.|. Mai Piu'  .|.

Ah, l’amore. Questo sentimento che ci fa sognare e sperare. Quante volte abbiamo letto delle storie d’amore piene di passione nelle quali i due personaggi (due a caso…hi hi) si amavano alla follia, restando uniti e superando insieme ogni ostacolo? Io stessa ne ho scritte un sacco…hai voglia…hiiii…e ne ho lette molte veramente stupende…e allora vi starete chiedendo: che vuole questa?

Niente, è solo che, per questa storia, ho deciso di cambiare un po’ le carte in tavola…li ho fatti amare alla follia, li ho fatti odiare e poi innamorare…per restare nel tema ovviamente non resta che una cosa…

E se uno dei due non ricambiasse l’amore dell’altro? Se uno dei due non fosse attratto fisicamente dall’altro nonostante provi qualcosa di forte? E se l’altro invece provasse solo un’intensa attrazione fisica ma non volesse andare oltre? Se non fosse amore a prima vista e bruciante passione ma qualcosa di diverso…qualcosa che deve essere costruito col tempo e che richiede molto più che ‘aprire il proprio cuore’ ?

Ed è quindi, partendo dalla cruda realtà che…non sempre l’amore è la cosa più semplice e bella del Mondo, anzi, molte volte non è ricambiato, confonde e fa soffrire…

 

Capitolo Uno

~

Un’altra lunga ed insonne notte.

Ed ogni cosa mi parla di te,

anche se queste mura non hanno mai visto il tuo volto.

La tua dolce voce non ha mai echeggiato

nel silenzio degli immensi saloni che attendevano la tua venuta.

Ma in quella infinita attesa,

il mio cuore continua ad indugiare.

Quella vana speranza mi strazia l’anima,

speranza di vederti tornare da me.

Eppure quello fu veramente un addio,

parole sussurrate con timore

ma con la consapevolezza della loro verità.

Non mi è stato concesso l’amore di una creature immortale,

ma io ti ho donato il mio senza scelta.

E per quella debolezza continuo a pagare,

giorno dopo giorno, il mio spirito si consuma nella solitudine.

È stato un sogno, niente più.

Ma in quel sogno abbiamo creduto entrambi per un breve periodo,

solo per scontarci poi con la realtà.

Ho allontanato il tuo cuore dal mio e i nostri destini si sono divisi,

e so per certo che non si incroceranno mai più.

Come mai più la mia anima riuscirà ad amare come un tempo.

Non aprirò mai più il mio cuore a qualcosa di così insopportabile.

Non troverò mai più la forza per ricominciare.

Non amerò mai più per…

 

Re Elassar, il sovrano di Gondor e degli Uomini della Terra di Mezzo, lasciò cadere la penna sul foglio, portandosi le mani sul volto con un sospiro pieno di angoscia e tristezza.

Accadeva sempre così. Ogni notte che passava solo nella sua immensa stanza da letto, decorata da splendidi mobili in legno intarsiato e ricche tende di broccato color porpora e oro. Quando il sole tramontava oltre le montagne, la solitudine prendeva possesso del suo spirito, lasciandolo in balia dei ricordi e del tempo ormai perduto, in quel luogo che avrebbe dovuto essere la sua alcova, circondato dall’amore fino alla fine dei suoi giorni mortali. Ma non era così…non era mai stato così, perché quel grande letto a baldacchino e le lenzuola di seta bianca, ricamata da gigli dorati, non avevano mai visto altro che quel solo corpo, giacere immobile durante le interminabili notti.

Le pareti di pietra sembravano allargarsi ogni giorno sempre di più, aumentando quello spazio troppo grande per un'unica persona che non riesce a trovare riposo nel gelido abbraccio della solitudine.

Il fuoco scoppiettò nel camino, come a voler interrompere quel silenzio insostenibile, e l’uomo seduto alla scrivania si alzò di scatto, gettando a terra con noncuranza la pergamena sulla quale stava scrivendo. Si avvicinò lentamente alla fonte di quel rumore indesiderato e appoggiò un braccio al ripiano che sovrastava il focolare, posando stancamente la fronte su di esso, mentre con lo sguardo fissava le fiamme che si alzavano.

