.|. Addio e' per Sempre .|.

6. Prime Ombre d'Autunno

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7 Agosto 1381

 

“Mmm… Estel…”

L’elfo si destò lentamente, allungò una mano sul materasso del letto, proprio accanto a sé, ma non riuscì a toccare nulla se non le lenzuola.

Si voltò allora dall’altra parte ed intravide, ancora sfumata, la sagoma dell’uomo, in piedi dinanzi alla grande finestra.

Era l’alba.

“Sei già sveglio?” mormorò Legolas tirandosi su a sedere “Avanti, perché non torni a letto!”

Ma il compagno pareva non ascoltarlo, i suoi occhi sembravano assenti, persi in un mondo lontano e segreto, occhi nostalgici… forse…

“Aragorn…” ripeté l’elfo, alzando un poco la voce. Chinò la testa da un lato per poterlo guardare meglio.

“L’autunno…” disse d’un tratto l’uomo, come se stesse seguendo un discorso unicamente suo.

“Come?”

“L’autunno Legolas…” ripeté, senza staccare gli occhi da lì.

Il giovane principe lasciò scivolare via le lenzuola da sopra il proprio corpo e scese dal letto, avvicinandosi lentamente a lui.

Gli cinse la vita con un ampio abbraccio e poggiò la testa contro la schiena del compagno.

Poteva sentire il battito del suo cuore…

“Non lasciare che la malinconia ti colga prima del tempo…” gli sussurrò dolcemente stringendolo a sé, come se avvertisse il suo turbamento.

Aragorn si morse le labbra.

Non era malinconia quella che stava provando.

“Parli di autunno…” riprese a dire Legolas “ma guarda fuori dalla finestra… non c’è forse un meraviglioso sole che sorge e che tra poco splenderà sul tuo regno?” Aragorn rimase silenzioso, quindi l’elfo continuò “Io non vedo nubi, né vedo cadere foglie dai rami, e non sento un vento più freddo del solito…” gli baciò le spalle “…anzi…”

“L’autunno è già più vicino di quanto si possa pensare!” rispose l’uomo, staccandosi senza troppa dolcezza da lui.

Il principe lo seguì con lo sguardo andare a stendersi sul letto, senza abbandonare quell’aria pensierosa ed in un certo senso enigmatica che era scritta sul suo viso.

Lanciò un’occhiata fuori dalla finestra e stentò ancora a capire le parole di Aragorn… un sole infuocato, infatti, splendeva sempre più intenso nel cielo.

Di quale autunno parli…?” si domandò fissando il nuovo giorno nascere.

Si staccò da lì e raggiunse il compagno, stendendosi a sua volta accanto a lui, ma l’uomo non appena sentì il corpo dell’altro sfiorarlo, si voltò su di un fianco dandogli le spalle, come se volesse celare improvvisamente i suoi desideri e le sue emozioni.

“Estel…hai paura di me…?” sussurrò l’elfo, stupito da quel gesto.

“No, Legolas, non ho paura di te!”

“Perché allora non…”

“Perché sono stanco!” rispose l’altro bruscamente, poi rendendosi conto che il tono della sua voce potesse tradire qualcosa, mormorò più dolcemente “Lasciami dormire per favore…”

L’elfo rimase immobile a fissarlo per qualche istante, poi si riavvicinò di nuovo a lui, non contento di quella risposta.

“Cos’hai?”

“Te l’ho detto, sono…”

“Non mentirmi…”

“E tu non insistere!”

“Aragorn!” esclamò Legolas, meravigliato dal tono di comando che il compagno aveva usato nei suoi confronti.

L’uomo sospirò.

“Ti prego capiscimi… non posso stare a rivelarti sempre tutto… ogni mia emozione… ogni mio sentimento… ogni mio… timore…”

Pronunciò quell’ultima parola quasi a fatica.

“Timore? Perché timore?” domandò ancora l’elfo, sentendosi improvvisamente invadere da una sottile paura “Cos’è che temi?”

“Non… non è nulla…”

“Dimmi invece di che cosa si tratta… Ieri notte sembravi così sereno…”

Aragorn chiuse per un istante gli occhi, poi si voltò verso di lui, sforzandosi di regalargli un sorriso.

Ma sapeva bene che con Legolas, quella maschera non avrebbe retto a lungo.

“Ieri notte era diverso…” mormorò l’uomo “Intendo dire… è stato così bello amarti ancora…” gli carezzò il volto e vide il compagno mordersi leggermente le labbra sotto al suo tocco “Ecco perché… questa mattina… guardandoti dormire… ho avuto improvvisamente paura… paura di perderti!”

