.|. Promessa .|.

by Calime

Orlando si concede finalmente una vacanza dopo le riprese del suo ultimo film. Durante queste giornate solitarie si rende conto di essere ad un bivio e di dover prendere una decisione importante… Ricostruire la propria vita da solo, per tener fede ad un’antica promessa…

Sentimentale | Slash | Rating NC-17 | One Piece

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Una leggera brezza notturna si era alzata e gonfiava la tenda davanti alla grande portafinestra aperta. Orlando si versò un bicchiere di vino bianco, ghiacciato, e si diresse verso la grande terrazza che dava sulla spiaggia. Si appoggiò allo stipite, assumendo involontariamente una posa languida e molto sensuale. Guardava fisso davanti a sé, verso l’orizzonte dove i pallidi raggi della luna si riflettevano sul mare, spandendo sull’acqua calma mille riflessi argentati.

 

Sorseggiò lentamente il vino, gustando il fresco liquido che gli scivolava nella gola.

 

Lo squillo improvviso del telefono squarciò il silenzio della notte, distogliendolo con un sobbalzo dai pensieri in cui era immerso.

 

Si avviò verso l’apparecchio e rimase per qualche attimo con la mano ferma a mezz’aria, indeciso se rispondere o meno. Che fosse…? No, non era possibile, LUI non sapeva dove fosse.

 

In effetti non lo sapeva proprio nessuno, a parte sua madre e la sua manager.

 

Era praticamente scappato, dopo la fine delle riprese di Elizabeth Town. Gli ultimi mesi erano stati terribili, li aveva vissuti come un automa: si alzava, lavorava, alla ricerca di quella perfezione espressiva che ormai era diventata il suo primario obbiettivo da quando….. scosse la testa infastidito. No, non doveva pensarci, non più. Questa era la sua vacanza della rinascita. Quella in cui avrebbe gettato le basi di una nuova vita. Quella in cui Orlando Bloom avrebbe cambiato volto!

Afferrò di scatto la cornetta, all’improvviso temendo che avrebbe smesso di squillare. La voce leggermente infastidita della sua manager lo aggredì subito, ferendogli le orecchie ormai abituate al solo rumore delle onde e del vento tra gli alberi.

 

“Orlando! Santo Cielo, ma dove eri finito? Stavo per riattaccare!”

 

‘Magari’, pensò Orlando, passandosi una mano dietro il collo, con fare stanco. “Scusa Robin, stavo… facendo la doccia e non aveva sentito.” Mentì, sperando che non le venisse in mente che lì da lui era notte fonda, ormai.

 

“Mhmm, se lo dici tu!... Senti, ti chiamo perché ho ricevuto una notizia bomba: hanno deciso di offrirti la parte di James Bond nel prossimo film!!!!

“COSA?”  Orlando si lasciò cadere su una sedia, non credendo alle proprie orecchie. “Ma… non è possibile, James Bond? Insomma…. ecco….non mi ci vedo proprio! Eppoi …. Sono troppo giovane ed ecco…non mi sento all’altezza di Pierce Brosnan, figuriamoci poi di mostri sacri come Sean Connery o Roger Moore! Ma dici sul serio?”

 

Robin, dall’altra parte del telefono, sbuffò contrariata

 

“Uff! Ovviamente tu sarai un giovane James Bond. Diciamo prima che entri nei servizi segreti. Quando è ancora all’università. Allora? Ho detto che ci avremmo pensato su, ma naturalmente è solo per tenerli sulla corda. Fra due giorni richiamo e dico che accettiamo”, concluse tranquillamente.

 

Orlando ebbe un moto di stizza ‘Dannazione!’ pensò, ‘Sono in vacanza! È possibile che la mia opinione non conti nulla nelle decisioni della mia vita?’ si rialzò dalla sedia. Certo era una opportunità magnifica, irripetibile! Ma era così stanco. Si sentiva come se fosse rinchiuso in una gabbia di vetro che diventava sempre più piccola e soffocante, e non ne poteva più. Voleva romperla e scappare, ma scappare davvero, stavolta. Il suo tono era freddo e tagliente quando replicò

 

“Mi spiace Robin, ma non credo che lo farai. Non ho alcuna intenzione di pensare al lavoro in questo momento. Anzi… credo che non lo farò per un bel po’.” Concluse.

 

Dall’altra parte ci fu un silenzio raggelato per qualche attimo, rotto poi dalla voce nervosa di Robin “Certo Orlando, capisco. Credo di poterli tenere in sospeso ancora un po’, almeno finchè non rientri, ma, capisci…non possiamo tardare molto…”

 

“Non hai capito” la interruppe Orlando, con tono duro, “Non ho alcuna intenzione di girare nuovi film per ora. Quindi puoi anche richiamare in questo momento e dire che la MIA risposta è no!”

 

“Ma..ma… Orlando, tesoro, non puoi dire sul serio… con tutte le proposte che stanno arrivando! Senti, ne riparliamo quando torni, va bene?” la voce di Robin era decisamente nervosa e preoccupata, Orlando ne avrebbe quasi avuto pena se non fosse stato così arrabbiato: che diritto avevano tutti di decidere per lui? Di decidere cosa doveva fare, dire, pensare? Basta, non ne poteva più.

