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Capitolo Cinque

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[…]

Non c’è amore che non dia dolore

Non c’è amore che non ferisca

Non c’è amore che non lasci il segno

E non meno l’amore di patria che l’amore per te

Non c’è amore che non viva di pianto

                                       

Non esistono amori felici

 Ma per noi due c’è il nostro amore.

                                                         Louis Aragon

 

Doveva assolutamente parlare con Orlando. Dirgli che potevano amarsi liberamente, senza paure e impedimenti. Ora ci sarebbero stati solo loro due, e nessun altro.

Viggo era contento e si precipitò nella camera del compagno. Senza neanche bussare spalancò la porta e gridò:

“ Amore! Ho una cosa da dirti…” ma le parole gli si spensero in gola quando vide il ragazzo pronto ad andarsene.

“ Orli…che fai? Perché hai fatto la valigia?” chiese impaurito.

“ Perché ho deciso di tornarmene a Londra!” ribattè scortesemente e seccamente Orlando.

“ Sono stanco di stare qui, devo andarmene! L’aria sta diventando irrespirabile!” e mise in valigia le ultime cose.

“ Ma…ma…” Viggo era sconvolto, non sapeva cosa dire. Continuava a guardare il compagno e i suoi gesti.

“ Addio Viggo!” disse Orlando duramente, avvicinandosi all’uscita. Poi si voltò verso di lui :

“ E sai che ti dico? Non so nemmeno se tornerò… Buona fortuna” e corse fuori verso il taxi che lo stava già aspettando.

“ Orlando! Aspetta!” ma non fece in tempo a raggiungerlo. La macchina s’allontanò, portando via l’amore della sua vita.

“ Orlando…perché?” e crollò a terra sulle ginocchia. Gli occhi erano colmi di lacrime che, pian piano, poi sempre più forte, iniziarono a cadere.

“ Perché…perché mi hai lasciato…” mormorò tra sé.

Si sentiva malissimo: avvilito, confuso, triste, arrabbiato, abbattuto. Non sapeva dare un perché a quella improvvisa reazione del compagno. Perché era tornato a casa e, soprattutto, perché aveva detto quelle terribili e crudeli parole ?

Non so nemmeno se tornerò”: questa frase continuava a rimbombargli nella mente. Perché  non voleva tornare? Cos’era successo?

Viggo non aveva più forze, non sapeva dove andare e cosa fare. Era a pezzi, come il suo cuore.

L’uomo che tanto amava e con cui avrebbe potuto iniziare una bellissima vita insieme se ne era andato… All’improvviso, lasciandolo solo.

 

Orlando stava trattenendo le lacrime, ma avrebbe voluto urlare. Si sentiva depresso, afflitto, vuoto.

Perché lo stava facendo? Perché era geloso di quella donna?

‘Stare un po’ lontano da lui mi farà bene ’, si disse. ‘ Entrambi riusciremo a capire veramente ciò che vogliamo. E’ giusto così…’ , ripeteva a se stesso, cercando di auto-convincersi.

Eppure stava male, tanto. Il suo cuore si era spezzato e il mondo gli era crollato addosso quando aveva visto quegli occhi azzurri pieni di lacrime e terrorizzati. Si sentiva a terra e , senza accorgersene, una lacrima gli rigò la guancia.

 

Viggo era tornato nella sua stanza. Sedeva fuori, sulla solita poltrona; lo sguardo perso all’orizzonte e i suoi pensieri solo rivolti a lui: al suo amante, al suo uomo, al suo amore.

Bussarono alla porta.

“ Avanti!” disse Viggo scocciato.

“ Ciao! Scusa, non volevo disturbarti. Se vuoi me ne vado…”

“ No Liv, rimani. Ho bisogno di parlare con qualcuno…” e si voltò verso di lei, che rimase un attimo perplessa quando si accorse degli occhi rossi dell’uomo.

“ Vig ma tu hai…”

“ Pianto…Sì…” e si alzò, appoggiandosi alla ringhiera. “ E’ tutto il pomeriggio che piango e non posso fare altro. Sto malissimo Liv…davvero…”

“ Se n’è andato vero? Ho visto la sua camera vuota…” chiese, avvicinandosi all’uomo e abbracciandolo.

“ Sì e io non ho fatto niente per impedirlo! Sono stato uno sciocco a lasciarlo andare via così…” e pianse.

“ Viggo…” Liv non sapeva cosa dire: aveva capito che tra i due era nato qualcosa, ma non pensava che fosse così profondo e serio. Stava male anche lei nel vedere il suo amico soffrire.

