.|. Il Patto .|.

Capitolo 9

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Nonostante la ferrea decisione di Aragorn di non avere contatti fisici con Legolas sino a che non avesse chiarito tutto con Arwen, le sere successive l’uomo aveva lasciato la porta socchiusa ed aveva atteso con ansia l’arrivo del suo luminoso amante.

Adorava vederlo entrare silenzioso come solo lui sapeva essere, mentre l’alone di luce che lo circondava sempre sembrava aumentare d’intensità appena i loro sguardi s’incontravano.

Ogni volta che rimaneva da solo con i suoi pensieri, l’angoscia per l’imminente arrivo di Arwen e la confessione che avrebbe dovuto farle lo invadevano con prepotenza, ma bastava immergersi in quei laghi blu che erano gli occhi di Legolas perché tutto passasse in secondo piano e scomparisse dalla sua mente non appena le loro mani si sfioravano.

Quella sera non faceva eccezione.

L’elfo si chiuse la porta alle spalle e fece scattare la serratura per essere certo che nessuno li disturbasse, poi si avvicinò al letto e salì gattonando su di esso fino a raggiungere le labbra del re di Gondor.

“Le sí (Sei qui…)”mormorò dolcemente l’uomo non appena le loro labbra si separarono.

“A im nathon sí an uir (E lo sarò per sempre…)”

Si baciarono nuovamente.

“Legolas… domani…”
”Non pensare al domani… sono qui per tenere fede ad un patto cha abbiamo fatto in un bosco quando tutto era in dubbio e non esisteva che il presente… vivi quest’oggi! Vivi questa notte con me… e non pensare al domani… Indio fael na le…a na nin…meleth…(Pensa solo a te… e a me… amore…)”

“Han cerithon (Lo farò)” sussurrò stringendo a sé l’ Elfo  e accarezzandogli la schiena con mani voraci.

Lo fece sdraiare sul letto e si mise a cavalcioni su di lui ripercorrendo con la lingua le stesse strade tortuose e gli stessi arabeschi che avevano tracciato le sue mani fino a poco prima.

Risalì dai glutei alla schiena, poi le spalle, il collo ed iniziò a mordicchiare le sensibili orecchie dell’elfo.

“Estel…”
“Im sí…ned i si…ned i si ammen (Sono qui… nel presente… nel nostro presente…)”

Legolas si voltò e le sue labbra ci posarono di nuovo su quelle di Aragorn e approfondì il bacio tirando verso di sé il capo dell’uomo per avervi migliore accesso.

Le sue dita giocavano con quegli scuri capelli annodandosi tra di loro.

Entrambi avevano il viso arrossato e il respiro affannoso quando si separarono, ma quello maggiormente perso era Aragorn.

Legolas poteva sentire lo sguardo dell’uomo vagare su tutto il suo corpo.

“Man anírach? (Cosa desideri?)” chiese divertito.

“Le…(Te)”

“Prendimi allora…”

 

I loro sospiri riempivano l’aria, mentre in un’altra stanza, qualcuno stava sdraiato nel letto della propria camera ed era immerso nei suoi pensieri.

Sospirò.

Re Elassar… lo aveva visto stringersi in modo molto più che amichevole… non riusciva ancora a crederci… non poteva essere vero.. non DOVEVA essere vero…

Presto tutto sarebbe saltato fuori e allora cosa sarebbe successo?

Uscivano ora da una guerra e l’ultima cosa di cui avessero bisogno erano un guerra interna! Tra alleati!

Sospirò nuovamente continuando a guardare il soffitto.

 

Aragorn si svegliò il mattino dopo nella propria stanza, la luce filtrava debolmente dalle finestre.

Mosse un braccio per accarezzare la persona con cui aveva condiviso la notte di passione e si rese conto che il giaciglio era freddo.

“Legolas?” chiamò debolmente.

“Ben svegliato mio re…” sussurrò divertito l’Elfo alzandosi da una sedia.

“Che ora è?”

“È l’alba… io devo andare prima che il palazzo si risvegli e qualcuno mi veda uscire dalla tua stanza.”

“Oggi arriverà Arwen…” mormorò l’uomo.

“Lo so… hai già deciso cosa le dirai?”

L’uomo mosse il capo in senso di diniego.

Aveva deciso da tempo di dirle tutta la verità… ma non sapeva come farlo!

L’elfo si diresse verso la porta, poi si volse a guardarlo un’ultima volta prima di uscire.

“Io non m’immischierò Aragorn. È giusto che lei lo venga a sapere… e che lo venga a sapere da te.” Sospirò “in ogni caso se avessi bisogno di me sai sempre dove trovarmi. Chiamami e verrò.”

