.|. The Matrix .|.

 

Quello che conta è l'amore, il voler bene... è sempre il desiderio, mai il tempo. Forse è tutto quello che ci è dato di portare con noi quando usciamo dal blu ed entriamo nel nero. Lieve consolazione, dirai, ma meglio che niente.
Stephen King

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1. Primi Contatti

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La sera stava calando sulla Grande via dell’Est, quando Aragorn il Ramingo giunse in vista del villaggio di Brea. Aveva viaggiato in fretta cercando allo stesso tempo di tenersi lontano dalle vie principali per non farsi notare troppo, gente poco raccomandabile si aggirava ormai da qualche tempo anche in quelle contrade che una volta erano state così placide.

Il Ramingo sospirò e si diresse al Puledro Impennato, la migliore locanda del villaggio, dove aveva appuntamento con degli sconosciuti che gli avevano fatto pervenire, attraverso persone di fiducia, un messaggio nel quale lo informavano che desideravano vederlo per offrirgli un incarico ben retribuito. Aragorn sperava che questo lavoro oltre che ben retribuito, come promesso nella lettera, fosse anche a lungo termine.

Negli ultimi anni la situazione bellica della Terra di Mezzo era stata fin troppo calma per un uomo che si guadagnava da vivere vendendo la propria spada al miglior offerente, e anche gli incarichi per accompagnare le carovane di mercanti si erano fatte più rare. Un amaro sorriso comparve sul volto affilato e aitante dell’uomo, lui, erede di una razza antica e onorata, lui, che avrebbe potuto rivendicare il trono del più importante regno della Terra di Mezzo: Gondor, lui, ridotto al ruolo di mercenario o guardia del corpo. Sospirò e con una scrollata di spalle scacciò quei pensieri, erano inutili, non aveva prove per sostenere rivendicazioni di quel genere: dov’erano l’anello di Barahir, i frammenti della spada Narsil, lo scettro di Annúminas? Tutti perduti lungo gli scoscesi sentieri del tempo. Meglio che il trono restasse nelle mani dei Sovrintendenti, che si erano dimostrati più affidabili e duraturi dei legittimi eredi.

Mentre era impegnato in questi cupi ragionamenti giunse davanti alla porta della locanda e mentre entrava si scrollò di dosso quei pensieri inutili: forse avrebbe avuto un nuovo lavoro e quella era la cosa più importante.

Nonostante l’aria all’interno della locanda fosse resa torbida dal fumo del camino e dal tabacco degli avventori e la stanza male illuminata, il luogo era pulito e Aragorn sapeva che le stanze erano confortevoli, il cibo saporito e il vino e la birra ottimi.

“Ma guarda chi si vede! Il vecchio Grampasso, erano almeno tre anni che non capitavi qui.”.

Era stato l’oste, Cactaceo, a rivolgersi ad Aragorn, il quale sentiva che sotto il tono bonario dell’uomo si nascondeva una notevole dose di diffidenza nei suoi confronti.

Il Ramingo infastidito, più di quello che mostrava, dall’invadenza dell’oste che aveva così richiamato su di lui l’attenzione degli altri avventori rispose in un tono di voce basso, ma tagliente come una lama: “Ho appuntamento qui con due signori Cactaceo, sai se qualcuno mi sta aspettando?”.

L’oste restò un attimo interdetto, poi, come se fosse stato colpito da un fulmine, esclamò: “Ma certo! Stamattina sono giunti due Signori su splendidi cavalli grigi, avvolti in mantelli grigio scuro, che hanno preso le stanze migliori, consumato i pasti in privato, e mi hanno detto che stavano aspettando l’arrivo di un uomo alto, dai capelli scuri... chissà cosa possono volere tali signori da un vagabondo come te?”.

Aragorn seccato dall’invadenza dell’oste gli disse con un tono più tagliente di quello usato prima: “Allora mi conduci da questi nobili signori, non vorrai certo farli attendere più a lungo di quanto sia necessario.”.

Cactaceo, nonostante fosse ancora dubbioso, lo condusse al piano superiore della locanda, bussò ad una delle porte, e dopo aver avuto il permesso di entrare, introdusse il Ramingo e se ne andò con aria perplessa.

Aragorn restò nella stanza, un grazioso salotto con un camino acceso e tre poltrone davanti ad esso. Due erano occupate da uomini alti, dai capelli scuri e vestiti di diverse tonalità di grigio, alcune chiare, lucide e cangianti, altre cupe e opache. Le luci del camino giocavano sui vestiti dei due uomini, ma lasciavano in ombra i volti, anche se ogni tanto traevano scintille dai loro occhi. Uno dei due alzò una mano in un gesto di invito e disse: “Accomodati accanto a noi, figlio di Arathorn.”.