“Paura di perdermi…?” mormorò l’elfo, fissandolo intensamente “Perché dovrebbe accadere una cosa simile?”

“Già… perché…?” rispose l’uomo, quasi parlando a se stesso.

“Perché Aragorn?” domandò di nuovo Legolas, scuotendolo un poco, ma non ottenendo una risposta proseguì “Non c’è motivo di aver paura, perché non perderai né me né ciò che stiamo vivendo!”

“No, non ti perderò!” disse improvvisamente il compagno, cercando di sorridere ancora.

Giorno dopo giorno diveniva sempre più difficile nascondersi dietro a quella maschera, soprattutto sotto lo sguardo di Legolas, così limpido da riuscire a scrutare fino ai recessi della sua anima.

Gli fece un’altra veloce carezza, quindi si voltò nuovamente su di un fianco, proprio per sfuggire da quei occhi che ogni volta sembravano essere sempre più vicini alla verità.

Sentì il respiro dell’elfo sopra il suo collo, sentì il suo silenzio, ed era tagliente, più di mille parole, più delle stesse grida, immaginò i suoi occhi che lo stavano esplorando… li sentì sulla pelle, su ogni parte del suo corpo, attenti, spaventati, desiderosi di una risposta, che egli, in quel momento, non era capace di dargli.

Gli aveva mentito.

Fin dall’inizio. Si era cullato nell’illusione che il compagno avrebbe potuto cancellare la tristezza che attanagliava il suo cuore e le sue stesse scelte, quando invece, era stato lui e lui soltanto a non riuscire a far niente per cambiarle.

Sospirò. Ma a quel sospiro seguì uno più profondo, poi un altro ed un altro ancora.

Legolas aveva iniziato a carezzarlo dolcemente. Aragorn sentì le sue dita gentili percorrere i suoi fianchi per poi risalire verso le spalle e scendere di nuovo, mentre l’intenso calore che sprigionava il corpo dell’elfo andò a fondersi con il suo.

Il re di Gondor chiuse gli occhi e sentì il suo respiro farsi ancora più veloce… in pochi attimi Legolas aveva iniziato a fargli perdere la testa.

Il compagno si fece ancora più vicino, aderendo del tutto contro la sua schiena… gli prese la punta dell’orecchio tra le labbra, lambendola dolcemente…

“Posso… amarti…?” gli chiese quasi titubante.

Una violenta tempesta di brividi caldi esplose nel corpo del sovrano… strinse con forza i pugni sulle lenzuola  e senza pensare si tese ancora di più verso l’amante.

Legolas mosse un poco il bacino contro di lui… quel tanto per far soffocare ad Aragorn un primo lamento tra i cuscini.

L’elfo passò ancora una volta le mani sui suoi fianchi e l’attirò con forza a sé, cingendolo con le braccia.

Appoggiò la sua testa contro quella dell’uomo e respirò il profumo dei suoi capelli, mentre un sorriso incurvava le sue labbra come se qualcosa d’ incredibilmente intenso entrasse in quel momento in lui.

“Ho bisogno del tuo amore, Estel… io… ho bisogno di te…” gli sussurrò all’orecchio.

A quelle parole Aragorn spalancò gli occhi.

Si sentì morire.

L’eccitazione di pochi attimi prima si trasformò in frustrazione e a fatica dovette sopprimere un grido di dolore.

Legolas aveva bisogno di lui!
La verità stava giungendo con tutto il suo carico di consapevolezza e di lacrime.

Legolas aveva bisogno di lui!
Il gioco stava giungendo al suo termine.

Legolas… stava poggiando i suoi piedi su una nuvola d’aria.

Sentì le sue braccia stringerlo ancora, intensamente, con tutto l’amore di cui era capace, ma la forza di quell’abbraccio non sarebbe bastata per proteggerlo.

“Possiamo amarci…?” ripeté nuovamente l’elfo, questa volta con più insistenza, spingendosi contro di lui, per fargli capire quanto lo desiderasse.

Ma l’uomo riuscì soltanto a scuotere appena la testa e a balbettare qualcosa.

Stava tremando.

Se il compagno avesse allentato, anche solo un poco, la presa di quell’abbraccio, avrebbe potuto sentire tutta la sua paura.

“Estel…?”
Solo un sussurro. Ancora quella voce dolcissima. Innocente. Inconsapevole di tutto.

“N..non…ora… Legolas… te… te l’ho già detto…” si lasciò cadere sul materasso “Sono stanco.”