 

“Robin, non ho alcuna intenzione di riparlarne.” Il suo tono era pericolosamente calmo, glaciale, il colore ambrato dei suoi occhi si era trasformato in pozze nere e profonde, inquietanti. La dolcezza che li permeava sempre, anche nei suoi momenti di tristezza, era ora completamente sparita, per lasciare il posto ad una risolutezza e freddezza che avrebbero di certo zittito le proteste di Robin, se avesse potuto vederle.

 

“Ti prego di non richiamare. Sono in vacanza! Avrò pure il diritto di stare un po’ in pace! Ora scusami, ma qui è piuttosto tardi e voglio andare a dormire.”

 

Riattaccò senza neanche aspettare una risposta e staccò poi la presa del telefono.

 

Fece un sospiro profondo e tornò alla terrazza, lasciandosi cadere sul grande dondolo di legno. Sorrise tristemente, e al pallido riflesso della luna il suo volto assunse un’espressione così dolce, delicata ed eterea da farlo apparire come una creature magica, troppo bella per essere di questa terra.

 

‘Viggo sarebbe stato contento’ pensò: gliel’aveva sempre detto che non doveva lasciarsi dominare dagli altri, che la vita era solo sua e solo lui poteva scegliere cosa farne.

 

Viggo…. Orlando sentì i propri occhi riempirsi di lacrime. Per tutti quei mesi si era costretto a non pensare a lui, ma ora si rendeva conto che l’uomo era sempre rimasto lì, una presenza fissa nella sua mente e nel suo cuore e, questo gli era dolorosamente chiaro ora, nella sua vita. Viggo era stato ed era ancora tutto, per lui: la sua aria, il suo sole, la sua luna e le sue stelle.

 

Era tempo però che imparasse a vivere senza la luce e il calore di Quel sole, a passare le notti senza la magnifica armonia di Quella luna e di Quelle stelle… a respirare senza aria…

 

Alzò le ginocchia al petto, abbracciandole, e poggiando il mento sopra di esse. Aveva deciso che lì, in quella bellissima isoletta in mezzo ai Carabi, avrebbe lasciato dietro di sé il vecchio Orlando, l’allegro mattacchione sempre pronto a ridere, scherzare e fare cazzate con gli amici fino a tardi. Era stanco, stanco di tutto e tutti.

 

L’unica cosa che avrebbe voluto fare era dormire. Cancellare così tutti gli ultimi mesi di dubbio, paura, rabbia e dolore. Avrebbe voluto poi svegliarsi e scoprire che era stato tutto un orribile incubo, allungare la mano accanto a sé e trovare il Suo corpo caldo e rassicurante, sempre pronto a chiuderlo in un abbraccio che era solo per lui, che era il suo mondo.

 

Una lacrima solitaria gli solcò una guancia, fermandosi ad un angolo della bocca. Orlando la raggiunse con la punta della lingua e quel sapore salato, così carico di tristezza e disperazione gli ricordò quel terribile pomeriggio di Aprile, in cui il mondo gli era crollato addosso e lui aveva sentito il proprio cuore spezzarsi e aveva pensato che sarebbe sicuramente morto, giacché com’era possibile sopravvivere quando ogni fibra del proprio essere, ogni invisibile particella dell’anima urlava di dolore?

 

Ricordava ancora, attimo per attimo, quel terribile giorno.

 

###

 

Si trovava a New York, aveva approfittato di alcune interviste per prendersi due giorni in più esclusivamente per sé… e per Viggo, naturalmente. Quel giorno aveva pranzato con una giornalista, l’ultima della serie, al ristorante del suo solito albergo.

 

Quando più tardi era risalito in camera, si era riempito un bicchiere d’acqua ed era uscito in balcone, per ammirare lo splendido panorama di quella città, così ricca di vita e movimento, soprattutto di giorno. Si era seduto su una comoda sedia e aveva incrociato le braccia sopra il piano di vetro del tavolino, appoggiandoci il mento.

 

La giornata era insolitamente tiepida e lui si era rialzato le maniche della maglia leggera, che portava sopra i jeans chiari, sopra i gomiti, lasciando che il vento gli accarezzasse le forti braccia. Una leggera brezza gli scompigliava dolcemente i capelli, facendogli ricadere i lunghi e soffici riccioli sulla fronte, ma non se ne curava. Aveva lo sguardo sognante e fiducioso di chi aspetta con ansia una felicità ormai prossima.

 

Viggo era rimasto a lungo a guardarlo, in silenzio, dalla portafinestra. Era entrato con la chiave che gli aveva mandato il giorno prima, aveva trovato la stanza vuota, ma era certo che l’avrebbe trovato sul balcone, e così era stato infatti. Ora si sentiva un verme: come poteva distruggere quell’ansia fiduciosa che gli leggeva in volto? Era il suo cucciolo, e presto l’avrebbe odiato.

