.|. My Hope .|.

Seconda Parte

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“Bene, direi che finalmente ci siamo” disse Peter soddisfatto. Allontanò il viso dal monitor, togliendosi gli occhiali e rivolgendo un sorriso agli attori che stavano alle sue spalle. Sullo schermo, si stava concludendo la scena appena ripresa.

Seduti sulle sedie pieghevoli fornite dalla produzione, Viggo e Orlando si rilassarono. Dovevano ammetterlo anche loro, stavolta erano arrivati davvero a sfiorare la perfezione. Avevano saputo rendere al meglio il momento in cui due amici, due compagni d’armi si preparavano a una battaglia mortale. Era bastato così poco…un tocco leggero sulle spalle, mani che stringevano appena per dare sollievo e forza…occhi decisi, colmi di fierezza.

Orlando in particolare sapeva di aver vinto, almeno per una volta, la presenza scenica di Viggo. Il suo Legolas era riuscito a fare da contraltare ad Aragorn. Sembrava così lontano lo scorso pomeriggio, quando era stato sul punto di confessargli la più tremenda delle sue paure d’attore…e di essere umano.

“Ragazzi, avete due ore di permesso. Riposatevi, mangiate qualcosa…Ngila, avverti i tuoi costumisti e gli uomini di Richard. Le comparse di Elfi e Uruk-ai devono essere pronte per stasera!”

Il set iniziò a svuotarsi in un trambusto fervente di lavoro. Il vento aveva ripreso a soffiare gelido e viscido, ma almeno quella notte si sarebbe potuto girare. C’era un’aria d’attesa che pervadeva gli animi; i combattimenti avrebbero dovuto essere del maggiore realismo possibile, anche chi aveva il ruolo più piccolo era chiamato a dare il meglio di sé. Il grande puzzle che era la troupe doveva andare a comporsi in maniera perfetta per decine di volte, se fosse stato necessario.

“Andiamo adesso?”

Orlando buttò via il suo bicchiere di caffè ormai vuoto e lanciò all’amico un’occhiata perplessa. Viggo ghignò, prevedendo cosa stava per dirgli.

“Andrai benissimo così, anche se indossi una parrucca di platino coperta da una bandana!”

Il ragazzo gli mostrò la lingua in una smorfia bambinesca, poi s’avviarono verso la roulotte dell’attore americano.

“Mettiti dove vuoi e fai quello che vuoi.” Gli disse una volta chiusa la porta.

“Ma scusa…non dovrei stare fermo?”

“Assolutamente no . Anzi, è meglio se non rimani immobile” aggiunse sedendosi sul tavolo e afferrando un plico di fogli bianchi che aveva preparato.

“Artisti” bofonchiò in risposta avvicinandosi a una piccola mensola carica di libri. Ne osservò i titoli e ne prese uno che trattava l’opera degli Impressionisti francesi. Nel piccolo spazio, si sentiva solo il rumore di pagine sfogliate e di una matita che tracciava segni e segni, nervosamente, febbrilmente. Un Ramingo che disegnava…gli venne da ridere, al pensiero.

“Trovi Degàs così spassoso?”

“No, trovo te spassoso, vestito in quel modo e in preda al sacro fuoco dell’arte!”

“Dissacratore…non sei altro che un dissacratore, Elfo.” Viggo s’ammutolì di colpo e riprese a lavorare con un leggero sorriso. Abbozzò  il profilo del suo modello e per puro divertimento cercò d’immaginarselo senza il trucco di scena; segnò rapidamente, con pochi tocchi, i suoi corti capelli scuri, l’ombra sullo zigomo. Osservò concentrato la mano che reggeva il volume e si fermò solo per chiedersi come vestirlo. Tracciò velocemente il suo costume, ma poi cambiò idea quando Orli, sbuffando, si sbottonò la tunica celeste che portava sotto la casacca.

“Ma fa caldo, qui dentro!”

“Hai ancora addosso i copri-spalle di cuoio, è più che ovvio.”

“Allora mando in malora i costumisti!” e detto questo, li levò via stirando poi le braccia.

“Sembri un gatto pigro, così!”