‘Basta…devo smetterla…’

Se lo ripeteva ogni volta. Ogni singola volta che si sedeva e prendeva in mano un foglio per lasciare che le parole esprimessero quel dolore che lo divorava. Era inutile. Inutile scrivere quelle sciocche frasi piene di rimpianti per qualcosa che ormai aveva perduto. Frasi colme di quel sentimento che aveva conosciuto ma che non voleva più nella sua vita. Quell’amore che aveva tanto atteso e infine trovato, non aveva fatto altro che distruggerlo, lentamente e inesorabilmente da quando aveva preso quella decisione. Qualche rara volta, ancora si chiedeva cosa sarebbe accaduto se non avesse rinunciato…se quel lontano giorno, prima della partenza della Compagnia per distruggere l’Anello del Potere, non le avesse detto quelle parole…

“Io sono Mortale, tu di razza elfica…è stato un sogno Arwen, niente più”  

Le ricordava ancora…come ricordava gli occhi pieni di lacrime della donna che amava in quell’ultimo momento prima di abbandonare Granburrone. L’ultima volta in cui vide il suo volto.

L’aveva lasciata con un debole sorriso, prima di voltarle le spalle per sempre…come poteva ora biasimare il suo gesto? Lei aveva lasciato le Terre Mortali per dirigersi ai Porti Grigi e superare il Mare, com’era giusto che facesse. L’aveva abbandonata e Arwen aveva seguito il proprio destino, raggiungendo quel luogo nel quale avrebbe dimorato per l’eternità.

Come poteva criticare la sua scelta? Con che diritto poteva anche solo pensare che lei sarebbe comunque rimasta nell’insicurezza, abbracciando una vita che non le apparteneva? Eppure era accaduto…quante volte l’aveva incolpata della loro fine, quando invece era stato lui stesso a scrivere quella parola nel loro sogno? Quante volte l’aveva accusata di aver distrutto il suo cuore e di averlo privato della possibilità di amare?

Ma Arwen non era con lui per ascoltare quelle grida disperate e per vedere quelle lacrime bollenti solcargli il viso…lei era partita per intraprendere una nuova vita, diversa da quella Mortale che invece avrebbe vissuto al suo fianco.

E così era salito al trono. Grampasso il ramingo aveva accettato il suo destino e Aragorn, figlio di Arathorn, era diventato Re Elassar. Aveva iniziato a governare da Minas Tirith il suo regno…ma quel posto accanto al suo era vuoto. Non c’era una Regina al suo fianco che lo sosteneva nelle scelte difficili e che lo confortava durante le fredde notti. Era solo. Lo era sempre stato.

Ben presto le sue stanze divennero il rifugio di cortigiane che venivano chiamate dai suoi servitori, con la discrezione più assoluta. In ogni stanza, ad eccezione di quella da letto privata del Re, quelle dame avevano concesso al loro sovrano il proprio corpo, come Aragorn si concedeva a loro nel vano tentativo di placare quel gelo che sentiva dentro di sé. Il corpo, però, può ardere al culmine del piacere ma troppo presto torna ad essere freddo e vuoto come prima, se qualcuno non è in grado di ravvivare quel fuoco con le fiamme dell’amore. Ma Re Elassar sembrava cercare tutto fuorché quello…una volta soddisfatti i desideri della carne, cercava altri piaceri in feste e banchetti più o meno ufficiali, mascherando la propria sofferenza con il divertimento.

A corte, tutti conoscevano il carattere impulsivo del sovrano che poteva cambiare in pochi istanti, e nessuno osava mai contraddire una sua richiesta. Ma chi era più vicino a lui ed era al corrente della sua storia, sapeva bene che quelle feste e quei giochi non sarebbero serviti a placare quel tormento che lo opprimeva. Niente sarebbe servito, fino a quando Aragorn stesso non si fosse deciso a credere di nuovo nella speranza e nell’amore. Ma quel giorno, sembrava ancora lontano…

 

Re Elassar rialzò il capo, fissando per qualche istante la parete di pietra di fronte a sé. Ormai era notte inoltrata e non avrebbe comunque trovato riposo, così fece quello che, ormai con frequenza, si ritrovava a fare. Uscì dalla propria camera e raggiunse le altre stanze, dirigendosi alla porta principale, dove sapeva di trovare le persone che stava cercando. Con un rapido movimento tirò verso di sé la pesante porta di mogano, lasciando per un istante esterrefatte le due guardie in piedi ai due lati.

