.|. Namarie New Zeland - Goodbye New Zeland .|.

by Aranel

Il viaggio sta per terminare. Cosa rimarrà poi? Quali sono le cose non dette, rimaste sospese nell'aria? Sarà tutto semplice ricordo, o da quei giorni, da quei mesi nascerà qualcosa d'imprevedibile, d'inaspettato, così vicino alla felicità vera?

Sentimentale | Slash | Rating NC-17 | One Piece

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“Cosa ci faccio qui? Perché resto qua dentro…?”

I sussurri del ragazzo si espandevano nell’aria, impregnando la stanza dei loro dubbi e della loro immobilità.

Era in piedi. Se ne stava fermo, dinanzi alla finestra ad osservare la strada sottostante, brillante di luci e piena di rumori di macchine che sfrecciavano da ogni parte.

Le stanze d’albergo non sono mai molto allegre, ma quella in cui si trovava il giovane, era particolarmente malinconica quella notte.

Sospirò e si allontanò dalla finestra, iniziando a camminare nervosamente in avanti e indietro per la stanza.

Dom e Lij come ogni sera erano venuti a cercarlo, per uscire, per far festa… ma cosa poteva esserci da festeggiare se quello era l’ultimo giorno della loro permanenza a Wellington?

“Al diavolo!”

Si… al diavolo tutto… i fotografi, i reporter che li volevano insieme, sorridenti, abbracciati… al diavolo le dichiarazioni sul proprio futuro, su quanto avrebbe incassato Il Signore degli Anelli al prossimo botteghino e via, stronzate del genere…

Ma quell’anno passato a lavorare con colleghi divenuti poi i suoi più grandi amici, quell’anno pieno di esperienze, emozioni nuove, sentimenti… quell’anno ricco e indimenticabile, nessuno glielo avrebbe più ridato.

Si strinse nelle spalle e ammiccò un sorriso… si lasciò sfuggire una risata nervosa.

“Se Dom mi sentisse parlare in questo modo, mi manderebbe a quel paese!”

Eppure, non poteva negarlo... questi erano i suoi pensieri più veri.

Aggrottò la fronte e si sedette sul letto, poggiando il mento sulle mani con fare pensoso.

Non è da te Orlando comportarti in questo modo… non è da te! Hai sempre sorriso su tutto, hai dimenticato facilmente… ci saranno altre esperienze del genere… non ti fossilizzare… non ti fossilizzare…” scosse la testa “I pensieri malinconici lasciali a chi riesce a gestirli…” ridacchiò, e pensò a Viggo. “Viggo…” mormorò, rialzando gli occhi che stranamente, a sua insaputa si macchiarono di tenerezza “Domani rivedrai tuo figlio, eh?” si gettò all’indietro sul letto, cercando di buttar fuori con un sospiro tutta l’amarezza che stava attanagliando il suo cuore “Ed io rivedrò la mia Kate!”

La mia Kate…

Perché ora il suo volto appariva così sfocato dinanzi ai suoi occhi…? Nella sua immaginazione intravedeva un volto femminile, ma non riusciva a riconoscerlo… la sagoma si confondeva con un’altra, diveniva un amalgama di colori indistinti, e nulla assumeva i tratti del viso e delle espressioni della sua ragazza.

Orlando fu colto da un breve fremito di paura.

A che gioco stava giocando la sua mente?

Perché non riusciva a pensare a ciò che aveva di più caro?

Tutto era confuso e sconnesso, e solitamente questo gli capitava quando iniziava a perdere significato per le cose…

Si portò le mani alla testa e cercò di allontanare quel pensiero.

“Cambiamenti… cambiamenti… basta cambiamenti!” mormorò, chiudendo gli occhi.

Aveva cambiato vita fin da quando era piccolo, dalla morte di suo padre, all’arrivo a Londra alla National Academy, alle prime parti nei film, grazie alle quali aveva dovuto spostarsi continuamente, e sebbene c’era da presupporre che si fosse abituato a questo genere di avventure, i cambiamenti lo spaventavano ancora.

Quell’ istante vuoto e bianco tra la fine di una cosa e l’inizio di un’altra, quell’istante privo di risposte e di sostanza, colmo di nostalgia, forse qualche rimpianto e la voglia di tornare indietro, mentre la vita… inevitabilmente ti spinge in avanti.