Aragorn avanzò cautamente e prese posto sulla poltrona libera, trovandosi così seduto tra i due misteriosi sconosciuti.

“Signori,” disse “voi siete in vantaggio su di me: sapete chi sono, mentre io non conosco neppure i vostri volti.”.

Gli uomini restarono ancora silenziosi, anche se Aragorn aveva la sensazione che stessero sorridendo.

“Hai ragione Aragorn,” disse quello seduto alla sua destra, e alzatosi cominciò ad accendere le lampade che si trovavano nella stanza.

Il Ramingo trattenne il respiro, via via che la stanza veniva illuminata le fattezze dei due sconosciuti si faceva più definita: capelli neri, lisci e lucidi, occhi grigi in cui scintillavano miriadi di stelle, tratti che sembravano cesellati e orecchie lievemente appuntite! Elfi, e per di più gemelli, cosa rarissima. 

Aragorn era sconcertato: era raro incontrare gli elfi nella Terra di Mezzo, e non perché ce ne fossero pochi, ma perché erano diffidenti verso tutti gli altri popoli, si tenevano in disparte in città nascoste, come nei tempi remoti in Gondolin e in Menegroth. Eppure ora due membri di quella razza erano venuti a cercarlo, due elfi che conoscevano il suo nome e la sua discendenza.

“Signori,” parlò nuovamente Aragorn “posso ora conoscere i vostri nomi e la ragione per cui mi avete cercato.”.

“Io sono Elladan,” disse l’elfo che aveva acceso le lampade e ora era in piedi accanto al camino. “Lui è mio fratello Elrohir, altro non possiamo dirti per il momento sulla nostra identità. In quanto alla ragione per cui ti abbiamo cercato ti rivelerò quello che posso.”. L’elfo tacque un attimo fissando il fratello negli occhi, Aragorn comprese che tra i due stava avvenendo qualche tipo di comunicazione che lui non poteva comprendere e trattenne il respiro incuriosito di sapere quello che sarebbe seguito e al tempo stesso grato di poter studiare e ammirare quelle due creature per lui aliene, ma estremamente affascinanti.

“Noi siamo solo dei semplici messaggeri,” aveva ricominciato a spiegare Elladan, strappando il ramingo dalla sua contemplazione. “La persona che ti cerca ci ha mandato avanti per prendere i primi contatti e vedere quanto potevi essere interessato alla sua offerta.”.

Il Ramingo sorrise, finalmente si tornava a discutere su un terreno solido, e rispose: “E posso sentirla questa offerta?”.

“No.” Rispose Elrohir parlando per la prima volta. Aragorn guardò l’elfo sorpreso ed un po’ preoccupato chiedendosi se quella non fosse un qualche genere di trappola in cui era stato attirato e gettò un’occhiata veloce alla propria spada.

“Mio fratello voleva dire che non portiamo nessun messaggio composto di parole,” interloquì Elladan “Noi ti portiamo come messaggio un pegno.”. Detto ciò estrasse un oggetto molto piccolo da una tasca e lo tese ad Aragorn tenendolo tra le dita in modo che non potesse vedere che cosa fosse. Il Ramingo tese la mano, quasi senza accorgersi di quello che stava facendo, e senti qualcosa di freddo posarsi nel suo palmo, mente l’elfo ritirava lentamente la mano.

Aragorn osservò l’oggetto, era un anello simile a due serpenti d’oro, dagli occhi di smeraldo, le cui teste si univano sotto una corona di fiori, che uno reggeva e l’altro divorava. Era l’anello di Barahir! Il Ramingo alzò gli occhi stupefatti sull’elfo che si limitò a sorridere e poi disse: “L’anello dei tuoi avi ti viene restituito senza condizioni, figlio di Arathorn, tienilo! Ma ben altro potrebbe esserti restituito se sei disposto a seguire le nostre indicazioni senza domandarci nulla per il momento. Adesso però basta, la notte procede e non è il tempo delle decisioni! Domani mattina ci dirai cosa hai deciso.” Concluse Elladan dirigendosi verso la porta insieme al suo gemello che un attimo prima di uscire si volse verso lo stupefatto Ramingo e gli disse: “Non tormentarti con i dubbi Aragorn, riposati questa notte, e decidi domani con la mente leggera.”.

 

Aragorn restò a lungo solo davanti al camino osservando l’anello dei suoi antenati e riflettendo sulle poche indicazioni fornitegli dai due elfi e alla fine prese la sua decisione. Dopodiché si infilò l’anello al dito ed andò a cercare Cactaceo per farsi dare qualcosa da mangiare e una stanza per dormire.