.|. La Luce del Buio  .|.

Parte Prima

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Il Fosso di Helm, quella notte, pareva il teatro della più cupa delle apocalissi.

Nonostante la pioggia battente e la volta scura, soffocata dalle nubi, i bagliori della battaglia che si stava consumando da ore interminabili rischiaravano l’aria e le mura grigie della Fortezza di una luce quasi irreale, e minacciosamente sinistra. Il vento gelido sferzava con violenza i visi dei guerrieri impegnati in campo, Elfi e Uomini, riunitisi ancora una volta nella battaglia contro il Male, mentre il Destino della Terra di Mezzo veniva tragicamente messo di nuovo in gioco insieme a quello di migliaia di persone innocenti.

 

Le grida strozzate e roche degli orchetti risuonarono fastidiosamente amplificate nelle orecchie di Aragorn, che alzando minacciosamente Andúril verso il cielo nero tentava disperatamente di tenere il più a lungo possibile lontani gli orribili servi di Saruman dalla gente di Rohan. Doveva assolutamente riuscire a permettere a tutti di raggiungere il cancello posto sopra le mura, ma la strenua difesa dell’ampia scala che saliva dal Fosso alla Roccia e che portava all’entrata posteriore del Trombatorrione stava diventando sempre più ardua da mantenere. Gli occhi chiari gli si annebbiavano a tratti, e la stanchezza per la battaglia senza fine gli pervadeva il corpo di un torpore che l’avrebbe facilmente sopraffatto se, ben più forti della spossatezza e della fatica, non avesse avuto nel cuore una volontà ed una determinazione inesauribili. E, al suo fianco, i suoi compagni. I suoi amici.

Eomer, Theoden, Gimli… e Legolas. Già, Legolas. Che non l’aveva mai abbandonato, nemmeno per un attimo. Legolas, che aveva sempre avuto per lui parole di conforto ed incoraggiamento quando, con l’intero peso del destino della Compagnia sulle spalle, il Re di Gondor si era ritrovato a guidare una Missione che si era rivelata molto più dura di quanto avesse mai immaginato. Fino a quel momento il loro viaggio era costato sacrifici, dolore, perdite… e Aragorn, nonostante la facciata irreprensibile e tenace, era stato più volte sul punto di lasciarsi andare allo sconforto.

Sospirò. Tenendo sempre sotto controllo la base della scala con la coda dell’occhio l’uomo alzò quindi la testa, gettando un’occhiata alla figura longilinea ed elegante del principe di Bosco Atro, inginocchiato sul gradino superiore con l’arco teso e puntato sui nemici sotto di loro.

E guardandolo, Aragorn non poté fare a meno di abbozzare un sorriso.

Era sempre così … perfetto, in ogni situazione. Luminoso, e bellissimo. Anche avvolto nell’aria cupa di quella notte, anche nel bel mezzo di una guerra orribile…

Era come se nulla potesse toccarlo. Nulla potesse corromperlo. Quell’aura angelica leniva incessantemente le ferite nascoste nell’anima del ramingo, così come era in grado di fare ogni cosa di Legolas. Il suo sorriso dolce anche se raro, gli occhi profondi come quel mare che divideva lui e la sua Razza dalle Terre Imperiture... ma  sempre sereni, liberi, come il cielo d’estate…

Se non ci fossi tu, io…

“Tutti quelli che sono riusciti a fuggire sono ora sani e salvi all’interno, Aragorn”, gridò proprio in quel momento l’elfo biondo, abbassando per un attimo l’arco. “Torna su!”.

L’altro sbatté gli occhi un paio di volte, deglutendo. La gola gli faceva un male terribile. Aveva un disperato bisogno di bere qualcosa, ma quello non era chiaramente né il luogo né il momento per pensare a se stesso. E, purtroppo, nemmeno a lui

Agitò la spada in segno di intesa, quindi si voltò, iniziando a salire rapido gli scalini. Nel correre, però, la stanchezza tornò a farsi sentire, ed inciampò malamente. Cadde, ed immediatamente gli orchetti colsero al volo l’occasione: si lanciarono in avanti, precipitandosi su per le scale ed allungando le braccia grinzose per tentare più volte di afferrarlo. Aragorn provò quindi a risalire velocemente, aggrappandosi spasmodicamente alla scala, ma sapeva che uno dei rozzi nemici era pericolosamente vicino. Credette di sentire da un momento all’altro la propria gamba venire stretta dagli artigli affilati dell’orchetto, ma l’ultima freccia di Legolas sibilò precisa a pochi centimetri dal suo orecchio, conficcandosi nel collo del soldato oscuro con un rumore sordo.

L’uomo lo vide crollare all’indietro, travolgendo gli altri guerrieri che stavano tentando di avanzare, ma mentre ricominciava a salire verso Legolas si rese conto che, in ogni caso, non avrebbero mai fatto in tempo a raggiungere il cancello richiudendolo alle proprie spalle. Non potevano evitare che l’armata di orchetti li seguisse penetrando nel Trombatorrione, ma ciò voleva dire una strage sicura. Una volta all’interno, infatti, non sarebbero più stati in grado di abbatterli, e sia per loro che per la popolazione rifugiata nel Fosso sarebbe stata certamente la fine…

Alzò ancora la testa per fissare disperato Legolas che, intuendo i pensieri dell’amico, gli restituì lo stesso sguardo preoccupato.

Cosa… cosa potevano fare?

Aragorn riprese ad avanzare, cosciente che gli orchetti, dietro di sé, stavano riguadagnando terreno. Se l’avessero raggiunto ancora, l’elfo non avrebbe più potuto aiutarlo. Le frecce nelle sua faretra erano terminate ed il ramingo lo sapeva bene, ma non aveva idea di cosa fare se non continuare a percorrere la scala. In realtà, era anche l’unica direzione che poteva seguire…

Ad un certo punto, però, giunto appena oltre la metà, l’uomo si bloccò per pochissimi istanti. Un pensiero gli aveva attraversato la mente, velocissimo. Una… soluzione?

E mentre considerava se fosse il caso di tentare, una voce calda e familiare gli risuonò nella testa.

“Se stai pensando a quello che sto pensando anch’io, vai… io ti seguirò. Dobbiamo distrarli anche solo per poco, facendogli ritardare l’arrivo al cancello. Se inseguiranno noi, gli altri faranno in tempo a chiuderlo!”.

Per un attimo rimase come stordito, sorpreso da quella strana invasione, ma subito si scosse. Legolas non aveva avuto difficoltà nel capire le sue intenzioni, come sempre del resto, e la cosa gli fece sottilmente piacere. L’intesa che c’era tra di loro lo rincuorava, pur capendo che, probabilmente, per l’elfo si trattava di un affiatamento assolutamente normale tra due compagni di battaglia. Un’affinità puramente necessaria alla situazione forse, e non quel legame profondo che Aragorn percepiva come un qualcosa di estremamente vicino alla completa fusione fra due menti e due corpi. Un rapporto intimo, che superava il confine dell’amicizia, del rispetto e dell’ammirazione. Che il ramingo non poteva fare a meno di percepire bruciante, stordente… così splendido e doloroso ogni volta si trovavano fianco a fianco, spesso vicini fino a sfiorarsi…

Sapeva che era sbagliato. Sapeva che non avrebbe dovuto provare per l’amico dei sentimenti simili, ma non poteva farci nulla. Sin da quando era solo un adolescente aveva tentato più volte di cancellare quelle sensazioni dal suo corpo e dal suo cuore, ma l’immagine dell’elfo non l’aveva mai lasciato. Nemmeno quando si era allontanato dalla protezione dei Luminosi del Nord, diventando un Ramingo delle Terre Selvagge…

E pensare che Legolas l’aveva visto crescere… giocare a Bosco Atro, quando era solo un bambino… mentre lui, il figlio di Thranduil, era sempre stato solo un guerriero agli occhi di Aragorn. Un essere etereo, millenario ed impenetrabile (ok ok non commento… hihih… ma ci stava così bene come aggettivo… ndLeia), quasi estraneo a passioni e debolezze… così tipiche della razza degli uomini.

