.|. Mai Piu'  .|.

Capitolo Due

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Il sole era già alto nel cielo e Aragorn, Re di Gondor, se ne stava seduto solo, al grande tavolo nel salone dove era solito fare colazione, pranzare e cenare. E come sempre, con i gomiti sul ripiano di legno e la testa tra le mani, restava in silenzio ad osservare il cibo davanti a sé. Le cuoche oramai erano abituate a quegli atteggiamenti e non facevano altro che attendere il suo ritiro nella sala del trono, per poi recuperare i piatti ancora pieni.

Quella mattina però, sembrava essere peggio del solito. Re Elassar se ne stava immobile, con gli occhi spalancati e il respiro lento di qualcuno che non riesce, o non vuole, trovare la forza per alzarsi ed iniziare una nuova giornata. La sua mente continuava a ripensare a quello che era accaduto quella notte, quando era tornato nelle sue stanze, dalle cortigiane che lo stavano attendendo con ansia. Aveva passato con loro diverse ore ma ogni singolo istante i suoi pensieri erano rivolti alla persona che aveva appena rivisto…Legolas…colui che era stato il suo migliore amico per anni e anni e sul quale aveva fantasticato giorno e notte per un lungo periodo della sua vita, rimproverandosi per quelle fantasie che non dovevano avere niente a che fare con lui…fantasie che non potevano riguardare una persona del suo stesso sesso, anche se la sua bellezza, eterea e immortale, poteva confondere e ammagliare chiunque. Era cresciuto tra gli Elfi e sapeva che per loro non esisteva differenza di genere quando dovevano trovare un compagno…ma lui era un Uomo, e un Re…non avrebbe dovuto nemmeno pensarle quelle cose.

Sospirò profondamente, spostando in avanti il piatto che aveva davanti a sé, prima di piegare le braccia sul tavolo e chinare la testa su di esse.

‘Dannazione basta!’ si disse chiudendo gli occhi. Cosa gli stava succedendo? Non gli bastavano più le decine di donne ai suoi comandi che esaudivano ogni suo desiderio? Ora doveva addirittura sognare un suo amico per sentirsi meglio? Ma era inutile affliggersi con quelle domande assurde…presto la fonte di quelle preoccupazioni se ne sarebbe andata, e tutto sarebbe tornato come prima…ancora una volta.

 

“Non è più usanza degli Uomini mangiare dopo il sorgere del Sole per poter affrontare con forza la giornata appena iniziata?”

 

Quando udì quelle parole, alzò la testa di scatto con gli occhi spalancati e si ritrovò di fronte Legolas, con addosso una raffinata tunica di velluto grigio argenteo che gli scendeva morbida sui fianchi, raggiungendo appena le ginocchia, e sotto di essa, le lunghe gambe erano fasciate in una stoffa di qualche tonalità più scura che finiva negli stivali di pelle nera.

Un debole “Oh…” fu l’unico suono che lasciò le sue labbra, mentre l’elfo si avvicinava al tavolo per sedersi davanti a lui.

“Sembri sorpreso di vedermi!” disse il principe di Bosco Atro sorridendo, posando le mani davanti a sé, sul ripiano di legno scuro “Ricordi ieri notte? Quella persona che è arrivata all’improvviso, disturbandoti? Bene, ero io…”

Aragorn rimase ancora in silenzio, senza distogliere lo sguardo dal viso del compagno. Sembrava stesse veramente cercando di ricordare ma in realtà la sua mente era impegnata a razionalizzare quella miriade di emozioni che aveva provato nel ritrovarsi davanti quella visione. Mai nessuno era entrato in quel salone quando lui era presente, e mai nessuno si era seduto a quel tavolo con lui con quel dolce sorriso sulle labbra. E il suo cuore aveva sussultato, provocandogli piacevoli brividi lungo la schiena che si erano estesi nel suo corpo, raggiungendo anche quella parte che non doveva essere risvegliata, ma che, fortunatamente, era celata dalla lunga tunica rossa e dalla casacca in pelle scura che portava quella mattina.

