.|. L'Ultimo Dono .|.

Ned elin teithar aen i Aran dhaer                        Nelle stelle è scritto che un grande Re

in Adanath,                                                                degli Uomini,

tegitha i hîdh a i veleth, mas orthernir               riporterà la pace e l’amore, dove dominavano

auth a naeg.                                                               dolore e guerra.

A na chon, mîn ûn alfirin                                  E al suo fianco, una creatura immortale

annatha i galad lîn an edrad i myr.                   donerà la sua luce per squarciare le tenebre.

 

I ‘wend tegitha i dulu,                                      L’amicizia porterà il conforto,

ir i val trastatha i chûn.                                quando l’angoscia tormenterà il cuore.

Mas cuianner naid dailt,                                       Dove vivevano insicurezze,

abonnatha amrûn ‘wain.                                              nascerà una nuova alba.

 

Anor cenitha i onnad dîn,                                          Il Sole assisterà al suo inizio,

i Amar i vâd veren dîn.                                           la Terra al suo felice cammino.

Ithil erthatha hyn im rainc în,                                   La Luna li unirà nelle sue braccia,

a ned aur telitha i vethed.                                          e nel mattino verrà la fine.

 

Min laeglaiss en estel                                           Tra le verdi foglie della speranza

istathar i amarth dîn,                                              conosceranno il loro destino,

ir êl en aduial annatha                                           quando la stella della sera farà

i ant vedui o meleth.                                                 un ultimo dono d’amore.

 

 

1. Ricordi d'Infanzia

 

“Elen síla lúmmenn’ omentielvo”

Una stella brilla sull’ora del nostro incontro…così il mio popolo era solito descrivere un avvenimento voluto dal Fato, qualcosa di importante e irripetibile a cui solo la luce delle stelle può assistere…quelle stesse stelle che possono donare felicità eterna e infinita protezione a coloro destinati a ricevere quelle carezze lucenti. Ed al loro fianco, la Luna, come sommo giudice splendente, concede il proprio favore, portando conforto e sicurezza, anche quando i dubbi e l’angoscia riescono a scalfire il cuore più nobile e valoroso. Proprio in quei momenti, i miei antichi padri, erano soliti credere che la mano del Destino scrivesse il proprio volere in quelle stelle, lasciando poi che il tempo continuasse il suo cammino, e restandosene così in disparte, in attesa che ciò che era inevitabile, accadesse.

Ma per quanto mi riguarda, quel giorno, non furono le stelle ad assistere al nostro incontro, ma la splendente e calda luce di Anor…in ogni modo, non fu il caso a farci incontrare, o qualche avvenimento fortuito…fu il Destino a condurti da me e niente mi porterà mai a credere il contrario…perché solo il Fato mi avrebbe donato la parte mancante della mia anima, e quando incrociai per la prima volta il tuo sguardo, sentii che quello che ci avrebbe unito, sarebbe stato chiamato in molti modi…fratellanza, amicizia, amore…alcuni l’avrebbero approvato e altri condannato…ma avevo la certezza che, nonostante tutto, per me saresti stato solo una cosa…mio.

 

Anno 2951 della Terza Era

Bosco Atro

Quel mattino risplendeva il Sole, alto e ardente, come sempre. Eppure il suo calore sembrava quasi intimorito da qualcosa, qualcosa che si era risvegliato nelle tenebre di Mordor e aveva iniziato a radunare le proprie forze. Anche a Bosco Atro, come in tutti i Regni dei Popoli Liberi, i sussurri di questa paura antica e malvagia giungevano incessantemente e Re Thranduil aveva messo allerta ogni suo guerriero per perlustrare i confini dei Boschi e l’Antica Via Silvana, l’unico tratto ancora sicuro che metteva in comunicazione il Reame Boscoso con Imladris, la Casa di Elrond Mezzelfo.

E al dovere di proteggere il proprio popolo, non poteva certo esimersi l’unico figlio del Sovrano, il principe Legolas, anche se il padre gli aveva espressamente proibito di addentrarsi solo tra gli alberi per raggiungere il guado sull’Anduin, da dove, frequentemente, giungevano emissari che portavano le notizie da Granburrone.

Ma, come sempre, anche quella volta il giovane elfo non diede ascolto agli avvertimenti di chi aveva passato su quella Terra migliaia di anni in più di lui, e raggiunse quel punto in cui era solito appostarsi, per poter osservare gli arrivi e le partenze. Non gli occorreva salire fino al ramo più alto di quell’albero, la sua vista riusciva facilmente a scrutare anche ad un’altezza moderata…e fu proprio quando perse ogni speranza di imbattersi in qualcuno, che lo vide…

Era ormai vicino…

‘Troppo vicino…’ pensò Legolas ‘…perché non l’ho notato prima?’