“ Viggo, se posso darti una mano…se posso aiutarti, lo farò volentieri. Non posso vederti così. Ti voglio bene…” e lo baciò sulla guancia.

“ Grazie Liv. Anch’io ti voglio bene”.

 

Si sedettero fuori, rinfrescati dall’aria della sera.

“ Ormai dovrebbe essere già in volo da un pezzo…” disse Viggo, rompendo il silenzio.

“ Parlagli. Chiamalo e fallo tornare”.

“ Ci avevo pensato e ho provato a farlo ma ha il cellulare spento. E anche se l’avesse acceso, non credo vorrebbe parlarmi…”

“ Non capisco… Non so proprio cosa gli sia preso…”

“ Nemmeno io Liv…”

“ Forse, vedendoti con Christine…”

“ Forse ma ne abbiamo sempre parlato…Non penso sia stata gelosia, lui lo sa quanto lo amo!” e di nuovo gli occhi si riempirono di lacrime. Viggo strinse i pugni:

“ Liv, non posso vivere senza di lui! Mi sento uno straccio…mi manca una parte di me…quella più importante…” Liv lo abbracciò.

“ Vig… senti: prova a lasciare passare qualche giorno. Vedi se si fa vivo o, comunque, prova a rintracciarlo sul cellulare. Se, poi, le cose non si risolvono…vai da lui! E, se vorrai, io ti accompagnerò. Farei di tutto pur di vedervi felici: siete i miei migliori amici e vi voglio bene!”

“ Sì, penso che farò come dici. Grazie Liv, sei un tesoro!” e fece un lungo respiro.

 

Orlando era fermo all’aeroporto : non aveva avuto il coraggio di andarsene. Non poteva lasciarlo, ma allo stesso tempo non poteva tornare subito da lui. Non se la sentiva.

‘Passerò qualche giorno qui, vicino a Wellington, così potrò riflettere’, si disse.

 

“ Grazie, Liv,  per avermi fatto compagnia e avermi ascoltato…” disse gentilmente Viggo.

“ Di niente, figurati.Comunque…capirà, ne sono sicura. Orlando non è stupido…” e così dicendo gli diede il bacio della buona notte.

“ Buona notte Vig!”

“ Notte e ancora grazie” e andarono a letto.

 

Entrambi passarono la notte insonni. Viggo non riusciva a smettere di pensare a lui, al suo angelo. Continuava a rigirarsi nel letto con la voglia di chiamarlo, ma aveva paura. Paura che non gli rispondesse o, se lo avesse fatto, di sentire indifferenza e rabbia in quella voce che amava e che gli aveva sempre donato serenità e tranquillità. ‘Sono un codardo! Eppure questo timore è più forte della mia volontà ’ si diceva.

Orlando si era fermato in un hotel, ma quella camera era così vuota senza l’uomo che adorava.

‘ Mi manchi da morire…Oh Viggo! Chissà se anche tu, in questo momento, mi stai pensando, oppure sei con lei…’ pensava. ‘E se provassi a telefonargli?’ rimase qualche istante a riflettere.

 ‘No, ho paura…e se fosse arrabbiato con me? Oh Orlando! Perché te ne sei andato senza neanche parlargli e chiarirti! Che sciocco!’ e s’alzò, andando verso la finestra aperta.

Anche Viggo si era avvicinato alla finestra della camera e la spalancò. Entrambi guardarono le stelle brillare nell’immenso cielo e, sempre insieme, pronunciarono  queste stesse parole: Amore mio, spero che anche tu, ora, stia osservando questo cielo stellato…è l’unica cosa che, adesso, ci accomuna e ci fa stare e sentire vicini. Mi manchi… Lo sai che siamo nati per stare insieme? Nessuno potrà impedirlo, ne sono sicuro.

Buona notte tesoro, dormi sereno. Questa notte ti porterò qui, nel mio cuore, e  cullerò i tuoi sogni.

Si sentirono strani, forse più sollevati, come se avessero saputo che l’altro era riuscito perfettamente a sentire le loro parole. Si rimisero a letto e, questa volta, presero sonno.

Passarono, però, solo un paio d’ore quando Orlando si svegliò di nuovo.

