.|. Addio e' per Sempre .|.

PREMESSA

…due paroline per voi^^

Vorrei premettere come prima cosa che questa fic non sarebbe mai nata senza quest’anno vissuto all’insegna di Wicked Games, ma soprattutto senza le vostre storie…
Senza La Luna Dentro by Nil (la prima fic su LOTR che abbia mai letto!!), senza la Quadrilogia di maestra Ene ed in particolar modo Amarth (ç___ç = commoscion!!!)  senza le storie e gli splendidi disegni di Leia (*____*) nonché tutte le altre che ho avuto il piacere di leggere, senza i nostri meeting e tutto ciò che ne è scaturito… senza Legolas, Aragorn ed… Eldarion, al quale va un grazie particolare per avermi stress… ehm… aiutato a scrivere questa vicenda!!!

Questa fanfic vuole essere infatti un po’ la summa di tutte le emozioni che ho provato ed ho raccolto in questo anno leggendo le vostre storie e tutto quello che, insieme ai vostri personaggi mi avete trasmesso e vivendo con voi quest’esperienza meravigliosa!!!
Insomma… consideratela come una sorta di omaggio a WG, ma in particolar modo alla vostra fantasia e perdonatemi se il tutto è sfumato da una leggera malinconia, ma che ci posso fare… io se non drammatizzo non son contenta!!^^

In bene e in male, nella luce e nell’ombra, nell’attesa e nella nostalgia, nella gioia e nella tristezza non smettete mai di sognare… un incontro inaspettato può cambiare la vita!

Un bacio grande a tutte e… ora lasciamo la parola al nostro narratore (che diciamo è un po’ diverso da quello che abbiamo conosciuto o forse… dopo una lotta *lunga* e *dura* con il suo papy ha deciso di riscattarsi!!)

Ara

 

*NOTA: Tutte le date sono indicative. L’unica reale è il 2971 della III Era, in cui Aragorn ha più o meno 40anni.

 

Prologo

~

Terra di Mezzo,

anno 1431 della IV Era,

secondo il Calendario della Contea.

 

Accadde un giorno. Negli ultimi anni della Terza Era. E tutto proseguì sino all’anno 1421 e oltre.

Il Regno di Gondor ed in particolare la città di Minas Tirith, che fino ad allora avevano vissuto una vita tranquilla e senza troppi mutamenti, furono scossi da strani eventi, soprannaturali forse, magici senza dubbio.

Io fui testimone silenzioso di questi eventi, ma attesi a lungo, quasi cinquant’anni dal loro inizio, attesi il momento e l’epoca giusta, prima di prendere il coraggio tra le mie mani e la decisione definitiva: raccontare questa storia. La storia di mio padre.

E.

 

 

1. L'Ultima Notte

~

 

Gondor, Minas Tirith,

anno 2971 della III Era,

secondo il Calendario della Contea

10 Luglio

 

“Eldarion! Vieni a casa!”

Una voce echeggiò in tutto il giardino. Alzai di scatto la testa e intravidi il volto di mio padre al di

là del cespuglio sotto al quale mi ero nascosto.

Lui si trovava proprio sopra di me, mi stava chiamando dalla finestra della sua stanza.

Sorrisi. Era bello poterlo vedere dal luogo in cui mi trovavo, il mio nascondiglio segreto tra i rami.

Era bello poterlo vedere e non essere visto.

Fin da piccolo mi piacque osservare la sua vita e farne tesoro come qualcosa di prezioso ed immortale, che io avrei saputo conservare, quando un giorno lui non ci sarebbe stato più.

Lui viveva ed io catturavo. Presto mi avrebbe lasciato il suo bene più prezioso.

“Arrivo padre…” mormorai, mentre sgattaiolavo via dal mio nascondiglio.

Raggiunsi la sua stanza, la porta era semi-aperta e dal suo interno proveniva un venticello fresco e frizzante, che mi mise addosso fin da subito una grande allegria.

La prima cosa che notai fu il grande letto bianco, sfatto e forse troppo spazioso per ospitare, ormai da diversi anni, una sola persona.

Le tende vi svolazzavano sopra, lambendo dolcemente il materasso e i cuscini vuoti.

Sul tavolo erano sparse le innumerevoli carte che mio padre riordinava ogni sera e sbrigava al mattino, prima di ogni consiglio.

Era attento a tutto. Amava essere attento a tutto.

Vidi accanto al letto il vassoio della colazione… intatto.

Sospirai, anche quella mattina non aveva toccato cibo.

