.|. Loss - Neve .|.

7. Nei Tuoi Occhi

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“Aragorn, entra!”

La sua voce risuona nitida, simile ad un ordine.

Richiudo la porta alle mie spalle ed entro nella grande Sala del Consiglio.

Tutti sembrano che stiano guardando me, tutti sembrano mi stiano aspettando. In particolar modo mio padre… tiene lo sguardo fisso sul mio.

E’ appena sorto il giorno, il primo sole ha già sciolto gli ultimi strati di neve… ci stiamo avviando verso la primavera, ma io coltivo la speranza di poter ancora vedere notti imbiancate.

C’ è molta gente all’interno della Sala, consiglieri di mio padre, gente che non ho mai visto, ci sono i servitori più fedeli, c’è Arwen, e… c’è lui… che se ne sta in piedi accanto al trono del re degli Elfi.

I miei occhi lo incontrano immediatamente. Mi specchio nel suo sguardo, sembra rassicurarmi, sembra volermi aiutare fin da adesso a portare quel pesante fardello, ed ogni parola che da lì a poco sarà pronunciata.

Legolas…” penso, mentre avanzo verso il centro della Sala. E la mia mente corre rapida ai giorni passati, a tutti i momenti trascorsi insieme, ai nostri incontri nella notte, alle mattine che cancellavano tutto e portavano con sé una strana, dolce malinconia… la malinconia dell’assenza.

Sì, Legolas aveva iniziato a mancarmi. La maggior parte del tempo la passavo con lui… interminabili chiacchierate, risate felici nel ricordare la nostra infanzia e la rivalità che ci connotava… e poi gli scherzi, il gioco come se dovessimo recuperare parti della nostra vita che ci erano state portate via troppo rapidamente, come se volessimo viverle ancora… in modo diverso… forse…

Legolas… gli istanti di silenzi… le parole dello sguardo… il rossore delle guance, mentre il ricordo di quell’unico folle contatto attraversava la mente di entrambi.

Anche ora… al cospetto di tutti, non riesco a fare a meno di ripensare a quel momento… alla tua pelle, al tuo profumo, alla tua mano curiosa, alla tua carezza maliziosa, al piacere che ci ha colto, al calore, al fuoco, a tutto, tutto, tutto quello che mi ha fatto avere voglia di te in questi giorni.

E tu lo sai. E mi sorridi. Ed io, ancora una volta mi specchio nei tuoi occhi e scopro la pace.

 

“Ti stavamo aspettando!”

La profonda voce di mio padre mi distoglie dai miei pensieri, pensieri forse inutili perché tenuti segreti nel mio cuore, mai rivelati, nascosti anche a me stesso.

“Spero di non essere troppo in ritardo!” rispondo, guardandolo per un istante.

A volte, con la sua aria austera sa come mettermi in soggezione.

Un servitore mi era venuto a svegliare presto questa mattina.

Il Re ha cose molto importante da discutere con voi!”

Un po’ mi aveva spaventato. Ancora non ero abituato a prendermi certe responsabilità.

“Siediti, figlio mio!”

Mi siedo al grande tavolo circolare, accanto ad uno dei Consiglieri, proprio dinanzi ad Elrond.

Da quella posizione non riesco a vedere bene Legolas, e questo mi fa male. Mai come in quel momento sento di aver bisogno della sua vicinanza.

“Amici miei cari…” inizia a dire mio padre “ora che finalmente siamo tutti, posso iniziare a parlare…” fa una breve pausa “Le cose da dire sono molte, ma non è altrettanto il tempo… anzi… è davvero poco.”

Continua a fissarmi, come se quel discorso fosse prevalentemente rivolto a me.

“Sappiamo bene che il Male incombe sulle nostre Terre ormai molto rapidamente, sappiamo bene che se non vogliamo perdere tutto dobbiamo cercare di fermarlo, e sappiamo altrettanto bene che le possibilità di riuscire in questa impresa sono poche…”

“Perché ci hai convocati qui, allora?” domanda uno dei Consiglieri.

“Perché dobbiamo almeno tentare!” risponde risoluto mio padre, visibilmente infastidito dai dubbi del vecchio elfo “Proprio per questo, oggi, ho deciso di convocare le persone a me più vicine e a me più fedeli, prima del Consiglio decisivo, per vedere a chi affidare questa Missione!”

I suoi occhi si spostano nuovamente su di me.