Valar, come posso solo pensarla una cosa simile?

Lui non è come me…

Lui… non ha bisogno di nessuno. Non ha bisogno di qualcuno che lo conforti.

Basta a se stesso. E’ ciò che il suo popolo gli ha insegnato, in fondo… 

Aragorn scosse la testa, rimproverandosi ancora una volta per la propria leggerezza. Basta, non doveva più pensarci… non in quel momento, non dimenticando i propri doveri…

Senza attendere ulteriormente, l’uomo fece un piccolo salto dalla scala, atterrando un metro più in basso su uno dei piani intermedi della Fortezza. Quindi si girò, per aspettare l’arrivo di Legolas.

Lo vide scendere in una manciata di secondi i gradini che li separavano, e non appena l’elfo gli fu accanto presero a correre, costeggiando le basse mura in pietra alla ricerca di un posto dove mettersi in salvo dagli orchetti, che gli stavano naturalmente venendo dietro come previsto.

Scesero delle scale e girarono intorno ad un piccolo torrione di avvistamento fino a che, arrivati ad un bivio, scelsero quello di sinistra. Si gettarono per lo stretto passaggio senza esitazioni, ipotizzando che le creature di Saruman avrebbero sicuramente pensato che si fossero diretti per l’altra via, molto più ampia e agevole.

“E adesso?”, chiese Aragorn, guardandosi intorno ansioso. L’angusto spazio in cui erano finiti non offriva molte possibilità, visto che a pochi passi da loro le rocce degradavano in modo ripido e scosceso verso i livelli inferiori della fortezza, sul lato più nascosto del Fosso e, difatti, non ancora brulicante di nemici come invece lo era il resto della gola. Poteva costituire una via di fuga, certo, ma la difficoltà nello scendere li avrebbe potuti rallentare di molto, permettendo così agli orchetti di raggiungerli senza problemi, e di finirli.

No, dovevano assolutamente trovare un’altra soluzione…

“Aragorn, guarda!”.

Legolas tirò energicamente verso l’esterno la maniglia di un portone in legno scuro e rinforzato con diversi listelli di ferro orizzontali. Era situato in un angolo, contro una delle pareti interne, e costituiva l’ingresso di un piccolo stanzino dove erano custodite armi d’emergenza. Spade, asce, archi e frecce, scudi, lance, e molto altro ancora… un piccolo ma fornito arsenale, che probabilmente Theoden aveva predisposto per dei casi disperati. E decisamente, il loro lo era.

“Avanti, entriamo”, decise Aragorn, infilandosi nel ripostiglio immerso nell’ombra e rischiarato appena dai bagliori della battaglia, che illuminavano fiocamente il cielo. “Raccogli più frecce possibili… anzi, credo proprio che prenderò anch’io un arco. E’ l’arma migliore contro quegli esseri, almeno possiamo colpirli evitando che ci assalgano tutti insieme”.

“Buona idea. Aspetta, tieni anche questi”.

Legolas lanciò un paio di pugnali dal manico lungo all’amico, che li afferrò al volo. Aragorn li fissò quindi alla cinta, ma nel momento in cui si girò verso i tanti archi allineati nella struttura in legno che li sorreggeva lungo la parete di sinistra, un rumore secco e violentò risuonò nell’aria stantia della piccola stanza, facendo voltare di scatto entrambi i guerrieri.

Il portone si era chiuso d’improvviso. Probabilmente il ripostiglio, vista la sua natura, era stato scavato nella roccia di tutta fretta e non in piano, e così dopo qualche istante l’anta aveva incominciato a muoversi, finendo per richiudersi.

Piombati nella più totale oscurità, Legolas e Aragorn rimasero in silenzio per un attimo. Un lungo attimo, durante il quale solo i loro respiri veloci echeggiarono fra le quattro pareti. Immobili, uno di fianco all’altro. Fino a quando l’uomo fece istintivamente un passo verso la pesante porta di legno, allungando una mano e facendo quello che, come prima cosa, gli passò per la mente… tentò di riaprirla.

“Non capisco come… ” esclamò, afferrando la maniglia, ma la frase gli si spense nella gola quando l’anta di legno rimase ferma. Senza attendere un solo istante, iniziò a spingere con più forza, aiutandosi anche con la spalla… una, due, tre volte, ma ancora niente, la porta era bloccata e non dava segno di volersi aprire.

Ed allora sentì una strana sensazione dentro di sé, qualcosa molto simile alla paura si insinuò nel suo cuore… qualcosa che lo spinse quasi a gettarsi contro quel blocco di legno… ancora e ancora, con maggior vigore. Fino a quando però, la ragione prese di nuovo il sopravvento.

“È bloccata!” disse con un misto di nervosismo e rassegnazione nella voce “Non capisco come sia successo… deve pur esserci un modo per riaprirla… forse facendo leva con un pugnale o un ascia o… ” in quell’istante si voltò di nuovo. I suoi occhi si erano lentamente abituati all’oscurità che li circondava così cercò di riconoscere le sagome delle armi che aveva visto poco prima. Si guardò attorno e si accorse che, nonostante tutto, da una piccola finestrella, con due sbarre di ferro, scavata nella roccia, filtrava un po’ di luce e sospirò “… almeno riusciamo a vedere qualcosa…”

Allungò una mano e afferrò quella che sembrava una piccola ascia, per poi tornare di fronte alla porta. Tentò di infilare la lama tra il profilo del legno e quello del muro ma presto si accorse che era inutile.

“No… serve qualcosa di… ”

Improvvisamente però sentì la mano di Legolas sulla spalla. Alzò lo sguardo e vide nella penombra, il profilo dell’amico che, immobile, sembrava osservare il portone. Aragorn aggrottò le sopracciglia, aprendo la bocca per parlare ma in quell’istante udì dei passi pesanti e continui. Gli orchetti li avevano seguiti dunque, il loro piano era riuscito… ma erano lì fuori ora. Probabilmente alcuni avevano preso la via più ampia mentre altri si erano diretti per quel passaggio.

L’uomo indietreggiò di qualche passo, stringendo il pugno sull’elsa della spada, mentre i rumori e le grida dei loro nemici aumentavano… sembravano essersi fermati. Erano in trappola. Se i servi di Saruman avessero abbattuto quella porta, sarebbe stata la fine. Posò lo sguardo sul viso dell’elfo che, vicino a lui, continuava a fissare immobile la grande porta di legno e di nuovo i pensieri che lo avevano turbato poco prima gli ritornarono alla mente… com’era possibile? Stava per morire e pensava a Legolas… a quello che poteva provare lui in quel momento…

Poi, come in un debole sospiro, udì la sua voce.

“Bedir hae (Vanno via)”

Ed infatti, quei passi che avevano rallentato fino a fermarsi, ripresero a battere sulla roccia, facendosi via via, sempre più lontani, fino a svanire.

Aragorn tirò un sospiro di sollievo, lasciando ricadere la mano lungo il fianco.

“Se ci hanno seguiti anche fino a qui, hanno di sicuro perso tempo… ” disse “… è certo che gli altri sono riusciti a mettersi in salvo… ” si voltò verso l’amico e vide che era si era appoggiato contro la parete di pietra, immobile “… ora però dobbiamo trovare un modo per uscire di qui… ” e senza attendere un solo attimo di più, si rimise al lavoro, provando a far leva con tutte le armi che trovava. Dopo decine di tentativi però si arrese, gettando a terra l’ultimo pugnale.

“Maledizione!” imprecò, passandosi le mani tra i capelli madidi di pioggia “Non c’è niente qui che possa esserci utile!” fece qualche passo veloce, cercando ancora disperatamente qualcosa ma poi si fermò, sussurrando “Siamo rinchiusi qui”

Fu allora che si accorse del respiro lento e profondo di Legolas… si mise davanti a lui e notò che teneva gli occhi spalancati, come se fosse alla ricerca di qualcosa che però non riusciva a scorgere…

“Vuoi provare tu ad aprirla?” gli chiese Aragorn, nella vana speranza che la forza di un Elfo potesse superare quella di un Uomo, ma non ottenne la risposta che si aspettava.