Mi chiesi come riuscisse a fare. Potevo percepire il dolore che serbava dentro di sé e molte volte mi domandavo come riuscisse a vivere e a pensare ad un intero regno, alla sua gente, a tutte le persone che lo circondavano, a me che ero ancora piccolo e il più delle volte capriccioso ed insofferente alla vita di corte.

Di che cosa viveva mio padre?
Non certo di grandi dosi di cibo, né dei piaceri della vita.

Forse erano i ricordi a mandarlo avanti.

Oppure i sogni.

“Eladrion! Dove ti eri cacciato? Stavo per mandare una guardia a cercarti!”

La sua voce mi distolse dai miei pensieri.

Mi avvicinai alla grande terrazza e lo vidi appoggiato di schiena al balcone con le braccia conserte che mi scrutava seriamente.

Ma non era arrabbiato. Sapevo che non lo era. Lui non si arrabbiava mai.

“Allora? Vuoi dirmi dove eri finito?”

“Ora sono qui!” risposi, eludendo la sua domanda

Aggrottò per un istante la fronte, forse innervosito di ricevere sempre la stessa risposta.

“Sei misterioso figliolo, troppo misterioso per un bambino di dieci anni!”

“Non sono più un bambino!” ribattei contrariato.

Mio padre sorrise.

“E sei anche testardo…!”

“Da qualcuno dovevo pur riprendere, no?”

“Nonché impertinente!” esclamò, cercando di stuzzicarmi, dopodiché si voltò nuovamente verso il balcone e riprese a guardare il panorama: tutto il villaggio, tutta la sua terra si stagliava dinanzi ai suoi occhi “D’accordo, d’accordo, non voglio conoscere i tuoi segreti, figlio mio… non sia mai!” sospirò “Avvicinati che devo parlarti…”

Mi avvicinai e lui mi guardò con quella sua aria dolce e profonda, con quella malinconia negli occhi che ormai mi ero abituato a conoscere.

“Oggi devo andare al villaggio e tu… verrai con me!”

Il mio volto s’illuminò all’istante in un sorriso. Adoravo andare al villaggio, c’era sempre tanta gente strana, divertente, diversa dalle noiosissime persone che popolavano la corte.

C’erano le botteghe degli artigiani, i venditori di giocattoli in legno, i negozi di dolci.

Solitamente mi accompagnava sempre qualche guardia fidata, oppure la donna che mi aveva cresciuto dopo che mia madre se ne era andata alla volta delle Terre Immortali.

Mai prima d’ora c’ero stato con mio padre.

Proprio con lui! A fianco del re! Sarebbe stata un’avventura del tutto nuova!

Gli saltai al collo e l’abbracciai forte, ma dopo poco mi scostò e riprese a guardarmi seriamente:

“Devo mostrarti alcune cose…” disse, avviandosi poi, nuovamente nella sua stanza “Va a preparati, Eldarion, partiremo tra poco…”

Non badai al tono della sua voce, non vi colsi una strana nostalgia o forse, in un certo senso, rassegnazione, tanto ero felice di poter trascorrere quella giornata così speciale accanto a lui.

 

Poco dopo eravamo già fuori dalle mura del palazzo e raggiungemmo finalmente il villaggio.

Subito l’atmosfera festosa e confusionaria che brulicava lungo quelle strade mi contagiò… saltai giù dal mio pony e trascinai mio padre con me da bottega a bottega.

La gente che camminava, i commercianti, gli artigiani non appena lo riconobbero s’inchinarono rispettosi e anche un po’ intimoriti dinanzi a lui, il re non era solito scendere al villaggio, o meglio, era da molti anni che non lo faceva  più… un tempo era diverso.

“Alzati, brav’uomo…” disse d’un tratto ad un anziano signore che si era inchinato al suo passaggio “Non siamo poi così diversi… se voi v’inchinate, dovrò farlo anch’io!” concluse ridendo.

Mio padre non si comportava come un semplice sovrano, tutti lo amavano perché era uno di loro, perché non badava alle formalità o alle grandi rimostranze, era un re buono e giusto, parlava con tutti, domandava, si preoccupava di ogni suo singolo suddito.

L’unica cosa che la sua gente aveva visto scomparire dal suo volto era il sorriso che lo connotava e quella luce negli occhi che non aveva mai smesso di brillare da quando aveva vinto la Guerra dell’Anello, da quando era salito al trono di Gondor, ma soprattutto da quando aveva sposato la Stella del Vespro: allora aveva toccato l’apice della sua bellezza.