“Legolas…?” mormorò quasi con insicurezza, e quel tono causò un’allegra risata da parte dell’elfo che, divertito, esclamò…

“Beh, almeno il mio nome l’hai ricordato!”

Quella risata cristallina scosse all’improvviso il Re di Gondor da quello strano torpore che sentiva dentro di sé e, rendendosi conto del comportamento ridicolo che aveva tenuto fino a quell’istante, l’uomo si schiarì la voce, sorridendo quasi imbarazzato…

“No…certo che ricordo ieri notte! Mi hai solo sorpreso, tutto qui. Nessuno entra mai qui dentro quando sono presente e…”

“Passi sempre il tempo solo quando ti viene servita la colazione?” chiese subito Legolas aggrottando le sopracciglia incuriosito “Nessuno ti fa compagnia?”

“Anche il pranzo e la cena…ma non…serve che qualcuno mi faccia compagnia…” rispose Aragorn abbassando qualche attimo lo sguardo come se non riuscisse a sostenere quello dell’amico, ma la voce dell’elfo attirò di nuovo ogni sua attenzione…

“Io credo sia necessaria invece…poco fa stavi per addormentarti nel tuo piatto!”

Re Elassar lo fissò stupito ma non riuscì a trattenere una debole risata quando vide il sorriso del compagno…

“Questo non è vero…”

Legolas alzò un sopracciglio divertito ma restò in silenzio. Aveva cercato di non darlo a vedere, ma il sapere che Aragorn passava la maggior parte del suo tempo solo, l’aveva addolorato e preoccupato. L’uomo che conosceva avrebbe chiamato i servitori e si sarebbe fatto raccontare ogni cosa mentre cenava o pranzava, discutendo con loro dei problemi e delle soluzioni. Ma forse non lo conosceva veramente…forse non aveva mai conosciuto completamente l’Aragorn che era diventato Re di Gondor. Era tornato a Bosco Atro dopo l’incoronazione e non aveva pensato a quello che, invece, il suo più caro amico avrebbe dovuto affrontare, solo, senza nessuno al suo fianco. L’aveva sempre considerato forte e determinato, in grado di far fronte ad ogni problema…ma aveva dimenticato, forse, che tutti hanno bisogno di qualcuno. Ed Aragorn non aveva più quel ‘qualcuno’ accanto a sé.

“Non hai…indossato la corona questa mattina…” mormorò Re Elassar sorridendo, quando sentì che quel silenzio che si era creato tra loro, stava diventando insostenibile…sì, Legolas se ne sarebbe andato a breve, ma non voleva in ogni caso portargli rancore, anzi, doveva fare in modo di non sprecare quel pochissimo tempo che gli rimaneva.

“Sembra che la mia corona attiri sempre la tua attenzione…” ribatté l’elfo biondo sorridendo, passandosi una mano tra i capelli che aveva lasciato sciolti sulle spalle, sistemati solo dietro alle orecchie. Si accorse però dell’espressione imbarazzata dell’uomo, così, continuando a sorridergli, proseguì “…in ogni caso, ti ho detto che la porto solo quando devo viaggiare per conto di mio padre.”

“In questo caso avresti dovuto indossarla allora…” disse Aragorn deglutendo amaramente, pur cercando di non far notare il suo disappunto “…il tuo destriero è già stato sellato e gli uomini sono pronti a partire per…” in quell’istante però una strana sensazione si impadronì di lui e, aggrottando le sopracciglia, aprì la bocca per parlare di nuovo ma Legolas lo anticipò…

“Ed infatti sono già partiti…con il messaggero che porterà mie notizie a mio padre…insieme alla mia decisione di restare per un periodo qui a Minas Tirith, sempre che il sovrano lo permetta…”

“Resterai…?” bisbigliò quasi incredulo l’uomo, tentando di tenere a bada il proprio cuore “Avevi detto che non…”

“Ho riflettuto ed è mio desiderio restare per un po’ qui con te per parlare e ricordare…se anche tu lo desideri…”

“Sì…sì lo desidero…non te lo avrei accennato ieri notte se non…” Re Elassar si fermò, tirando un profondo respiro, mentre un sorriso compariva sulle sue labbra “…grazie…veramente…”

Legolas allungò una mano verso quella dell’uomo, ferma sul tavolo, e la strinse con dolcezza…

“Ora termina la tua colazione…ci vedremo più tardi…” e lentamente si rialzò dalla sedia, sorridendogli un’ultima volta prima di lasciare la sala.

