.|. The Matrix .|.

 

8. Ricordi

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Aragorn e Elrond stavano duellando in un ampio spazio in terra battuta: era ormai più di una settimana che si allenavano e il signore di Gran Burrone era molto soddisfatto dei progressi fatti dall’uomo che, sebbene avesse una buona preparazione, era sicuramente inferiore a quella di qualsiasi elfo. Elrond vedeva Aragorn come un diamante grezzo, ed era sicuro che quando gli avesse trasmesso tutte le sue conoscenze si sarebbe rivelato in tutto il suo splendore, ma ci sarebbero voluti tempo e pazienza, e, fortunatamente, per ora, avevano entrambi.

Legolas osservava l’allenamento da una delle balconate più alte della casa di Elrond, ed era così intento, che non si accorse dell’arrivo di un’altra persona, finché questa non gli rivolse la parola: “Non lo perdi di vista un attimo!”.

Legolas si voltò di scatto verso chi aveva parlato, e si trovò di fronte ad Elrohir, che gli sorrideva divertito. Resosi conto che l’amico lo stava prendendo in giro arrossì imbarazzato: effettivamente, quello che aveva detto l’altro elfo, era la verità, non gli piaceva perdere di vista Aragorn, nemmeno per un attimo, l’aveva atteso tanto a lungo!

Il sorriso sul volto dell’altro elfo divenne più dolce e disse: “Non vergognarti dei tuoi sentimenti Legolas, qui siamo tutti felici di vedere che hai qualcuno che ti ama e che tu ami.”.

“Grazie Elrohir,” mormorò Legolas commosso.

Elrohir annuì e si appoggiò alla balaustra della balconata accanto a Legolas e, guardandosi attorno, mormorò: “Erano molti anni che non salivo quassù, da quando...” e tacque imbarazzato ricordando la situazione. Fu la volta per Legolas di sorridere e appoggiando una mano sulla spalla dell’amico disse: “Mi avevi dato un pugno talmente forte che l’ho percorsa tutta praticamente volando!”.

“Già, sapessi come mi vergogno ancora quando ci ripenso, ma entrare nella stanza di Arwen  e trovarvi assieme...”.

“Lo so, mi vergogno ancora di averle ceduto, soprattutto quando ho capito che l’aveva fatto solo per ferire te!”.

“Si, è tipico da parte sua, il suo destino l’ha legata ad un ruolo che le nega gli affetti duraturi, e lei si vendica sugli altri. Sapeva che ti desideravo, prima ancora che lo capissi io stesso, e aveva architettato tutto affinché vi trovassi insieme...”.

“Ma tutte le sue macchinazioni non sono servite a nulla, se ben ti ricordi poi abbiamo avuto una stagione stupenda!”

“Si, mi ricordo, per un po’ ho anche creduto di essermi innamorato, ma per fortuna non era così, tu eri già destinato ad un altro...”

“Elrohir, tu sai  che quello che provo per te è...”

“...pietà...”.

A quelle parole Legolas s’infuriò e spinse l’altro elfo contro il muro e tenendogli le mani ai lati della testa gli disse: “Lo sai che non è vero! Io provo affetto, per te, e... tenerezza, che non ha niente a che fare con la pietà!”

Detto ciò Legolas gli voltò le spalle e tornò ad appoggiarsi alla ringhiera del balcone. Poco dopo anche Elrohir lo raggiunse e sussurrò: “Perdonami, hai ragione, mi sono comportato male, ma lo sai anche tu che sono preoccupato...”.

“Si, lo so,” rispose Legolas “la tua promessa è a Lothlorien, e là c’è anche Arwen...”.

“Infatti, ho paura che la mia sorellina ne combini una delle sue!”.

“Non preoccuparti, in questo periodo, ha altro di cui occuparsi, le cose si stanno muovendo velocemente.” Detto ciò ricominciò ad osservare l’allenamento, gli piaceva osservare Aragorn mentre si misurava con Elrond, ben sapendo che a quella distanza l’uomo non poteva riconoscerlo.

Elrohir dopo essere restato a lungo in silenzio, ricominciò a punzecchiare l’amico: “Gli hai mai parlato di noi?”.

Legolas arrossì violentemente a quella domanda e rispose: “Non mi pareva il caso di metterlo a conoscenza di tutto il mio passato...”