…così, abbandonando l’idea dell’arco, prese uno dei pugnali che portava con sé, preparandosi a scendere per fermarlo…avrebbe preferito intimidirlo con una freccia ma ormai non gli restava altra scelta…notò che lo straniero aveva rallentato il passo, come se si fosse accorto della sua presenza, portando la mano vicino all’elsa della spada…ma non gli permise di sguainarla, con un balzo scese dal ramo, finendo proprio di fronte a quello sconosciuto…e con una rapidità tipica di un Elfo, gli puntò la lama del pugnale alla gola…

“Chi sei?” esclamò…ma fu proprio in quell’istante che sentì qualcosa di affilato alla base del collo.

“Sei tu ad avermi attaccato…” ribatté lo straniero “…dovresti essere il primo a presentarti…” e fece una leggera pressione al pugnale che sfiorava la pelle dell’elfo.

Legolas trattenne il respiro, mentre i moniti di suo padre gli ritornavano alla mente…mai attaccare qualcuno quando non sai chi ti trovi ad affrontare…ma cercò di rimanere impassibile, mentre alzava lo sguardo sul volto del suo assalitore…e incontrò i suoi occhi…azzurri, limpidi e chiari come l’acqua del fiume che distava alcune miglia da loro…e in quegli occhi non vide niente di malvagio ma qualcosa di nuovo e ignoto che pure gli sembrava di conoscere…aveva davanti un Uomo, e mai prima di quel momento aveva avuto la possibilità di parlare con qualcuno appartenente a quella stirpe…i Mortali…suo padre spesso gli aveva raccontato dell’Antica Alleanza che univa Elfi e Uomini, ma poi, col tempo, sembrava essere svanita…inoltre sentiva che quello non era un Uomo qualunque, la velocità con cui aveva risposto all’attacco, l’intuito che l’aveva portato a rallentare l’andatura e la fierezza con cui ora lo stava fissando…e la sua voce, che riempì di nuovo l’aria…

“…ma conosco abbastanza il vostro popolo per sapere che ogni vostra azione ha una spiegazione più che ragionevole…” con quelle parole, l’uomo allontanò la lama dal collo dell’elfo, riponendola nel fodero “…vengo dalla sponda occidentale del Grande Fiume e da quelle parti molti mi chiamano Grampasso…niente di oscuro mi porta qui se non la sete di conoscenza e il desiderio di esplorare questi luoghi che non ho mai avuto l’onore di osservare…”

Legolas rimase in silenzio come se stesse riflettendo su quelle semplici parole, poi ribatté…

“E invece qual è il tuo nome?” vide lo sguardo incuriosito dell’uomo “Hai detto che molti ti chiamano Grampasso…questo però significa che non è il tuo nome reale…”

Il ramingo si lasciò sfuggire una risata

“Una risposta per una risposta…” mormorò, poi abbassò gli occhi sulla lama che l’elfo ancora teneva alla sua gola “…e sarebbe cortese da parte tua, ora che sai che non ho intenzioni ostili nei tuoi riguardi…”

“Oh…ti chiedo perdono…” bisbigliò Legolas abbassando la mano “…e il mio nome è Legolas, vivo in questo luogo, e da tempo ormai teniamo sotto controllo questa zona per evitare ospiti indesiderati…”

“Comprendo le tue parole…” disse il ramingo annuendo “…ora credi sia possibile per me, restare in questi Boschi senza essere considerato un pericolo per il tuo popolo?”

L’elfo biondo stava per rispondere quando udì dei passi veloci alle sue spalle, ed in pochi istanti quattro Elfi tesero i loro archi in direzione dell’uomo…

“Fermo straniero!”

“No…” esclamò Legolas scuotendo la testa, voltandosi verso di loro ed all’istante gli altri abbassarono le armi “…non è sua intenzione recare danno né a noi, né ai nostri Boschi…ha il permesso di restare qui fino a quando lo riterrà opportuno…e nessuno deve rivolgersi a lui con parole o gesti scortesi…”

Vide gli altri elfi annuire e quasi si stupì delle sue stesse parole, aveva dato ospitalità ad un Uomo senza nemmeno conoscerlo…sapeva solo il suo nome, anzi, nemmeno quello, eppure…quando lo aveva guardato negli occhi, aveva sentito di potersi fidare di lui…girò le testa verso il ramingo e incrociò di nuovo il suo sguardo…per un lungo momento rimase in silenzio senza capirne il motivo…senza riuscire a spiegarsi il perché stesse agendo così…

“Si bado…(Andate ora)” ordinò “….a ú moe i Aran ista o chon…hon torthathon (e non è necessario che il Re sappia di lui, lo controllerò io)”

A quelle parole il ramingo sorrise, mentre gli Elfi, accennando un inchino, si allontanarono rapidamente…

“Credo che Re Thranduil potrebbe aversene a male…” sussurrò “…non sarebbe piacevole sapere che un capo delle sue guardie gli nasconde uno straniero…”

Legolas spalancò gli occhi voltandosi verso di lui

“Tu parli la mia lingua?” gli chiese stupito “Come può un ramingo conoscere la lingua degli Elfi?”