“Vostra Maestà!” esclamarono in coro, rimettendosi all’erta come dovevano essere e come, puntualmente, non restavano, una volta che il sovrano si ritirava nelle proprie stanze.

Aragorn lanciò un’occhiata ad entrambi i giovani, ma non era quello il momento per una punizione, così si limitò a sussurrare…

“Chiamate Dahrmaen” prima di richiudere nuovamente la porta.

 

Le due guardie tirarono un sospiro di sollievo, rilassandosi nuovamente dopo lo spavento, e una di esse mormorò…

“Perché non prova a dormire una volta, invece di intrattenersi con quelle donne…?”

“Forse è l’unico modo che ha per prendere sonno…” ribatté l’altro con un sorriso malizioso sul viso.

“Sì ma potrebbe deciderlo prima di ritirarsi non credi? Almeno non dovremmo farci il palazzo a piedi per cercare Dahrmaen e mandarlo a prendere quelle cortigiane!”

“Lui è il Re…” disse la seconda guardia alzando le spalle.

“Già…ma…”

 

“Cosa accade…?”

 

Una voce melodiosa, alle spalle dei due, li fece voltare di scatto e si ritrovarono di fronte un giovane alto, dai lunghi capelli castani, raccolti dietro il capo da una mezza treccia, e la carnagione chiara. Sul bel viso perfettamente disegnato, brillavano due intensi occhi grigi mentre le labbra rosate erano incurvate in un sorriso divertito.

“Meldir!” esclamò una delle guardie cercando di controllare il tono di voce “Dannazione al tuo passo elfico! Ma non vai mai a riposare?”

L’elfo guardò interessato i due giovani, avvicinandosi di un passo a loro e continuando a tenere le mani dietro la schiena.

“Solo a volte…ma la cosa non vi riguarda…” ribatté alzando lo sguardo su uno dei due “…cosa voleva Re Elassar?”

“Prova ad indovinare…?”

Meldir sospirò, annuendo “Non occorre…credo di saperlo…vado io” e con un cenno del capo si voltò, andandosene silenziosamente come era venuto, mentre la lunga tunica di velluto blu che indossava si muoveva ad ogni passo veloce.

 

~

 

“Finalmente!” mormorò tra sé il cavaliere, frenando per qualche istante il proprio destriero quando in lontananza il suo sguardo elfico riconobbe la Bianca Torre di Echtelion.

Da giorni viaggiava quasi senza riposo, impaziente di raggiungere Minas Tirith per parlare col sovrano…e per riabbracciarlo.

Sulle sue labbra sottili si formò un sorriso, e la luce della luna si rifletté nei suoi occhi blu quando,  respirando intensamente l’aria notturna, alzò lo sguardo al cielo stellato. Il cappuccio grigio del pesante mantello che indossava si scostò leggermente dal suo volto, lasciando intravedere i lunghi capelli biondi e la sottile corona dorata sulla sua fronte candida come il resto del suo splendido viso.

“Siamo giunti amico mio!”

Passò la mano sulla criniera argentea del cavallo e lo spronò nuovamente al galoppo, non era ancora il momento per riposare.

 

~

 