“È bloccata?” sussurrò Legolas posando lo sguardo su di lui “Non possiamo uscire?”

“Sì… non possiamo aprirla da qui… ” rispose rassegnato l’uomo “… possiamo tentare di abbatterla ma il rumore potrebbe attirare di nuovo gli orchetti ed allora non riusciremmo in ogni caso a batterli, nemmeno con queste armi, sono troppi… ” vide l’elfo annuire mentre, lentamente si slacciava la faretra, posandola a terra, insieme all’arco.

“Quindi non possiamo fare altro che… aspettare… ” mormorò Legolas debolmente “… aspettare che qualcuno, prima o poi, ci trovi… ”

“Sì, credo sia l’unica cosa possibile… ” ribatté Aragorn, appoggiando i pugnali che aveva preso, su di un piccolo tavolo ad un angolo, per poi slacciare la cintura e posare anche il fodero con la spada “… o almeno, l’unica cosa sensata… io rischierei la mia vita ma… non la tua… ” aveva pronunciato le ultime parole a voce così bassa che l’elfo fece quasi fatica a comprenderle.

Legolas annuì, continuando però a tenere lo sguardo fisso davanti a sé.

“Lo stesso vale per me…” mormorò, cercando di controllare il proprio respiro “… restiamo qui dunque…”

Aragorn a quella frase cercò di scorgere gli occhi dell’amico.

“Cosa vuoi dire?” fece un passo verso di lui e si accorse che il suo respiro stava diventando irregolare “Legolas… cosa vuoi dire?”

Come risposta però vide l’elfo scivolare lentamente lungo la parete, lasciandosi ricadere seduto sul pavimento di pietra… spalancò gli occhi, cercando di capire se era la verità e solo qualche strano gioco d’ombre, ma quando sentì di nuovo i suoi sospiri, si inginocchiò davanti a lui, posando le mani sulle sue spalle.

“Legolas, cosa ti succede?” esclamò guardando il suo viso “Parlami avanti! Sei stato colpito?”

“No… no… è solo questo posto… ” rispose con un filo di voce l’elfo “… questa oscurità… mi impedisce di respirare e… sento un freddo intenso farsi strada dentro di me…”

A quelle parole, Aragorn sentì una stretta al cuore… come aveva potuto dimenticarlo? Gli Elfi sono creature della Luce, la loro intera vita è legata alla natura, all’aria, al cielo, al Sole, alle Stelle, difficilmente riuscirebbero a sopravvivere in luoghi chiusi e bui, specialmente in luoghi come quello in cui si trovavano ora…

“Legolas guardami!” disse, scuotendolo leggermente quando vide la testa dell’amico abbassarsi “Guardami! Noi usciremo da qui, ti do la mia parola! Non lasciarti sopraffare dall’oscurità, ti prego… ”

“E se nessuno ci trovasse?” lo interruppe Legolas guardandolo “Se ci credessero morti e nessuno venisse a cercarci?”

“Non accadrà!” rispose all’istante l’uomo, si guardò attorno, come alla ricerca di qualcosa, poi alzò la testa “Guarda lassù! Vedi? La luce della Luna entra da quella finestra… e presto, tra pochissime ore, sorgerà il Sole, e vedrai i suoi raggi illuminare questa stanza… ed allora noi usciremo di qui, te lo prometto!”

L’elfo alzò debolmente lo sguardo verso la piccola apertura nella roccia e, pur continuando a respirare velocemente, sulle sue labbra comparve un leggero sorriso

“Non è la luce della Luna, Aragorn… ” sussurrò “… il cielo era coperto di nubi fino a pochi momenti fa… stava piovendo… ”

L’uomo rimase un istante in silenzio, sollevato dalla reazione di Legolas.

“Sì beh… è comunque una luce… da qualunque parte provenga, non ci lascia nella completa oscurità… fidati di me, amico mio… ”

“Lo farò… ” bisbigliò l’elfo annuendo e seguì con lo sguardo l’uomo che si mise seduto accanto a lui, appoggiando la schiena alla parete. Sentì il braccio di Aragorn sfiorare il suo e un brivido gli percorse la schiena, ma non era freddo come quelli di poco prima… no, era caldo… e quel dolce calore lo aveva riscaldato, dandogli un po’ di sollievo… con la coda dell’occhio vide l’uomo distendere le gambe davanti a sé, e di nuovo, le loro spalle entrarono in contatto… un altro brivido… e Legolas abbassò leggermente la testa, come a voler nascondere quello che, ancora una volta, aveva provato… quello che da anni cercava di nascondere, quella stesa cosa che gli faceva battere il cuore ogni singolo momento che stava vicino a lui. Lui… Aragorn… quel bambino che aveva visto crescere e al quale aveva insegnato ogni arte che conosceva (OHHHH Ma era un bimbooo!!! HI HI ndEne) (Hai capito Lego… :P ndLeia) … quel bambino che presto era diventato un uomo, bello e forte come un Elfo ma con quelle particolarità tipiche della razza Mortale. E quell’uomo era divenuto suo amico e poi Compagno in quella Missione… e più passava il tempo al suo fianco, più si accorgeva che quella forte amicizia e quell’ammirazione che provava per lui stavano diventando sempre più intense, tanto da spaventarlo.

In lontananza si udirono le grida degli Orchetti e Aragorn rialzò la testa come per guardare fuori dalla piccola finestra, ma poi con un sospiro, abbassò di nuovo lo sguardo.

“Dovremmo essere là fuori… ” mormorò risentito “… a combattere quelle creature e non chiusi qui dentro mentre i nostri amici e coloro che dovremmo proteggere, lottano per la vita… ” con un piede spinse lontano il pugnale che aveva gettato a terra poco prima, facendolo finire violentemente contro la parete opposta “… è assurdo essere rinchiusi in questo modo… hanno bisogno di noi… ”

Legolas aprì la bocca per rispondere ma si sentì di nuovo mancare il fiato, il bagliore della battaglia era cessato per qualche momento e quella stanza si era fatta ancora più buia, tentò di alzare la testa per vedere quella poca luce che penetrava dalla finestra ma appena vide le sbarre di ferro si sentì ancora più debole…sembrava una prigione e in un certo senso, per loro lo era…

“Non è possibile… ” proseguì l’uomo alzando al voce “… ho giurato a me stesso che mi sarei battuto al loro fianco e sarei morto come uno di loro… ed invece… ” si lasciò sfuggire una risata nervosa “… sono seduto qui come un codardo… al sicuro, mentre centinaia di uomini innocenti stanno lottando per difendere il proprio popolo”

L’elfo cercò di ribattere, scosse la testa ma dalle sue labbra uscì solo un sospiro mentre l’aria entrava a fatica nei sui polmoni… spalancò di nuovo gli occhi ma tutto quello che riuscì a vedere furono le sagome indistinte delle armi davanti a lui e, senza riuscire a controllarla, una paura tremenda si fece strada nei suoi pensieri… potevano morire lì dentro… se nessuno fosse tornato a cercarli… forse non Aragorn, prima o poi avrebbe sfondato quella porta e sarebbe uscito… ma lui non avrebbe resistito… quell’oscurità stava già iniziando a divorarlo e non riusciva a combatterla… non era come affrontare centinaia di Orchetti, era qualcosa di angosciante che gli entrava dentro (OHHHH!! ndEne) ( ^.^;; cos’è che gli entra ehm?? ndLeia) e gli serrava il cuore… le palpebre divennero più pesanti e senza controllarsi lasciò ricadere la testa in avanti.

Aragorn, con la coda dell’occhio, notò quel movimento, e voltò la testa verso di lui

“Come possiamo restare qui mentre… ” ma appena vide l’amico in quelle condizioni si mise di scatto in ginocchio al suo fianco mentre i suoi occhi vagavano su quel corpo ormai indebolito, cercando disperatamente un modo per aiutarlo

“Legolas! Legolas ti prego, guardami… ” gli prese il volto tra le mani, rialzandolo e vide che faticava a tenere gli occhi aperti mentre respirava affannosamente “… Legolas ti scongiuro devi resistere… hai detto che ti saresti fidato di me… continua  a farlo… ce ne andremo da qui… ” continuò a tenergli una mano sulla guancia mentre con l’altra afferrò quella dell’elfo che era immobile sul pavimento ed allora sentì una leggera stretta da parte dell’amico.