Mai come in quell’istante mi sento così lontano da Gran Burrone, e così lontano da lui… egli mi guarda come se fossi un suo prezioso alleato… un Uomo appunto, venuto appositamente da Minas Tirith per portare loro il mio aiuto… perché proprio dal Regno degli Uomini è venuto il primo male.

Come può chiedermelo… come può chiedermi di riscattare tutto questo? Il male e la debolezza di Isildur, come può pretendere che io cambi ciò che è stato e costruisca qualcosa di nuovo?

E’ questo ciò che leggo nei suoi occhi e da cui non riesco a sottrarmi.

Eppure sa.  Mi ha allevato come un figlio. Sa le mie paure e la mia fragilità… sa che in fondo sono ancora un ragazzo, e dentro di me sento di voler vivere molte cose prima d’impegnarmi in una battaglia forse più grande di me.

“Tutti conoscono il destino di noi Elfi…” prosegue “Siamo chiamati a lasciare queste Terre… l’Immortalità non appartiene più a questo mondo, dobbiamo andare a cercarla altrove!”

“Allora perché vogliamo occuparci di questa guerra, maestà? E’ una cosa che non riguarda più il nostro tempo!” alza nuovamente la voce il Consigliere.

“Non parli come una saggia creatura millenaria, Deren… se il tempo degli Elfi è finito ciò non significa che dobbiamo abbandonare il luogo che ci ha ospitato per così tanti anni, abbiamo il dovere di difenderlo fino alla fine, e abbiamo il dovere di non lasciarlo cadere in rovina!”

“E dunque? Cosa proponete? La nostra luce non ha più potere qui! Non ha più potere contro l’oscurità del Male!”

“Dubiti! Tu dubiti troppo mio caro amico, e in cuor mio temo che la tua luce sia già caduta sotto le spire del Buio…” abbassa gli occhi “Noi… dobbiamo restare ancora per guardare, per aiutare, per combattere…”

“Maestà…” si fa d’un tratto largo un altro “Le parole di Deren sono prive di fiducia, ma… se noi non abbiamo più potere qui, cosa…”

“Affideremo questo compito a qualcun altro…” l’interrompe mio padre all’istante… rialza lentamente il volto “a qualcuno che rappresenta la nuova gente della Terra di Mezzo… ad un Uomo!”

Mi sento gelare il sangue.

D’improvviso, tutti gli occhi sono puntati su di me, compresi quelli di Elrond, che sembra non riuscire più a guardarmi come un figlio.

“Un Uomo?” domanda Deren stupefatto “UN UOMO?” grida sconvolto “Ma se sono stati gli Uomini a tradire l’Antica Alleanza? Se è loro la colpa della rinascita del Male? Tutti sanno che gli Uomini sono deboli, fragili e corruttibili!”

“Questo non è vero!”

Non riesco più a tacere.

Senza una spiegazione, a quelle parole mi sono alzato di scatto in piedi e fronteggio l’anziano elfo, senza temere nulla.

“Almeno non tutti…”

Mi fissa. Credo di non aver mai visto un moto di rabbia negli occhi di una creatura di luce prima d’ora.

“E immagino che tu pensi di essere uno degli eletti?” mi domanda con aria di sfida.

“Io non credo di essere qualcuno, ma credo nella mia gente! Ho visto la mia gente! Ho visto il mio popolo, e… non hanno paura!”

Deren si volta di scatto verso mio padre, mentre con un braccio inizia ad indicarmi.

“Vedete maestà… fin da quel giorno, fin dal giorno in cui l’hanno portato qui, io ho pensato che avrebbe causato del male, ed eccone la prova! Mentre voi… voi vi ostinate a chiamarlo ‘figlio’!”

E’ fuori di sé. Non parla come una creatura di luce… qualcosa sembra trasfigurarlo.

“Ma lui è mio figlio!” conclude Elrond “Ed ora, se volete lasciare questo Consiglio, Deren, tutti noi vi saremmo grati!”

“Maestà!” esclama sconvolto.

Due servitori lo afferrano per le braccia ed iniziano a portarlo verso la porta.

“Maestà non potete!” continua a gridare, mentre lo trascinano via “Il male è già qui! E’ in quel Mortale! State facendo un grosso errore! IL MALE E’ GIA’ QUI!”