“E per un artista non è il massimo?Deve essere una posa niente male…” replicò dolcemente, aprendo un po’ di più la tunica e respirando di sollievo. Contro luce, si poteva vedere la sua pelle abbronzata nascosta dal costume, e il rilevo delle clavicole. Ogni parte in lui era di una proporzione perfetta…il petto, il torace…lo aveva visto e studiato quando andavano tutti insieme a fare surf. La sua mano agì senza pensare, e disegnò il ragazzo nudo fino alla cintola, come se dovesse andare da un momento all’altro a concedersi un tuffo ristoratore. Quando se ne accorse, Viggo sgranò gli occhi e posò di scatto la matita.

Tra tutti gli schizzi che aveva fatto, quello…era il più bello. C’era una strana tenerezza in quel disegno, un’attenzione dolce e malinconica. Aveva reso sfolgorante la bellezza di chi stava ritraendo…come voleva…

“Che cosa significa?”

La domanda gli gelò il sangue per un lungo attimo.

Vedendolo immobile, Orli si era avvicinato a lui preoccupato…e aveva visto. Stava fissando una copia di sé stesso. La linea nervosa e compatta del suo fisico nudo e offerto agli sguardi di un invisibile spettatore…ed era la visione di Viggo. Lui lo vedeva così…perfetto, snello, un angelo…e il rossore gli accese il viso.

“Che…che cosa diavolo significa?!”

“Orli…”

“Tu…tu mi vedi così? Io per te…sono così?” ripeté con spietata decisione. L’uomo cercò di rispondere con calma, ma il giovane lo afferrò per le spalle in una stretta soffocante, disperata.

“…Sì. Per me sì.”

“Parli come pittore, vero?”

“Perché lo vuoi sapere?”

“Perché sono…sono confuso, maledizione Viggo!” urlò esasperato. Ecco. Lo aveva ammesso. L’incubo che l’ossessionava era stato scagliato fuori dalla sua mente. Lasciò la presa e a passi nervosi andò davanti alla finestra.

“E’ normale, secondo te? E’ possibile avere un legame del genere con una persona? Un legame che fa subire tutto il fascino di chi si conosce?” Orli rimase in silenzio, passandosi una mano tra i capelli biondi. “Era questo, che temevo di te…era questo, che mi paralizzava quando dovevo recitare. Avevo una paura tremenda di non essere all’altezza di Aragorn…pensavo a te, alla tua bravura, a ciò che mi hai insegnato…un circolo vizioso. E adesso…vedo questo. Che significa?”

Viggo non rispose subito. Lo sentì alzarsi, e i suoi passi erano sempre più vicini…lenti, circospetti.Tutto il contrario del suo cuore che aveva preso a correre di colpo, mozzandogli il respiro.

“Tu hai detto di aver paura di me…posso dire lo stesso di te. Sì…ti temo. E lo hai appena visto…mi fai fare cose incredibili, insensate. Non volevo dipingerti così…eppure l’ ho fatto. Il mio cuore, lo ha fatto.”

Ci fu un’altra, lunghissima pausa.

Orlando si sedette sul divano, coprendosi  il viso con le mani.La conversazione stava prendendo una piega inaspettata…stavano toccando degli argomenti delicati e pesanti insieme, parlandone con una normalità irritante. Era ovvio che dopo mesi di convivenza tra loro fosse nata una complicità così totale, che agli occhi degli altri prevaricava l’amicizia pura e semplice…ma allora come bisognava chiamare quel legame? Che nome aveva?…o si stava costruendo un assurdo castello d’illusioni per non pensare che Viggo lo aveva disegnato in quella maniera?

“A quanto sembra, tutti e due siamo messi piuttosto male” ammise con un’aria che voleva passare per pratica.

“Sì.”

“E quando…tutto questo è nato?”

“Da quando ci siamo conosciuti, direi. E siamo arrivati a dircelo solo ora!”

“Una bella coppia di sciocchi, in conclusione…e adesso? Come possiamo venirne a capo? Io non voglio perdere la tua amicizia, la tua stima…non voglio perdere te.”

“La stessa cosa vale per me. E forse ho la soluzione. Tutto è venuto fuori con la mia proposta…portiamola a termine. Posa per me, ancora una volta.”

“Come in quel disegno?”

“Basterà che ti tolga la maglia, per quello che ho in mente…a meno tu non sia così pudico…”concluse ridendo.

“Uhm…mi chiedo da chi hai imparato a provocare, Uomo!”

Qualcuno bussò alla porta.

“Signor Mortensen, stiamo ricominciando!” disse una voce femminile.

“Si riprende, forza e coraggio! E speriamo che stasera non piova…”

In tutta risposta, s’udì il brontolio lontano di un tuono.

