.|. Passaggi .|.

Nota dell’autrice: Solo poche parole: da questo capitolo ho cambiato registro. Ho deciso di rendere il tono della narrazione un po’ più colloquiale, perché avevo bisogno di una storia che fosse rilassante da scrivere e che per quanto riguarda lo stile non dovesse risultare troppo controllata. Mi scuso fin d’ora se la troverete scritta in maniera forse un po’ troppo “semplice”, ma spero che non vi deluda!

Vi prego fatemi sapere che cosa ne pensate.

 

3. Come Perso in una Notte Senza Tempo

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Scoppiò il caos. Tutti si alzarono contemporaneamente e iniziarono a gridare. E in  mezzo a tutta quella confusione la figura solenne del Gran Maestro catturò la mia attenzione. Se ne stava lì, immobile, con le mani levate verso il cielo imperturbato e con quel suo viso grave, sul quale potevo scorgere facilmente l’intensa concentrazione e lo sforzo immane con il quale cercava di protendere innanzi a sé la propria mente. Doveva far breccia in quell’oscura colonna per sedare la furia dell’energia scatenatasi nell’istante in cui Elijah aveva perso conoscenza e l’incantesimo era stato infranto prima di essere stato debitamente concluso.

Mi ritrovai a fissare quel vortice oscuro, che si levava alto da terra, minacciosa barriera tra noi e il corpo del giovane Principe. La nausea strisciò in me e mi parve come di essere stato trascinato in un luogo sospeso nel vuoto e avvolto da un senso di corrosiva disperazione, che attendeva in agguato nell’ombra. Rischiai di perdermi nel turbinio di materia ed energia, travolto da quel torbido malessere che mi stringeva da ogni parte. Ma qualcosa d’improvviso mi salvò, strappandomi al panico crescente. Una mano si era stretta convulsamente intorno al mio braccio.

Orlando si trovava un passo dietro di me e non potevo scorgere il suo volto. Tutto era avvenuto così rapidamente, che quasi stentai poi a ricordarmene. Avevo iniziato ad avanzare, attratto verso la piattaforma del Rito da una forza ignota, come se fossi stato ipnotizzato o se mi trovassi in un sogno e agissi senza sapere cosa stessi facendo, quando qualcosa dentro di me mi intimò di fermarmi. In quello stesso istante sentii che le dita di Orlando si erano chiuse intorno al mio braccio e tutto ad un tratto quella sensazione rapì per alcuni lunghi istanti tutta la mia consapevolezza: quel contatto era l’unica cosa che percepivo. Una parte di me continuava ad osservare la scena che mi si svolgeva davanti agli occhi. Sapevo che il Gran Maestro sarebbe riuscito a placare l’energia del Recinto infranto, eppure, sebbene fossi consapevole di quanto questa situazione potesse rivelarsi pericolosa, “al di là dei confini – dicono gli scongiuri – vagano ignote minacce”, ben altri pensieri occupavano la mia mente.

Cosa significava quel gesto? Perché Orlando aveva cercato conforto in me? I membri della famiglia reale devono mostrarsi sempre padroni di se stessi e devono controllare ogni loro gesto ed espressione, quando si trovavano in pubblico. Eppure quella pressione che avvertivo attraverso il mio pesante abito di velluto smentiva quella consuetudine o quanto meno parlava di un legame che si era o si stava instaurando tra noi. Forse iniziò tutto in quel momento o forse, qualsiasi cosa fosse, era già in moto da tempo, ma me ne accorsi solo allora. Fatto sta che da quel giorno qualcosa sarebbe mutato per sempre e nulla fu più come prima. Avevamo inconsapevolmente iniziato ad infrangere le barriere che ci dividevano e presto avremmo dovuto fare i conti con i nostri sentimenti e con le conseguenze delle nostre scelte. Ma al momento non ci pensavamo. Tutto sembrava naturale, ogni cosa era come doveva essere; lui accanto a me ed io davanti a lui, pronto ad essere sostegno e guida. Naturale come l’aria che si liberò dai miei polmoni, quando esalai il respiro che avevo inavvertitamente trattenuto o come il clamore delle voci che tutto ad un tratto parve invadere i miei sensi nell’istante stesso in cui tornai in me.

Gente correva avanti e indietro. Guardammo il nero vortice scemare e disfarsi come fumo trasportato via dal vento. Il Gran Maestro abbassò le mani e cercò di fare un passo avanti, ma vacillò come se improvvisamente avesse perso tutta la sua forza. Far tornare alla normalità quel disastroso incidente era stato uno sforzo estenuante per la sua età. La sua era solo una carica onorifica che veniva concessa al più anziano dei Maestri dei vari ordini magici e che, inoltre, spesso veniva assunta quando questi aveva smesso già da molti anni di esercitare le arti magiche o anche solo di insegnarle. Non era altro che una forma di rispetto per uomini che avevano istruito centinaia di allievi e servito il Regno per molti lunghi anni.

Fortunatamente il Gran Maestro si riprese subito e, prima ancora che potesse chiamarli, due degli altri Maestri che erano presenti alla cerimonia erano accorsi al suo fianco, sorreggendolo da entrambi i lati.

Solo in quel momento mi voltai verso Orlando, ma lui stava guardando altrove. Seguii il suo sguardo e vidi che, alle spalle del palco reale, dove al Regina Madre attendeva lo svolgersi degli eventi pallida e rigida come una statua di legno dipinto, stavano sopraggiungendo degli uomini con una portantina. Si avvicinavano di corsa e, giunti ai piedi della piattaforma del Rito, la posarono a terra, evidentemente insicuri su come procedere.