“Merda…”

Si stropicciò gli occhi, si alzò di scatto e si diresse verso la scrivania.

Tirò indietro la sedia, e con uno scatto felino si sedette… immobile… con lo sguardo fisso sull’ ‘oscuro’ oggetto dinanzi a sé.

Oscuro, sì… estremamente per lui… poche volte ne aveva toccato qualcuno, e quando l’aveva fatto si era annoiato tremendamente…

Orlando si riteneva orgogliosamente e terribilmente tecnofobo! E quel piccolo oggetto, inerme, silenzioso che lo stava osservando imperterrito, iniziava già ad innervosirlo.

Ma che cosa poteva fare, ormai?

Gli altri erano usciti da più di un’ora, tutti quanti, tutti insieme… e per tutti… s’intendeva che ci fosse anche Viggo assieme a loro (cosa piuttosto strana, in quanto Viggo amava molto starsene un po’ in solitudine in albergo dopo la giornata di lavoro.)

Il ragazzo sospirò ed accese così il computer.

Guardò attentamente i primi dati comparire sul monitor, e sebbene capisse ben poco di tecnologia, sapeva comunque utilizzare quell’arnese.

Navigherò un po’ in internet…” pensò, mentre iniziava a muovere il mouse in modo incerto.

Le luci sprigionate dal computer, le scritte e la grafica riuscirono a zittire per qualche istante i suoi pensieri.

Riuscì finalmente a rilassarsi, a non pensare né ai giornalisti, né alla sua tristezza di lasciare all’indomani la Nuova Zelanda, né al perché non riusciva più a focalizzare l’immagine di Kate.

“Bush ha dato il via al controllo armi in Iraq…” mormorò, leggendo una notizia “Ancora insiste?”

Dopodiché, portò la freccia del mouse sull’icona delle mails e vi cliccò sopra.

“Forse mamma mi ha scritto…”

Attese un poco e vide comparire un simpatico “5 messaggi nuovi”.

Quattro erano di pubblicità, il quinto invece era di sua sorella.

Non appena vide il suo nome, le sue labbra s’incurvarono in un sorriso.

“Samantha… allora sei viva…?”

Iniziò a leggere la mail di sua sorella, ridacchiando di tanto in tanto.

“Ma quante cazzate scrivi?” disse, scorrendo la pagina “Almeno tu mi metti di buon umore…” concluse, una volta che la mail raggiunse la parola ‘fine’.

Orlando rimase per qualche momento con gli occhi fissi sul monitor, senza però riuscire a vedere niente, né a distinguere nulla… sospirò… stava nuovamente per essere sommerso dai suoi pensieri.

Non avrebbe retto. Non avrebbe retto un’ultima uscita con i ragazzi, anzi… l’ultima.

Forse avrebbe pianto, e magari qualche cinico giornalista avrebbe colto quel suo momento di fragilità, spiattellandolo sulle riviste di tutto il mondo.

Orlando Bloom in lacrime per la fine del film… le sue emozioni così evidenti nasconderanno forse qualcosa di più che la semplice tristezza dei saluti?

“Si… magari una storia d’amore, eh?” disse il ragazzo, immaginandosi il titolo della notizia.

Ridacchiò.

“E con chi? Con Liv? Mmm… si, magari come amante… sarebbe intrigante! O con Miranda? Naaaaaa, improbabile! Per il resto son tutti uomini!!! Dooooooooom piccioncino mio, vieni dal tuo Orli!!! Liiiiiiiij, ti voglio scopaaaaaaaare!!!” aggrottò la fronte “Brrr… che orrore!” disse, scuotendo la testa.

Riprese in mano il mouse del computer, chiuse la sezione ‘mails’ ed inziò a girovagare  per il web, cliccando un po’ dove gli capitava.

“Su su Vig, mettiti a 90!!!” disse, d’un tratto, iniziando a giocherellare con i suoi riccioli castani.

Spalancò gli occhi.

“Aspetta… che cosa ho detto?”

Su su Vig, mettiti a 90! sembrò fargli eco una vocina nella stanza.

“Oh! Cristo Santo!” esclamò, portandosi le mani a coprirsi la faccia ed esplodendo in una sonora risata.