Con un sorriso rassegnato, i due attori si prepararono per tornare in scena. Adesso era il tempo di Legolas ed Aragorn.

 

 

Non dissero a nessuno del ritratto. Per un tacito patto, avevano deciso di tenere la cosa solo per loro due. Passarono le settimane, e le notti si consumavano tra riprese interminabili e sfiancanti. Dopo giorni e giorni di pioggia, il tempo si era rimesso al bello e fu con sollievo che la troupe passò a dedicarsi alle scene da girare all’alba o durante la giornata. Per celebrare la conclusione di un periodo davvero teso e tremendo, alcuni artisti del Weta distribuirono magliette con scritto “ I survided Helm’ s Deep”: Orlando prese l’abitudine d’indossarla sempre, anche poco prima di sottoporsi alle ore di trucco che lo avrebbero trasformato in Legolas. Ovunque andasse, portava solo sorrisi e battute scherzose; pareva dimenticare la stanchezza con una velocità impressionante, la sua gentilezza e il suo carattere positivo potevano solo rasserenare.

Viggo lo osservava in silenzio, e di notte passava lunghe ore davanti a un cavalletto e a una tela che pennellata dopo pennellata mostrava quel volto bellissimo e glorioso della sua giovinezza, con un sorriso contagioso che sapeva variare dalla sensualità alla dolcezza più vera. Era da molto tempo che non lavorava ad un quadro con tanta alacrità, riversando passione e dedizione con colori e pennelli…ocra, oro, rosso, vermiglione…non voleva usare nessuna sfumatura reale, ma solo tinte forti, che saltassero all’occhio, colpissero ed emozionassero.

Una volta rientrati a Wellington, il giovane inglese aveva stupito la banda degli Hobbit dicendo loro che per qualche sera non sarebbero potuti uscire a spassarsela.

“Ho un impegno” ripeteva allusivo, e veniva salutato dai commenti maliziosi di Billy e Dom che gli raccomandavano di non ferire troppo i sentimenti della sua vittima.

“E chi sarebbe la vittima?Io?” aveva detto scherzosamente Viggo una sera staccandosi dal cavalletto, quando gli era stato riferito tutto.

Seduto a gambe incrociate tra due cuscini verdi, Orlando scoppiò a ridere di cuore. Stiracchiò pigramente le braccia intorpidite e si alzò in piedi. Come sempre, da quando posava, indossava solo dei pantaloni scuri, rimanendo a torso nudo. L’americano non poté trattenersi dal contemplare il corpo perfetto del compagno, era una visione che gli accelerava il respiro e lo portava a pensare a lui come mai gli era accaduto da quando si conoscevano. L’attrazione che provava non si era per nulla spenta da quando si erano momentaneamente chiariti tempo prima…aveva ancora soggezione di Orli e sapeva che se solo avesse lasciato perdere la razionalità, non avrebbe risposto delle sue azioni.

“Sì, tu sei la vittima…il mio pittore maledetto…” mormorò suadentemente. “Avanti, posso vedermi?”

“Prima fai l’ammaliatore e poi mi supplichi?Certo che sei un bel tipo…”

“Se non lo fossi, non sarei qui!”esclamò e di colpo lo raggiunse alle spalle, passando le braccia attorno il suo collo da dietro. Poggiò con noncuranza la testa nell’incavo del suo collo, ma non riuscì a trovare la parole adatte per descrivere ciò che vedeva…ovvero sé stesso.

La posa scelta era delle più semplici…ma i colori, la loro contrapposizione fatta di forti gradazioni, la luce prepotente…rendevano la tela un oceano meraviglioso in cui perdersi.

“Sono…io…” bisbigliò. Viggo non replicò ma per altre ragioni. Il petto di Orlando era premuto contro la sua schiena, sentiva battere il suo cuore, lo avvertiva pulsare dolcemente contro la pelle…era una sensazione paradisiaca, un contatto che gli trasmetteva quel calore che tanto amava in lui e nuovamente, il respiro tornò a farsi irregolare, troppo veloce, secco, urgente. L’angelo della sua opera lo stava forse provocando?

“Orli, forza…torna a sederti…”

“No, mi piace stare così. Hai un buon profumo, sai?”

Cercò di sorridere forzatamente. “Come posso finire se tu non ti rimetti al tuo posto?”

