui e il corpo nudo di Aragorn c’era solo quella coperta attorcigliata.

Quando Aragorn allontanò la sua bocca da quella dell’elfo si trovò davanti ad uno spettacolo incredibilmente affascinante: Legolas con gli occhi chiusi, la testa reclinata all’indietro e le labbra socchiuse era l’immagine stessa del piacere. Sentendo il corpo del Ramingo immobile sopra il suo Legolas aprì gli occhi e vide lo stupore affascinato con cui l’uomo lo stava osservando e gli chiese: “Cosa succede?”

“Le bain (Sei bellissimo), Laiqalassë” mormorò l’uomo.

Legolas sorrise, era meraviglioso stare sdraiato in un letto tra le braccia di Aragorn, sentire i suoi baci e il calore del suo corpo e...Aragorn sentì il corpo dell’elfo che si irrigidiva e lo vide sbattere gli occhi come se solo in quel momento prendesse coscienza della situazione in cui si trovavano.

“Aragorn! Non possiamo stare qui El... la persona che aspettavi è arrivata, non possiamo farla attendere!”.

“Perché no? Non gli farà male aspettare un po’, chiunque sia,” e cominciò a baciargli il collo con passione.

“No... non adesso,” mormorò Legolas, ma avvedendosi che l’uomo fingeva di non ascoltarlo sospirò e si disse: a mali estremi, estremi rimedi.

Quello che accadde lasciò Aragorn senza parole: un attimo prima stava stringendo Legolas tra le braccia, baciandogli appassionatamente il collo, un attimo dopo l’elfo si era come volatilizzato e lui affondava la faccia nel cuscino. Tirandosi a sedere di scatto l’uomo vide l’elfo in piedi accanto al letto che si riassettava gli abiti e lo guardava divertito.

“Come hai fatto? È una specie di magia elfica?” Domandò l’uomo stupito.

“Si e no. Ora vestiti che siamo già in ritardo.”.

Aragorn si alzò e si vestì lentamente osservando l’elfo che guardava ostentatamente fuori dalla finestra il cielo che si faceva sempre più chiaro; quando ebbe terminato gli si avvicinò e gli sussurrò sensualmente: “È bella, l’alba...”.

“È un miracolo!” Rispose Legolas enigmaticamente e si diresse verso la porta facendogli cenno di seguirlo.

Aragorn restò un attimo interdetto dalla freddezza dell’elfo e si chiese se fosse adirato per quello che era accaduto prima o ...

“Non sono né in collera, né offeso Aragorn. Ora seguimi, capirai fin troppo presto i miei sentimenti.”.

 

Aragorn rientrò nella stanza più alta della torre al seguito di Legolas e vedendo l’elfo che lo aspettava seduto su un’elegante sedia intagliata non poté trattenersi dal chiedergli: “Erano i vostri figli quelli che avete mandato ad incontrarmi alla locanda?”.

L’elfo sorrise e rispose: “Vedo che avete la vista acuta, Aragorn. Ora vi prego di accomodarvi di fronte a me, il tempo scorre e noi abbiamo molto di cui parlare.”.

Aragorn prese posto in una sedia di fronte al misterioso ospite, mentre Legolas si sedeva accanto a quest’ultimo.

“Per prima cosa voglio presentarmi, perché non voglio che ci siano segreti tra noi. Io sono Elrond.”.

Aragorn restò stupefatto: se l’elfo gli avesse rivelato di essere Sauron travestito non sarebbe rimasto più stupefatto.

“È impossibile!” affermò il Ramingo. “Elrond è partito per l’Ovest con la maggior parte degli elfi all’inizio della Terza Era, dopo la vittoria dell’Ultima Alleanza.”.

Elrond sospirò: “Lo so che sarà difficile da comprendere, ma siamo stati tutti beffati, quella dell’Ultima Alleanza non è stata altro che una vittoria fittizia, Sauron aveva già organizzato tutto (a parte un piccolo dettaglio che racconterò più avanti) egli piombò su di noi quando le nostre difese erano abbassate e usò contro di noi le nostre stesse armi.”.

Aragorn fissava Elrond incredulo, ed l’elfo sapeva che doveva dargli delle prove, ma esitava: se non fosse stato all’altezza di affrontare la verità? Quante altre generazioni avrebbero dovuto succedersi prima che fosse indicato un candidato adatto, tenendo conto che Aragorn era l’ultimo discendente diretto dei Grandi Re della stirpe di suo fratello Elros. Le labbra di Elrond si tesero in un sorriso amaro: un elfo che non poteva aspettare altro tempo!

Improvvisamente un movimento al suo fianco attirò la sua attenzione, era Legolas che si era alzato e stava versando in un bicchiere il liquido scuro che si trovava nella bottiglia di cristallo sul tavolo. Legolas incrociò un attimo lo sguardo dell’altro elfo che, dopo un attimo di esitazione, assentì.

Legolas tese il bicchiere ad Aragorn dicendogli: “Sogo (bevi) Estel!”. Aragorn prese il bicchiere dalle mani dell’elfo e ne fissò incerto il contenuto.