“Devo essere completamente impazzito! Facevo meglio ad uscire e ad ubriacarmi! Vedi, Orlando, vedi… fa male restarsene solo in una camera d’albergo… la testa poi viaggia da sola e partorisce tutti questi pensieri assurdi!!! Oh, cazzo! Ma come mi vengono in mente certe cose?” si strinse nelle spalle “Forse sono solo invidioso di non essere uscito anch’io… odio starmene rinchiuso a casa la sera… che idiota! Fanculo i giornalisti!”

Fece per alzarsi, si chinò verso il computer per chiuderlo, quando d’improvviso il suo sguardo cadde su una icona luminosa ed intermittente: “Chat”.

Si arrestò a guardare quella parola come se non l’avesse mai vista prima, e come ipnotizzato si rimise a sedere.

“Non ho mai chattato…” mormorò, spostando la freccia del mouse proprio sopra l’icona giallo-verde “Sarà che questa è la serata delle cose che non ho mai fatto prima!”

 

 

Intanto, qualcuno in un pub al centro di Wellington…

 

“Che serata del cazzo! Avrebbe dovuto essere la migliore, dato che è l’ultima!”

“Dai, Dom, che pretendi… tutti siamo un po’ giù…” disse Elijah, dandogli un piccolo colpo col gomito “Chi domani e chi dopodomani, ognuno di noi prenderà l’aereo per tornarsene a casa…”

“Oè, grazie amico! Bel modo di tirarmi su!”

Lij spalancò i grandi occhi azzurri.

“Perché… tu, Dominic Monaghan, saresti per caso malinconico?” esclamò, con un lieve filo d’ironia nella voce.

“Naaaa, sono solo ubriaco… e… dato che non mi sei di consolazione, mi prendo un’altra birra…” si voltò verso il cameriere “Birra!”

“Due!” gli fece eco Lij, sorridendo.

Dom si voltò verso di lui fingendosi stupito.

“Bevi anche tu per dimenticare?”

“Idiota! Sei ubriaco!”

“No no... insomma... tu bevi??? E da quando?”

“Da sempre… solo che tu non te ne sei mai accorto perché eri sempre ubriaco e non riconoscevi un uomo da una donna quando qualcuno ti si strusciava contro!”

“Non… non… io riconosco sempre una donna! Specialmente se mi si struscia contro!” saltò su Dominic, rosso paonazzo in volto.

“Si, si… per quel che mi riguarda potevo anche essere io…”

“Tu?” si rimise seduto il ragazzo “Si fa interessante la cosa! Dimmi tutto! L’ho fatto? Quando l’ho fatto? Perché l’ho fatto? Insomma… tu lo sai… hai quei bei occhioni grandi da cerbiatto con le lenti a contatto azzurre, ma io… non sono gay… cioè…”

“Stavo scherzando!” rispose serafico Lij, bevendo un sorso dalla sua birra.

“Questo mi rincuora!” disse Dom, trangugiando dal suo bicchiere.

Dopo un istante di silenzio entrambi si concentrarono su un punto del pub, proprio dinanzi a loro.

Guardarono a fondo…

“Secondo te che cosa sta facendo…?”

“Non lo so, Dom…”

“Sta davanti a quel computer da quasi un’ora…”

“Starà scrivendo una delle sue poesie!”

“Impossibile, i computer dei pub hanno solo l’abilitazione ad Internet! Io vado a vedere cosa fa!”

“E sta fermo!” lo arrestò Elijah “Sta seduto e abilitati con la tua birra!” scosse la testa “Anche lui sarà un po’ triste per la partenza di domani…”

“Sì, ma visto che una volta tanto è uscito con noi, poteva essere almeno un po’ più di compagnia, sennò che è uscito a fare? Tanto valeva che facesse come quell’altro che è rimasto chiuso nella sua stanza d’albergo!”

“Lascialo stare, dai… sappiamo com’è fatto Viggo! Forse tra mezz’ora sarà il primo ad unirsi a noi e a ubriacarsi!”

Dom prese un’altra sorsata dalla sua birra e deglutì con piacere.

“Sarà…” bofonchiò, prima di andare in bagno.

Elijah rimase per qualche istante da solo al tavolo e non riuscì a smettere di fissare Viggo, che pareva completamente catturato da quel monitor.