 

Aveva fatto un passo in avanti e Orlando si era voltato verso di lui. Viggo aveva sentito una stilettata al cuore nel vedere quel sorriso carico di gioia trasfigurargli il volto. Quel sorriso che poteva rischiarare anche le giornate più buie e che tante volte, anche ora, gli aveva fatto mancare il respiro e pensare che gli Angeli non avevano affatto abbandonato questa Terra.

 

“Viggo…” la sua voce carica di emozione lo aveva fatto vacillare un attimo. Orlando si era alzato, con quella grazia e quella sensualità che accompagnavano ogni suo movimento e ancora lo sorprendevano.

 

Allora aveva allungato le mani davanti a sé, in un gesto di rifiuto che voleva allontanare tutta quella bellezza, tutto quell’amore che gli facevano risplendere il volto.

 

Orlando si era fermato di scatto, sorpreso, lo aveva fissato a lungo…. Era ancora più bello dell’ultima volta che lo aveva visto: i capelli gli erano ricresciuti in quei mesi e gli ricadevano morbidi sulla fronte, mossi appena dal vento. I suoi occhi, incredibilmente azzurri, quasi di ghiaccio, portavano così tanta dolcezza e tristezza da fargli provare un’indicibile tenerezza, che lo spingeva a spostare quelle mani che lo tenevano lontano e stringerlo a sé; come tante volte l’uomo che amava aveva fatto con lui. Ma allo stesso tempo, quella triste rassegnazione e quella stanchezza che gli leggeva dentro gli facevano paura. E allora aveva capito, come in un lampo che rischiara la notte. In fondo aveva sempre sospettato, in un angolo remoto della sua mente, che sarebbe venuto prima o poi il giorno in cui quello sguardo sarebbe apparso nel bellissimo, scultoreo, volto di Viggo.

 

“Mi spiace, Orlando” aveva detto quella voce che adorava. Quella voce che tante volte l’aveva ammaliato, trasportandolo in mondi sconosciuti e insospettati. Quella voce che da sola bastava a fargli raggiungere il piacere…

 

“Non possiamo andare avanti. Né per te, né per me… troppi sotterfugi… troppe bugie… troppe finzioni”  aveva concluso, mentre una lacrima si affacciava all’angolo di un occhio. Non aveva fatto nulla per scacciarla: era rimasta così, in bilico, sospesa, come quelle parole tra loro.

 

“Sai Vig? Spesso, ci ho pensato….” Aveva replicato Orlando, la voce bassissima, un sussurro quasi, per paura di interrompere quella atmosfera irreale che gli sembrava di vivere, “…ho pensato a come sarebbe stato se, fra di noi, le cose fossero andate in modo diverso…”

 

“Diverso… come?” aveva chiesto allora, Viggo, con la voce che gli tremava

 

“Non lo so. Diverso…”gli aveva risposto, sempre fissandolo negli occhi. “non so nemmeno se migliore o peggiore di come stiamo adesso, però…” aveva continuato con un’improvvisa energia “quando mi guardo indietro, vedo così tante strade lasciate vuote. Strade delle quali non riesco a vedere la fine, ma sempre assolate. E rassicuranti…” aveva concluso. Ormai le lacrime avevano iniziato a scorrergli liberamente, ma Orlando era rimasto immobile, continuando a guardare il suo Amore, con tutto il corpo in tensione. Viggo aveva pensato che mai gli era parso così bello e così irraggiungibile come in quel momento.

 

“Ora, davanti a me” aveva continuato il ragazzo, quasi tremando, “vedo altrettante strade vuote, ma non c’è più quel sole ad illuminarle… non c’è più quel sole a riscaldarle… solo... oscurità e… paura”

 

Viggo si era sentito stringere il cuore ancora di più. Aveva una tale voglia di abbracciarlo, scacciare il terrore che leggeva nei suoi occhi. Ma non poteva, non più ormai. Il loro era stato un magnifico, lunghissimo sogno, ma era ora che lo lasciasse libero per la sua strada. C’era troppo in gioco e lui non voleva assolutamente che la carriera di Orlando venisse penalizzata.

 

C’erano già state voci ed erano circolate un sacco di storie su di loro, anche se prontamente smentite, soprattutto con l’aumento delle apparizioni in pubblico di Orlando con Kate…

 

“Perché?” gli aveva chiesto poi Orlando, mentre la voce gli si spezzava in un sussurro.

 

Viggo aveva inghiottito le lacrime, aveva risposto in un soffio

 

“Perché è giusto così.” Poi si era voltato senza dire altro e se n’era andato.

 

I mesi seguenti erano stati terribili…. Orlando aveva superato il primo momento di stupore, poi all’angoscia era subentrata la furia: non poteva finire così, non doveva! Chissenefregava della sua carriera? Era Viggo, che lui voleva con tutto se stesso, solo lui. Aveva cercato in tutti i modi di rintracciarlo, ma l’uomo sembrava essere sparito nel nulla: aveva cambiato numero di cellulare, di casa, perfino dello studio di registrazione. Ma Orlando ancora non si era dato per vinto, aveva sfruttato ogni momento libero per cercarlo, aveva contattato tutti i loro amici, anche il figlio Henry…. Ed era stato proprio tramite lui che Viggo gli aveva fatto pervenire il messaggio… lo ricordava ancora, con la stessa intensità, lo stesso dolore. Ricordava come, seduto per terra di fronte al telefono, in una anonima camera d’albergo a Los Angeles, aveva ascoltato la voce di Henry, carica di tristezza, mentre piangeva a dirotto e stringeva convulsamente la cornetta tra le mani.