“Io ci sto… provando… ” bisbigliò Legolas sbattendo le palpebre per mettere a fuoco il volto di Aragorn davanti a lui “… ma è… terribile quello che… sento… mi sembra di stare perdendo… la ragione… ”

“No… no non la stai perdendo… ” ribatté all’istante l’uomo “… ti conosco Legolas, sei forte… puoi farcela, non ti sei mai arreso e… ” incrociò finalmente il suo sguardo e sentì un tuffo al cuore… si sbagliava… in quel momento Legolas non poteva farcela da solo, aveva bisogno di qualcuno… e lui non poteva permettere che si spegnesse in quel modo… non poteva perderlo così.

Quei pensieri stavano ancora vagando per la sua mente quando, senza attendere un solo istante, si alzò di scatto in piedi, cercando con le mani un’ascia abbastanza robusta per quello che voleva fare.

Legolas seguì i suoi movimenti con lo sguardo ma appena intuì le sue intenzioni scosse la testa.

“No… Aragorn no… ”

“Ti porterò fuori di qui!” mormorò l’uomo continuando a cercare fino a quando trovò un’arma adatta.

“È pericoloso… ” sussurrò l’elfo cercando di rimettersi faticosamente in piedi quando vide l’amico impugnare la pesante ascia “… ci sentiranno e… non avremo vie di fuga…”

“Avremo una speranza almeno… ” ribatté Aragorn preparandosi a colpire la porta di legno “… non resterò qui a guardare mentre l’oscurità si impossessa della tua luce… preferisco affrontare quegli esseri e rischiare di morire piuttosto che… ” ma non riuscì a terminare la frase… Legolas si gettò, con le poche forze rimaste, contro di lui, spingendolo contro la parete mentre l’ascia cadde a terra, riempiendo con quel rumore metallico, il silenzio nella stanza.

Aragorn spalancò gli occhi, afferrando per le braccia l’amico, per evitare che crollasse a terra dopo quel gesto e sentì le sue mani sui fianchi…

“Non… voglio… ” mormorò Legolas aggrappandosi ai suoi abiti e chinando la testa sulla sua spalla, quando la vista gli si annebbiò per qualche istante, fece un profondo respiro e continuò “… non voglio che ti getti tra le braccia della morte per me… non puoi… ”

“Io non posso restare qui mentre tu… ” ribatté l’uomo all’istante, ma appena l’elfo rialzò stancamente la testa e incrociò i suoi occhi, si fermò.

“Riuscirò a sopportarla… ” sussurrò Legolas fissandolo “… continua a parlarmi… fammi sentire la tua presenza… ed io ce la farò… ”

Aragorn annuì lentamente, restando per qualche momento immobile… sentiva il corpo dell’amico contro il suo ed era incredibilmente bello… il suo calore e il suo profumo lo stordivano e il suo viso era così vicino, riusciva a sentire il suo respiro veloce e… ad un tratto si accorse che Legolas aveva stretto i pugni sulla sua casacca come per reggersi in piedi, così allontanò quei pensieri e lo aiutò a sedersi come poco prima.

“Stai meglio?” mormorò sedendosi davanti a lui.

“No ma… andrà meglio… ” rispose l’elfo facendo dei profondi respiri come per calmarsi “… te lo prometto… ”

Aragorn gli sorrise, appoggiandogli una mano sul ginocchio e muovendoglielo lentamente.

“Promettimi solo che quando usciremo di qui tu sarai ancora quello di prima” sentì un tocco delicato sulla mano e, abbassando lo sguardo, vide che l’elfo gliela aveva stretta nella sua.

“Promesso” sussurrò Legolas appoggiando indietro la testa contro il muro. Strinse ancora più forte la mano dell’amico. Presto si accorse che l’uomo stava facendo lo stesso con la sua e quel contatto, lentamente, iniziò a trasmettergli sicurezza e calore, riscaldandolo.

“Se non fossi cresciuto con gli Elfi… ” iniziò Aragorn “… non sarei mai riuscito a capire la tua reazione a questo posto, per gli Uomini è normale vivere in luoghi chiusi e… ”

“Anche per gli Uomini non può essere piacevole passare del tempo rinchiusi contro la propria volontà in posti simili… ” lo interruppe l’elfo “… e inoltre la mente e il cuore degli Uomini sono più deboli…”

“Cosa vuoi dire?” gli chiese l’uomo voltando la testa verso di lui e, nella penombra, scorse il suo profilo perfetto… le labbra semichiuse per respirare… e sentì un brivido lungo il corpo. Chiuse gli occhi per un attimo, sperando che l’amico non si fosse accorto che la sua mano aveva tremato…

“Un tempo, molti appartenenti al mio popolo vennero catturati dalle forze del Male… ” rispose Legolas sospirando “… furono rinchiusi in luoghi… come questo… e torturati fino a quando le loro menti cedettero alle lusinghe dell’Oscurità… le loro esistenze vennero rovinate per l’eternità… ” chiuse gli occhi, voltando istintivamente la testa verso l’amico “… non oso immaginare quanto abbiano sofferto e… ” in quell’istante però riaprì gli occhi e si ritrovò di fronte il viso di Aragorn, vicinissimo al suo, quegli occhi chiari rimasti immutati in tutti quegli anni, a differenza del suo aspetto esteriore, quegli occhi che, in qualche modo, l’avevano stregato… e si lasciò sfuggire un sospiro…

“Temi che possa accadere a te?” gli chiese debolmente l’uomo, senza riuscire ad allontanare gli occhi da quelli profondi dell’amico.

“Potrei desiderare la morte… ” rispose l’elfo dopo un attimo di silenzio “… sarebbe l’unico sollievo di fronte all’oscurità eterna”

“Non permetterò che ti accada niente” esclamò Aragorn senza nemmeno pensare e vide l’elfo sorridere divertito… un sorriso che raramente si formava sulle sue labbra…

“Ricordo che un tempo, quando eri ancora un fanciullo, ero io a pronunciare queste parole… ” mormorò Legolas “… quando temevi di non essere abbastanza bravo con l’arco…”

“Sì… lo ricordo… ” sussurrò l’uomo abbassando per un attimo lo sguardo quasi imbarazzato e, senza accorgersene, iniziò a fissare le loro due mani unite “… e ricordo anche di aver sempre preferito la spada… ”

“Già… riuscivi a battere anche i giovani Elfi più dotati… ” continuò l’elfo “… e nessuno riusciva a comprendere come mai fosse possibile per un Mortale… ”

“All’inizio… ” disse sorridendo Aragorn “… vi guardavo di nascosto, cercando di imparare le mosse che tu insegnavi… avevo quasi paura ad avvicinarmi a te, credevo di non essere all’altezza… ma poi… ”

“Poi un giorno la curiosità ti ha spinto troppo oltre… ” proseguì Legolas continuando a sorridere “… ed allora tutti si sono accorti di te… ”

“Cosa vuoi dire con tutti?”

“Ho sempre saputo che ti nascondevi dietro a quell’albero, fin dal primo giorno… ed ero felice di sapere che un piccolo Uomo si interessava alle mie lezioni… ” rispose l’elfo incrociando nuovamente i suoi occhi “… la tua voglia di apprendere era straordinaria… c’era quella luce nei tuoi occhi, una luce che a volte intimidiva anche gli Elfi più coraggiosi… ”

“Mi hanno battuto decine e decine di volte… ” esclamò ridendo l’uomo.