Sorrise dolcemente, e forse con una lieve sfumatura di malinconia sulle labbra.

“Mi mancherai, Aragorn!”

 

Location: Stanza di Orlando… ora… 22.30 p.m.

 

 

“Come diavolo si farà a rientrare?” sussurrò il giovane, muovendo nervosamente le dita sulla tastiera “Merda! Proprio ora doveva sparire la connessione? Ci siamo appena presentati e mi ha visto sparire così, penserà che sono uno stron… ah, ecco!”

Sorrise, e si precipitò a scrivere un nuovo messaggio.

Che la chat-mania avesse colpito anche lui, tecnofobo convinto?!

Scusami… ma il mio pc si era disconnesso…

Vuoi farmi brutti scherzi, eh Nasty-boy?

Orlando sorrise. Nasty boy… il primo nick che gli era venuto in mente.

Mi piace…” pensò.

Di dove sei? proseguì a scrivere.

Sono americano e tu?

Orlando si arrestò un attimo e ci pensò su.

Sentì che in quell’attimo poteva essere chiunque, anche una donna se l’idea gli aggradava… il mondo del web è affascinante perché puoi essere chiunque… vive di anonimato e d' immaginazione…

Sorrise ancora e risolse…

Francese!

Francese? rispose l’altro “E di dove precisamente?

Parigi!

Bella… ci sono stato un paio di volte, spero di ritornarci presto…

Orlando sentì uno strano ed inaspettato brivido percorrerlo quando si accinse a scrivere quelle parole:

Beh… quando ricapiti dalle mie parti, puoi venirmi a trovare se ti va!

Sapeva che era una stronzata, sapeva che quella conversazione non avrebbe mai avuto un risvolto nella realtà, eppure la cosa cominciava ad intrigarlo… sentì una strana eccitazione, un senso di libertà, di poter dire ogni cosa… attraverso quel monitor piatto che nascondeva i volti di entrambi, e attraverso quei nick, Nasty-boy e Giglio della Notte, che potevano rivelare due persone lontane e allo stesso tempo estremamente vicine, come in quel momento.

Decise di osare di più…

Spero di non esserti sembrato invadente prima…

Assolutamente no, magari ci farò un pensierino…

Un altro brivido…

Posso sapere come ti chiami… si… insomma… qual è il tuo vero nome?

Ahi ahi ahi… ora ti stai spingendo un po troppo in là… devi accontentarti del mio nick… non ti piace forse?

Giglio della notte? rispose Orlando all’istante, vergognandosi un po’ della sua curiosità “E molto bello, molto originale! Da dove viene?

Una volta conoscevo uno spogliarellista che si chiamava cosi…

Orlando sentì il suo volto riscaldarsi, e poté immaginare di essere diventato un po’ rosso… rilesse ancora quella frase…

Uno spogliarellista? Era un tuo amico?

No, di mia moglie.

Il ragazzo lasciò cadere le mani ai lati della tastiera. Stranamente, fu colto da un moto di frustrazione.

E così sei sposato…?

Si… ti dispiace?

No no… perché dovrebbe?

Silenzio…

Giglio?

Ancora silenzio…

Giglio ci sei?

Si stava innervosendo, sospirò, sfregandosi rapidamente le dita… in quel momento sembrava che la risposta da parte di quello sconosciuto fosse la cosa più importante.

Attese più o meno un minuto… poi non resistette più e scrisse ancora.

Ehy, Giglio… scusami… ho detto qualcosa di sbagliato?

Ancora qualche istante di attesa.

Orlando sbuffò, fece per chiudere tutto in un impeto di rabbia…

Perché non ti descrivi…? disse improvvisamente la scritta sul monitor.

Il ragazzo sentì come un peso piombargli addosso, un peso che lo inchiodò nuovamente sulla sedia… lesse più e più volte quella frase… sentì una sorta di adrenalina iniziare a scorrergli in corpo, e senza quasi accorgersene ricominciò a digitare sulla tastiera.

Sono alto 1.80… ho gli occhi marroni e i capelli castani…

Più dettagliatamente… proseguì la misteriosa scritta.