“Mi spiace Orlando, non so cosa gli sia preso, non ha voluto dirmelo…. Ho cercato di farlo ragionare, sta male perché gli manchi, ma  non vuole sentire ragioni. Mi spiace… non sai quanto vorrei costringerlo a chiamarti….”

 

Orlando aveva annuito, tra i singhiozzi. Era vero: da quando Henry li aveva scoperti era stato il loro più accanito sostenitore, li adorava e non avrebbe mai voluto che finisse così

 

“Mi ha detto… ecco, che devi smettere di cercarlo… che lui non ce la fa. Che così lo fai solo soffrire….”

 

Quelle parole erano state come una pugnalata per il giovane attore: Viggo soffriva davvero per causa sua.. lui, gli stava facendo del male… no, non l’avrebbe permesso: amava troppo quell’uomo per causargli ancora più sofferenza. Avrebbe fatto come voleva lui, l’avrebbe lasciato andare per la sua strada… magari sarebbe stato più felice, ma lui no, non avrebbe mai potuto dimenticarlo…. Non ricordava neanche la conclusione della telefonata. La mattina dopo si era svegliato sul pavimento gelido, con ancora la cornetta del telefono tra le mani, le guance rigate di lacrime, e aveva deciso che si sarebbe dedicato anima e corpo alla recitazione, null’altro avrebbe contato. Sarebbe diventato un grande attore, uno di cui Viggo sarebbe andato fiero….

 

####

 

Orlando si riscosse da quei pensieri, anche quella si era rivelata una scelta sbagliata.

 

Si alzò in piedi, ormai aveva deciso: era ora che riprendesse in mano le redini della propria vita; rientrò nella camera e si avvicinò al telefono. Chiamò un suo amico che lavorava all’Herald Tribune e gli chiese di organizzare una conferenza stampa per due giorni dopo, a New York: aveva una importante dichiarazione da fare. Si sentì molto meglio, dopo. Prenotò un posto sul primo volo disponibile e preparò la valigia.

….

 

Viggo si buttò letteralmente sul divano, era stanco morto: aveva lavorato come un ossesso in quell’ultimo periodo e aveva decisamente bisogno di una vacanza. Sorrise tra sé, tristemente, in realtà aveva bisogno solo di non pensare…. Non avrebbe potuto comunque prendere una vacanza da quello che gli si agitava continuamente nel cuore e nella mente. Prese la rivista che aveva lasciato sul tavolino la notte prima e studiò ancora quelle foto…. Gli si stringeva il cuore nel vedere Orlando così, con quell’espressione fintamente felice che ormai non ingannava più nessuno. Gli occhi cerchiati, come di chi non riesce a dormire, la carnagione troppo pallida e le guance scavate, cosa poteva essergli successo? Aveva preso in mano il telefono almeno mille volte, in quei giorni, e altrettante l’aveva riabbassato. In fondo che diritto aveva di cercarlo? L’aveva allontanato da sé, scacciato, gli aveva negato quel conforto e quella protezione che aveva giurato non gli sarebbero mai mancati….. lanciò lontano la rivista, basta, doveva allontanarsi da tutto questo. Chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi, ma lo squillo insistente del telefono lo costrinse ad alzarsi ancora.

 

“Papà, papà, presto: accendi la tele! vai sulla CNN!!!! Guarda, c’è Orlando!”

 

Viggo non aveva alcuna voglia di torturarsi ancora e cercò di protestare, ma la voce agitata e seria di Henry lo fece fiondare sul telecomando

 

“Papà, ti prego: è importante! Guardalo.”

 

Poi riattaccò, senza aggiungere altro. Viggo accese la televisione, sentendo un brivido di paura serpeggiargli lungo la schiena. Orlando era lì: bellissimo come sempre. L’uomo rimase a bocca aperta, come sempre, ogni volta che vedeva una sua foto o una sua ripresa. Eppure…c’era qualcosa di diverso. Non sorrideva, anzi, il suo sguardo era immensamente triste, il tono serio, le parole pacate e rassegnate, fortemente in contrasto con l’agitazione e l’urgenza dei giornalisti. Viggo sentì il proprio cuore perdere un battito, cosa era successo? Si passò una mano sui capelli, lunghi, e alzò il volume.

 

“…..mi spiace, spero che i miei fans capiranno, ma… ho preso la mia decisione. Non riesco più a continuare in questo modo, non ho più una vita mia, non ho più niente ormai” stava dicendo Orlando, e mentre lo diceva guardava fisso verso la telecamera, con gli occhi pieni di lacrime, come a voler inviare una silenziosa richiesta di aiuto.