“Per la verità…” rispose l’uomo continuando a sorridere “…sono stato cresciuto nella Casa di Elrond e, tra le tante cose, ho imparato anche il vostro linguaggio…” vide che Legolas aveva socchiuso le labbra per lo stupore “…e mi è stato anche dato il nome Estel…”

“Speranza…” sussurrò l’elfo fissandolo “…non a caso viene dato un simile nome…devi essere importante e prezioso per Re Elrond se ti ha cresciuto, chiamandoti in questo modo…e forse non solo per lui…”

L’uomo abbassò lo sguardo per un attimo, poi, facendo qualche passo esclamò

“Bene…Legolas…hai dunque tempo per mostrarmi le bellezze di questi luoghi? Visto che dovrai controllarmi…ti faciliterò il compito seguendoti…o forse è meglio andare dal tuo Re…”

“Desideri andare da lui?” gli chiese l’elfo aggrottando le sopracciglia.

“No, se non è necessario…” mormorò il ramingo guardandolo, poi accennò un sorriso “…e a quanto sembra non lo è…”

“Allora posso condurti tra questi alberi, straniero…” ribatté Legolas sorridendogli “…e trovarti una sistemazione per tutto il tempo che passerai qui…nessuno ti…”

“Scoprirà…?” terminò l’uomo.

“…disturberà…” corresse l’elfo “…e potrai ammirare le bellezze del Bosco Atro come desideri…sarà un nostro…”

“Segreto…” finì di nuovo il ramingo sorridendo.

“Esattamente…” sussurrò Legolas rispondendo al sorriso “…aphado nin, Adan (seguimi, Uomo)”

“Be iest lîn, Edhel (Come desideri, Elfo)” bisbigliò Estel prima di incamminarsi dietro di lui.

 

Mai avevo agito in maniera così sconsiderata, ma con un semplice sguardo riuscivi a togliere ogni dubbio dalla mia mente…sapevo di potermi fidare di te dal primo momento, sapevo che non mi avresti mai fatto del male e sapevo, pur non conoscendo niente di te, che saremmo diventati inseparabili. Restavo con te per ore, sotto quegli alberi che erano diventati il tuo rifugio per la notte, e il mio per ogni momento che desideravo passare in tua compagnia. Parlavamo di ogni cosa, scherzavamo, aprendo i nostri cuori l’uno all’altro come nessuno dei due aveva mai fatto. Quando rimanevo in silenzio, tu lo riempivi con i tuoi racconti…narrandomi di avventure che nessuno, che ha passato solo venti anni sulla Terra, potrebbe conoscere…ma sapevi rendere reali storie lette sui libri ed insieme, creavamo questo mondo immaginario che per noi, invece, era vero…come vero era l’affetto che iniziò a legarci…giorno dopo giorno, quella che era solo una conoscenza, divenne un’amicizia, intensa e profonda. Non avevo mai avuto un amico che riuscisse a capirmi semplicemente guardandomi, o che sapesse dire sempre la cosa giusta per farmi tornare il sorriso…ma tu invece eri in grado di fare tutto questo…eravamo così diversi ma al tempo stesso così simili, a volte non dovevamo nemmeno parlare per prendere una decisione perché entrambi sapevamo già cosa desiderava l’altro. E col passare del tempo iniziammo ad esprimere quell’affetto anche con i gesti…così, quelle che all’inizio erano semplice strette di mano, diventarono dolci carezze e abbracci premurosi…restavamo stretti l’uno all’altro a guardare il cielo senza avere bisogno di nient’altro, se non di sentire i nostri corpi vicini. Sapevamo che non tutti avrebbero approvato il nostro modo di comportarci, per il mio popolo, tu eri sempre un Mortale, mentre per il tuo, io ero un uomo come te, con cui sarebbe stato inopportuno farsi vedere in simili atteggiamenti. Ma a noi non importava. Quando ci sedevamo a guardare le stelle, scambiandoci teneri baci sulle guance e carezze delicate, non ci importava cosa avrebbero pensato gli altri, per noi, quello che facevamo, non era né sbagliato né sconveniente…ma solo un modo per esprimere qualcosa diventato troppo forte e potente da raccontare a parole. Ed in quei momenti, dimenticavamo tutto quanto, ci sentivamo sicuri e protetti…e liberi, come due fanciulli che non hanno altre preoccupazioni se non il divertimento che vogliono avere…e tu eri così piccolo, per il mio popolo ancora un bambino, ma per il tuo quasi un uomo adulto. Lo stesso ero io, considerato ancora un giovane anche se avevo vissuto più di duemila anni…ma per gli Immortali, gli anni sono come giorni, e il tempo, qualcosa che rimane immutato per l’eternità. Così ci ritrovavamo a scherzare e divertirci proprio come due fanciulli, ed ora, quasi rimpiango quegli anni in cui niente affliggeva i nostri cuori ed eravamo liberi e felici.