“Sai, ho sentito dire che gli Uomini sono molto gelosi e possessivi, ma che hanno anche qualità ‘nascoste’!” Rincarò la dose Elrohir.

Il rossore di Legolas, se possibile, si accentuò ancora e non trovò nulla da rispondere, mentre Elrohir continuava: “Ma deve essersi trovato bene con te, mi ricordo che sapevi essere molto aggressivo...”

“Adesso basta!” Esplose Legolas “Tu non puoi...”.

Ma non finì la frase quando si accorse che Elrohir ridacchiava divertito: l’aveva fatto apposta per provocarlo!

“Dovresti vergognarti fratello, prenderti gioco così di Legolas!”.

Elladan era giunto alle loro spalle senza che se ne accorgessero, e Legolas gli fu grato di perché il suo arrivo lo toglieva da quella situazione imbarazzante. Elladan sorrise a Legolas, conscio del sollievo dell’altro e rivolgendosi di nuovo al fratello disse: “Su, andiamo, sai anche tu che non puoi passare tutto il giorno quassù ad oziare. E neppure Legolas dovrebbe farlo.”.

I due accusati chinarono il capo, consci della giustezza di quel rimprovero, e seguirono Elladan verso i loro doveri.

 

Più tardi, quella sera, Aragorn e Legolas stavano parlando nella loro stanza.

Nei giorni precedenti Elrond aveva spiegato come i regni elfici si tenevano in contatto tra di loro usando le Palantir sottratte al Nemico, quando questi aveva distrutto le torri che le custodivano. Sola la sfera di Minas Ithil era sfuggita al salvataggio, e sempre grazie a queste sfere tenute in luoghi strategici della Terra di Mezzo riuscivano ad entrare ed uscire da Matrix.

Legolas stava proprio parlano della sua esperienza con le Pietre Vedenti: “Sin dalla mia giovinezza, sotto la guida di Elrond ho imparato a consultarle e a piegarle alla mia volontà. È stato un apprendistato lungo, anche per un elfo, ma non sarò mai all’altezza della mia compagna di studi, Arwen, la figlia di Elrond, che può dominarne più d’una contemporaneamente, e che è l’unica che può consultare la Dominante!”.

Aragorn era impressionato da queste rivelazioni, e chiese: “Attraverso le Palantir, tu mi hai osservato finora?”.

“Si,” rispose Legolas “ti ho seguito per anni, dall’infanzia fino a pochi giorni fa...”.

“Allora lo devo solo a te se sono qui?” L’interruppe Aragorn.

“No, ho sempre ponderato e discusso le mie scelte con il Consiglio, eppure... questa volta... credo... che sarei andato avanti da solo se il loro parere fosse stato contrario...”.

Legolas, che fino a quel momento era rimasto in piedi, si lasciò scivolare sul letto accanto ad Aragorn, come se le sue stesse parole l’avessero spaventato. L’uomo lo abbracciò facendolo appoggiare contro il suo corpo e muovendo le labbra vicinissimo al suo orecchio, chiese:

“È stato interessante osservare la mia vita per tanti anni?”.

“Si...”.

“E dimmi, ti sembra bello spiare così la gente, potrei anche risentirmi di questa violazione della mia ‘intimità’!”.

“Non ho mai fatto niente del genere! Io ti osservavo, non ti ho mai spiato!”.

L’elfo rimase sorpreso di sentire l’uomo che rideva sommessamente, l’aveva provocato deliberatamente solo per vedergli perdere il controllo!

“Non m’importa, quella non era una vita vera, ma mi piacerebbe che ogni tanto mi raccontassi della tua, e non devono per forza essere storie impressionanti come quella del drago, anche piccole cose tipo... la prima volta che ti sei innamorato...”.

“Questa è una storia che conosci anche tu, visto che ne sei il protagonista” rispose sommessamente l’elfo arrossendo.

“Vuoi dire che in quasi tremila anni non ti sei mai innamorato! Ma avrai pure avuto qualcuno che ti stesse vicino...”.

“È successo. Alcune volte...”.

“Se vorrai, non avere timore di parlarmene, non sarò geloso...”.