“Lo so,” gli disse Legolas “che dovrei offrirti la possibilità di andartene libero per la tua strada considerandoci solo un bizzarro incidente, ma abbiamo troppo bisogno di te, della tua forza e del tuo aiuto, e non abbiamo più tempo, la salvezza di molte vite dipende anche da te e io non posso permetterti di rinunciare a questa prova. Perdonami se puoi.”.

Con grande sorpresa di Legolas il Ramingo lo fissò dritto negli occhi e gli chiese: “Questo mi permetterà finalmente di capire i tuoi sentimenti, di comprenderti completamente?”.

A quella domanda l’elfo dovette sedersi, all’improvviso si era sentito mancare le gambe, mentre la sua mente urlava: è lui, non può essere altro che lui e per questo non fallirà! Legolas riuscì solo ad annuire e poi abbassò gli occhi come se fosse stato vinto da qualche emozione troppo grande.

Aragorn riportò la propria attenzione su Elrond e gli disse: “Non so ancora se mi stiate dicendo la verità o no, ma quelle che so è che, in una terra quasi completamente abbandonata dagli elfi, incontrarne quattro in pochi giorni, quando un uomo della mia stirpe è tanto se riesce a intravederne uno da lontano una sola volta in tutta la sua vita, è abbastanza strano.”.

Detto ciò bevve il contenuto del bicchiere in un solo sorso e riportò il suo sguardo sui due elfi.

All’inizio non successe niente, poi improvvisamente gli sembrò che i contorni delle cose iniziassero a sfumarsi, lasciò cadere il bicchiere che aveva in mano, ma invece che infrangersi, quando toccò terra si liquefece, poi il buio.

Quando riprese conoscenza era in piedi su un’alta torre e accanto a lui c’era Elrond che appariva altissimo e maestoso avvolto in un manto fiammeggiante, non disse nulla, ma tese una mano simile ad una pura luce azzurra (“Sì,” parlò direttamente alla sua mente “questo è uno dei tre anelli degli elfi. Io ne sono il custode, ma questo non lo ricorderai che fra molto tempo, ora guarda!”) e Aragorn vide il panorama di desolazione che si estendeva a perdita d’occhio in tutte le direzioni. Era una terra desolata, una landa maledetta, e improvvisamente si rese conto che quella era la Terra di Mezzo!

Guardò Elrond terrorizzato, ma lui cominciò a narrargli come si era giunti a tanto: Sauron aveva finto di essere sconfitto, aveva atteso quel tanto che bastava affinché le difese fossero abbassate e aveva colpito in grande stile attaccando Minas Ithil ed impossessandosi del Palantír lì custodito e con quello e le sue arti malefiche aveva creato una trappola, un’illusione detta Matrix dove via via intrappolava le menti degli abitanti della Terra di Mezzo senza che essi se ne accorgessero. Pochissimi, anche tra gli elfi, erano riusciti a evitare quella prigione d’inganni, anche se è vero che non era riuscito a tenervi gli elfi che per poche centinaia di anni e vedendone la fuga sempre più massiccia aveva ucciso tutti quelli che aveva ancora nelle sue mani: i più giovani e i bambini. Sauron se ne era molto risentito perché gli elfi fornivano un’energia più pura e forte di quella delle altre razze mortali, oltre al fatto che erano pressoché inesauribili, ma purtroppo non c’era possibilità di controllarli.

Le altre razze sostituivano abbastanza bene tale mancanza, fuggivano più raramente e da quando aveva come alleato Saruman la sua forza era cresciuta ancora e si riteneva talmente inattaccabile da non doversi né più curare degli elfi, né temere il ritorno dell’Erede di Isildur. Una sola cosa turbava la sua mente: non aveva ancora ritrovato l’Unico e dovunque fosse, lui, non poteva scorgerlo. Una piccola pecca che avrebbe fatto crollare il suo castello di carte tanto ben costruito!

Aragorn era sconvolto, aveva vissuto una vita che non c’era, era stato tutto un inganno tutto quelle che aveva fatto sino ad ora. Cosa ne sarebbe stato di lui, non poteva tornare a vivere una vita che era un inganno ora che ne era consapevole!

“Torna alla Luce figlio di Arathorn!” La voce di Elrond remota eppur vicinissima lo scosse e improvvisamente aprì gli occhi.

Si trovava il una vasca di cristallo avvolto in una specie di membrana gelatinosa, stava soffocando, doveva liberarsi! Stappò la membrana con le dita e con i denti ed emerse come un naufrago dalla onde prendendo grandi boccate di aria, in quel momento si accorse che anche il suo stomaco doveva essere pieno di quel liquido denso in cui viveva perché cominciò a vomitarlo.

Ripresosi un attimo si aggrappò al bordo della vasca e cercò di tirarsi fuori, ma i suoi muscoli che non avevano fatto mai nulla si rifiutavano semplicemente di obbedirgli, la sua mente impazzita cominciò a urlare: non riuscirai mai ad andartene! Un aiuto insperato giunse dalla sua stessa prigione che probabilmente, progettata per contenere solo corpi in stasi, come questa finiva li rigettava, e s’infranse facendolo precipitare nel vuoto, finché la sua mente terrorizzata non lo lasciò di nuovo.