 

Aragorn osservò a lungo la porta che si era richiusa mentre sentiva la tristezza entrargli nell’animo ora che quella creatura luminosa non era più con lui.

Doveva abituarcisi.

Da quel momento sino a quando tutto non fosse stato chiarito non avrebbe più rivisto Legolas come il suo amore, ma solo come un semplice amico… un compagno di viaggio, non di camera…

Un amico… beh… Forse qualcosa più di un semplice amico…un caro amico… ma nulla di più.

“… mellon… (… amico…)” sussurrò nell’aria.

Quella parola elfica si era già resa utile davanti alle miniere di Moria e sperava tanto in cuor suo che si rivelasse utile anche questa volta.

 

 

“Padre… siamo quasi arrivati…” mormorò Arwen illuminandosi.

“Lo so figliola…” re Elrond osservò la figlia per qualche secondo, poi distolse lo sguardo “Arwen.. sei sicura della tua scelta?”

“Padre… ti prego! già troppo a lungo abbiamo discusso di ciò! Preferisco vivere una sola vita con lui che tutte le ere di questo mondo da sola.” Detto ciò la fanciulla accelerò l’andatura e si scostò dal padre.

“La scelta sta a lei…” sussurrò nella sua mente la voce dolcissima della signora di Lothlòrien.

“Han iston Galadriel…dan sen naegratha hen (Lo so Galadriel… ma lei soffrirà…)”
”Ú gosto…radatha na hen i tîr men (Non temere… saprà scegliere da sola la strada giusta.)”

“I lû ammen sí methad…ae aníratha baded na Valannor, in gwaith gelithar…dan hûn dîn na sí a sí darthatha… (Il nostro tempo qui è finito… se vorrà partire per i Valinor molti gioiranno… ma il suo cuore è qui e qui resterà.)”!!!!

“Sen im goston Celeborn…sen goston (è questo che temo Celeborn… è questo che temo…)” 

 

Finalmente gli elfi erano giunti a Gondor, gli umani sopravvissuti li guardavano stupiti, fino ad allora nella città avevano visto solo Legolas e pochi di loro potevano vantarsi di averli veduti in precedenza.

Fu un’entrata solenne e ordinata, ogni loro singolo gesto pareva essere parte di un antico rito sacro.

“Mae govannen (Benvenuti)” li salutò Aragorn andando loro incontro.

Arwen sorrise nel vederlo e i suoi occhi si riempirono di gioia.

I sovrani dei due popoli si stavano  ancora salutando con formule di etichetta quando Arwen s’accorse che il suo amato non portava al collo l’Evenstar, il gioiello che lei stessa gli aveva donato prima di lasciarlo partire per la missione.

Un’ombra calò sul suo viso mentre cercava di convincersi che l’uomo non lo indossava solo perché era in veste ufficiale e lo teneva al sicuro nella sua stanza.

In realtà il ciondolo era sì nella stana del sovrano, ma giaceva dimenticato nella tasca della tunica che aveva indossato durante il viaggio.

I servitori accompagnarono gli elfi nelle camere messe a loro disposizione e Arwen non rivide Aragorn sino all’ora di cena.

 

L’uomo aveva finito di dare ordini per gli ultimi preparativi per la cena e ora era seduto nel salone in attesa dei suoi ospiti.

“Ehi! Fai piano!”

“Shhh!! Non vorrete ci scoprano!”

“Fate guardare me!”

“No!”

“Sì!”

“Smettetela o ci scopriaaaaaaaaaa……”

Aragorn aveva aperto di colpo la porta e si ritrovò davanti Sam, Merry e Pipino.

“E voi che ci fate qui?”

“Volevamo solo fare uno spuntino…!” rispose Merry rimettendosi in piedi.

“Ma l’avete fatto poco fa… me lo hanno detto alle cucine.”

“Questa scena mi ricorda qualcos…ahi!” Pipino si massaggiò la testa dolorante raccogliendo la mela che l’aveva colpito.

Aragorn guardò i suoi tre amici e sorrise apertamente.

“Finalmente sorridi! Da quando siamo in pace non vedo che angoscia sul tuo volto…” mormorò Sam, poi aggiunse “come su quello di Frodo…”

“Dov’è Frodo, Sam?”
”Ha detto che voleva riposare fino all’ora di cena… ma io credo sia andato da Sire Elrond, Lady Galadriel e Lord Celeborn…”
Aragorn annuì pensieroso e solo quando si volse si rese conto che Merry e Pipino stavano mettendo a dura  prova le scorte del regno.