Stavolta fu la volta di Legolas di ridere sommessamente: “Ci mancherebbe altro! Con tutte le avventure che hai avuto tu!”.

Aragorn divertito ribatté: “Per fortuna hai detto che non mi spiavi!”.

“È difficile osservare qualcuno che ha così tante avventure senza notarle! Segno inequivocabile della debolezza della vostra razza!”.

Legolas non aveva quasi finito di parlare che si trovò sdraiato tra i cuscini con le braccia bloccate sopra la testa.

“Se vogliamo parlare di debolezze, elfo, potrei legarti a questo letto e accarezzarti finché non m’imploreresti di darti piacere.”.

Legolas osservava il Ramingo sopra di lui, e nonostante tutto sentiva un forte desiderio nascere nel profondo, le minacce dell’uomo lo eccitavano, e prima che potesse impedirselo gemette: “Si, ti prego.”. 

Aragorn fissò l’elfo ancora per un attimo, poi si guardò intorno per cercare qualcosa da utilizzare per il suo scopo, e ciò che gli sembrò più adatto fu il nastro che teneva raccolta la tenda del baldacchino: qualcosa di resistenze, ma al tempo stesso morbido.

Legolas permise all’uomo di legargli i polsi senza protestare e si abbandonò completamente ai suoi baci e alle sue carezze, mai era stato così completamente in balia di qualcuno, e stranamente la cosa gli piaceva.

Aragorn accarezzava lentamente il corpo dell’elfo attraverso i vestiti, e solo allora si accorse dell’errore che aveva compiuto e sorrise di se stesso.

“Legolas...”

“Si?” mormorò l’elfo, infastidito dal fatto che l’uomo aveva smesso di accarezzarlo.

“Non posso toglierti la tunica ora che hai le mani legate...”

L’elfo aprì gli occhi, fissò intensamente l’uomo per un attimo, e disse: “Ritho! (strappala)”. 

Aragorn afferrò la sottile tunica di cotone chiaro per lo scollo e con una sola mossa la lacerò mettendo a nudo il petto dell’elfo.

Legolas trattenne il respiro quando l’uomo gli strappò la tunica, forse per la prima volta si rendeva conto della sua forza e ne provò timore. Aragorn dovette intuire qualcosa, perché si chinò a baciarlo dolcemente e gli disse: “In qualunque momento, se dovessi cambiare idea, dimmelo...”.

L’elfo scosse la testa e rispose: “No, prendimi adesso, ti prego...”.

Aragorn sorrise, finì di spogliare l’elfo e si denudò a sua volta, poi cominciò a baciargli il petto scendendo lentamente verso il basso, mentre le sue mani carezzavano senza fretta l’interno delle cosce dell’elfo, che ad ogni bacio ed ad ogni carezza gemeva sempre più forte, inarcando la schiena per il piacere. Quando Legolas sentì il calore della bocca dell’uomo, gli sembrò di impazzire dal piacere, non avrebbe potuto fare niente di più per procurargli un piacere maggiore, ma si sbagliava, dopo un momento sentì che Aragorn lo stava penetrando con un dito, a cui ben presto se ne aggiunse un secondo, che l’uomo muoveva sempre più velocemente nel suo corpo, con lo stesso ritmo con cui la sua bocca lo accarezzava.

Legolas era ormai completamente accecato dal piacere, nessuno prima lo aveva mai fatto sentire così, non si era mai abbandonato così totalmente a qualcuno prima di allora. Il suo corpo era percorso da mille brividi di piacere, la sua schiena si inarcava sempre di più, mentre le braccia imprigionate dalla corda di seta si tendevano, finché il suo corpo cedette e lui si abbandonò come svenuto, vinto dal piacere.

Aragorn sorrise vedendo l’elfo che faticava a tornare ad un ritmo respiratorio regolare, si chinò a sfiorargli le labbra con dolcezza e quando Legolas sollevò le palpebre gli chiese: “Te la senti di continuare?”.

“Certamente!” Ribatté l’elfo con uno sguardo di sfida.

“Va bene, se insisti...” e prima che Legolas potesse rispondere gli allargò le gambe ed entrò completamente in lui con una sola, violenta, spinta. L’elfo chiuse gli occhi e serrò le labbra in una riga rigida e sottile per non urlare, ma quando l’uomo vide la sua espressione di dolore si immobilizzò e chiese: “Legolas, vuoi che smetta...?”.