“Ancora un po’, ti prego…” nel dirlo, le sue labbra gli sfiorarono il collo. Ogni sillaba delle sue parole si tramutò in una carezza leggera come un sogno di nebbia e fate e sentì il corpo dell’uomo rabbrividire.

“Anch’io mi sono sentito così…quando mi hai insegnato a vedere un tramonto.”

“Ti ho dato la stessa scossa elettrica?” domandò socchiudendo gli occhi, reclinando lievemente il capo all’indietro.

“Sì…e solo tu ci riesci…solo tu mi fai sentire un ragazzino impacciato.” Si mosse lentamente, e senza che Viggo opponesse resistenza, si sedette a gambe aperte sulle sue ginocchia, le mani intrecciate sulla sua nuca. Occhi castani fissi, immobili nei suoi azzurri.

“Devi proprio aspettare che il quadro sia finito, per capire?…” bisbigliò roco scostandogli un ciuffo di capelli dalla fronte. L’attore fermò quella mano contro la guancia e quando parlò, la sua voce era ferma.

“In un film, adesso dovrei dire “Tutto questo è sbagliato, non possiamo”…”

“La tua dizione è pessima, e anche l’espressività” gli disse sfiorandogli la guancia con le labbra socchiuse, lasciando che l’accenno di barba gliele solleticasse. Sospirò appena, quando sentì le sue mani disegnargli le scapole e la schiena muscolosa.

“Mi hai fatto perdere il controllo, alla fine…” gemette nel suo orecchio.

“No, non ancora…”

Gli lasciò il tempo di tirarsi indietro, se avesse voluto, ma Viggo non voltò di lato il viso. Trovò la sua bocca, l’accarezzò con la propria, la blandì e sfiorò in un gioco perverso di strofinii e tocchi. Lo sentì gemere ancora, impaziente, il suo abbraccio divenne soffocante e bramoso. Esplorò ogni angolo delle sue labbra calde ed asciutte, poi le studiò scrupolosamente con la punta della lingua che si divertiva a prolungare una tortura piacevole, veleno puro al gusto di rose.

“Una volta ho sognato di trattarti così…” gli sussurrò tra i capelli.

“Fai questi sogni…sui tuoi amici?…”

“No…solo su di te.”

All’inizio, il bacio fu tenero, lento ma poi un fuoco che per troppo tempo avevano ignorato impose loro di cercare più passione, più contatto, più voracità. Nel piccolo salotto dell’appartamento, la musica che usciva da uno stereo lasciato acceso venne cancellata da un concerto di respiri affannosi, gemiti piccoli, sottili, di pelle che sfiorava altra pelle.

Fu Orli a staccarsi da lui, a malincuore e tenendo il viso dell’amico tra le mani a coppa, per continuare a rimanere nel suo sguardo di mare.

“Adoro il tepore della tua bocca…adoro tutto di te” gli disse mentre lui passava le dita tra i suoi corti, arruffati ricci scuri.

“Dimmi che non è uno dei tuoi scherzi…dimmi che non l’ hai fatto per gioco…”

“Non potrei mai scherzare con te, lo sai…ci tengo troppo a te, mio Ramingo…” gli disse alzandosi. Viggo lo tenne per mano, osservando le sue dita come se le vedesse per la prima volta.

“L’avevo sempre saputo.”

“Cosa?Che ti avrei sedotto?”scherzò il ragazzo.

“Sapevo anche questo. Ma sapevo anche che era questo, che temevo di te…con te non ci sono mezze misure, sei il fuoco che brucia…e hai bruciato anche me.”

“Allora smetterò di essere fuoco!” disse con trasporto riabbracciandolo di slancio, cercando il punto più sensibile del suo collo per ricoprirlo di baci. “Non voglio bruciare te…altrimenti chi mi parlerebbe così, mio poeta?”

 

 

Passarono mesi, prima che il quadro fosse finito.

C’erano giorni in cui Orlando, nel fissarlo, non notava alcun nuovo tocco. Poteva stare ore steso sul letto sfatto di Viggo e sforzare gli occhi fino a farli dolere, ma non avrebbe trovato la minima correzione in aggiunta. Poi c’era qualcosa di molto più piacevole da fare…ovvero dedicarsi al suo amato, che lo reclamava a sé giocando coi suoi capelli morbidi e mordendogli sensualmente il lobo dell’orecchio. Passavano insieme ogni briciola di tempo che riuscivano a strappare alle riprese, sempre più concitate e grandiose. I mesi in Nuova Zelanda si consumavano lentamente, come i tubetti di colore ad olio posati sulla tavolozza gettata di malavoglia su un tavolino, mentre due amanti ridevano lasciandosi cadere tra le coltri, bevendo l’uno la bellezza dell’altro.