Aragorn sospirò, mentre quel sorriso sembrava non voler più lasciare il suo viso. Forse per la prima volta da quando era salito al trono, aveva voglia di alzarsi ed uscire nei giardini per respirare, finalmente. Ma al tempo stesso, uno strano timore che non riusciva a spiegarsi, lo tratteneva. Era forse causato ancora da quei pensieri proibiti che lo tormentavano? Ma no, doveva smetterla…doveva allontanare quei pensieri. Quei pensieri che lo portavano, non solo a desiderare la presenza di Legolas a palazzo, ma anche la sua voce e soprattutto, il suo corpo.

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Le settimane passarono e, giorno dopo giorno, tutti iniziarono ad accorgersi del radicale cambiamento del sovrano quando, al suo fianco, compariva sempre più spesso il principe biondo giunto da Bosco Atro. Ben presto Re Elassar iniziò ad agire diversamente anche quando si ritrovava da solo a prendere le decisioni riguardanti il regno. Le sue scelte sembravano più giuste e sensate, e i suoi rimproveri meno severi. Era diventato più sereno e sul suo viso, spesso oscurato dal dolore, sembrava essere riapparsa una nuova luce.

Ma l’apparenza, a volte, può ingannare chi guarda dall’esterno, perché in realtà, alcune cose non erano cambiate.

La notte. La parte più difficile era la notte. Quando Aragorn si ritirava nelle sue stanze, dopo aver salutato con un abbraccio amichevole Legolas, e rimaneva ancora una volta solo con se stesso e i propri pensieri. Quei pensieri che lo torturavano in continuazione e che, in piccola parte, avevano sostituito quelli per la perdita di Arwen.

Ed in quelle notti buie, quando la Luna era velata da nuvole malinconiche, quei pensieri si accumulavano, si combinavano in un qualcosa di intollerabile che gli serrava il cuore e la mente, facendolo impazzire per il dolore e il desiderio. In quelle lunghe notti, le porte delle sue stanze si riaprivano e ancora una volta, le belle cortigiane di Dahrmaen, venivano convocate per porre fine al silenzio di una stanza vuota e fredda, come lo spirito di colui che vi dimorava.

 

In quelle stesse notti senza stelle, poco lontano da quel luogo dove veniva consumato il piacere dei sensi, un’altra persona era in pena, alla ricerca di quella pace che da troppo a lungo stava attendendo.

Legolas restava, per ore, appoggiato alla colonna di pietra accanto alla finestra che dava sui giardini, con gli occhi blu persi tra i grandi alberi che vi crescevano…occhi che, sempre più spesso, sembravano spegnersi per interminabili momenti, affaticati dall’estenuante ricerca. Il bel viso, regale e delicato, si offuscava da un velo di tristezza, mentre il petto, fasciato negli abiti più preziosi, si alzava e abbassava rapidamente, come se quel respiro così naturale gli venisse a mancare, lasciandolo, da un momento all’altro, senza quell’aria che era così abituato a sentire sulla pelle.

 

Quando il cielo blu della notte veniva ricoperto da nuvole cariche di pioggia e amarezza, i due amici restavano in balia dei propri pensieri e delle proprie emozioni…ma nessuno dei due udiva le grida silenziose dell’altro, e ignorando le rispettive paure e desideri, attendevano…come quella notte.

 

“Come puoi resistere in questo posto?” mormorò Legolas debolmente, stringendosi nella leggera tunica candida che indossava. Non aveva bisogno di voltarsi per vedere chi era appena entrato nella sua stanza, dopo aver bussato con delicatezza alla porta…conosceva quel passo leggero e silenzioso.