“No...” disse l’elfo “dammi un attimo... non me l’aspettavo...”.

Poco dopo l’espressione di dolore sul volto dell’elfo si attenuò e sorridendo all’uomo mormorò: “Sono pronto.”.

Aragorn annui e ricominciò a muoversi contro di lui, anche se stavolta più lentamente, e senza perdersi un atteggiamento del suo volto: voleva vederci dipinto solo il piacere, qualcosa dentro di lui lo spingeva a desiderare che nulla, neppure lui stesso, potesse farlo soffrire.

Anche Legolas fissava a sua volta il volto del Ramingo e lo sorprese vedervi dipinto insieme al piacere, qualcosa d’altro, che avrebbe potuto definire, forse, tenerezza, ma ben presto le spinte dell’uomo lo strapparono dalle sue riflessioni, si abbandonò completamente al piacere, e quando sentì che il ritmo stava aumentando sollevò le gambe e le incrociò dietro la sua schiena.

“Ti prego... Aragorn... più forte...” gemette.

L’uomo osservò per un attimo il viso di Legolas stravolto dal piacere e si spinse, nuovamente, con forza dentro di lui, mentre con una mano lo toccava, sempre più velocemente, tra le gambe.

Raggiunsero il piacere contemporaneamente, e fu tale la forza con cui li travolse che per qualche momento parve ad entrambi di non riuscire più neppure a respirare. Aragorn, appena si riprese, slegò l’elfo, e, dopo essersi chinato a baciarlo dolcemente sulle labbra, gli chiese: “Come ti senti?”.

“Non lo so,” mormorò l’elfo, cercando di sollevarsi, ma fermandosi subito facendo una smorfia di dolore, quando tentò di fare leva sulle braccia.

“Ti ho legato troppo stretto! Mi dispiace, io non...”.

“No, te l’ho chiesto io!” ribatté Legolas. “E poi sono solo un po’ indolenzito, passerà presto, e ne è valsa la pena...”.

Aragorn vedendo l’elfo che arrossiva, sorrise, e lo aiutò a togliersi quello che restava della tunica, per poi lasciarla cadere a terra ridacchiando.

“Cosa c’è di così divertente Aragorn?”.

“Niente, pensavo sole che se qualcuno fosse entrato prima, e ti avesse visto legato e con gli abiti strappati, avrebbe potuto equivocare!”.

Legolas sorrise a sua volta a quel pensiero, prima di esserne imbarazzato, effettivamente a quell’ora sarebbe potuto entrare chiunque e disse: “Probabilmente, se fosse successo, sarei morto a causa dell’imbarazzo!”.

“Gentile da parte tua lasciarmi tutto solo a spiegare la situazione!”.

Legolas rise, e sebbene fosse ancora un po’ intorpidito, abbracciò il Ramingo lo baciò e poi appoggiò la testa sulla sua spalla e disse: “Vorrei riposare un po’ accanto a te se la cosa ti fa piacere...”.

Aragorn lo strinse più forte a se e gli mormorò: “Riposa amore, mi piace, quando lo fai tra le mie braccia.”.

Legolas sorrise nuovamente e poi si abbandonò al tipico sonno del suo popolo, lasciando scivolare via la mente e restando con gli occhi aperti e luminosi, poco più di un involucro, diventava il suo corpo in quegli attimi, mentre lo lasciava abbandonato tra le braccia del Ramingo, che non sapeva quanto l’elfo invidiasse il sonno degli uomini, più profondo e al tempo stesso più instabile e pericoloso, ma che tratteneva la loro essenza.

 

Legolas si risvegliò alcune ore dopo e vide il Ramingo sdraiato poco lontano che dormiva profondamente. L’uomo stava sdraiato sullo stomaco e il suo respiro era lento e regolare. L’elfo sorrise e poi si fermò a contemplare il corpo dell’uomo: quelle settimane di continui allenamenti avevano già scolpito il suo corpo e i tratti del suo volto non avevano nulla da invidiare a quelli di un elfo, non per niente discendeva da Elros a sua volta discendente di Luthien.