“Solo perché era da più tempo che si esercitavano… tu eri ancora un fanciullo… ”

“Già… ” sospirò Aragorn “… ora però non lo sono più… ” e istintivamente fissò negli occhi l’amico come se, con quelle parole, volesse dimostrargli qualcosa…

“No… non lo sei… ” sussurrò Legolas sorridendogli dolcemente “… ma una cosa non è cambiata… la luce nei tuoi occhi… risplende anche più di prima ed è… così intensa da diventare accecante a volte… ” senza volerlo, con lo sguardo scese sulle labbra dell’uomo “… e riesce a far dimenticare ogni cosa… ”  rimase immobile mentre il cuore gli batteva all’impazzata… cos’era quello strano sentimento che provava? Quella stessa cosa che lo faceva rabbrividire ad ogni suo tocco e tremare ad ogni suo sguardo… e quel calore che lo bruciava, spingendolo verso di lui… ma abbassò lo sguardo all’improvviso, voltando di nuovo la testa davanti a sé.

Aragorn sbatté le palpebre come se, fino a quel momento, fosse stato vittima di un incantesimo che gli aveva impedito anche solo di respirare e si voltò a sua volta, fissando il pavimento.

“Non… me ne avevi mai parlato… ” sussurrò “… non lo sapevo… ”

Cercò disperatamente di allontanare la mente da quello che era accaduto… da quegli occhi blu che lo avevano fissato come in attesa di un gesto, di una parola… eppure aveva scorto qualcosa… qualcosa…

No basta, non e possibile.

È tutto sbagliato.

Ma allora perché sento che hai bisogno di me?

Perché sento il tuo sguardo che mi cerca?

Scosse all’improvviso la testa, per scacciare, ancora una volta, quei pensieri continui che lo tormentavano, un dolce tormento senza fine… restò in silenzio, ascoltando i respiri dell’amico che, fortunatamente erano tornati regolari e, senza nemmeno accorgersene, intrecciò le dita con le sue, sfiorando la mano di Legolas con il pollice e la sentì tremare debolmente.

Lontano, nella notte, risuonavano ancora gli echi della battaglia mentre in quella piccola stanza, echeggiavano solo i respiri dei due Compagni… fino a quando Aragorn mormorò

“Potevi metterti in salvo con gli altri… perché mi hai seguito Legolas?”

A quella domanda improvvisa l’elfo, per qualche istante, non disse nulla. Poteva sentire il calore della pelle di Aragorn accarezzarlo, lieve, confortandolo come il tepore di un piccolo fuoco fa nelle notti più fredde col viandante lontano da casa, e nonostante una piccola esitazione iniziale non resistette all’impulso di stringere ancor più saldamente la mano dell’uomo alla propria.

“Perché… ”, iniziò, con la gola arida.

No… non si trattava solo di una carezza rincuorante. Era qualcosa di più…

Quel calore… era lo stesso che aveva percepito poco prima, bruciante ed incandescente. Non mutava mai, non scompariva nemmeno per un secondo e lui… lui non si era mai reso conto di quanto ne avesse disperatamente bisogno…

Di quanto lo desiderasse.

Tremava. Certamente, anche Aragorn se n’era accorto.

“… io… ”.

Già… perché l’aveva fatto?

Perché… era tornato indietro per aiutarlo a depistare gli orchetti?

Avrebbe potuto scappare… superare il cancello, richiuderlo alle spalle…

Ma non ci aveva pensato… nemmeno per un attimo.

“… Legolas?”.

Il ramingo cercò ancora una volta i suoi occhi nell’oscurità, e al suono del proprio nome il principe di Bosco Atro si scosse, tornando a fissare l’amico. Un brivido gli corse lungo la schiena e l’arciere, anche se invano, tentò di ignorarlo. La verità era che solo in quel momento, penetrandogli nel cuore simile ad una lama appuntita ma stranamente indolore,  quella domanda aveva preso forma. Lei, insieme alla relativa risposta…

“Ú ‘ernin awarthad le… (Non potevo lasciarti…)”.

Quello di Legolas fu solo un sussurro, poche parole mormorate nella lingua dei Luminosi… quella lingua suadente e musicale che Aragorn conosceva fin troppo bene, ma che pronunciata dell’amico risuonava sempre incredibilmente seducente. L’uomo socchiuse le labbra, ma prima che potesse rispondere a quell’affermazione, l’elfo continuò. A voce ancora più bassa, quasi… timorosa?

“… ú… ú anirnen awarthad le… (non… non volevo lasciarti…)”.

Legolas avrebbe disperatamente desiderato muoversi, alzarsi per potersi allontanare, almeno per qualche momento, dalla vicinanza meravigliosa ma frastornante di Aragorn, ma qualcosa lo inchiodava contro quel muro gelido. Sentiva le braccia pesanti, le gambe assolutamente incapaci di compiere un qualsiasi movimento, e l’aria gli stava ancora una volta venendo a mancare, anche se in questo caso era certo che la colpa non fosse dell’ambiente chiuso, dell’oscurità o delle sbarre poste alla piccola finestra.

Attese così che ciò che aveva appena detto, dichiarato senza pensare alle conseguenze, arrivasse ad Aragorn, ma il ramingo non reagì immediatamente. A Legolas quei secondi di silenzio totale parvero interminabili, ma quando l’amico si sciolse in un sorriso disteso allontanandosi di poco da lui, il figlio di Thranduil sospirò, riuscendo addirittura a muoversi leggermente.

“Sei uno sciocco…”, mormorò l’uomo con tono derisorio ma affettuoso, chinando la testa e scuotendola piano. “Non avresti dovuto… ti ringrazio per la tua lealtà, ma potevo anche farcela da so…”.

“Non è stato per lealtà!”, si affrettò subito a puntualizzare l’altro, raddrizzando la schiena. Aragorn tornò a guardarlo, sorpreso.

“Ecco…”, riprese allora Legolas più pacatamente, rendendosi conto di aver alzato la voce. Gli elfi raramente utilizzavano un tono alto, in quanto il controllo del corpo e delle emozioni rappresentava qualcosa di assolutamente basilare nella loro educazione. Cedere ai sentimenti e mostrarli era segno di debolezza, e lui aveva appena commesso un errore che di certo non si addiceva al futuro Re di Bosco Atro.

Un… altro errore, per la precisione.

Forse era arrossito, e la cosa lo mise profondamente a disagio.

Perché… solo con Aragorn mi succede?

Ho spesso la sensazione… che tutto stia per sfuggirmi di mano, quando… sono con lui…

L’arciere si schiarì la voce. Probabilmente il ramingo credeva che lo stesse fissando negli occhi, ma in realtà Legolas aveva lo sguardo spostato leggermente di lato.

“… non avrei potuto… lasciarti rischiare la vita”, disse quindi, dopo un profondo respiro. “Ti ho seguito perché… se avessimo fallito, avremmo comunque concluso la nostra battaglia insieme. Fianco a fianco, come due…”.

“… compagni di battaglia?”.

La voce calda di Aragorn era tornata ad accompagnare quella di Legolas, che al suo intervento improvviso ebbe un fremito. Sorrise.

“No… amici. Come due amici”.

L’uomo ricambiò il sorriso dell’elfo per un lungo, interminabile istante, ma alla fine il suo bellissimo e fiero volto si rabbuiò. Lasciò bruscamente la mano dell’amico, mettendosi a sedere davanti a lui.

A quel gesto l’arciere non era però stato preparato, e quando quel calore che era diventato per lui come linfa vitale dal momento in cui erano rimasti rinchiusi venne d’un tratto a mancare, gli sembrò di sentire un leggero dolore in fondo alla gola irradiarsi per tutto il petto, crescendo d’intensità fino a paralizzargli le spalle. Si chiese se fosse stato colpa di ciò che aveva appena detto e, deluso, non seguì con la testa lo spostamento di Aragorn, rimanendo invece immobile.

Non poteva immaginare il reale motivo per cui l’uomo aveva reagito così… anzi, in verità nemmeno lo stesso Aragorn era in grado di spiegarlo con precisione. Una volta lasciatosi cadere contro la parete in pietra, infatti, l’uomo si passò confuso una mano sugli occhi, stropicciandoseli nervosamente.

Amici… quindi siamo… davvero amici, per te?

Ho sempre desiderato sentirti dire parole simili… osservare la linea delle tue labbra trasformarsi in una piega che non avesse nulla di formale, o costruito…

Era da tanto che non ti vedevo sorridere in questo modo. Che non ti vedevo sorridermi così, come stai facendo da quando siamo rimasti rinchiusi qui dentro…

Forse proprio da quei tempi lontani, a Bosco Atro.