“Mentirei se ti dicessi che è semplice…” rispose Meldir avvicinandosi a lui e fermandosi al suo fianco “…ma non è nemmeno difficile come credi. Il tuo spirito deve solo abituarsi a queste mura di pietra al posto degli alberi e dei ruscelli. Devi solo volerlo.” Guardò nella stessa direzione del principe biondo per qualche momento, prima di voltare lo sguardo su di lui “È questo posto che confonde i tuoi sensi o è qualcosa di diverso…?”

“Io non respiro Meldir…” sussurrò Legolas sospirando e socchiudendo le palpebre “..non riesco a respirare. Sento queste mura stringersi attorno a me e serrarmi il cuore quando invece ho bisogno d’aria e di luce più di ogni altra cosa!”

“Sei certo che sia di questo che hai bisogno? Non è forse altro che anela il tuo cuore?” replicò l’elfo di Granburrone “Qualcosa che ancora vai cercando con ansia?” alzò una mano e scostò delicatamente, dal volto dell’amico, una ciocca di capelli e la lasciò ricadere sulle sue spalle…ed allora notò un sorriso malinconico sulle sue labbra.

“Non è l’amore a rendermi così…io amo…amo mio padre, amo il popolo ed è per l’amore che provo per Aragorn che ho deciso di restare…”

“E l’essere amato?” lo interruppe Meldir fissando il suo viso alla debole luce della luna che filtrava tra le pesanti nuvole “Non è l’assenza di questo tipo di amore a turbare il tuo spirito?”

Il principe di Bosco Atro restò in silenzio, stringendo le labbra, fino a quando sentì la mano dell’amico sulla spalla…lentamente, scese lungo il suo braccio fino a raggiungere quella di Legolas e la strinse…

“Tu hai bisogno di qualcuno amico mio…altrimenti il tuo cuore smetterà di cercare e si chiuderà per sempre…e noi non siamo fatti per vivere in solitudine Legolas, lo sai bene!” sospirò e fece un passò verso di lui, senza mai lasciargli la mano “È successo ad Aragorn ed è stato tremendo, ma ora grazie alla tua presenza qui, la situazione sembra essere cambiata…non voglio che accada anche a te!”

“Non posso decidere di amare o di provare attrazione per qualcuno…” mormorò l’elfo biondo abbassando lo sguardo sulla mano che stringeva la sua “…vorrei…sarebbe tutto più semplice ma…”

“Si può imparare ad amare e la passione può esplodere quando meno te lo aspetti…ma non ti sto chiedendo questo…ti sto solo pregando di non ignorare il tuo cuore e il tuo istinto…”

Legolas restò un istante in silenzio, ma poi sorrise, portando la mano dell’amico alle proprie labbra…

“Non lo farò…” sussurrò, baciandone dolcemente il palmo, per poi avvicinarla alla propria guancia “…tenterò di non farlo…”

Meldir sorrise quando vide le palpebre dell’altro elfo abbassarsi e, teneramente, iniziò a sfiorargli il volto. Lentamente si spostò dietro di lui e vide il braccio del compagno abbassarsi con arrendevolezza, mentre le sue labbra continuavano ad essere curvate in un debole sorriso…con le mani scostò, su un lato, i lunghi capelli biondi, e chinò la testa verso di lui, bisbigliando dolcemente una domanda nella semplice pronuncia del suo nome…

“Legolas…?”         

“Dov’è lei…?” mormorò il principe di Bosco Atro, spostandosi all’indietro per raggiungere il corpo dell’altro elfo “La dama che ti lasciò in lacrime tempo fa, quando partimmo da Gondor?”

“È partita con Sire Elrond e mi attende nelle Terre Immortali…ed io la raggiungerò, quando verrà il mio momento per lasciare queste sponde e solcare il Mare…” rispose Meldir sospirando, prima di sfiorare, con le labbra, il collo del compagno “…io le ho donato il mio amore e lei mi ha donato il suo…è stata la mia compagna per oltre trecento anni su queste Terre, e lo sarà per l’eternità al di là del Mare, quando potremo riunirci.”