Meldir tornò sui suoi passi, dopo aver avvisato rapidamente Dahrmaen della richiesta del sovrano, ed uscì su uno dei balconi del palazzo per guardare il cielo stellato. Quel cielo che, per qualche ragione che non riusciva a spiegarsi, quella notte aveva qualcosa di diverso…le stelle sembravano brillare più intensamente e per la sua gente, quello era un segno…un segno che qualcosa sarebbe cambiato, ma se fosse in meglio, quello non poteva saperlo…poteva solo sperarlo. Come lo sperava ogni giorno da quando Aragorn era salito al trono e Sire Elrond gli aveva affidato il compito di restare a Gondor come rappresentante del Popolo Elfico, fino a quando la loro gente se ne fosse andata definitivamente da quelle Terre. Sapeva a cosa sarebbe andato incontro accettando quell’incarico, ma non poteva fare altrimenti…era suo dovere…conosceva fin troppo bene le vicende della Stella del Vespro e dell’amore che la legava all’erede di Isildur e sapeva che presto o tardi, Re Elassar avrebbe avuto bisogno d’aiuto…quell’aiuto che non aveva mai chiesto a causa del suo orgoglio. A volte però, sentiva il peso di quel compito che lo costringeva a restare lontano dal suo popolo e dalle sue Terre, anche se ormai a palazzo tutti lo consideravano come uno di loro…si sentiva soffocare tra quelle mura ma ricordava le parole di Elrond e la sua preoccupazione prima di partire per i Porti Grigi…sarebbe restato a Gondor fino a quando Aragorn avesse trovato qualcuno con cui dividere il proprio trono e il proprio cuore…qualcuno in grado di ridargli quella stabilità che aveva ormai perso.

Abbassò all’improvviso lo sguardo nel cortile, quando udì i cancelli aprirsi e con sua grande sorpresa, vide un cavaliere avvolto in un manto grigio, entrare a palazzo su un bianco destriero che portava gli stemmi elfici di Bosco Atro sulla bardatura. Il suo cuore sussultò un istante prima di riprendere a battere prepotentemente quando il nuovo arrivato si lasciò scivolare il cappuccio sulle spalle per mostrare il suo volto alla luce della luna…e senza fermarsi a riflettere, lasciò il balcone.

 

~

 

“Mah…principe…aspettate!” esclamò una delle guardie seguendo a fatica l’elfo appena giunto a Gondor “Sua Maestà sta riposando e…”

“So bene che è molto tardi…e me ne rammarico ma mio padre mi ha ordinato di parlare con lui al mio arrivo qui…non posso attendere il mattino”

“Lo capisco ma…aspettate!”

Il giovane si mise a correre e si fermò di fronte al principe biondo, alzando una mano per impedirgli di proseguire oltre la porta che avevano raggiunto.

“Non posso lasciarvi passare…è un ordine!”

“Cosa sta succedendo a quest’ora di notte?” disse seccato un uomo dai capelli scuri raggiungendo i due “Sua Maestà non riceve visite dal tramonto all’alba!” restò qualche momento a fissare lo straniero e deglutì “Mi dispiace principe ma…dovrete aspettare il sorgere del sole…come tutti!”

 

“Dahrmaen!”

 

Una voce calda echeggiò nel corridoio e i tre presenti si voltarono in quella direzione, in tempo per vedere l’elfo dai lunghi capelli mossi dirigersi a grandi passi verso di loro.

“Sai bene che costui non è come tutti!” proseguì fissando l’uomo e lanciando un’occhiata di sfida alla guardia “Se desidera parlare con Re Elassar, così sarà fatto! Vai a chiamarlo!”

Dahrmaen strinse le labbra, sussurrandogli sgarbatamente…

“Sai bene che in questi momenti non vuole essere interrotto!”

“Ma per questa volta farà un’eccezione…” ribatté Meldir a bassa voce, facendo capire all’uomo con lo sguardo che non aveva altra scelta, e così questi, imprecando tra sé, aprì lentamente la porta, lasciandola socchiusa.

Quando anche la guardia si allontanò, l’elfo di Granburrone posò lo sguardo sulla persona al suo fianco e sulle sue labbra si formò un sorriso…

“Principe Legolas…”

“Oh…ringrazio i Valar… Meldir!” mormorò Legolas allungando le braccia e stringendo l’amico a sé in un tenero abbraccio “Non credevo che saresti rimasto…è passato così tanto tempo da…”

“Anni…molti anni…” sussurrò in risposta Meldir allontanandosi per guardarlo negli occhi “…anche se i giorni qui passano molto lentamente nonostante tutto!” alzò una mano e gli accarezzò una guancia “Non mi sembra vero di poter vedere di nuovo il volto di un Immortale…e soprattutto il tuo…”

“Mio padre mi ha mandato per discutere con Aragorn di una questione importante…alcuni Uomini hanno superato i confini del Grande Bosco e…”

Le parole di Legolas vennero interrotte dalle grida che echeggiarono nel grande salone oltre la porta socchiusa, e l’elfo aggrottò le sopracciglia stupito quando riconobbe all’istante quella voce…

 

“Cosa significa che dovevi? Sai bene quali sono gli ordini!”