“Aragorn…”

“Arwen…”

“Fino ad ora non ho avuto modo di stare in tua compagnia… gli impegni del regno ti gravano addosso e ti hanno trattenuto dal venirmi a salutare di persona?”

“Arwen… credevo volessi riposare dopo il lungo viaggio.”

“Boe an nin arnen na, a palan o delu nad an nathad mae (Mi basta averti vicino a me e lontano dai pericoli per essere nel pieno delle forze)”

In quel momento un vociare confuso attirò la loro attenzione e Faramir ed Eomer entrarono nel salone, seguiti poco dopo da Gimli che chiacchierava amabilmente con la dama Eowyn.

Gli occhi di Eomer incontrarono per un istante quelli di Arwen e si sentì abbagliato dalla bellezza della Stella del Vespro.

“Non credo vi abbiano già presentati… Costoro sono Eomer, nuovo sire di Rohan, sua sorella Eowyn e Faramir, secondogenito di Denethor, sovrintendente di Gondor. Signori… vi presento Arwen Undòmiel, figlia di re Elrond.”

Arwen arrossì imbarazzata, i tre la guardavano  stupiti dalla sua bellezza elfica.

Poco dopo anche gli altri ospiti si riunirono nel salone traendola fuori dall’imbarazzo.

 

La cena fu lunga e la conversazione si protrasse sino  tarda notte.

Aragorn faceva di tutto per non guardare Legolas, che sedeva molto distante da lui, e al contempo cercava di evitare lo sguardo indagatore della signora di Rivendell.

Doveva parlarle… lo sapeva fin troppo bene!

Ma erano appena giunti… non voleva perturbare quella quiete che era appena stata reinstaurata!

Finalmente tutti gli ospiti si ritirarono, ma lui fu trattenuto da Eomer e Faramir che volevano parlare del futuro che aspettava la razza degli umani.

“Gli Elfi lasceranno presto queste terre ed allora non potremo più avvalerci della loro sapienza millenaria!” commento Eomer.
”Però non possiamo legarli a queste terre poiché finirebbero col perirvi! Una questione spinosa” commentò Faramir.

“Ciò che dite è vero… ma la loro partenza non significa altro che ora sta a noi uomini prendere tra le mani il nostro futuro e rafforzare al nostra anima! Credetemi… io lo so meglio di altri poiché la mia stirpe è stata macchiata da quella debolezza così umana…”

“Aragorn… capisco cosa volete dire… ma abbiamo bisogno di loro! Solo per qualche tempo… pochi anni! Cosa volete che siano una manciata di anni in confronto all’eternità?!” Eomer non riusciva a stare fermo un momento.

“E poi qualcuno resterà in queste terre, non è vero sire? Potremmo avvalerci della sapienza di Arwen… è la vostra promessa sposa…”

Aragorn ed Eomer s’irrigidirono.

Arwen… la sua futura sposa che non avrebbe mai potuto amare come una moglie.

Questo pensiero ossessionava il re di Gondor.

Nella mente di Eomer passavano invece altri pensieri…

Arwen… quella bellissima donna elfo che aveva incontrato nel salone… il suo cuore ne era rimasto fulminato… eppure era promessa al suo alleato…

Faramir li osservava entrambi.

Si era reso conto subito che il re di Rohan non era indifferente alla fanciulla elfica…

E poi aveva visto qualche sera prima re Aragorn e il principe Legolas scambiarsi dolci effusioni da amanti!

La sua mente gli ordinava di chiedere spiegazioni al suo re, ma il suo cuore che era già innamorato di quel nuovo sovrano gli diceva di restare fuori dalla questione.

Dopo parecchi minuti di silenzio Eomer mormorò.

“Se restano qui… moriranno di sicuro?”

“Sì… se qualche Elfo resterà qui sarà per amore, perché non c’è altro oltre all’amore per cui un Elfo potrebbe rinunciare alle Terre Immortali.” Aragorn prese fiato “E poiché coloro che vivono in queste terre sono mortali gli elfi che li amano si lasceranno consumare dal dolore per la loro morte e…” Aragorn scosse il capo incapace di continuare.

“Moriranno…” mormorò Faramir.

“Allora non c’è soluzione…” aggiunse.

“No… non c’è…”detto questo Aragorn si alzò di scatto “Ora, se volete scusarmi, sono molto stanco.”

 

Aragorn uscì dal salone e corse nei lunghi corridoi sino ad arrivare al giardino illuminato dalla candida luce della luna piena.

“Moriranno… li farò morire entrambi! Se scelgo di tenere al mio fianco colui che possiede il mio cuore alla mia morta lui morirà con me… se invece accetto il mio fato e sposo Arwen allora sarà lei a perire… e Legolas? Legolas potrebbe vivere nelle Terre Immortali senza di me?!”