 

Viggo si sentiva morire… il suo cucciolo stava così male, come poteva abbandonarlo? Avrebbe voluto tanto essere lì con lui, per dargli forza, coraggio, stringerlo a sé e ripetergli che andava tutto bene, che ci sarebbe stato lui al suo fianco, che avrebbero lottato assieme, ma… non poteva. Perché ora capiva che se Orlando era arrivato a questo, se aveva davvero deciso di rinunciare a tutto, era anche per colpa sua.

 

“Ma, signor Bloom, questo vuol dire che non reciterà mai più? Perché questa decisione?”

 

Viggo aspettò con ansia la risposta, non poteva essere vero… aveva pensato fosse solo una pausa, ma una cosa così definitiva….

 

“Per tener fede ad una promessa.” Rispose Orlando, gli occhi ora colmi di una risolutezza e una forza insospettabili.

 

Come un fulmine il significato di quella frase attraversò la mente di Viggo, conficcandosi infine nel suo cuore. ‘Non può essere’, pensò, ‘non può davvero riferirsi a.. quel giorno!’ ma le successive parole di Orlando sciolsero ogni suo dubbio.

 

“… non posso dirvi cosa esattamente. Diciamo che… quando ero ancora un Elfo che girava libero per i boschi, ho stretto un patto…” concluse, con una nota maliziosa nella voce e una piccola risata, sincera questa volta. Viggo lo guardava meravigliato, non credendo a quello che aveva sentito; lo sguardo di Orlando si era addolcito al ricordo, ma la tristezza che lo invadeva era tale da far piangere il cuore dell’uomo, che si lasciò cadere sul divano senza forze, ricordava fin troppo bene quel patto…. Come se fosse fosse appena stato suggellato.

 

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Era accaduto durante le riprese de “le due torri”, da poco tempo avevano trovato il coraggio di confessarsi i propri sentimenti e insieme si erano inoltrati in un mondo nuovo, magico, in cui tutto era ancora da creare a da scoprire, insieme. Approfittavano di ogni momento libero per stare insieme, per amarsi, per scoprirsi ancora ed ancora, mai sazi l’uno dell’altro.

 

Quel giorno, dovevano girare la scena dell’arrivo di Aragorn al Fosso di Helm e del suo incontro con Legolas. Viggo era abbastanza tranquillo, si era preparato bene e aveva ripassato coscienziosamente la parte, mentre aspettava l’arrivo di Orlando e degli altri attori. La sera prima alcune comparse avevano trascinato il suo giovane amore in giro per i pub, per festeggiare un compleanno. Orlando all’inizio aveva rifiutato, ma Viggo stesso aveva insistito perché vi andasse… avrebbe approfittato della sua assenza per terminare il quadro che intendeva regalargli per il compleanno. Orlando era rientrato tardissimo, come immaginabile, ed era crollato sul letto, senza neanche spogliarsi. La mattina Viggo se l’era trovato accanto e aveva sorriso, deponendogli un bacio delicato su una tempia. Si era preparato in silenzio, aveva fatto il caffè e poi gliel’aveva portato a letto, poggiandolo con cura sul comodino. Poi gli aveva accarezzato una guancia, delicatamente, e si era chinato per deporvi un bacio. Orlando aveva sorriso nel sonno e, dopo pochi attimi, aveva aperto gli occhi, mentre il volto si illuminava in uno dei suoi radiosi sorrisi.

 

“Buongiorno amore mio” gli aveva sussurrato Viggo, all’orecchio. “Ti ho preparato il caffè. Io vado, Pj mi ha chiesto di arrivare prima oggi, per discutere alcune scene.”

 

Orlando gli aveva fatto una smorfia di disappunto, poi aveva allacciato le braccia dietro il suo collo e l’aveva attirato contro di sé, catturando le sue labbra in un dolcissimo bacio. Quando poi si era staccato, con riluttanza, Orlando gli aveva sorriso ancora e il cuore dell’uomo si era scaldato di una felicità così intensa, così intima che gli era parso sul punto di esplodere. Si era praticamente costretto ad andarsene, perché sapeva che, se avesse indugiato ancora, sarebbe passato molto tempo prima che entrambi si presentassero sul set.

 