Orlando percepì quelle parole quasi fossero reali… se le immaginò, simili ad un sussurro… un sussurro vicino all’orecchio.

Sono… magro, ma non troppo… muscoloso direi… ho la pelle abbastanza scura e… cosaltro dovrei dirti?

Dimmi come sei vestito, tanto per cominciare…

Orlando deglutì e ricominciò a muovere lentamente le dita sui tasti del computer.

In questo momento?

Si… in questo momento…

Ho addosso una maglietta nera e un paio di pantaloncini neri…

Pantaloncini?

Ok, boxer!

Continua…

Non so che dirti…

Un attimo di pausa.

Inventa… immagina… reinventati, Nasty-boy… immagina…

Senza una ragione precisa, Orlando strinse le gambe, chiudendole…

Immagina come vorresti essere in questo momento… cosa vorresti realmente indossare… come vorresti che io ti guardassi…

Ancora una pausa.

Vorresti che ti guardassi, Nasty?

Il ragazzo chiuse gli occhi… quella voce immaginaria era tremendamente sensuale… quelle parole… altrettanto sensuali e, sebbene fossero scritte su un monitor di un computer… erano tutt’altro che fredde…

Nasty… lo chiamò ancora “Vorresti…?

Orlando allungò debolmente una mano verso la tastiera e digitò una piccola, semplice parola…

Si…

Molto bene… allora… per prima cosa… cosa desidereresti togliere…?

TOGLIERE?

Si, togliere… rispose pacatamente l’interlocutore.

La… maglietta…

Bene… fallo… e fallo lentamente, così che io possa sentire il rumore della stoffa sulla tua pelle… fammi sentire come lo fai… fammi sentire tutto…

“Oh cazzo!” mormorò Orlando, mordendosi le labbra, senza mai staccare gli occhi dallo schermo… e come mosso da una volontà non sua, si portò una mano ai lembi della t-shirt.

Ho sollevato la stoffa… digitò con la mano rimasta libera “ora…

Passati le dita sulla carne…

Il giovane strinse con tutta la forza che aveva il mouse… non osò riaprire le gambe, sebbene quella posizione contrita gli facesse un po’ male…

Aveva paura… aveva paura di quello che stava facendo, di cosa stava accadendo e soprattutto… del fatto che non riusciva a fermarsi.

Si toccò… e il brivido che gli provocarono le sue dita sulla pelle nuda, raggiunse anche il suo ventre che tanto teneva nascosto.

Lo stai facendo?

Si… lo sto facendo…

Bravo… avanti… continua a solleticarti… su e giù… su e giù… così… bravo… toccati, Nasty, avanti toccati…

Toccati…

Quella parola risuonava nella sua mente come la più maliziosa melodia che avesse mai sentito… più volte portò la mano oltre un confine che non avrebbe dovuto raggiungere e più volte la ritirò.

Mi sto togliendo la maglietta ora…

Si… mi sembra di vederti… la stoffa che struscia contro la tua pelle scura… i brividi che ti percorrono… il piacere di essere liberi e nudi che sale attimo dopo attimo…

Dio… sei un poeta… scrisse Orlando frettolosamente. Il suo desiderio di spogliarsi era troppo forte.

Si, forse lo sono… rispose l’altro “Ma non pensiamo alla poesia adesso… c’è qualcosa di più piacevole che ci accomuna…

Un nuovo istante di pausa. Con un po’ d’immaginazione si sarebbero potuti percepire i respiri di entrambi all’interno della stessa stanza.

Sono nudo… scrisse Orlando.

Bugiardo… hai ancora addosso i tuoi boxer…

Il ragazzo si guardò in basso e infatti non era completamente svestito. Vide la stoffa dei boxer essersi fatta molto più stretta, avviluppando qualcosa che non voleva più essere contenuto.

“Sono rimbecillito… davanti a un computer… con uno sconosciuto…”

Con uno sconosciuto…

Quest’idea fu ancora più deleteria delle parole del suo interlocutore… Orlando sentì l’eccitazione prendere completo possesso del suo corpo, e l’inarrestabile desiderio di toccarsi… questa volta veramente… si fece sentire bruciante in lui.

Riportò lo sguardo sul monitor e si accorse che Giglio stava attendendo una risposta da lui.