“Sì…lo so bene Vostra Maestà ma…”

“Non esistono ma! Sai quale sarà la punizione per questo vero…?”

“Sì mio signore…”

 

La porta si spalancò violentemente e i due elfi fecero istintivamente un passo indietro, quando Re Elassar oltrepassò la soglia con addosso solo una lunga vestaglia nera con dei ricami dorati sulle maniche, i capelli castani scomposti e la pelle ambrata velata dal sudore…

“Meldir! Dannazione cosa…”

 

“Aragorn…”

 

All’improvviso quella voce…quella voce che conosceva così bene si fece strada nella sua mente, spazzando via ogni briciolo di rancore e di indignazione per essere stato disturbato…e il suo cuore iniziò a battere sempre più forte quando, timidamente, spostò lo sguardo sulla persona che aveva parlato.

“Legolas…?” bisbigliò debolmente mentre le sue labbra si incurvavano in un dolce sorriso…un sorriso che né l’uomo al suo fianco, né l’altro elfo a pochi passi da lui, vedevano da anni su quel viso ricoperto dalla maschera della sofferenza.

“Mi dispiace…” proseguì il principe di Bosco Atro, sorridendogli a sua volta “…ho insistito io perché venissero a chiamarti, non incolpare loro per la mia invadenza…volevo solo che sapessi…”

“Andate!” ordinò subito il sovrano alzando la voce e interrompendo le parole dell’amico che si fermò di scatto per lanciare un’occhiata a Meldir e Dahrmaen che, con un debole inchino, si stavano allontanando.

“Capisco che…forse non è il momento opportuno…” mormorò Legolas abbassando lo sguardo, quasi intimidito da quell’atteggiamento autoritario che non aveva mai visto nel compagno che aveva affrontato con lui le imprese più pericolose “…è molto tardi e…sicuramente stavi riposando, non avevo alcun diritto di disturbarti per…”

“No…no, non importa…” ribatté Aragorn fissando il suo viso attentamente come se stesse cercando di ricordarlo “…sei qui…hai fatto un lungo viaggio per…” si fermò e si lasciò sfuggire una debole risata, indicando con un dito la fronte dell’elfo “…hai la corona…non ti avevo mai visto con…quella…”

Legolas aprì la bocca stupito, ma poi sorrise, scuotendo la testa…

“Oh…sì…la devo portare quando viaggio per conto di mio padre o quando prendo il suo posto a Bosco Atro per qualche periodo…”

“Sei bellissimo…” mormorò con un filo di voce il Re di Gondor, perdendosi per un lungo momento negli occhi blu dell’amico, ma poi, schiarendosi la voce, si corresse “…sì…voglio dire…la corona, ti dona, sembri un vero principe…”

“Forse perché lo sono…” replicò Legolas sorridendogli, prima di fare un passo verso di lui e, senza riuscire più a trattenersi, gli mise una mano sulla spalla e una sul fianco, stringendolo a sé con tenerezza “…mi sei mancato Aragorn…” 

L’uomo restò per un momento immobile. Per la prima volta dopo anni, sentiva il calore di una persona amica contro di sé…una persona alla quale era legato e alla quale teneva tantissimo, e il suo corpo tremò a quel contatto inaspettato, tanto che l’elfo si ritrasse lentamente, intimorito…

“Perdonami…non credevo…”

Aragorn però non gli permise di finire la frase. Alzò una mano e la posò sul lato del collo del principe, tirandolo nuovamente a sé, mentre con l’altro braccio gli cingeva la vita…e un sospiro compiaciuto lasciò le sue labbra, prima delle parole…

Ù moe edaved Legolas…im boe sen…ú istach manen! (Non c’è niente da perdonare Legolas, ne avevo bisogno, non sai quanto!)”