 

“Smettila Estel! Non sto…scherzando! Smetti!” esclamò tra le risate Legolas, cercando di divincolarsi dalla stretta dell’uomo “Non lo sopporto…basta!”

“Oh…andiamo…dov’è finita tutta la tua forza di volontà?” ribatté sorridendo il ramingo tenendo strette, tra le proprie, le gambe dell’elfo, mentre con le mani gli solleticava i fianchi.

“Ti prego avanti…” si lamentò nuovamente Legolas allontanando da sé le mani dell’uomo, ma Estel gli afferrò i polsi, portandoglieli sopra la testa, nell’erba “…no…no…ti prego…ti supplico…non ce la faccio più…” ma si rese conto che era tutto inutile, così provò in un altro modo “…Estel…non respiro…” cercando di usare un tono sofferente “…non…riesco a…”

Il ramingo si fermò all’istante, fissando terrorizzato gli occhi blu dell’elfo, ma non fece in tempo a pronunciare una sola parola…si ritrovò con la schiena a terra, e l’amico seduto sopra di lui che gli teneva ferme le spalle…

“Ho vinto…” sussurrò Legolas sorridendo.

“Tu sei…” mormorò l’uomo aprendo la bocca stupito, ma senza attendere un solo attimo, spinse l’elfo di lato, girandosi poi verso di lui “…non è corretto imbrogliare…” poi, con un tono serio “…non su queste cose…” con una mano gli accarezzò una guancia dolcemente “…non farlo più, te ne prego…”

“Perdonami…” bisbigliò Legolas quando vide la preoccupazione nei suoi occhi “…sono stato uno sciocco…non accadrà più…”

“Così…” disse Estel dandogli un bacio sulla fronte “…va meglio…” per poi stendersi accanto a lui, gli prese una mano, iniziando a sfiorarla dolcemente con la propria, giocando con le sue dita “…hai visto quante stelle questa notte…mi sembra di essere ancora a Granburrone, non riesco a spiegarmelo ma, in quel luogo riuscivo sempre a vedere migliaia di stelle, mentre da quando me ne sono andato…questa è la prima volta che le osservo di nuovo…” sospirò avvicinando la testa alla spalla di Legolas, che alzò una mano, iniziando ad accarezzargli la guancia “…una notte, ero con Elladan ed Elrhoir…”

“I figli di Elrond?” chiese l’elfo a bassa voce.

“Sì…stavamo osservando il cielo…e loro mi dissero che ogni Elfo può scegliere una stella e dividere con lei la sua luce, ed in questo modo sarà protetto per l’eternità…” sentì l’elfo ridere debolmente “…non è così?”

“Nessuno me ne aveva mai parlato…” rispose Legolas “…devo essere rimasto l’unico senza una stella allora…”

Estel sorrise, indicando poi due stelle sulla sinistra della grande Luna

“Loro due hanno scelto quelle, se non sbaglio…così, se dovessero separarsi per qualche ragione, guardandole, saprebbero che l’altro è sempre e comunque vicino…anche se non può esserlo fisicamente…” sorrise “…mi hanno detto che anch’io, visto che sono cresciuto come un Elfo, avrei potuto scegliere una stella…”

“E l’hai fatto?” gli chiese Legolas.

“No…non volevo scegliere una stella che rimanesse sola per sempre senza un’amica che gli stesse accanto…” sussurrò il ramingo.

“Potrei sceglierla io con te, se lo desideri…” disse l’elfo e vide l’uomo alzare la testa per guardarlo negli occhi.

“Vorresti farlo?” bisbigliò sorridendo Estel e quando Legolas annuì, si stese di nuovo, osservando il cielo fino a quando trovò due stelle vicine “Che ne dici di quelle?”