Ma tutto ciò che ho sempre voluto non deve avvenire adesso…

Non così… non… non qui…

Aragorn sollevò il capo verso l’alto quasi disperatamente, come per cercare con gli occhi qualcosa che non poteva avere. Anche se non guardava più Legolas, poteva sentire ugualmente la sua vicinanza, a pochi centimetri da sé. Il suo respiro leggero, il fruscio della casacca ad ogni minimo gesto. E nonostante fosse ancora completamente bagnato a causa della pioggia sotto la quale aveva combattuto fino a poco prima, il ramingo sentiva caldo. Un caldo… opprimente…

Se solo capitasse…

Se solo… ce ne fosse l’occasione, io…

Non so… se riuscirei a fermarmi…

E tu, probabilmente, mi odieresti.

Perso nei suoi pensieri, Aragorn non si accorse che Legolas aveva ripreso a tremare. I suoi respiri erano tornati veloci, ma quando l’elfo fece per risollevarsi il ramingo lo bloccò.

“Così è peggio… cerca di restare calmo… ”.

La mano dell’uomo era tornata un’altra volta in contatto con il corpo dell’arciere, ma quest’ultimo, forse in seguito a ciò che era appena accaduto, si scostò subito. L’erede d’Isildur lasciò il braccio sospeso a mezz’aria, amareggiato, anche se in realtà era pienamente cosciente che l’unico responsabile dell’atteggiamento di Legolas era lui.

Valar… perché era finito in una situazione simile?

Si portò una mano alla fronte, tirandosi indietro le ciocche castane che aveva ancora incollate alla pelle umida. Era… era così vicino… lì dentro, ogni distanza era così… insignificante. Inesistente…

Avrebbe dato qualunque cosa per poter stringere a sé Legolas. Sarebbero bastati solo pochi, pochissimi gesti per poter sentire ancora il suo profumo delicato, il suo corpo caldo e perfetto…

Sì, sarebbe bastato davvero poco. Sporgersi leggermente in avanti, allungare una mano e…  tirarlo a sé, per farlo ricadere sopra di lui, fra le sue braccia. Tenerlo stretto per non lasciarlo più… per rimanere così fino alla fine del tempo, fino a quando l’ultimo sole fosse sorto e tramontato…

Solo per sentirlo contro il cuore, e…

“Aragorn…”.

La voce limpida di Legolas risuonò nell’oscurità della stanza e l’uomo, come risvegliandosi da uno stato di trance, una volta risollevato piano lo sguardo riuscì a distinguere nettamente la sagoma sottile dell’elfo, stagliata contro il leggero bagliore che entrava dal piccolo spiraglio oltre la sua testa. Sembrava esser tornato tranquillo.

“Scusami. E’ che prima d’ora non ero mai stato... spaventato”.

L’uomo attese che il nodo che gli si era improvvisamente formato in gola scomparisse, poi fece una breve risata.

“Tutto quello che ci è successo finora non ti è parso abbastanza spaventoso?”, disse con ironia, cercando di distogliere la propria attenzione dal sensuale collo bianco e dagli zigomi alti dell’amico che, voltato verso la finestra, sembrava star facendo lunghi e profondi respiri.

Passarono alcuni secondi, dopodiché Legolas mosse impercettibilmente la testa.

“Questa… è un altro tipo di paura. Orchetti e Uruk-Hai non sono nulla in confronto a questa… questa prigione buia, per me…”, mormorò con un sussurro.

Il freddo intenso che l’aveva colto all’inizio stava lentamente tornando ad insinuarsi nel suo corpo, ma nonostante desiderasse ardentemente sentire di nuovo le dita di Aragorn sul proprio viso ed i suoi occhi chiari riempirlo di quella luce confortante che aveva sempre amato, resistette all’impulso di tornare seduto. Non sarebbe riuscito a sopportare un altro contatto con lui, se poi avrebbe dovuto significare sentirsi respingere ancora…

Aragorn non disse nulla per un po’, ma dopo qualche attimo un lieve sorriso gli si allargò sulle labbra.

“Sai… credevo che nulla potesse metterti in difficoltà, o spaventarti. Ho sempre pensato a te come ad un essere al di sopra di ogni cosa, che non aveva bisogno di nulla e…”. Fece una piccola pausa, esitante. “… e nessuno. Ma adesso so che non è così. Anche se conoscevo il timore di voi elfi per l’oscurità ed i luoghi chiusi, non avrei mai immaginato che raggiungesse tali livelli… ”.

A quelle parole l’elfo fece una piccola, nervosa risata.

“Già, è ridicolo, non è vero? Non mi spaventa Sauron, ma mi terrorizza un po’ di oscurità…”

“No Legolas, non intendevo questo. E’ che se l’avessi immaginato prima, io…”.

“Non potevi saperlo. Ed in ogni caso, era l’unica possibilità che avevamo. Quindi non sentirti più in colpa, non ce n’è motivo”.

L’arciere aveva interrotto l’uomo senza lasciargli il tempo di concludere la frase. La sua voce gli era parsa triste, ma forse si era trattato solo di un’impressione.

“Lo so. Però, Legolas… ”.

“Vedo che l’hai nuovamente al collo”.

“… eh?”.

Aragorn cercò gli occhi dell’amico nel buio, senza capire.

“Il pendente che avevi perso durante lo scontro con i Mannari. Non avevo notato che l’avevi reindossato, dopo che te l’avevo restituito, ad Edoras”.

L’uomo si portò una mano al collo, e quando le sue dita sfiorarono l’Evenstar, il dono della Stella del Vespro si illuminò, anche se fiocamente. In realtà il candore dell’astro più luminoso del cielo non si era mai spento completamente, ed anche se immersa nella penombra del ripostiglio la sua sagoma diafana era sempre rimasta ben visibile.

Il ramingo strinse la catenina in un pugno, chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, un velo di ricordi era calato sulle sue trasparenti iridi azzurre.

Arwen…

Abbassò il capo, mentre la bocca disegnava un malinconico sorriso.

“Già. L’ho… rimesso”.

Legolas fece qualche passo verso di lui.

“E’… un dono di Arwen Undómiel, non è vero?”.

L’altro allentò la presa sul ciondolo.

“Sì. Anche se… non so più quanto abbia senso averlo ancora con me, ormai”.

Per una manciata di secondi Legolas non seppe cosa dire. O meglio, non sapeva… se fosse il caso di continuare a fare ad Aragorn domande sulla figlia di Elrond. Non era un segreto per nessun elfo della Terra di Mezzo la relazione che intercorreva fra l’erede d’Isildur e la principessa di Imladris, molto probabilmente anche futura regina di Gondor, ma dal tono dell’uomo l’arciere capì che qualcosa non andava.

“Cosa… vuoi dire?”, chiese infine.

Udì un sospiro, poi un fruscio.

“Lei, adesso… sta per raggiungere i Porti Grigi, per partire insieme al resto della sua gente”.

Aragorn mormorò quella frase con voce bassa, quasi sussurrando, e Legolas deglutì. La Stella del Vespro stava… stava per partire per le Terre Immortali? Questo… voleva dire che…

“L’ho lasciata andare. Non potevo permetterle di… rinunciare alla sua immortalità per me. Non potevo chiederle un sacrificio del genere, come non potevo chiederlo a suo padre. E ora… questa è l’unica cosa…”. L’uomo si interruppe, accarezzando nuovamente l’Evenstar. “… che mi… resta di lei…”, concluse con un soffio.