Altri giorni, invece, il ragazzo entrava nell’appartamento e scopriva che Viggo aveva cambiato la fonte di luce, mettendo in risalto la piega sfrontata del suo sorriso, l’ombra delle clavicole e le dita che tenevano il segno di un libro di cui non aveva letto una pagina.

“Vorrei cogliere tutto, di te” gli sussurrava roco quando andava a baciarlo nelle pause delle ore di posa. Non poteva ancora credere di poter provare un amore del genere…assoluto, che cresceva piano come la marea per poi scoppiare in impeti di passione, desiderio, possesso estremo e totale. In quei momenti perfetti di gioia non pensava alla gente, a cosa avrebbe detto di loro…aveva come il sospetto che chi li conoscesse bene avesse già capito e il loro silenzio benevolo valeva molto più di qualsiasi ipocrita benedizione. Lo aveva visto persino negli occhi di Peter, una sera in cui il cast era stato invitato ad assistere al pre-montaggio del primo film.

“Sei migliorato notevolmente da quando sei arrivato qui” gli aveva detto. “Hai affrontato la tua paura e hai trovato qualcosa per cui valeva la pena rischiare.”

Si era allontanato prima che potesse chiedere spiegazioni, ma non era certo di volerle. Il loro P.J era una persona speciale, un pazzo, come si definiva lui, con la forza di credere in un sogno. Probabilmente aveva davvero compreso perché di punto in bianco Orli avesse smesso di andare per pub nelle sere di libertà, ma non lo avrebbe detto a nessuno, né lo avrebbe rinfacciato a due suoi cari amici.

“E gli altri?”

La voce di Orlando era assonnata, soffocata contro il petto di Viggo. L’uomo lo attirò a sé con forza per baciarlo sulla fronte, poi coprì entrambi con le lenzuola finite in fondo al letto.

“Intendi dire se glielo diremo, amore?”

“Sì. Mi sono cari, tutti quanti. Mentirgli sarebbe terribile.”

“Lo capiranno, se non lo hanno già fatto.” Lo baciò ancora, e si alzò all’improvviso; la luce del giorno nascente scese ad indugiare sul suo corpo nudo ed abbronzato, atletico e snello. Sentendosi addosso lo sguardo adorante del compagno, Viggo gli sorrise da oltre la spalla, poi si diresse verso il quadro.

“Questo è un mio regalo per te” disse impugnando risolutamente alcuni pennelli e iniziando a mischiare i colori. L’odore pungente della trementina colpì Orlando; era una sensazione piacevole, perché faceva parte del profumo del suo uomo.

“Non dirlo con quel tono! Sembra un addio, e io non voglio che sia così.”

“Non lo sarà. Forse ci sarà un arrivederci, quando finiremo questi film incredibili…e tu avrai la cosa che ci ha uniti.” Seguirono alcuni frenetici colpi di colore, veloci e istintivi. “E’ finito. Vieni a vederti, angelo.”

Quando lo vide, capì perché adesso di poteva dire concluso. In quei suoi occhi dipinti, Viggo era riuscito a dipingere l’amore, a rappresentare la fiamma che lo pervadeva quando erano insieme. Poteva essere per leggere poesie, poteva essere per fare l’amore…non importava cosa avrebbero fatto…l’importante erano loro.

“E come lo intitolerai, artista?”

My hope.”

Orlando rise deliziato, mentre gli leccava il profilo del collo senza staccare gli occhi dall’opera.

“Ma è il tuo nome, Estel…”

“Sarà anche la mia firma. Non aggiungerò altro, nemmeno la data. Anche quando saremo lontani…basterà che tu legga quella parola, basterà che tu guardi come sei per me e allora saremo insieme.”

“E’ il dono più bello che potessi farmi, davvero…ma essere come il sole è impegnativo…”borbottò stringendolo per i fianchi.

“Oh, ma solo per me sei il sole…” gli disse soffocando eventuali obiezioni con un lungo bacio. “Lo sarai sempre, qualunque cosa accada.”

 

Qualunque cosa accada.

Così, avevi detto. E come sempre, hai avuto ragione…my hope.