“Come sappiamo che non appartengono già a qualcuno?”

Il ramingo si mise a ridere

“È la stessa domanda che ho fatto ad Elladan…ma lui mi ha risposto che non importa, una stella può donare la sua protezione a chiunque gliela chieda…”

“Allora quelle sono perfette…” mormorò l’elfo sorridendo “…tu sei quella più piccola ed io…”

“Ehi…aspetta un attimo…” ribatté l’uomo “…perché io quella più piccola?”

“Perché sei più piccolo di me…” rispose tranquillamente “…devo forse ricordarti quanti anni ho già passato su questa Terra? Tu invece…”

“E va bene…” esclamò Estel “…anche se questa cosa dell’età continua a non convincermi…”

“Mentre io allora sarò quella che ti sta accanto…” proseguì Legolas “…e se qualche nuvola cercasse di oscurarti io la scaccerò…”

“Allora non avrò mai niente da temere…” sussurrò il ramingo sorridendo “…êlveren nîn…(mia stella valorosa)”

L’elfo chiuse gli occhi, stringendo dolcemente Estel a sé…

“No…êlneth nîn (mia giovane stella)…non fino a quando resterò al tuo fianco…”

 

Ma purtroppo, un giorno, decidesti che era giunto il momento di ripartire per il tuo viaggio. Io non cercai di trattenerti perché, nel mio cuore, sapevo che saresti tornato da me…cercai di essere forte e non mostrarti quanto soffrivo all’idea di non poterti abbracciare per…anni, forse…mentre vedevo anche nei tuoi occhi lo stesso dolore. Ma tu dovevi andare.

Eppure, anche quel tempo, che sembrava interminabile, giunse ad una fine…e il Fato ti riportò di nuovo da me. Oh, quanta gioia mi riempì il cuore quando ti vidi in quel luogo dove, ogni giorno, mi rifugiavo, ricordando i giorni passati insieme…tra noi, il tempo non sembrava essere passato, anche se sul tuo viso, prima liscio come il mio, iniziavo a vedere quello che il tuo popolo considera simbolo di maturità e saggezza. E di nuovo dovetti dirti addio. Per più di cinquanta anni ti vidi giungere da me e ripartire, e ogni singola volta sembrava essere doloroso come la prima, anche se la consapevolezza che saresti ritornato mi dava la speranza per attendere quel giorno.

Poi quell’anno, arrivasti con qualcuno, uno degli Istari, chiamato Gandalf il Grigio da voi Uomini, e conosciuto come Mithrandir dal mio popolo…e in quei giorni ti conobbi per chi eri in realtà. Ricordo quanto soffrii quando udii mio padre chiamarti con quel nome a me sconosciuto…io ti avevo sempre creduto Estel il viaggiatore, Grampasso il ramingo…e invece eri Aragorn, figlio di Arathorn e discendente della stirpe di Isildur, colui che avrebbe ereditato il trono di Gondor. Sentii di aver perso ogni mia sicurezza, io ti avevo donato me stesso, confidandoti ogni mio segreto e tu mi avevi ripagato mentendomi su chi eri veramente. Per anni avevo considerato amico qualcuno che non esisteva…come avrei potuto fidarmi ancora delle tue parole?

Ma quando mi hai stretto di nuovo tra le tue braccia e mi hai guardato negli occhi…ho visto ancora una volta te…non l’erede di Isildur, e nemmeno un semplice ramingo…ma quello che eri in realtà…quello che significavi per me…ed ogni rancore svanì.

E in quel tempo, anche se le Ombre del Male si avvicinavano sempre di più, noi ci rifugiavamo tra i nostri alberi, a guardare le nostre stelle, scambiandoci quei gesti d’affetto dei quali, entrambi, sentivamo spesso la mancanza…e fu allora che mi rivelasti il nome di colei che ti aveva rubato il cuore…colei che avevi rivisto tra i Boschi d’Oro di Lórien…ed io non potei fare altro che essere felice per te…anche se temevo che la bella Stella del Vespro avrebbe potuto rubarmi la tua amicizia…ma erano paure infondate. Ricordo quando ti tenni stretto tra le braccia per l’intera notte, il giorno in cui Elrond ti rese consapevole che il tuo amore per lei non avrebbe avuto un futuro…ma forse, come la nostra amicizia era voluta dal Fato, anche quel sogno con Arwen Undómiel era destinato a diventare realtà. Tra due giorni vi legherete davanti ai Valar, lei diventerà la tua sposa come sempre avevi sognato, ed io, ancora una volta, non posso far altro che essere felice per te…Êlneth, amico mio.