Non riuscì ad evitare che gli occhi gli diventassero lucidi di lacrime. La voce prese a tremargli in modo incontrollato, ed il figlio di Thranduil sentì chiaramente una morsa serrargli il cuore. Poteva vedere il viso dell’amico contratto in una smorfia di sofferenza, lo sguardo fisso sul pavimento gelido della stanza. Vacuo, era perso fra i rimorsi. Errori che era stato costretto a compiere a causa dell’amore infinito che provava per Arwen, ma che non potevano evitare di farlo soffrire, adesso, come mai avrebbe pensato…

L’elfo spostò bruscamente lo sguardo di lato. E’ che per un attimo… solo per un istante, era stato felice di quella notizia. Del fatto che… Aragorn non avesse più alcun legame con la Stella del Vespro…

No, non poteva negarlo. Ed in quel momento, osservando la disperazione di Aragorn, si era sentito… talmente orribile…

Vorrei solo che tu fossi felice, ma…

Chiuse gli occhi, mordendosi un labbro. Se solo avesse potuto contribuire a quella gioia…

Non ti chiederei nient’altro. Solo questo…

Risollevò le ciglia a fatica, ed anche Aragorn riprese a parlare.

“La verità è che… non so più per cosa sto combattendo, Legolas. Ed è questa la mia paura… nemmeno per me è rappresentata dagli orchetti, o dai servi dell’Oscuro Signore… no, loro non sono nulla… ”.

Si fermò, ed asciugandosi con le dita una lacrima solitaria che gli era scesa lungo la guancia, scosse il capo.

“Non so cosa ci faccio qui. Senza Arwen, nemmeno riavere il trono di Gondor ha più senso per me… lei… era la sola cosa che mi facesse accettare l’idea di ricevere quel potere… un potere che io non ho mai voluto…”.

L’uomo rigirò più volte sul proprio dito l’anello di Barahir, simbolo della sua stirpe, fissando intensamente la pietra verde posta al suo centro e avvolta dalle spire di due serpenti argentati. Poi, spostando lo sguardo davanti a sé ma senza cercare gli occhi di Legolas, accennò un breve sorriso. L’elfo era rimasto in silenzio da quando aveva cominciato a parlare, ed Aragorn pensò che probabilmente non avrebbe dovuto sfogarsi così apertamente con lui. Forse l’aveva messo in imbarazzo, o forse… semplicemente, tutto ciò che aveva appena detto l’aveva lasciato indifferente…

“Perdonami. Non volevo annoiarti coi miei pensieri. Ma adesso che siamo rinchiusi qui dentro, impotenti e privi di ogni potere… per la prima volta mi sono reso conto che non mi è rimasto davvero più niente tra le mani…” (^^’’ ehm… povero Ara… ndLeia), disse con voce sempre più greve, tentando di nascondere l’inquietudine che stava crescendo in lui. “Io, che vi ho condotti fin qui… e colui che dovrebbe guidare la razza degli Uomini, essere un esempio per tutti coloro che stanno lottando, là fuori… non ha più fiducia in nulla… ”.

Piegò le braccia, e appoggiandole sulle ginocchia affondò le dita nei capelli scompigliati, sorreggendosi la fronte.

Valar… perché sto continuando a parlare, se sono così sicuro che ciò che dico non ti importa?

Perché spero che tu possa  allontanare anche la mia, di angoscia?

Sono davvero… troppo debole…

Troppo debole per diventare Re, troppo debole per poterti restare accanto senza pretendere nulla…

“… Non so nemmeno se sarò capace di affrontare il destino che mi aspetta…  ”.

Disse quell’ultima frase con un filo di voce, ma prima che potesse riprendere fiato uno spostamento d’aria gli fece sollevare d’istinto la testa. La luce soffusa proveniente dall’apertura nella roccia scomparve per un attimo, e l’unica cosa che Aragorn riuscì ad intravedere fu il contorno indistinto della figura di Legolas chinarsi su di lui.

E poi, arrivò il suo profumo. Lo stesso che aveva potuto respirare all’inizio, quando l’elfo si era aggrappato a lui nel momento in cui aveva tentato di aprire il portone… simile alla brezza dolce proveniente dall’Ered Luin e che soffia incessantemente nelle Terre dell’Eriador, anche la pelle di Legolas sapeva di miele e spezie. Ed il suo corpo… quel petto forte premuto contro di lui… i capelli d’oro, morbidi e sempre bellissimi, adagiati nell’incavo del proprio collo…

“Non è vero… ”.

La… sua voce?

“… non è vero che non ti è rimasto più nulla… ”.

L’uomo mosse piano le mani. Sentì la stoffa liscia del mantello elfico che Legolas non aveva mai tolto sotto le proprie dita, ma prima di aumentare la pressione sul corpo dell’arciere esitò, non riuscendo a spostare lo sguardo, shockato, da un punto indefinito nell’oscurità della stanza.

Non… può essere…

Il figlio di Thranduil strinse la vita dell’uomo con una mano, e con la testa appoggiata contro la sua spalla si accucciò fra lui e il muro.

“Ci sono io. Ci sono… ancora io, Aragorn. Ed anche… ”. Socchiuse gli occhi. “… Gimli, Gandalf… e tutti gli altri. Noi… saremo sempre con te. Ti sorreggeremo quando cadrai, e sapremo infonderti nuova fiducia quando non saprai più a chi rivolgerti… quando la paura attanaglierà il tuo cuore… ”.

Legolas allungò ulteriormente il braccio sul ventre dell’uomo, protetto dalla maglia in ferro che aveva indossato prima della battaglia e dal sottile strato di cuoio della tunica. Sapeva perfettamente che il proprio gesto era stato impulsivo, e che con molte probabilità Aragorn si sarebbe presto scostato da lui, ma finché avesse potuto sentire i battiti del cuore del ramingo ed il tepore del suo corpo sciogliere le ombre gelide che lo stavano invadendo, non avrebbe più lasciato andare alcuna occasione. E finché avesse potuto confortarlo, anche solo come amico, l’avrebbe fatto…

“Le… Legolas, io…”, balbettò l’uomo, nella disperata ricerca di qualcosa da dire. Ma, in quel momento, nessun altra parola poteva sostituire l’unica che potesse pronunciare.

“Grazie…” sussurrò infine, dolcemente.

Sorrise, e le sue braccia forti si unirono sulla schiena dell’elfo, che spalancando gli occhi ebbe un sussulto. I loro corpi, adesso, aderivano completamente l’uno all’altro, e per quanti sforzi Legolas facesse per non pensare a ciò che quel contatto stava producendo in lui, non ci riusciva…

Se non altro, il timore del buio e dei luoghi chiusi era completamente scomparsa…

Ebbe paura che l’amico si accorgesse di qualcosa, ma il desiderio di rimanere stretto a lui fu più forte del timore di essere allontanato e così, invece di muoversi per cambiare perlomeno posizione, abbassò nuovamente le palpebre.

“Non avresti dovuto lasciarla andare. Tu… tu la ami… ”.

Un attimo di silenzio.

“E’ proprio perché la amo se l’ho fatto”.

“Sì… si, lo so. Ma noi elfi…”. Legolas si interruppe per poco, iniziando a passare delicatamente le dita di una mano sulla schiena del ramingo, in una delicata carezza. Perché… stava insistendo in quel modo su Arwen?

“Quando ci leghiamo ad una persona, è… per la vita… ”.

Dove… voleva arrivare? Forse attendeva qualche risposta… un segno… qualcosa che gli desse una speranza… ma una speranza per cosa poi?

“Per la vita?” sussurrò Aragorn “Che vita avrebbe avuto al mio fianco? Quel dono si sarebbe affievolito col passare del tempo e lei si sarebbe spenta nella solitudine… non potevo portarla a questo… ”

“Lei aveva fatto questa scelta… ” ribatté l’elfo respirando intensamente il profumo dell’uomo “… era pronta a… ”

“Morire?” lo interruppe quasi bruscamente Aragorn “Morire per qualcosa che non è mai stato altro che un sogno? No, non potevo permetterlo Legolas… non importa quanto l’amassi… ” si fermò un istante, facendo un profondo respiro, quando sentì l’elfo muovere la testa e avvicinare il viso al suo collo, come se volesse nascondersi… iniziò a sentire il suo respiro caldo contro la pelle e un’ondata di calore lo pervase… poteva quasi sentire le sue labbra e quella sensazione lo stava facendo impazzire…

Perché ti comporti in questo modo?

Cos’è cambiato?