Pj lo aveva trattenuto a lungo, per cui non era riuscito a vedere il ragazzo al suo arrivo sul set. Quando poi gli era apparso davanti, nelle vesti di Legolas, e gli aveva sorriso, Viggo non aveva capito più niente. Quel sorriso, quello sguardo, esprimevano un amore così puro e incondizionato che lo avevano lasciato letteralmente senza fiato. Era rimasto imbambolato, incespicando sulle parole, e alla fine ammutolito, scordandosi le battute. Orlando era scoppiato nella risata cristallina che lo caratterizzava e lo aveva preso un po’ in giro, più tardi, mentre entrambi aspettavano le altre scene da girare. Avevano ancora addosso i loro costumi e Orlando aveva indossato anche la faretra e i pugnali, e gli puntava scherzosamente il dito contro, ridendo e prendendolo in giro. Viggo lo guardava sorridendo, senza ribattere, quant’era bello quel ragazzo, non poteva credere che lo amasse davvero. Con tutte le donne che avrebbero fatto di tutto anche solo per un suo sguardo, lui, Viggo Mortensen aveva l’onore di essere amato da quel giovane talento, da quella forza della natura che portava luce e gioia ovunque andasse. Più tardi, quando l’aveva raggiunto nel loro C-bago per cambiarsi, dopo che entrambi erano stati privati delle sembianze di Aragorn e Legolas dai truccatori, non aveva resistito. Orlando si era levato le armi del costume, poggiandole in un angolo, e lottava ora contro i lacci della casacca di Legolas, quando l’aveva sentito entrare, si era voltato ridendo, scherzando sull’abilità elica nel fare i nodi. Viggo non aveva detto una parola, si era levato il mantello, lasciandolo cadere sul pavimento, lo aveva raggiunto con due lunghi passi e l’aveva stretto a sé, catturandolo in un bacio intimo ed appassionato. Aveva poggiato con forza le labbra sulle sue, e vi aveva passato la lingua, costringendolo ad aprirle, era penetrato nella sua bocca, con un impeto ed una passione che avevano lasciato Orlando disorientato per un attimo. Il ragazzo gli aveva allora stretto le braccia attorno al collo, premendogli una mano sulla nuca per avvicinarlo ancora di più e ingaggiando una lotta con la sua lingua, che era destinata a non aver vincitori.

 

Viggo aveva soffocato un gemito a quel gesto imperioso, ecco un’altra cosa che lo sorprendeva sempre: Orlando sembrava così fragile, così etereo, invece… era capace di grande passione e quando si scatenava era quasi incontenibile. Viggo gli aveva slacciato con ansia febbrile i lacci della tunica, poi era passato ai pantaloni e in poco tempo, aiutato anche dal ragazzo, riuscì a spogliarlo. Si erano staccati per un attimo, ansanti, ed erano rimasti a fissarsi a lungo negli occhi. Poi, lentamente, Orlando aveva allungato le mani verso di lui e gli aveva sfilato la casacca di Aragorn, poi, sempre lentamente, gli aveva slacciato la cintura dei pantaloni e aveva continuato così, indumento dopo indumento, lentamente, sempre senza staccare gli occhi dai suoi, finché anche l’uomo non era rimasto completamente nudo davanti a lui. Allora, sempre lentamente, gli aveva passato una mano sul petto, seguendo la linea dei muscoli, che fremevano sotto quel tocco leggero e delicato. Si era avvicinato piano e aveva abbassato la testa, seguendo lo stesso percorso con la lingua, e tracciando così una scia di fuoco umido sulla pelle. Viggo ormai non capiva più niente, quando la bocca di Orlando aveva raggiunto un suo capezzolo e aveva preso a giocarci con la lingua e a mordicchiarlo dolcemente, aveva gettato la testa all’indietro, gemendo senza controllo. Orlando aveva sorriso compiaciuto, poi aveva preso a risalire, lungo la sua gola, leccando via le goccioline di sudore che ormai imperlavano l’intero corpo dell’uomo. Il camerino era diventato piuttosto caldo e anche il ragazzo aveva cominciato a sudare. Viggo gli aveva preso il volto tra le mani, cercando di fermare la sua avanzata, ma sentendosi inerme tra le sue braccia. Orlando era l’unico che lo facesse sentire così, l’unico con il quale poteva permettersi, almeno in quei momenti, di non essere forte, di non essere sempre attento e avere il controllo di ogni cosa. Lo adorava quando prendeva l’iniziativa e il modo malizioso con cui lo guardava quando lo sentiva abbandonarsi tra le sue braccia e le sue labbra, concedendoglisi completamente. All’improvviso gli era balenata davanti la visione di orlando, con addosso il costume di Legolas, di quella mattina. La sua eccitazione aveva cominciato a pulsargli dolorosamente e Viggo si era sentito afferrare da un’urgenza febbrile, quasi incontrollabile. Aveva rialzato di scatto la testa e cercato le sue labbra, baciandolo con passione e spingendosi completamente contro di lui, iniziando a sfregare i proprio fianchi sui suoi, in un movimento deliberatoriamente lento e sensuale. Orlando si era sentito mancare il respiro a quella mossa improvvisa e aveva capito che era finito il momento del gioco. Aveva alzato una gamba contro il suo fianco, Viggo allora l’aveva afferrato per le natiche, alzandolo da terra e spingendolo contro la parete. In quel momento gli era venuto in mente che non avevano niente, e aveva abbandonato quelle dolcissime labbra, spostandosi e guardandosi attorno per cercare il tubetto e i preservativi. Ma Orlando l’aveva fermato, stringendoglisi contro ancora di più e cercando ancora le sue labbra.

 

“ti prego” aveva mormorato ansante, mentre i loro respiri si fondevano, “ ti prego… non… resisto…. Ora Vig… prendimi ora, così….”