Od ir ú vathach idh rainc o mellon mîn? (Da quando non senti le braccia di un amico?)” mormorò dolcemente l’elfo quando sentì l’abbraccio del compagno diventare sempre più vigoroso, e si lasciò sfuggire una debole risata “Aragorn le…thala a im…(Aragorn sei forte e io….)” 

“Oh…stanco per il viaggio…mi dispiace…” finì il Re di Gondor lasciando all’istante il corpo dell’elfo con un sorriso imbarazzato sul volto “…mi sono lasciato trasportare dai ricordi e…come dicevi tu, da tempo non ricevo la visita di un amico…” si bloccò in silenzio ad osservarlo, poi con un sospiro proseguì “…vuoi seguirmi? Ti accompagno alla stanza degli ospiti e, nel frattempo, se desideri puoi parlarmi del motivo della tua venuta…”

“Con piacere…” rispose Legolas sorridendogli, prima di incamminarsi con lui lungo il corridoio.

 

Il principe di Bosco Atro iniziò così a raccontare al sovrano di Gondor dei quattro Uomini che avevano oltrepassato, senza permessi, i confini del Grande Bosco e delle azioni furtive che avevano compiuto ai danni degli abitanti. Dopo giorni di ricerche, i Guardiani, li avevano scovati per rinchiuderli nelle prigioni in attesa di giudizio. Ma Sire Thranduil desiderava la giustizia più di ogni altra cosa, e non riteneva giusto che quegli Uomini fossero giudicati solo dagli Elfi…

“E così mi ha mandato qui per avere un tuo consiglio e, spera, il tuo appoggio in questa circostanza…” continuò Legolas tirando un respiro “…desidera che quei furfanti vengano giudicati anche dai loro pari…dal loro popolo…”

“Sì, lo trovo corretto!” disse Aragorn fermandosi con le mani conserte davanti ad una porta “Al sorgere del sole manderò un messaggero da tuo padre per informarlo della mia decisione…a breve un drappello di uomini giusti raggiungerà le tue Terre per dare appoggio al tuo popolo.”

L’elfo biondo sorrise soddisfatto, inclinando la testa di lato con lo sguardo fisso negli occhi chiari dell’uomo davanti a sé…

“Non posso che ringraziarti a nome del mio popolo dunque…” esclamò “…ma mio padre contava sul fatto che io stesso sarei tornato per dargli la risposta, portando con me alcuni uomini…”

“Oh…” bisbigliò Aragorn abbassando di colpo lo sguardo mentre il suo sorriso si velava di delusione “…sì, certo, se è questo che ti è stato ordinato…speravo solo di poter passare qualche tempo con te…”

“Mi dispiace…” sussurrò Legolas stringendo le labbra quando notò l’amarezza nella sua voce “…vorrei restare per parlare con te e ricordare i tempi passati insieme ma…”

“Sì…capisco…non…nessun problema…quando ti sarai riposato troverai il tuo destriero pronto a ripartire…” lo interruppe l’uomo bruscamente, prima di voltarsi e accennare un “Buonanotte” seguito da dei passi rapidi.

L’elfo restò in silenzio, osservando dispiaciuto l’amico che si allontanava e debolmente rispose…

“Buonanotte”. 

~

“Posso entrare?”

I deboli colpi alla porta attirarono subito l’attenzione di Legolas che, abbandonando su una sedia il mantello che si era tolto poco prima, si avvicinò rapidamente per aprire.

“Meldir…?” mormorò sorridendo quando vide l’amico di fronte a sé “Certo che puoi entrare…vieni…” e con quelle parole si spostò di lato, richiudendo poi la porta di legno “…posso fare qualcosa per te?”

“Veramente…” iniziò l’elfo dai lunghi capelli castani lasciandosi sfuggire una risata “…sarei io a dovertelo chiedere, visto che l’ospite sei tu ma…” sospirò e alzò lo sguardo sull’amico “…sì, in effetti potresti fare una cosa per me…”

“Qualsiasi cosa…avanti parla…siamo amici!” ribatté subito Legolas facendogli cenno di sedersi sul letto.