“Ti piace tutto questo, Eldarion?” mi chiese d’un tratto, mentre c’incamminavamo per i vicoli del villaggio.

“Tantissimo padre!”

“E cosa provi per quegli uomini nelle botteghe?”

“Rispetto!”

“E per quei bambini laggiù?”

Guardai dinanzi a me e vidi un gruppo di ragazzi vestiti non troppo bene che si divertivano a giocare con una palla.

“Non so…”

“Sono come te, Eldarion, esattamente come te… avanti, guardali bene…”

“Ma…”

“Hanno forse un abito meno elegante del tuo, ma ciò non vuol dire che non puoi farci amicizia…”

“Si…”

“Bene, va a giocare con loro!”

“Ma io…”

“Avanti, vuoi dirmi che non hai una gran voglia di scorrazzare un po’ per le strade e tirare qualche calcio alla palla? Lo dici tu stesso che la vita di corte è noiosa!”

Sorrisi. Effettivamente era quello che volevo. Mio padre sapeva leggermi nella mente.

“Ti aspetto al tramonto fuori dalle mura della città, non tardare!”

 

Giocai tutto il giorno, esplorai ogni strada del villaggio, i bottegai ci regalarono dei dolci, giocammo al pallone, andammo nella zona proibita a spiare i vecchi uomini grassi e i soldati entrare nelle taverne, dove vi erano donne bellissime ed osti goderecci sempre pronti ad accoglierli.

Nessuno mi chiamò mai “il figlio del re”, nessuno mi tenne a distanza, né mi guardò con soggezione… io ero semplicemente Eldarion!

 

Il tempo passò velocemente e la sera giunse rapida.

Non appena vidi le luci del giorno bruciare nel cielo capii che era giunto il momento di andare.

Salutai a malincuore i miei nuovi amici e corsi verso le mura della città, avevo una gran voglia di raccontare tutto a mio padre, tutto quello che avevo fatto e che avevo visto… quasi tutto!

Avrei preferito di gran lunga vivere nel villaggio anziché tra le pareti dorate del palazzo.

Egli conosceva questo mio desiderio, ma sembrava che non gli dispiacesse, anzi, di giorno in giorno era lui stesso a fomentare sempre di più il mio amore per la gente del popolo.

Lo trovai appena fuori le mura della città, seduto su di una pietra, con gli occhi persi nell’immensa pianura che si stagliava davanti a lui.

Per un attimo mi sembrò che avesse riacquistato le sembianze del guerriero, lo sguardo fiero e i capelli arruffati del ramingo selvaggio, quel giovane malinconico che vagava per le lande sconosciute della nostra terra.

“Padre…”

Si voltò appena e sorrise, poi riprese a guardare il paesaggio.

Sembrava non volersene staccare.

Fui colto da uno strano presentimento.

“Ti sei divertito, Eldarion?” mi disse d’un tratto, interrompendo i miei pensieri.

“Si, tanto…” risposi, avvicinandomi un po’ titubante a lui.

“Era ciò che speravo…”

“Ora dobbiamo… tornare a casa, vero…?”

“Si… a casa…” mormorò con fare pensoso.

“Come ogni sera del resto!”

“Già… come ogni sera…” mi fece eco con un sussurro appena percettibile.

Mi sedetti accanto a lui e rimasi a guardarlo per un po’…era così strano, il suo corpo si trovava li, certo, ma la sua mente stava vagando altrove.

“Quella non è la direzione da dove è partita la mamma… il mare sta da un’altra parte…” dissi soprappensiero

“Lo so…” rispose e la sua voce s’impregnò di una profonda malinconia.

Abbassai gli occhi e non feci più riferimenti a mia madre, sapevo che per lui era troppo doloroso ricordarla. Si erano promessi amore eterno, ma poi lei per salvare la sua immortalità aveva dovuto lasciare la Terra di Mezzo prima del tempo.

Il velo della solitudine era calato sugli occhi di mio padre, e nessuno, me compreso, poteva sapere quanto quella perdita lo stesse consumando in silenzio.

Per lei aveva combattuto la Guerra dell’Anello, per il suo amore, per la sua razza, assieme a lei aveva costruito il suo regno ed ora tutto ciò che lo circondava era ricordo della sua presenza.

Avrebbe potuto cambiare lo stato delle cose, avrebbe potuto dimenticare, come del resto, ogni Mortale è capace di fare, ma gli Elfi gli avevano insegnato l’Eternità ed egli aveva imparato ad amare per sempre.