“Allora non posso chiederti questo…” bisbigliò Legolas debolmente, stringendo i pugni lungo i fianchi quando sentì le labbra dell’elfo di Granburrone lambirgli il lobo dell’orecchio “…non posso…anche se lo vorrei e…” si lasciò sfuggire un sospiro quando, con la lingua, Meldir gli sfiorò la punta “…ne sento il bisogno…”

“Da quando sei giunto…” gli sussurrò sensualmente l’elfo di Granburrone “…non hai ricevuto alcun tipo di conforto…accetta il mio…” fece scivolare una mano sul braccio del principe e, in pochi istanti, raggiunse la sua, stringendola teneramente “…facciamo parte dello stesso popolo e sappiamo entrambi cosa significa questa parola…nessuno è mai stato biasimato per qualcosa di simile…”

Legolas sospirò, inumidendosi le labbra, prima di stringere a sua volta la mano del compagno, ed avvicinarla ad esse. Con la lingua iniziò a lambirgli lascivamente la punta delle dita, lasciandole scivolare lentamente nella propria bocca, per poi rilasciarle…ed in quel momento sentì, sul fianco, l’altra mano di Meldir che lo tirava all’indietro contro il proprio corpo…

“E…tu invece…da quanto non ricevi conforto?” mormorò sorridendo non appena sentì contro di sé l’eccitazione del compagno.

“Da quando…la mia compagna è partita…non è più giunto nessuno del nostro popolo qui…” sospirò l’elfo baciandogli avidamente il collo. Lasciò scivolare la mano, dalle labbra di Legolas, sulla sua gola, lasciando una traccia umida sulla pelle candida e costringendolo delicatamente a inclinare la testa all’indietro sulla sua spalla  “…ne ho bisogno…quanto te…” ed iniziò a succhiargli sensualmente la punta dell’orecchio.

“Allora…accetta il mio…” gemette l’elfo di Bosco Atro, abbandonandosi per qualche momento contro di lui, prima di voltarsi rapidamente e posare con vigore le labbra sulle sue. Come raramente aveva fatto prima con qualsiasi altro amante, cercò la sua lingua ed esplorò la sua bocca con disperazione e ardore, liberando così la mente da ogni pensiero e da ogni preoccupazione…e presto sentì nell’altro elfo lo stesso smarrimento e lo stesso bisogno di perdersi completamente.

In pochi momenti si ritrovarono distesi sul grande letto, sopra le coperte di seta ricamata…due corpi immortali, spogliati da ogni velo e da ogni inibizione, che si spingevano l’uno contro l’altro per ottenere tutto il contatto possibile. La pelle candida di entrambi, liscia e perfetta, era costellata da leggere gocce di sudore, mentre lunghi fili d’oro si univano ad altrettanto lunghe onde castane, ad ogni debole o vigoroso movimento. Gli occhi però, restavano chiusi, per assaporare ogni sensazione ed ottenere tutto quello che potevano da quel momento di intimità.

Quando la passione li consumò, si abbandonarono ansimanti, ancora l’uno tra le braccia dell’altro…i lunghi capelli aggrovigliati e le essenze del loro desiderio sparse sui corpi di entrambi, mentre, stancamente, la palpebre si rialzavano per tornare alla realtà.

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“Ho detto basta per questa sera!” esclamò Aragorn rialzandosi a fatica dal letto, scostando con poca delicatezza le due dame distese al suo fianco “Potete andare!”

“Ma Vostra Maestà è presto!” mormorò sensualmente una di esse, allungando le gambe nude sul materasso “C’è ancora tempo per…”

“Non mi importa…andate!” ripeté nervosamente l’uomo. Afferrò la lunga vestaglia color indaco e la indossò, richiudendola rapidamente sul petto. Senza badare ai continui richiami delle due donne, uscì dalla stanza, richiudendo violentemente la porta dietro di sé, e solo quando raggiunse la sua camera privata, tirò nuovamente il fiato, dopo essersi seduto alla grande scrivania di legno.