Si rannicchiò su di sé e pianse in silenzio.

Legolas non domandò più nulla, l’uomo lo sentì allontanarsi da lui e per la prima volta provò il terribile gelo provocato dalla sua assenza.

Era Legolas ad infondergli il calore. Era Legolas ad infondergli nuova vita.

Come posso averti illuso così…?” pensò con sgomento Aragorn.
E anche a quel giorno si sostituì rapidamente una nuova notte.

 

Sera.

Seduto sul suo balcone, gli occhi rivolti all’oscurità, Aragorn di Gondor osservava in solitudine la notte.
La stanza alle sue spalle taceva, immersa anch’essa in un silenzio irreale, forse preludio dell’assenza futura.

Legolas aveva preferito rimanere ancora un po’ nei giardini, assieme agli alberi, suoi amici, in modo da far vivere al compagno quel momento unicamente con se stesso.

Aragorn alzò stancamente la testa contro il cielo e i suoi occhi s’immersero subito in un bagno di stelle.

Sorrise amaramente.

“Non sono riuscito ad amarti. Non ho voluto amarti…” mormorò sospirando “Ma come potevo… dirti la verità… come potevo dirti quello che ho provato stanotte e la notte passata e la notte precedente ancora…” abbassò gli occhi sulle sue mani e scorse un leggero tremore “Perché ho anticipato il tempo…?”
Come poteva rivelare a Legolas che quando la notte precedente si era alzato, aveva sentito le gambe cedergli e il respiro venirgli meno, si era portato una mano sul cuore e gli era sembrato che battesse più lentamente.

“L’autunno è alle porte e le foglie avvizziscono già…” mormorò ancora, mentre una folata di vento caldo gli spostava le ciocche dei capelli dal volto.

Chiuse per un istante gli occhi e i suoi pensieri ritornarono a quella stessa notte, in cui, d’un tratto, si era ritrovato dinanzi allo specchio nella sua stanza, e al posto della figura forte e virile che era abituato a vedere ogni mattina, era apparsa un’immagine sconosciuta… il volto di un vecchio canuto… un corpo di marmo risplendente di antica gloria, ma freddo ed esanime.

Si era spaventato, avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto fuggire, ma infine, guardandosi meglio, si era riconosciuto.

Il futuro era già arrivato e lo specchio non aveva fatto altro che essere la soglia della strada che aveva scelto.

Aragorn si era trovato paralizzato ad osservarsi, ad osservare il frutto della sua stessa follia, finché il suo sguardo allucinato non era caduto alle sue spalle… un’altra immagine riflessa nello specchio… dietro di lui… Legolas, nella sua sempreverde bellezza, disteso sul letto, sorridente tra i suoi sogni e nel ricordo dell’amore appena consumato.

Lui no… lui non poteva continuare ad illuderlo!

 

“Non posso costringerti a comprendere la morte e tanto meno una scelta di morte…” sentì che stava per perdere il controllo, le emozioni si fecero sempre più incalzanti a quel pensiero “Tu che mi hai insegnato la vita! Io non posso… io non…”
Si portò una mano alla fronte come per concentrare lì tutto il suo dolore e nasconderlo, almeno per l’ultima volta, al compagno.

“Non credevo che i Valar fossero così implacabili!” mormorò con voce roca, poi, di scatto, rialzò il volto verso il cielo “Perché mi avete ascoltato? Perché avete ascoltato la mia preghiera?” gridò, non riuscendo più a trattenere la rabbia e la disperazione “Perché mi avete fatto ritrovare l’amore prima che…” le ultime parole morirono sulle sue labbra, ed altre, rassegnate, uscirono dalla sua bocca con un filo di voce “Io credevo che foste Potenti di Luce…”

Aragorn crollò. In tutta la sua fragilità umana. Aveva pregato e sfidato ed ora temeva ciò che aveva chiesto.

Una stella più grande delle altre sembrò brillare violentemente, e quelle parole, le parole che ogni notte gli ritornavano in sogno, quelle parole pronunciate da labbra invisibili, rintoccarono ancora nella sua mente:

Quando cielo e terra si uniranno e il mondo sarà bagnato da una polvere di stelle, allora sarà giunto il tuo momento… la notte ti attirerà fuori dalle tue stanze Mortali… tu seguirai la stella più luminosa e giungerai a noi…

Aragorn sgranò gli occhi…

“La notte della pioggia di stelle…” mormorò.

E si accorse che gli erano rimasti solo tre giorni.