Legolas sentiva il desiderio rinascere in lui, mentre guardava l’uomo addormentato, e cominciò a baciargli le spalle e la schiena, mentre con una mano gli accarezzava il collo. Ben presto si accorse che Aragorn fingeva di dormire e gli chiese: “Il signor Ramingo è soddisfatto delle attenzioni di cui è oggetto, o forse desidera qualcos’altro?”.

A quelle parole, Aragorn aprì gli occhi, sorrise e rispose: “Si, desidero qualcosa d’altro...”.

“Che cosa?”.

“Ecco... io...” s’interruppe l’uomo imbarazzato: non aveva mai fatto prima una richiesta come quella che voleva fare all’elfo, ne mai ne aveva provato desiderio, e non sapeva da dove cominciare. Se qualcuno, prima del suo incontro con Legolas, gli avesse detto che un giorno avrebbe desiderato qualcosa del genere, avrebbe storto la bocca dal disgusto! Ora invece nulla gli pareva più desiderabile di quel gesto d’amore.

“Non avere paura dei tuoi desideri...” mormorò l’elfo.

“Legolas... amami... voglio sentirti dentro di me...”.

L’elfo rimase stupefatto da quella domanda, sapeva che mai nella sua vita l’uomo aveva desiderato nulla di simile, ma disse solo: “Certo amore mio...” mentre si spostava sopra il corpo del Ramingo facendogli aprire maggiormente le gambe e penetrandolo lentamente.

Quasi subito sentì il corpo dell’uomo irrigidirsi a causa del dolore e si fermò anche lui, baciandogli le spalle e sussurrandogli parole d’amore, mentre aspettava che il suo corpo si rilassasse. Dopo poco sentì un piccolo sospiro di piacere uscire dalle labbra dell’uomo e si spinse completamente dentro di lui cominciando a muoversi lentamente, finché non fu il Ramingo stesso a chiedergli di possederlo con maggior forza. A quella richiesta Legolas cominciò a spingersi tra le gambe dell’uomo con più violenza, mentre dalle labbra di Aragorn non uscivano altro che gemiti di piacere. 

Il Ramingo si sentiva perso come mai gli era successo prima, ogni volta che l’elfo si spingeva con più forza era al tempo stesso un’agonia e un piacere entrambi inenarrabili. Le sue mani stringevano con forza il lenzuolo, i suoi polmoni sembravano non trovare abbastanza aria per respirare in quella stanza e le sue labbra non riuscivano a trattenere i gemiti di piacere. Quando infine raggiunse l’apice del piacere il suo corpo si abbandonò completamente spossato dall’esperienza, mentre, senza che lui lo volesse, dai suoi occhi chiusi cominciarono a scendere copiose lacrime.

Legolas raggiunse il piacere poco dopo Aragorn e si abbandonò sopra il corpo dell’uomo, baciandogli lo zigomo e la guancia, ma quando sentì sulle labbra il sapore salato delle sue lacrime, si ritirò allarmato e, facendo girare l’uomo sulla schiena, gli domandò angosciato:

“Aragorn, amore, perché piangi, non volevo farti male... ero così ansioso di farti provare...” ma s’interruppe quando vide l’uomo aprire gli occhi, sorridergli e mormorare:

“È stato meraviglioso... non avevo mai provato prima nulla del genere, non l’avevo mai neppure desiderato... grazie per quello che mi hai fatto sentire...”.

L’elfo era senza parole, si limitò a sdraiarsi a fianco dell’uomo e a stringerlo tra le braccia pensando a quello che aveva detto ad Elrohir quel pomeriggio: abbiamo avuto una stagione stupenda...ma quella che avrebbe avuta con quell’uomo sarebbe stato molto di più, arrivò addirittura a credere che sarebbe potuta durare per sempre!

I Valar, nella loro saggezza, avevano posto il ricordi alle spalle degli esseri viventi, mentre il futuro lo tenevano, per la maggior parte celato, solo così sapevano che le loro creature avrebbero potuto conquistare un po’ di serenità. Questi stessi concetti avrebbe potuto spiegarli a Legolas lo stesso Aragorn, che molto sapeva grazie alle sue esperienze, ma il fatto che l’elfo gli tacesse i suoi pensieri fu, alla fine, meglio per tutti.

Il destino avrebbe seguito il suo corso in ogni caso.