Si passò le mani sul volto e tra i capelli scuri, prima di appoggiarle sopra i fogli di carta sparsi sul ripiano davanti a lui. Abbassò lo sguardo su di essi, osservando le varie parole e frasi scritte di getto senza pensare ed allora sospirò…chiuse un istante gli occhi e impugnò la penna.

Una goccia di inchiostro cadde su una pergamena vuota, poi un’altra e un’altra ancora, sovrapponendosi a quelle precedenti come, con la stessa inesorabile lentezza, le domande iniziavano ad accumularsi nella sua mente…

Perché si sentiva così? Cos’era cambiato? Da quando Legolas era giunto si sentiva diverso…si sentiva meglio…ma quelle sensazioni svanivano quando calava la sera, quando sapeva di doverlo salutare per insopportabili ore. Ed in quei momenti si ritrovava a desiderare il suo corpo come non gli era mai successo…intensamente e disperatamente…tanto che, a volte, le splendide cortigiane non riuscivano più ad appagare la sua brama…continuava a sentirsi insoddisfatto e quella sensazione si univa alle decine di emozioni che ancora lo turbavano, facendogli perdere la testa. Come quella notte.

Lasciò cadere di colpo la penna, lanciando una rapida occhiata alle frasi che, quasi senza accorgersene, aveva scritto…

Perché mi sembra di annegare nei tuoi occhi?

Mentre la tua calda voce annulla la ragione,

l’unica ancora che mi lega alla mia realtà.

La forza e l’onore di un uomo non possono quindi far nulla,

di fronte al desiderio?

La moralità svanisce ad ogni tuo singolo gesto.

E vorrei afferrare quelle braccia che, troppe volte,

mi hanno stretto con rispetto.

Vorrei lacerare quella stoffa che ti rende ancora più irreale

e sfiorare…

 

“Dannazione!” mormorò tra sé chiudendo gli occhi. Stava bruciando al solo pensiero di fare quello che aveva scritto e non era giusto…era immorale e assurdo! Ma per qualche ragione, quel desiderio annebbiava il dolore e la solitudine…sembrava che quell’ossessione per Legolas l’avesse riportato in vita, risvegliandolo da quel torpore dei sensi che aveva provato troppo a lungo.

Il forte rumore di un tuono lo fece trasalire, e senza attendere oltre, si alzò dalla scrivania e uscì dalla proprie stanze, nei corridoi, come spinto da qualcosa che non riusciva più a controllare.

Si fermò solo quando raggiunse una porta…la porta della stanza di Legolas. Alzò una mano con l’intenzione di bussare, ma non lo fece. Si limitò a posare il palmo sul legno, avvicinandosi ancora di più per fare lo stesso con la fronte, ed allora chiuse gli occhi.

Un altro tuono rimbombò nel cielo, ma quando tornò il silenzio…la udì. Debole e indistinta. La voce di Legolas. Non erano parole ma sussurri e gemiti, più o meno intensi, che si fecero strada rapidamente lungo il suo corpo già provato dal desiderio.

Non riusciva a crederci eppure era così. Quei sospiri che aveva immaginato…ora li stava udendo. Ma lentamente la sua mente venne sfiorata dalla consapevolezza che l’elfo, in quel momento, non era solo, e una crescente gelosia lo accecò. Fece un passo indietro, stringendo le labbra, cercando scioccamente di dare un volto a quella persona che stava toccando il suo Legolas…ma dopo pochi momenti si voltò, tornando verso le proprie stanze. Era assurdo! Legolas non era suo! Poteva fare ciò che voleva! E poi…poteva essere chiunque, da una delle cortigiane a…una delle guardie che ogni volta lo fissavano con insistenza…forse Legolas stava concedendo il suo corpo ad un altro uomo, non sarebbe stato così impossibile…e la rabbia iniziò a ribollirgli dentro.

Quei pensieri lo consumarono per tutta la notte, e le poche ore di sonno che si era concesso, non lo aiutarono a calmarsi…così al sorgere del sole diede l’annuncio della festa che, fino a poco prima, aveva deciso di annullare.