Ok… voglio andare fino in fondo… ma prima voglio sapere come sei fatto tu… dove stai in questo momento… perché se devo fare questa cosa, non voglio farla da solo!

Dopo un istante una rapida risposta.

E chi ti ha detto che puoi  farla da solo…? In ogni caso… io sono nella mia stanza… disteso sul letto… seminudo… soltanto con una camicia bianca aperta sul petto… boxer blu e qualcosa che brucia sotto di essi… e che vuole te… unicamente te, adesso… Sono nella tua stessa condizione, Nasty-boy… esattamente nella stessa…

Orlando rimase con gli occhi fissi, sgranati sul monitor del computer, mentre la sua mente già non era più lì… era in quella stanza ignota, con quell’uomo ignoto, accanto a lui, o possibilmente… sotto di lui… a contatto con quella pelle che doveva essere calda, sfiorato da quelle mani che sicuramente in quanto a carezze ci sapevano fare…

Prese a respirare profondamente… leggendo e leggendo ancora quelle parole… non leggendole più… sognando soltanto… ad occhi aperti… mentre, lentamente, una mano scivolava clandestina sotto alla scrivania, sfiorandogli ancora un po’ la pelle nuda e bollente, giungendo fino al bordo dei boxer, lasciando che le dita ne tracciassero il profilo…

Sono pronto…

Anchio…

Azzardò…

Vorrei essere lì con te in questo momento…

Anchio…

Lasciò scivolare le prime dita sotto la stoffa, sfiorò la punta del suo sesso, soffocando un debole gemito quando la scoprì bagnata…

Peccato… peccato… che tu stia in America ed io in… Francia… chiuse il pugno su se stesso e strinse forte “Mi sto toccando, Giglio!

Mi sembra di vederti… sei stupendo…

Non dire stronzate! Parlami ancora! Fammi eccitare!

Orlando moriva dalla voglia di muovere la mano più velocemente, ma non poteva far altro che attendere parole da quello sconosciuto… ogni nuova frase sarebbe potuta essere un’altra lingua di calore, abbastanza forte da condurlo all’estasi con un orgasmo ancora più intenso.

Immagina…

“Si…” spalancò gli occhi il ragazzo e si posizionò meglio sulla sedia.

Immagina che io sia lì… si, proprio davanti a te… con soltanto la mia camicia bianca addosso… immagina…

Continua…

…che mi metta lentamente in ginocchio… senza mai smettere di guardarti… che ti sorrida un poco, mentre ti vedo ansimare… finché non chino la testa su di te e sento le tue mani tra i miei capelli, accompagnarla…

“Oddio…” gemette Orlando, aumentando la velocità dei suoi movimenti.

Era incredibile ciò che stava accadendo… lo sentiva  lì, sentiva davvero Giglio lì nella sua stanza, dinanzi a lui, in procinto di regalargli quel piacere clandestino e segreto, e il fatto che egli non vi fosse aumentava ancor di più la tensione che lo stava sovrastando.

Immagina di intravedere le mie labbra, nascoste da giochi di luce ed ombra, dischiudersi appena, quel tanto per permettere alla mia lingua di bagnarle… affinché dopo scivolino meglio…

Ti prego falle scivolare! scrisse Orlando, ansimando, completamente fuori di se.

Come desideri… una piccola pausa “Immagina di aiutarmi a condurre la mia testa verso il tuo ventre… piano… si… piano così… immagina di sentire il mio respiro sul  tuo ventre… immagina di non riuscire più a resistere…

E infatti non sto più resistendo!

“Continua, dai continua… mi stai facendo morire…” balbettò il ragazzo, soffrendo nel dover rallentare i movimenti… sentiva che era prossimo, vicinissimo alla fine.

Immagina la mia bocca… il suo calore… il suo sapore che desidera il tuo… immagina che tutto questo è ciò che bramo più di ogni altra cosa… immagina di chiudere gli occhi, mio dolce Nasty-boy, e sentire su di te tutto ciò che desideri… la mia bocca… ti sta assaporando…

“Oh! Oh cazzo!!!” gemette Orlando, contraendosi.