“Fate presto! – li incitò il Gran Maestro – Portate immediatamente il Principe nella Villa.”

Allora gli uomini salirono rapidamente i gradini che li separavano dalla forma inerte dell’erede al trono. Il loro disagio era chiaramente espresso dai movimenti nervosi ed incerti e dalla titubante ma per fortuna brevissima occhiata che si scambiarono un attimo prima di chinarsi sul giovane e depositarlo su quella barella improvvisata. Ad un cenno del Gran Maestro la portantina fu sollevata e con cautela quegli uomini avanzarono tra la gente che fece ala al passaggio di quella tragica processione.

Sentii la presa sul mio braccio lentamente venir meno e nel momento stesso in cui la figura del Principe scomparve dietro le alte e verdi siepi che circondavano la radura fu come se Orlando si stesse risvegliando da un sogno o come se solo allora riprendesse coscienza di sé. Fu una questione di pochi istanti. Orlando si voltò, ma non alzò il viso, poiché i suoi occhi erano diretti verso la sua mano, che ancora rimaneva sul mio braccio e le sue sopracciglia si aggrottarono in un’espressione pensosa, che però svanì poco dopo. Quali che fossero i pensieri che gli si erano affacciati alla mente, evidentemente non riteneva che quello fosse il momento opportuno per soffermarsi ad esaminarli o discuterne.

Pertanto, rapidamente mutò espressione, sollevò il volto e con voce decisa disse: “Io vado. Devo sapere come sta Elijah.”

Già stava accennando a voltarsi, quando lo richiamai.

“Aspetta! – esclamai, muovendo un passo nella sua direzione – Fammi avere sue notizie. Sarò nell’anticamera con gli altri nobili e funzionari.”

Mi fissò con quei suoi grandi occhi scuri senza dire una parola, poi annuì ed andò via di corsa.

Rimasi solo, in piedi in mezzo alle file di poltroncine disposte a semicerchio. La radura si stava svuotando, perché la maggior parte delle persone si era già diretta verso Villa Wood, ma alcuni si attardavano ancora e si erano radunati intorno alla piattaforma.

Cos’è successo qui? Mi ritrovai a chiedermi per la prima volta. Ovviamente non mi riferivo soltanto all’inaspettata catastrofe che si era abbattuta sulla famiglia regnante di Kèi-ànn. Comunque al momento non avevo modo di rispondere a qualsiasi eventuale domanda su quali potessero essere gli sviluppi del legame che avevo appena intravisto. Ed in più sentivo di non dovermi preoccupare e così mi disposi ad occuparmi d’altro.

Ero cosciente del fatto che fosse inutile affrettarsi verso la Villa, dato che per consuetudine i funzionari non sarebbero stati ammessi nelle sale interne prima che fosse terminato il consulto dei Chirurghi e degli Speziali. Quindi decisi di sfruttare l’attesa avvicinandomi alla piattaforma per dare un’occhiata più da vicino a quanto rimaneva degli allestimenti del Rito della Stagioni. Pensavo che forse così avrei potuto ottenere qualche informazione o per lo meno cercare di farmi un’idea di quanto fosse realmente accaduto. Mi dicevo che Orlando avrebbe voluto sapere che cosa fosse successo ed anche come e perché. Forse le notizie ufficiali gli sarebbero arrivate ancor prima che potessi vederlo, ma non mi importava. Volevo avere qualcosa da fare ed in fin dei conti anch’io desideravo sapere. E aspettare in disparte ed attendere che gli altri mi venissero a cercare non è mai stato nel mio carattere!

C’era molta gente e parlavano tutti insieme. Avanzai lentamente, facendomi largo con difficoltà fino a che non mi trovai a pochi passi dai gradini della piattaforma.

In quel momento sopraggiunsero degli uomini trafelati e sconvolti, scortati da alcuni soldati. Un drappello di guardie aveva circondato la base della piattaforma.

“Che cosa sta succedendo?” chiesi ad uno dei nobili che mi erano accanto.

“Il Guardiano dei Giardini reali ha convocato il capo dei giardinieri. Esamineranno insieme quell’albero.”

“Hanno mandato a chiamare anche alcuni maghi esperti in artifici vegetali.” Intervenne un giovane alle mie spalle. Conoscevo quella voce e non avevo certo bisogno di voltarmi per sapere che apparteneva al mio segretario. Ero sicuro che presto mi avrebbe raggiunto.

“David, - annuii un cenno di saluto, quando il ragazzo si portò al mio fianco – cos’altro sai?”

“Non molto, purtroppo. Subito dopo che il Gran Maestro si è allontanato con la portantina, la piattaforma è stata circondata dai soldati, perché la Regina Madre ha ordinato che deve essere esaminata dai maghi e sono state quindi inviate alcune guardie a cercare i Maghi Naturali. Il Guardiano dei Giardini, poi, ha richiesto che fosse presente anche il Capo dei giardinieri.”

“ È logico. Sono stati loro ad allestire il Giardino dei Pomi per il Rito. Si sarebbero dovuti accorgere se qualcosa fosse stato fuori posto.” Gli dissi, mentre  ci spostavamo in una posizione più laterale.

“Avviciniamoci. Voglio sentire e vedere anch’io che cosa  scopriranno.”

David mi seguì in silenzio ed insieme osservammo quegli uomini farsi avanti. Il Guardiano ordinò al Capo dei giardinieri di sollevare il ramo spezzato ed ora entrambi ne fissavano costernati l’estremità.

La sconcertante banalità di quanto era accaduto era chiara agli occhi di tutti i presenti.

 

… continua