“Ho parlato con gli stallieri poco fa e…dicono che te ne andrai a breve…” disse Meldir accomodandosi sul materasso, prima di alzare gli occhi sull’altro elfo che, attentamente lo stava fissando, con le braccia conserte sul petto, fasciato dalla lunga tunica verde oliva con splendidi ricami dorati.

“Sì…domani o dopo al massimo, devo tornare da mio padre e portargli la decisione di Aragorn riguardo a quella questione che ti stavo accennando poco fa…”

“Non farlo!” lo interruppe all’improvviso l’elfo di Granburrone scuotendo la testa, con una tale apprensione nella voce da far preoccupare il principe del Grande del Bosco che, aggrottando le sopracciglia, fece un passo verso di lui sussurrando…

“Come…?”

“Non andare! Non lasciare Gondor così presto! Manderemo un messaggero e tutti gli uomini che vorrai…andrò io stesso da Sire Thranduil se sarà necessario ma…non andartene ora! Non lasciarlo…”

Legolas abbassò lo sguardo sul pavimento di pietra, cercando di dare un senso a quelle parole, ma non era così semplice…sicuramente era all’oscuro di qualcosa di importante e forse per quel motivo non riusciva a comprendere, così si avvicinò all’amico, sedendosi sul letto al suo fianco, e dopo un lungo momento di silenzio, mormorò titubante quel nome…

“Aragorn…?” vide l’elfo vicino a lui abbassare le palpebre in segno positivo e proseguì “Non devo lasciare Aragorn adesso? È questo che vuoi dire? Non devo andarmene e…lasciarlo solo?”

“Ti prego Legolas…” ribatté Meldir allungando una mano per stringere quella dell’amico nella propria “Te lo chiedo per Gondor e per gli Uomini! Credevo non ci fosse più speranza ma quando ho visto il modo in cui ha reagito in tua presenza…” sospirò, accennando un sorriso “…beh, mi sbagliavo…forse sei l’unica persona in grado di aiutarlo…te ne prego!”

“Aiutarlo…?” bisbigliò preoccupato il principe di Bosco Atro “Non comprendo Meldir! Che aiuto potrei dargli? Io non…sta forse male?”

“No…non il suo corpo almeno…ma il suo spirito è in pena da anni ormai, e sai meglio di me qual è la causa del suo dolore…”

“Arwen…?” sussurrò Legolas solo per ottenere di nuovo una conferma da parte dell’amico

“Non crede più in niente e in nessuno e…non permette a nessuno di aiutarlo…Elrond mi ha assegnato il compito di restargli accanto nel caso fosse servita la presenza di un amico ma…io non lo sono…non considera più nessuno come tale e la sua fiducia nelle parole amicizia e amore è svanita e…”

“La sua sofferenza si ripercuote sul suo comportamento con voi e con il popolo…?” lo interruppe l’elfo biondo abbassando lo sguardo qualche istante prima di continuare, come se conoscesse già la risposta “Credi davvero che la mia presenza qui possa aiutarlo e cambiare le cose?”

“Sì lo credo…non so ancora in che modo ma ne sono convinto…ti supplico!”

“Allora resterò!” esclamò Legolas alzando gli occhi sull’amico con un sorriso “Manderò un messaggero da mio padre e nella lettera gli spiegherò i motivi della mia assenza. Resterò fino a quando sarà necessario!”

Meldir gli sorrise, stringendogli con forza la mano nella propria bisbigliando un “Grazie!” prima di alzarsi e fare qualche passo verso la porta “Vado ad avvertire gli stallieri di preparare un riparo per il tuo destriero…darai tu la notizia a Re Elassar...?” vide l’elfo biondo annuire e continuò “Bene! A domani allora!” raggiunse l’uscita ma prima di andarsene si bloccò, voltandosi di nuovo verso l’amico con un’espressione seria sul viso “Legolas, ricordi quello che mi dicesti tempo fa, prima di lasciare questo regno? Hai…trovato quello che cercavi?”

Legolas sospirò, stringendo per un attimo le labbra, prima di scuotere debolmente la testa con un sorriso amaro sul viso…

“No…sto ancora aspettando…”