Il suo cuore ebbe un sussulto.

Era davvero ciò che voleva?

Voleva davvero vedere partire Legolas e accettare che donasse il suo cuore ad un altro?

No! Non l’avrebbe mai permesso!

Ma così l’avrebbe ucciso!

“Troppi affanni occupano il tuo cuore Signore dell’Albero Bianco.”

“Galadriel.”

“Vuoi che ti mostri il tuo futuro?”

“Ma i poteri… non gli avevate persi mia signora?”

“Si stanno affievolendo ogni giorno di più ma non sono ancora nulli… allora… vuoi che ti mostri cosa potrebbe accadere?”
Aragorn annuì e osservò la Dama del Bosco D’Oro mettersi accanto a lui e sfiorare con le dita sottili la superficie dell’acqua che s’increspò delicatamente.

Il liquido continuava a muoversi quando iniziò a comporsi un volto.

Era il volto di Arwen che sorrideva stringendo a sé un bambino.

“Eldarion… saluta tuo padre.”
“Adar…”

Il re tese istintivamente la mano per accarezzare il bambino che stava correndo sulle sue piccole gambette verso lui stesso nel futuro.

“Eldarion… vieni ad abbracciarmi!”

Quello era lui… un uomo maturo ma ancora nel pieno delle forze e stringeva a sé il suo primogenito, mentre la sua sposa li guardava sorridendo.

“Eldarion…” sussurrò incredulo da ciò che vedeva e udiva.

“Se ti unisci a Legolas non avrai figli… lo sai bene… Eldarion non nascerà mai e Gondor sarà divisa da una nuova lotta per l’elezione del nuovo sovrano.”

Le immagini erano scomparse e ora il ramingo poteva vedere sé stesso e la Dama elfica riflessi nell’acqua.

“E Legolas? Cosa sarà di lui se sposerò Arwen?”

“Lo specchio non lo ha mostrato…”
”Perché non lo ha mostrato?”

“Non posso saperlo… forse i miei poteri indeboliti non lo permettono…”
”O forse tu non mi vuoi mostrare cosa accadrebbe a lui! E nemmeno che cosa succederebbe se decidessi di unirmi a lui!” urlò il re voltandosi.

“Non è nelle mie mani il tuo destino… solo nelle tue e in quelle dei Valar.”

 

Aragorn osservò a lungo lo specchio d’acqua dopo che la Dama si era allontanate e poi lo colpì con il pugno chiuso.

Subito altre immagini apparvero.

C’era ancora Arwen e, accanto a lei, il loro figlio che era ormai un uomo.

Arwen era sempre bellissima, ma aveva gli occhi gonfi di pianto.

La vide posare una rosa bianca sulla statua che lo raffigurava.

Era morto… era il suo funerale…

Voleva andarsene! Non voleva assistere al suo funerale!

Eppure una forza lo obbligava a rimanere lì a guardare.

La scena mutò di nuovo.

Doveva essere passato qualche anno.

La rosa oramai era ridotta in polvere e la sua tomba iniziava ad essere ricoperta da rampicanti.

Vide un uomo incappucciato avvicinarsi.

“Ho bisogno di te… ho ancora bisogno di te dopo tutto questo tempo… non te l’ho mai detto ma non sono mai partito per i Valinor… ho atteso… in silenzio… osservandoti da lontano… ed ora che non ci sei più non ho motivo di continuare a nascondermi.”

Quello che Aragorn credeva un uomo si tolse il cappuccio e liberò una massa di capelli biondi e delle orecchie a punta.

“Legolas…” sussurrò continuando a guardare.

L’elfo aveva le guance scavate, gli occhi arrossati e delle profonde occhiaie…

“Ho bisogno di te… fino a che potevo guardarti da lontano il mio corpo a resistito… ma sono bastati due anni senza la tua vista che il mio corpo a cominciato a perire… Ti amo Aragorn. Ti ho sempre amato… Anche quando per te era solo un patto di amicizia e consolazione… anche quando giocavi con me… anche quando mi allontanavi… anche quando mi giuravi che avresti passato il resto della vita con me ed invece ti donasti a lei…” sospirò “Anche ora che sei morto tra le sue braccia. Ti amo… e nulla potrà cambiare ciò.”

Vide l’Elfo chinarsi a baciare la statua che lo raffigurava sulle labbra e poi lo guardò accasciarsi a terra senza forze.

“Im melin le… (Ti amo… )” sussurrò l’elfo un’ultima volta.