La porta si richiude con un pesante tonfo, mi volto a guardare nuovamente mio padre, e lo vedo appoggiato al tavolo, a testa bassa e con un espressione preoccupata sul viso.

“Sì… il male è già qui… o è molto vicino…” mormora tra sé e sé, ma io riesco comunque a sentirlo.

“Amici miei…” riprende a dire, iniziando ad osservare ogni astante “come vedete non abbiamo molto tempo, l’oscura nube di Mordor ha già iniziato a gravare sulle nostre Terre. Oggi ho visto abbastanza, sapevo che vi erano già fra di voi elfi corrotti, ma oggi…” si volta verso di me, e d’improvviso mi guarda dolcemente “ho visto anche ciò che desideravo vedere…” si ferma un istante, osservando poi uno ad uno tutti i presenti, sorride appena “Potete andare, e in questi giorni, pensate, riflettete su ciò che è accaduto questa mattina… preparatevi, in attesa del Consiglio definitivo!”

Gli Elfi nella sala iniziano ad alzarsi, e ad avviarsi verso la porta, lasciando mano a mano il tavolo vuoto.

Soltanto Arwen e Legolas restano. Ed io, che non riesco a muovermi di lì.

“Aragorn…” mi chiama mio padre, dopo che tutti se ne sono andati. La sua voce ha assunto un tono stranamente dolce.

Rialzo timidamente la testa che avevo abbassato e lo guardo profondamente negli occhi.

“So quanto questa consapevolezza ti fa male…” prosegue.

“Non… non mi fa male, è solo che…”

“Hai paura!”

Annuisco.

“Sì, lo so…” s’interrompe e si avvicina, fermandosi in piedi dinanzi a me “Ma non sarà la paura a scalfire il tuo cuore!”

Quelle parole sanno come riscaldarmi. Un forte brivido percorre la mia schiena, e in qualche modo m’infonde nuova forza.

“Ciò che hai detto prima ne è stata la prova! Deren è stato evidentemente corrotto dal male, ma tu non hai piegato la testa dinanzi alle sue accuse, hai rivendicato il tuo coraggio, il tuo scopo, ma cosa ancor più importante… il tuo popolo!”

“Il mio…”

“Sì, Aragorn!”

Abbasso la testa. Vorrei tanto poter fuggire lontano in quell’istante.

“Non… non chiamarmi così, padre… non sono per te Estel? Non sono ancora tuo figlio?”
Sento Arwen mormorare qualcosa, ma un gesto di Elrond sembra fermarla.

“Sì che lo sei, lo sarai sempre, ma sei anche qualcosa di più adesso!” appoggia una mano sulla mia spalla “L’hai detto tu stesso, e in fondo… lo senti dentro di te, lo senti!”

Annuisco.

Perché, perché dinanzi a lui non riesco ad avere lo stesso coraggio che ho avuto dinanzi a Deren, o nelle difficoltà della mia vita da ramingo? Perché ho ancora intensamente bisogno della sua protezione?

“Tu sei un Dunedain, tu hai parte del nostro sangue che scorre nelle tue vene, ma tu sei soprattutto l’erede di Isildur…”

“Lo so!” grido “Lo so bene! Me lo ricordi sempre! Ogni giorno che passa!”

“E spetta a te una scelta…” prosegue senza darmi udienza “Non sarò io a costringere la tua strada, Aragorn, ma tu dovrai scegliere… vivere per te stesso e un giorno avvizzire come ogni cosa in questo mondo, o… sacrificare parte della tua vita per una terra che ami, ma che comunque non vedrai più!”

“Padre…” sento Arwen mormorare.

“E’ una scelta difficile, Aragorn… è una scelta tra l’egoismo e la generosità… se deciderai di combattere questa guerra lo farai per gli altri e non per te stesso, per la tua gente e non per la tua persona!”

Rialzo gli occhi su di lui. Sono interrogativi come quelli di un bambino, e al tempo stesso profondi come quelli di un uomo segnato da molteplici esperienze. Li sento. Riesco a sentirli.

“Non decidere ora… non decidere il giorno del Consiglio, ma decidi durante il tuo viaggio… ogni giorno, in ogni istante della vita che ti aspetta…” sospira e mi sorride dolcemente “Guarda negli occhi coloro che ami, dopodiché inizia a camminare… loro hanno la risposta!”

Non so perché, ma immediatamente i miei occhi corrono verso quelli di Legolas. Egli mi guarda e istintivamente abbassa la testa.