…la mia bocca… richiudersi su di te e… sì… proprio ora… dissetarmi di tutto il tuo sapore…
Silenzio…

Mentre tu… vittima dei sensi… non cessi di guardarmi…

Silenzio…
Il ragazzo rimase immobile, ansimante sulla sedia. I muscoli del corpo erano ancora tesi, le mani gli tremavano un poco, umide ancora di quel liquido che era sgorgato tra le sue dita. Teneva sempre gli occhi fissi sul monitor...

Come… come hai fatto a sapere che… scrisse Orlando, dopo essersi ripreso. Da parecchio tempo non aveva provato un orgasmo così forte.

Ti ho ascoltato…

Cosa?

Ho ascoltato il tuo silenzio… la tua attesa… i tempi del tuo ritmo… sei palpabile, Nasty-boy!

Il ragazzo chiuse gli occhi, sforzandosi di immaginare il volto di quello splendido sconosciuto che gli aveva fatto perdere la ragione.

Sembrava davvero riuscirlo a sentire… sembrava quasi che lo conoscesse…

“Da domani, dimentica internet, Orlando!” si disse, riaprendo gli occhi e guardando nuovamente sul computer.

Mi dispiace non poterti conoscere realmente… digitò ancora.

Ma cosa importava a questo punto essere audaci? Poteva dire qualsiasi cosa a questa persona, che fosse vera o meno, tanto… una volta spento il computer, sarebbe finito tutto.

Sarebbe finito tutto…

Nuovamente quel maledetto pensiero gli risuonò nella mente.

Mi è piaciuto! si affrettò a scrivere.

Anche a me!

Doveva essere di poche parole il tipo. Non si era mai scomposto durante tutto il colloquio. Chissà chi fosse realmente, chissà come fosse la sua vita, dove abitava, come passava le giornate.

Forse si era inventato tutto anche lui, forse… e qui Orlando ridacchiò, era uno dei tanti maniaci sessuali che affollano la rete…

Dio… e se fosse stato davvero così? Aveva fatto sesso virtuale con un maniaco!!!
L’idea non lo spaventò, anzi lo fece ridere di gusto.

Si raddrizzò sulla sedia e si guardò intorno… finalmente… un po’ di ritorno alla realtà.

Posò nuovamente gli occhi sul monitor e vide che il suo interlocutore non aveva scritto nient’altro.

Si stiracchiò, soddisfatto ma anche un po’ stanco dal piacere ‘ricevuto’, e si decise a chiudere la conversazione.

Tutta la magia sembrava essere finita.

Beh… io devo andare, adesso…

Mi lasci già?

Orlando si arrestò un attimo, e aggrottò la fronte.

Cosa poteva volere di più?

Risolse di chiudere al più presto.

Non saprei più che dirti, mi sono divertito… sembri un tipo speciale, ma… io non sono gay, né abito in America!

Neanchio sono gay, né sto in America in questo momento…

La seconda frase attirò l’attenzione di Orlando.

E dove ti trovi ora?

In Nuova Zelanda…

Il ragazzo si bloccò… doveva essere solo una mera coincidenza.

E… dove di preciso?

A Wellington… rispose l’altro.

A Wellington? domandò istintivamente Orlando.

Si, esattamente! Perché?

Le mani del ragazzo si mossero da sole. Scrisse, anche se in quel momento avrebbe dovuto fare tutt’altro che scrivere.

Anchio sono a Wellington, ora…

Pausa. Per un lungo ed interminabile istante.

Davvero? riprese l’altro “Mi piacerebbe incontrarti…

Orlando non pensò, non riuscì a pensare in quel momento… le sue dita sembravano muoversi da sole su quella tastiera…

Riuscì a scrivere soltanto ciò che più desiderava in quel momento…

Anche a me…

Bene! Si potrebbe fare… che ore sono adesso?

Me..mezzanotte e un quarto…

Ti trovi lontano dal centro?

A solo un quarto dora di macchina…

Ti andrebbe di raggiungermi…?

Ancora una scarica di calore… nuova… intensa…

Orlando vide le proprie mani avvicinarsi nuovamente alla tastiera.

Non poté fermarle.

Si, mi andrebbe… scrisse “Dove ci vediamo…? aggiunse.

AllEaston Park Hotel, Washington Street 132… dalla mia stanza mi sembra di vedere un pub… in ogni caso se prendi un taxi ti ci porta direttamente, è centralissimo, non puoi sbagliarti!