 

Viggo non aveva resistito a quella implorazione e quegli occhi fissi nei suoi, le loro fronti appoggiate l’una contro l’altra, in quel gesto così intimo, così tanto loro…. L’aveva rialzato ancora di più e, senza alcuna preparazione, l’aveva penetrato di colpo, catturandogli le labbra in un bacio infuocato, per soffocare il grido di dolore. Orlando era rimasto letteralmente senza fiato, si era sentito spaccare in due quando gli era entrato dentro, ma al contempo, sentire il suo amore dentro di sé, gli dava un piacere così intenso, così completo, che gli sarebbe bastato un minimo movimento per venire. Aveva accolto la lingua di Viggo nella sua bocca, così come aveva accolto il suo membro dentro di sé, ed ora lo baciava con forza, succhiandogliela e mordendogli le labbra, al ritmo delle spinte dell’uomo dentro di lui. Viggo ormai non resisteva più, sentiva che stava per cedere, perso nel calore di quel corpo accogliente e soggiogato sotto l’assalto di quella bocca. Aveva spostato bene una mano sotto di lui e liberato l’altra, per andare a chiuderla sul sesso del ragazzo. Anche Orlando era al limite, lo capiva, così aveva cercato di accelerare i suoi movimenti e le sue spinte. Quando aveva sentito che stavano per venire, aveva allontanato le labbra da quelle del ragazzo e, appoggiando la fronte contro la sua, gli aveva detto, tra un sospiro e l’altro

 

“ Promettimi che… non ti farai mai dominare da nessuno…. Promettimi che… deciderai solo tu … della tua.. vita….. promettimelo” aveva dato una spinta più forte, Orlando aveva gridato dal piacere, spingendosi ancora di più contro di lui e arcuandosi completamente all’indietro. Viggo aveva allora accelerato ancora i movimenti della sua mano, e continuato “Promettimi che… sarai sempre forte… per te stesso….” Un’altra spinta forte “Per me…” ancora un’altra “per noi…” un’altra, Orlando non resisteva più, non capiva più niente, perso nelle sensazioni di quell’assalto fisico e verbale. “Vi-Viggo…”

 

Era riuscito solo ad ansimare, abbassando la testa per fissarlo negli occhi, i capelli bagnati gli ricadevano sulla fronte, le labbra gonfie e arrossate dai baci, tremavano sotto la passione di quel corpo sul suo.

 

“Promettimelo…” aveva incalzato Viggo, spingendo ancora più forte, mentre sentiva già le prime ondate del piacere iniziare a travolgerlo.

 

“Te…te lo prometto…” aveva infine ansimato Orlando, prima di gettare all’indietro la testa e urlare, mentre veniva.

 

Viggo aveva sorriso soddisfatto, e vedendo il piacere trasfigurare il volto del suo amato aveva sentito che poteva lasciarsi andare e, con un’ultima spinta,  era venuto all’interno di quel corpo che amava tanto.

 

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Viggo si riscosse da quei ricordi, che gli facevano ancora un male incredibile, e fissò lo schermo davanti a sé, vide Orlando che si alzava dalla sedia e salutava tutti con la mano, allontanandosi. Si alzò di scatto, e allungò una mano verso di lui, quasi a volerlo trattenere. Per la prima volta, sentiva di averlo perso davvero. Fino a quel momento aveva bene o male, saputo sempre cosa faceva, come stava, seguendo i suoi movimenti tramite i film, le interviste, le varie notizie su internet, come avrebbe fatto ora? Non era possibile, non poteva davvero lasciare tutto così, e cosa aveva voluto dire con la storia della promessa? Il telefono squillò ancora, e Viggo si sforzò di tornare alla realtà.

 

“Papà…?” la voce di Henry era piuttosto preoccupata, sapeva che quella rivelazione era stata uno shock per il padre, aveva sconvolto anche lui. “Tutto bene?” chiese, sentendosi incredibilmente sciocco, certo che non andava bene, si disse. Ma Viggo apprezzò quel gesto di preoccupazione affettuosa e cercò di mascherare il tremito che si sentiva nella voce

 

“Certo, tesoro… solo… ecco, non me l’aspettavo. Orlando è un bravo attore, forse ha solo bisogno di un po’ di riposo, vedrai che è solo un momento e poi tornerà sulle scene. Ha la recitazione nel sangue, lui, non può farne a meno.”  Cercò di convincere anche se stesso, ma sapeva che non poteva essere così, conosceva bene quello sguardo determinato e fermo e sapeva che quella decisione gli era costata molto. Chiacchierò ancora un po’ col figlio, tranquillizzandolo, poi finalmente si ributtò sul divano, cercando di pensare cosa fare. Doveva assolutamente rintracciare Orlando, parlargli, fargli cambiare idea, solo.. come fare? Certo! Dandosi dell’idiota, afferrò il telefono e compose il numero della sua manager.