Lei, non sarebbe più tornata indietro…

“Cosa stai guardando…?” gli chiesi timidamente.

“Ti devo parlare!” rispose, voltandosi verso di me.

“Anche stamattina volevi parlarmi, poi non mi hai detto più niente!”

“Lo so, volevo prima venire qui con te…”

Continuai a guardarlo in silenzio.

“Volevo vedere quanto amassi il tuo popolo e sono felice di aver constatato che… il tuo cuore sia così grande!” sospirò e abbassò gli occhi “C’è una cosa che ti ho taciuto, Eldarion…”

Un gelo improvviso mi colse e quello strano presentimento m’invase ancora.

Chiusi gli occhi e compresi che il momento da me più temuto era già arrivato.

Nella mia mente echeggiarono le ultime parole di mia madre:

Quando lascerò queste Terre, sul volto di tuo padre calerà il velo della tristezza… egli è un Mortale, ma il suo cuore appartiene agli Elfi… soffrirà come uno di noi, e tu, figlio mio, dovrai accettare il tuo destino e la scelta della strada che egli intenderà percorrere…

Riaprii gli occhi, vidi la notte strisciare tutt’attorno a noi e d’un tratto mi resi conto cosa mio padre stesse guardando in quella direzione.

“Le stagioni si avvicendano, così come la vita…” prese a dire, sorridendo debolmente “Guarda… guarda Eldarion, la bellezza del mondo e tutto ciò che ti appartiene…”

Ebbi paura, scossi la testa.

“Questo un giorno sarà tuo, ti dissi una volta…”

“No…” mormorai

“E quel giorno ora è arrivato…”

“N..no, padre, no…” balbettai, indietreggiando di qualche passo.

Ma lui mi trattenne e mi abbracciò forte, cercando di calmarmi. Mi accarezzò dolcemente la testa.

“Non devi aver paura, figlio mio… oggi ho potuto vedere quanto io e te siamo simili, quanta fiducia posso riporre in te… tu, Eldarion, sarai un grande re!”

“Non voglio…” gemetti, nascondendo il volto contro il suo petto.

Lo sentii respirare a fatica, come se l’emozione lo stesse privando della stessa aria.

“Sai quanto io abbia amato tua madre, e la amo tutt’ora… la sua assenza mi sta prosciugando anche le ultime gocce di sentimento, e sai, figlio mio… non voglio arrivare all’ultimo dei miei giorni senza riuscire a sentire più nulla…”

“Ma… ci sono io qui…” mormorai, rialzando un poco la testa “Anche se mia madre non c’è più… non puoi amare me?”

Lo vidi sorridere… dolcemente…

“L’ho fatto e lo farò sempre!”

“Allora perché vuoi lasciarmi?” gridai, balzando improvvisamente in piedi “Perché è questo che stai per fare, non è vero? Non è vero?” ricaddi su di lui “Io non voglio che tu… raggiunga… la Casa dei Re…”

Sentii la sua mano continuare a carezzarmi la testa.

Sospirò profondamente. Non si aspettava che avessi intuito così facilmente le sue intenzioni.

“Là… potrò… conservare il mio amore… in eterno…”disse dopo poco.

“Lì morirai…”

“La morte non mi vincerà…” mi rialzò il volto “Guardami, Eldarion, gurdami… so che ora non puoi capire…”

“E’ una follia…” gemetti con voce rotta

“Ma devi essere forte, come forte è l’amore che mi lega a te e che da quei luoghi potrò trasmetterti più di quanto lo faccia qui…” abbassò gli occhi, si morse le labbra “Io… vi sto dimenticando… sto dimenticando tutti e non voglio che questo accada… prima che sia troppo tardi devo riuscire a fermarlo…”

“Ma io… ti voglio accanto…”

“Tuo padre ti sarà sempre accanto e non sarai mai solo!” disse, prendendomi per le spalle.

I nostri occhi s’incontrarono, nei suoi vi lessi l’irrevocabile convinzione della scelta, i miei trasudavano invece tutta la verità che sentivo nel cuore.

Annuii, ma dentro mi sentii morire.

“Promettimi una cosa…”

“Cosa, padre…?”

“Ama il tuo popolo, porta avanti con coraggio ciò che io ed  Arwen abbiamo costruito insieme, solo così ti saremo vicini entrambi in ogni istante e vivremo per sempre…”

“Te lo prometto…” mormorai mordendomi le labbra.

Egli mi strinse ancora a sé ed io appoggiai la mia testa contro la sua spalla. Ricacciai a forza le lacrime indietro, non volevo che mi vedesse così.