Ok…

Io ti aspetterò fuori, allincrocio della Washington con la Casters… avrò una camicia bianca addosso…

Una camicia bianca… ok… si, mi andrebbe…

Orlando non poteva smettere di pensare a queste parole, ma allo stesso tempo non riusciva ad arrestare la sua curiosità, l’ignoto che lo stava aspettando in quella notte di sorprese.

Te la senti veramente di venire? scrisse ancora lo sconosciuto.

Si, verrò!

Bene, ci vediamo tra mezzora dove ti ho detto… attenderò i tuoi occhi color nocciola…

----Giglio della Notte has left the room----

 

Orlando rimase immobile, con un’espressione allucinata sul volto.

Poteva sentire i rintocchi della sveglia sul comodino scandire i secondi… il tempo scivolava via veloce.

La sua mente non voleva saperne di ragionare, né di pensare… era semplicemente divenuta una sorta di cisterna colma d’immagini, sensazioni, suoni, e fantasie.

Si alzò quasi meccanicamente dalla sedia, si diresse verso il bagno dove si ripulì un poco, si cambiò, indossando una maglietta bianca e un paio di jeans neri, tanto per essere il meno appariscente possibile, e muovendosi come se si trovasse sull’orlo di un sogno, si avviò verso la porta.

Che cosa sto facendo…?” si chiese.

Ma le sue stesse parole, seguite dal pensiero, arrivarono troppo tardi.

La porta fu chiusa alle sue spalle e si udirono i suoi passi lungo il corridoio.

“Taxi!” gridò, non appena fu fuori, in strada.

 

 

Incrocio Washington Street/Casters Street: Rock Castle Pub… ore 00.20 p.m.

 

“Ehy, Lij… ma dove sta andando Viggo…?” chiese Dominic all’amico, dandogli un colpetto con la mano.

“Non lo so…” balbettò Elijah.

Scoppiarono in una risata.

Entrambi erano semidistesi su un tavolo, ed erano troppo ubriachi per prendersi la briga di seguire il loro amico.

Videro la sua sagoma avviarsi alla porta del pub, ed uscire frettolosamente.

“Forse se ne va a casa…” commentò Elijah.

“Si… a casa… probabilmente a letto…” rispose Dom.

Ed entrambi si addormentarono sul tavolo di legno.

 

Incrocio Washington Street/Casters Street… ore 00.40 p.m.

 

“Svolti qui all’angolo!” disse il ragazzo, facendo segno al tassista.

“Dove sei? Cazzo, dove diavolo sei? Forse sto vaneggiando… forse mi sono sognato tutto!” pensò tra sé e sé.

Si vergognava a farsi portare da quel tassista proprio dinanzi ad un albergo, a quell’ora, all’appuntamento con un uomo per giunta.

“Fermi pure qui, grazie!”

La macchina si arrestò e Orlando saltò giù, avviandosi al luogo dell’appuntamento.

“Sono impazzito! Punto. Orlando sei impazzito! Stai andando a conoscere un tizio che potrebbe anche essere un maniaco, e per fare cosa, poi? Sesso! Ma daaaai! Ecco. Farò così… se non c’è, giro sui tacchi e me ne vado, significa che qualcuno da lassù ci ha messo lo zampino per salvarmi il culo, se invece me lo trovo davanti… beh, sono un’attore, e dunque… ‘buonasera, piacere, Orlando Bloom… anzi no, forse è meglio che non riveli il mio nome, non si sa mai,  piacere…  mi sono perso in questa zona… sa il numero dei taxi per caso?”

Camminò ancora per un po’, parlottando da solo, tanto che se qualcuno l’avesse visto, l’avrebbe preso per un farneticatore folle.

Finché non sollevò gli occhi e intravide un cartello: ‘Washington Street’.

Sentì una morsa al cuore, e tutta la spavalderia che prima lo connotava sparì in un istante.

“Merda…” biascicò “Sei un cretino, Orlando… “

Sapeva che sarebbe stato meglio tornare indietro, ma le sue gambe non ne volevano sapere… proseguì…

“‘Casters Street’, ok, ci siamo…”

Si guardò intorno, e intravide la scritta del pub proprio alla sua sinistra…

“Potrei andare lì…”