 

“Ah! Bella faccia tosta! Come puoi chiamarmi così? Tu, che hai distrutto la vita e la carriera di Orlando! È solo colpa tua! Se non l’avessi sedotto ora non saremmo così…”l’aggredì subito la donna, dopo che si fu presentato

 

“Ma, cosa stai dicendo? Io ho solo cercato il meglio per lui, sempre! L’ho aiutato e confortato sempre. L’ho amato, ho lottato con lui. Sei tu e quelli come te che lo hanno distrutto, con i vostri pregiudizi stupidi e le vostre manie di ricerca della star bella e perfetta, sempre felice… un manichino inutile nelle vostre mani!!!” si sfogò allora Viggo, perdendo per la prima volta la calma e gettandole addosso tutto il rancore che provava da sempre nei suoi confronti. “Stammi bene a sentire” continuò, con voce ferma e decisa. “Troverò Orlando e lo riporterò da me. E non permetterò più a nessuno, capito? Nessuno di separarci di nuovo! Ti ho dato ascolto, tanti mesi fa, quando mi dicevi che era per il suo bene, ma ora so che non è così, vero? Era solo per voi, per non rischiare di perdere la vostra perfetta bambolina sputasoldi…” Viggo sbattè la cornetta con rabbia, era davvero furioso. Passeggiò nervosamente per la stanza, cercando di calmarsi e di pensare a cosa fare per ritrovare Orlando, il suo telefono era infatti spento e alla rete televisiva, cui aveva telefonato, non gli sapevano dire niente, non era neanche nel solito albergo dove si fermava quando andava a New York…. D’un tratto gli balenò in mente un nome, sorrise, rinfrancato e cercò l’agendina. Poi sollevò la cornetta e digitò un numero…

 

……

 

Orlando sorrise per la prima volta dopo tanto tempo, finalmente era libero! Non poteva ancora credere di averlo fatto sul serio: aveva mandato finalmente al diavolo Robin e sentiva che la gabbia di vetro che l’aveva imprigionato in tutti quegli anni stava rompendosi in mille pezzi. Per la prima volta, dopo mesi, si sentiva quasi felice. Era tornato subito alla sua isoletta, aveva staccato il telefono, abbandonato il cellulare spento dentro la valigia, e si era concesso finalmente un lungo sonno ristoratore. Si era svegliato al tramonto e aveva preparato qualcosa di veloce da mangiare, portandosi il piatto nel balcone. Ora stava seduto sul dondolo, a guardare la sabbia dorata dagli ultimi raggi di sole e ad ascoltare il dolce infrangersi delle onde sulla battigia. Ad un tratto si drizzò, non era possibile, non poteva essere…. Si alzò, avvicinandosi alla ringhiera e afferrandola con così tanta forza che le nocche gli si sbiancarono. Lungo la spiaggia, una figura si avvicinava lentamente al suo bungalow, indossava larghi pantaloni chiari e una camicia azzurra a quadri, ma il sorriso…… quel sorriso Orlando l’avrebbe riconosciuto tra mille. Sentì il proprio cuore fermarsi con un sussulto, poi riprendere a battere furiosamente, mentre scavalcava la ringhiera e iniziava a correre velocemente verso l’uomo che si avvicinava, quasi nel terrore che potesse scomparire da un momento all’altro.

 

Viggo lo vide, in piedi, appoggiato alla ringhiera della terrazza, e sorrise, sorrise di gioia e commozione, sorrise al punto che sentiva il cuore scoppiargli in petto, per l’emozione di rivederlo davanti a sé. Quando lo vide saltar giù e corrergli incontro scoppiò a ridere e corse anche lui. Quando si raggiunsero, lo prese tra le braccia e nella foga caddero sulla sabbia, iniziando a rotolare, ridendo come due bambini.

 

Ad un tratto si fermarono, con le lacrime agli occhi, per le risate, il corpo di Orlando sotto quello forte di Viggo. Si fissarono intensamente negli occhi, poi il ragazzo alzò leggermente la testa e poggiò le labbra su quelle dell’uomo, muovendole piano, con dolcezza, riscoprendo quel sapore e quella morbidezza che temeva di aver perso per sempre. Viggo rispose al bacio con eguale tenerezza, e restarono così, per quella che parve loro un’eternità.

 

Poi, lentamente, Orlando si staccò

 

“Avevo promesso…” sussurrò Orlando, guardandolo intensamente negli occhi.

 

“Ti amo, Orlando” disse Viggo, semplicemente.

 

Orlando sorrise, sorrise davvero, con tutto il corpo, finalmente ebbro di una gioia che non aveva prezzo, non aveva confini, non aveva finzione….

 

“Ti amo, Viggo.”

 

The End ?

  

Dedica e note dell’autrice: allora, premetto che è in assoluto la mia prima fic del genere, per cui…. Clemenza!!!! Anche la scena d’impatto era la prima…. ^___^ spero però di migliorare con la pratica!!!!! :PPP vorrei dedicarla a quelle meravigliose persone che sono Viggo Mortensen e Orlando Bloom, che io adoro in assoluto. Poi, la dedico alle mellyn e alle wicked girls, grazie ragazze…. Non immaginate neanche come siete diventate importanti per me. In particolare: le mie beta: la nonna Venu, che rimane sempre il mio mito e la mia guida, e la mia twinuccia adorata Flo, che mi sopporta pazientemente e mi sostiene e incoraggia sempre. Grazie, piccola, sei fantastica!!!!! ^_____^  And last, but not least la carissima Ewyn e la battagliera Elf: due splendide ragazze che riescono sempre a trasmettermi entusiasmo, forza e allegria!!!