“Quando te ne andrai?” chiesi, stringendo nella mia piccola mano le sue vesti.

Mi baciò dolcemente la fronte.

“Stanotte, questa… è l’ultima notte.”

“Non… voglio…”

“Eldarion, ascoltami…” ma s’interruppe, quando vide le mie guance rigate dalle lacrime, che avevano preso a scorrere inascoltate. Mi strinse nuovamente a sé “Perdonami, figlio mio… ma non posso fare altrimenti… io… sono felice, davvero…io… desidero raggiungere le Aule di Mandos, è questa la mia scelta…!”

E questa la mia scelta…”

Come erano simili quelle parole ad altre che avevo già ascoltato.
Allora, era stato davvero già tutto deciso?

 

“Dovrai accettare il tuo destino e la scelta della strada che egli intenderà percorrere…

 

Con quelle ultime parole sussurrate dall’aria, lentamente chiusi gli occhi e mi addormentai contro il cuore pulsante di mio padre e il suo calore mi accompagnò lontano da ogni pensiero.

 

Quando arrivammo a palazzo, mi svegliai mentre lui, tenendomi in braccio, mi stava portando nella mia stanza, mi adagiò sul letto e mi dette un bacio sulla fronte.

Come ogni notte…

“Ti voglio bene…” sussurrai prima che lasciasse la stanza.

Lo vidi voltarsi appena, come se mi volesse nascondere i suoi occhi.

Non rimase un istante di più. Richiuse la porta alle sue spalle e sentii i suoi passi allontanarsi nel corridoio.

Quando se ne fu andato, calò su di me l’assordante rumore del silenzio, contemplai la notte e quella volta mi sembrò più oscura del solito.

Mi chiesi perché egli chiamasse la morte quando poteva ancora vivere l’amore. Diceva che non c’era più sentimento nel suo cuore, ma io non credevo alle sue parole.

Guardai ancora una volta fuori dalla finestra… lui se ne sarebbe andato, ombra tra le ombre, avrebbe detto addio al suo mondo per raggiungere qualcosa d’ignoto, forse un sogno, forse un’utopia.

Ed io rimasi l’unico testimone della sua scelta…

 

 

Aragorn entrò nella sua stanza.

Ripose tutte le carte in un angolo della scrivania come sempre, sfece il letto come ogni notte, ma non si distese neppure un attimo, raccolse i suoi vestiti e pose sul cuscino che un tempo era di Arwen il petalo di una rosa blu.

“Non posso dimenticarti…”

Alzò gli occhi e guardò il grande balcone che si apriva sulla notte, si diresse lentamente verso la terrazza e scorse la luna splendere alta nel cielo.

Le pietre di marmo, illuminate quasi a giorno, brillavano bianche tutt’attorno.

Più che un balcone, somigliava ad un grande altare nell’ombra.

Aragorn s’inginocchiò dinanzi al davanzale e senza staccare gli occhi dalla luna, dopo aver pensato un’ultima volta suo figlio, rivolse la sua preghiera ai Valar.

“Attendo che la vostra luce si posi su di me… anche se questo significa lasciare la mia terra prima del tempo, io desidero… che voi… ascoltiate la mia preghiera…” vide soltanto il tremolio delle stelle, come scosse da un’onda invisibile “Vi prego… vi prego…” sussurrò, mentre il cuore gli si riempiva di timori “…lasciate che vada… verso il luogo che mi è stato destinato dall’inizio dei giorni…”

Fu allora che l’astro brillò violentemente e sembrò incontrare lo sguardo dell’uomo e rapire le sue parole.

Aragorn sentì il suo cuore battere con forza… i Valar lo avevano ascoltato.

Dopodiché i suoi occhi si rivolsero verso Eldamar, sorrise…

“Perdonami Arwen… ma non riesco più a vivere una vita senza amore…”

Si rialzò in piedi e fece per rientrare nelle sue stanze. Lanciò un’ultima occhiata alla luna e sentì sulla pelle che da quell’istante il conto alla rovescia era iniziato.

 

Chiuse alle sue spalle la grande finestra e prese il mantello scuro che l’aveva accompagnato nei suoi viaggi da ramingo, pronto per incamminarsi verso il luogo prescelto, verso la sua immortalità.

Fece per uscire dalla stanza, ma qualcuno lo anticipò bussando alla porta.

Aprì l’uscio e si trovò davanti una sua guardia…

“Maestà, ci sono visite per voi!”