‘Devo scrivergli…ho bisogno di dire ciò che provo per lui…Sì, ora prendo carta e penna e mi sfogo ’ e si alzò, dirigendosi verso la scrivania. ‘ Domani torno a Wellington e gli darò la lettera…Forse non io personalmente…Anzi, gli farò una sorpresa: gliela  farò trovare in camera e poi…andrò da lui! Ho tanta voglia di vederlo, abbracciarlo, baciarlo, toccarlo…’ e si mise a scrivere.

 

 

La mattina seguente, di buon’ora, Orlando prese il primo aereo per Wellington, con il cuore che gli batteva all’impazzata. Era stato uno stupido a reagire così, anche perché non era il tipo che scappava davanti a degli ostacoli o problemi. ‘Il fatto che non mi scoraggio e cerco sempre di trovare una soluzione alle situazioni è ciò che piace di più a Viggo e che mi ammira. Quindi non lo deluderò…’ pensò.

 

Anche Viggo si svegliò presto. Era solo passato un giorno da quando il suo amore se n’era andato, eppure sembrava un’eternità.  ‘Che cosa devo fare?’ si chiese. ‘ Aspetterò fino a domani e se non sentirò nulla…lo andrò a cercare! Non posso stare senza di lui, è impossibile! Per me è trascorso anche troppo tempo…’

Toc-toc.

“ Avanti! E’ aperto…” disse l’uomo.

“ Buongiorno!”

“ Liv! Ciao!”

“ Allora, come va oggi? Hai dormito?”

“ Abbastanza…” e il suo stomaco brontolò.  La ragazza si mise a ridere e disse:

“ Bhè, direi che il tuo stomaco ha fame! Vieni a fare colazione? Te la offro io…”

“ Volentieri ma…”

“ Niente ma! Fai come ti ho detto!”

“ Va bene va bene! Non scaldarti…” e sorrise. “ Un attimo solo che mi preparo…”

 

Si diressero verso il bar e ordinarono cappuccino e brioche.

“ Senti Vig…andiamo a fare una passeggiata? E’ così bello oggi e, per di più, non fa nemmeno caldo…” chiese Liv, bevendo l’ultimo goccio di caffè.  “ E poi ti farebbe bene uscire un po’…”

“ Sì, hai ragione. Allora possiamo andare…” e si avviarono verso la strada che portava nel bosco.

 

Viggo non sapeva che, quella mattina,  Liv aveva visto Orlando e  neanche che l’idea della camminata era nata per fare in modo che il giovane potesse lasciare la lettera in camera sua. Orlando, infatti, appena vide i due allontanarsi, si precipitò nell’appartamento del compagno e mise la lettera sul letto. Uscì, poi, con la speranza che tornassero presto e non stessero via a lungo.

 

Dopo neanche mezz’ora che stavano camminando, Liv gridò: “Ahi! Che dolore!”

“ Che è successo?” chiese l’uomo voltandosi verso di lei.

“ Aah…mi sono slogata una caviglia…” rispose, portando la mano verso il piede.

“ Fammi vedere…” disse Viggo avvicinandosi, ma lei subito disse:

“ No! No no, non importa…non è niente di grave, però  fa male…” L’uomo sorrise.

“ Senti Vig, io mi fermo un po’ qui, giusto il tempo che mi passi il dolore…tu…non so vuoi proseguire?”

“ Bhè no…Non vado avanti senza di te…”

“ Che caro!” e gli sorrise ironicamente “ Allora non so…se vuoi , puoi tornare indietro…”

“ No. Ti faccio compagnia e torniamo insieme…”

“ Ma no, non importa! Davvero!” la ragazza non sapeva che scusa inventare.

“ Liv ma perché non vuoi che rimanga?” chiese l’uomo curioso.

“ Non è che non voglio che tu rimanga ma ti farei solo perdere tempo…”

“ Bhè…stamattina non ho nulla da fare,quindi…”

‘ Oh ma è proprio gnucco!’ pensò la ragazza. ‘ E adesso che gli dico?’

“ Senti Vig, fai una cosa: molto gentilmente, mi andresti a prendere un po’ di ghiaccio? Così, forse, mi si sgonfierà prima…”disse, continuando a sfregarsi la caviglia.  L’uomo annuì:

“ Va bene, vado. Anche se, comunque, non mi sembra sia tanto gonfia…” le disse guardando il piede.

“ Oh sì che lo è! Te lo assicuro! E poi, comunque, il male c’è…”

“ Va bene. Arrivo subito” e tornò indietro.

‘Oooh! Finalmente! Ma guarda che cosa mi tocca fare…anche fingere di stare male…’ pensò, ma poi sorrise, sperando che tutto funzionasse per il meglio.