Sorrido. Lui si nasconde. Io ho già compreso il primo passo, il primo passo da fare.

“Non sarai solo in questo cammino…” riprende a dire mio padre.

Questo mi rincuora. Ne sono quasi felice. So bene che la Missione non è affidata a me, bensì ad un Hobbit, ma è comunque forte il desiderio di avere accanto qualcuno a cui appoggiarmi.

Guardo ancora Legolas, ma egli ora (non riesco a comprenderne la ragione) cerca di evitare il mio sguardo.

“Mia figlia Arwen ti sarà accanto come guida e come compagna in questi giorni di attesa prima del Consiglio e in seguito… la sua luce ti riscalderà, ti sosterrà, non ti farà vacillare!”

Arwen…

Soltanto allora mi accorgo nuovamente della sua presenza, e mentre i miei occhi esplorano quasi senza vedere il suo corpo e il suo volto, le parole di mio padre si fanno largo nella mia mente, taglienti, come il più gelido discorso che non avrei mai voluto sentire.

“A..Arwen…?” mormoro, come se stentassi a riconoscere quel nome.

La vedo che mi sorride, emozionata e raggiante, pronta a darmi tutto se soltanto glielo chiedessi.

“Siete sempre stati molto vicini, siete sempre stati molto legati e uniti… credo che questo sia il momento adatto per sancire questa unione!”

Spalanco gli occhi, scuoto la testa, cerco ancora Legolas, ma egli sembra assente.

Quello no. Quello non è il destino che mi aspetto, né quello che desidero.

Amo molto Arwen, ma non così tanto da illuderla con una vita che non posso darle.

Mi sento paralizzato. Impotente. Dinanzi a quella scelta che sembra già decisa.

“Ti starà accanto, Aragorn, ti aiuterà a capire e a scegliere. Nei suoi occhi troverai le risposte che cerchi!”

La guardo per un istante. Quegli occhi chiari, blu e profondi come il mare, perfetti e accattivanti, limpidi e cristallini.

Eppure mi sento confuso, lontano da quello sguardo.

Cerco ancora una volta quelli di Legolas, ma egli continua a tenere la testa bassa, immobile, come se sapesse, come se non volesse ascoltare, né se stesso, né ciò che sta accadendo.

I tuoi occhi… è dei tuoi occhi che ho bisogno…” mormoro dentro di me, cercando d’immaginarmeli, cercando di trovare in essi quella pace che sempre mi danno.

Me lo aveva detto, me lo aveva promesso, mi sarebbe stato accanto. Ed ora, ora che ho ancor più bisogno di lui sembra essere lontano, indifferente a ciò che sto provando.

Con chi ho parlato in quelle notti? Con chi ho condiviso le mie profonde emozioni e i miei segreti? Con chi mi sono lasciato andare in quella sera di neve e di calore nel silenzio della Sala del Riposo?

Lo guardo ancora, e per un istante sento rinascere in me lo stesso sentimento di un tempo… rabbia e rancore nei suoi confronti, la sensazione di essermi illuso, di essere stato deriso da quel ragazzino impertinente.

Mi volto verso Arwen e vedo che mi sorride dolcemente.

Come posso essermi sbagliato fino a tal punto? Come posso essermi così confuso?
Un raggio di sole attraversa la stanza. E’ mattina. E’ pieno giorno.

La neve della notte si è sciolta.

E’ il suo momento. E’ il momento di Arwen.

La luce la illumina tutta, e nuovamente quel calore tiepido, quell’amore costante sembra rassicurarmi ancora.

Intravedo Legolas alzarsi e con un cenno del capo salutare Elrond e lasciare la stanza.

Non m’importa. Mi sento tradito. Nutro troppa rabbia per lui.

Mi vendicherò più tardi.

Ora però c’è solo lei dinanzi a me, solo quegli occhi che m’invitano a fidarmi e che non mi hanno mai deluso… soltanto questo… la mia strada. Forse…

“Vi lascio soli…” mormora d’un tratto mio padre.

Lo guardiamo entrambi. Ed egli sorride, come se fosse felice alla vista di noi due insieme, come se stesse guardando un quadro perfetto, irradiato dalla luce del sole.

“Non avere paura, né fretta di decidere, Aragorn!”

E se ne va, lasciando la stanza illuminata dal giorno che cresce.