Quel quadro è ancora qui, davanti a me. E’ la prima cosa che guardi, quando entri nel mio appartamento…o forse è la seconda, dato che prima guardi sempre me. E’ in quei momenti che mi rendo conto di come i mesi senza di te s’assottigliano, fino a non esistere più. Anche le bugie che siamo costretti a propinare a un mondo impazzito sono piccoli peccati di bambini. Basta che incontri i tuoi occhi e l’unica cosa importante diventi tu.

Non so quando potremo smettere di mentire, d’indossare maschere di personaggi che odiamo, anche se siamo pagati per fingere altre vite, anche se abbiamo sempre sognato di essere attori. L’amaro che dobbiamo inghiottire sorridendo è un piccolo prezzo, se lo paragono a ciò che hai saputo donarmi. A ciò che continui a donarmi, siano esse le tue poesie, il tuo cuore, il tuo corpo.

Attraverso la tua arte mi hai fatto innamorare, mi hai insegnato il segreto dietro un tramonto di sangue…forse tu eri più Elfo di me, in questo. Quando te lo dico, tu ridi in quella maniera sommessa ed elegante che mi fa  impazzire, ma se brillo come in questo ritratto, è solo grazie a te.

Adesso, su Londra c’è esattamente lo stesso tramonto vermiglio, carico di pioggia e vento in cui mi hai detto “Chiudi gli occhi…”

Lo farò ancora. Li terrò chiusi fino a quando stasera tu non entrerai da quella porta. Pochi giorni insieme, ma che dovrò accettare come un miracolo.

I’ll be waiting for you, my hope.

 

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Accidenti…non riesco a crederci! L’ ho finita sul serio…è un sogno!Un sogno solo mio, talmente incredibile che gli ho dato vita in due giorni! So che potrà apparire frammentato, impetuoso, ma non avevo voglia di stravolgere la genuinità con cui questa piccola storia è nata nella mia testolina. E se adesso è qui, lo devo anche a certe autrici di un certo sito…

Hannon le  a Leia, Enedhil e a tutte le Mellin e alle altre scrittrici di Wicked Games. Era da molto tempo che avevo intenzione di scrivere una storia dalle tematiche decisamente diverse dalle solite che affronto, e non è stato facile perché metterla nero su bianco avrebbe voluto dire parlare di persone vere, non create dalla fantasia di uno scrittore. Non è semplice trattare di caratteri che non si conoscono, d’inclinazioni sentimentali e sessuali e se alla fine ci sono riuscita è stato comunque dopo una riflessione attenta, esplosa di colpo in parole, frasi, pensieri fermati sulla carta.

Hannon le alla mia Hobbyt Mika-Rose, alla mia Lùthien dagli occhi a mandorla, a Marta e Natalia, tutte facenti parte della nostra personale Compagnia dell’Anello. Ragazze, perdonatemi anche voi se ho “osato” immaginare questo sui nostri eroi…avete sempre saputo delle mie turbe, perciò pazientate!^__^

Devo anche ringraziare…casa mia, e il paesaggio splendido e tremendo di ieri. Il cielo grigio, il vento freddo e pungente, e un taglio nella tempesta che mostrava il sangue del tramonto…se c’aggiungiamo il Lago di Garda, si capisce perché ho voluto inserirlo nella storia. E’ uno spettacolo in bilico tra un temporale e la bella giornata che seguirà e io adoro questo tipo di estremi.

Ed infine, potevo non ringraziare gli attori che hanno saputo rendere vivi dei personaggi adorati fin da ragazzina?E al regista che ha permesso che tutto questo divenisse realtà? Naturalmente, questo è un lavoro di pura fantasia, non ha pretesa di essere verità…mi sono semplicemente posta una domanda “Io come vedrei?”…e da qui, come altre mie storie, tutto è nato…chiedo profondamente scusa se qualche lettore si trovasse offeso o turbato da ciò che ho creato. Posso solo assicurare che non ho scritto “My hope” per gusto di sfida o perché voglio sminuire attori eccezionali come Viggo Mortensen ed Orlando Bloom…anzi, spero che da questo racconto si possa capire quanto li ammiri e il mio affetto per loro, anche se espresso in modo decisamente differente da come avrei potuto fare. Nella remota ipotesi che qualcuno di loro legga questo…chiedo solo perdono, perché l’ultima cosa che voglio fare è offendere chi rispetto così tanto.

Edhelwen/Ricchan.