Sembra che ogni muro che ti divideva da me sia sparito…

Ed ora sei così… vicino… posso sentirti… posso…

Sospirò e, senza nemmeno rendersene conto, strinse più forte l’amico a sé… da quanto non teneva più qualcuno così?  Non l’aveva mai ammesso ma gli mancava così tanto il calore di una persona accanto… Arwen era sempre stata una sicurezza, ma ora lei non c’era più, e lentamente questa consapevolezza stava diventando angosciante… aveva bisogno di qualcuno… aveva disperatamente bisogno di qualcuno.

“Così hai costretto entrambi alla sofferenza… ” mormorò Legolas sospirando, quando sentì l’abbraccio dell’uomo intensificarsi… era splendido sentire il suo corpo così vicino, il suo petto alzarsi e abbassarsi lentamente ad ogni respiro mentre dalle ciocche di capelli scendevano ancora delle gocce d’acqua che gli scivolavano sul viso… era splendido ascoltare la sua voce da quel punto, sembrava ancora più calda e profonda… ogni cosa di lui era splendida, e quel velo di tristezza sul suo viso e nelle sue parole…

Vorrei riportare quella luce nei tuoi occhi.

Vorrei darti la felicità che brami… quella sicurezza che hai ormai perduto…

Se solo mi fosse permesso… se solo… mi desiderassi…

“La sofferenza non è che una porta… ” rispose Aragorn abbassando lo sguardo sulla schiena dell’amico “… può restare aperta per lungo tempo ed essere richiusa da un giorno all’altro da un soffio di vento… e sono certo che lei troverà presto quella brezza calda… ” si fermò un istante, osservando le proprie mani che, leggermente, carezzavano il mantello dell’elfo, insistendo sempre di più per sentire il suo corpo, sotto la stoffa leggera e, senza riflettere, proseguì “… oppure… può arrivare qualcuno e chiuderla all’improvviso…”

A quelle parole, Legolas rialzò la testa, aprendo lentamente gli occhi per guardare quelli dell’uomo.

Cosa vuoi dirmi?

Possibile che…

“… qualcuno… ” continuò Aragorn fissando intensamente il viso vicinissimo al suo, nonostante l’oscurità riusciva a vedere ogni suo lineamento, e ancora una volta si stupì di quella perfezione “… qualcuno che non ti aspetti… ma che, in pochi attimi, riesce a ridarti quella pace e quella…protezione che da tempo attendevi… ” senza riuscire a resistere, il suo sguardo scese sulle labbra socchiuse dell’elfo “… qualcuno… che avevi sempre considerato distante e… irraggiungibile e… ” Aveva perso la testa? Come poteva parlare in quel modo? Ma quel calore lo stava divorando… tutte quelle emozioni insieme… timore, dubbi, desideri… si sentiva ormai senza fiato e avrebbe dato ogni cosa per poter sfiorare quel volto splendido e innocente… per poter respirare da lui…

“… o forse… ” bisbigliò Legolas abbassando a sua volta lo sguardo sulle labbra dell’uomo che erano rimaste immobili, semiaperte, come in attesa “… forse qualcuno che ti è sempre restato accanto… qualcuno che ti ha dato il suo appoggio e la sua fiducia… desiderando solo… ” si fermò qualche attimo quando si accorse che il respiro dell’uomo si era fatto più veloce… forse stava sbagliando… poteva aver frainteso le sue parole… poteva aver frainteso ogni cosa “… solo la tua felicità… ” concluse, allontanandosi di scatto e abbassando gli occhi sulle proprie gambe piegate.

Aragorn rimase un momento immobile, con lo sguardo fisso davanti a sé, quando il volto dell’elfo si scostò dal suo, come anche tutto il suo corpo… lo vide diventare sempre più lontano e quella breve distanza che ora li divideva era perfino troppa…

Perché?

Le tue parole… i tuoi occhi…

Perché ti sei allontanato di nuovo?

Vide Legolas alzare lentamente lo sguardo verso l’alto e lo sentì sospirare, mentre, debolmente, alzava una mano per indicare la piccola finestra nella roccia…

“Guarda… ” mormorò l’elfo “… sembra che l’oscurità stia lasciando spazio alle prime luci dell’alba… è ancora presto ma tra poche ore sorgerà il… ” le sue parole però vennero interrotte da qualcosa di inaspettato e improvviso.

Aragorn si mise di colpo in ginocchio, allungando una mano e appoggiandola dietro alla testa dell’amico per tirarlo a sé… posò le labbra sulle sue con dolcezza e convinzione, assaporando per qualche momento quella morbidezza che spesso aveva desiderato, poi, senza osare chiedere nulla di più, si allontanò, senza però riuscire a distogliere gli occhi da quelli blu che lo fissavano stupiti.

Legolas era rimasto immobile, sorpreso da quel gesto impulsivo e dalle mille sensazioni che le labbra dell’uomo gli avevano provocato… erano stati solo pochi attimi… ma si era sentito bruciare e sciogliere al tempo stesso e il suo cuore aveva iniziato a battere come non era mai accaduto prima, ed anche ora, lo sentiva nella testa, tanto quanto il sangue gli ribolliva nelle vene.

 

Silenzio…un momento infinito di silenzio…

 

Poi Aragorn si rimise seduto come poco prima, abbassando la testa, mentre l’imbarazzo per quel gesto che aveva appena compiuto iniziava a tingergli le guance di rosso… era stato un folle, come aveva potuto pensare anche solo per un istante che le parole dell’elfo fossero riferite a lui, a loro… a quello che avevano vissuto… e come aveva potuto permettere al desiderio di annebbiare la sua mente, spingendolo ad agire in quel modo sconsiderato. Chiuse gli occhi e, aprendo leggermente le gambe piegate, appoggiò i gomiti sulle ginocchia, nascondendo il volto nelle mani… avrebbe voluto svanire all’istante, scappare lontano per non vedere lo sguardo di Legolas, sicuramente ricolmo di disdegno per quello che aveva appena fatto. Fece un lungo sospiro per trovare il coraggio di pronunciare quelle parole di scusa e rialzò lentamente la testa…

“Perdonami… non avrei mai… ” ma le labbra dell’elfo gli impedirono di proseguire.

Legolas si chinò in avanti prontamente, prendendo il volto dell’uomo tra le mani e riprendendo quel bacio che Aragorn, poco prima aveva interrotto… e questa volta non si limitò a restare immobile per la sorpresa. Iniziò a muovere le labbra sulle sue… con le sue… incoraggiato dai deboli gemiti dell’uomo che non si aspettava certo una risposta simile.

Aragorn spalancò un attimo gli occhi, per poi richiuderli, perdendosi completamente nel calore che stava ricevendo. Come per paura che l’elfo si allontanasse di nuovo, gli afferrò all’improvviso le braccia, tirandolo a sé, tra le proprie gambe piegate, e quando sentì nuovamente il corpo dell’amico contro il proprio, si lasciò avvolgere da tutte quelle sensazioni che lo stavano bruciando… fece scivolare la lingua tra le labbra di Legolas e restò piacevolmente sorpreso quando l’elfo lo accolse senza la minima esitazione, iniziando a sfiorarlo e a lottare con ardore.

Poi, lentamente, quel bacio finì, ma entrambi rimasero fermi in quella posizione, mentre le labbra ancora potevano toccarsi, tra i respiri rapidi.

“Legolas… ” sospirò l’uomo, rialzando a fatica le palpebre… avrebbe voluto dire decine e decine di cose… ma quel nome era il primo dei suoi pensieri… quel nome, come quegli occhi blu semichiusi che lo stavano guardando.

Allora è vero…

Tu ed io… insieme…

Non è stato un sogno.

“Aragorn… anno i dhâf lîn an narthad na le (Aragorn, permettimi di restarti accanto)” mormorò l’elfo facendo scivolare le mani sul petto dell’amico “… aníron i ‘lass lîn… aníron i val a naeg bedir hae o le… (desidero la tua felicità, desidero che l’angoscia e il dolore si allontanino da te)” ad ogni parola sfiorava le labbra dell’uomo fino a quando non riuscì più a trattenersi e lo baciò di nuovo, stringendo i pugni sul suo abito.

Aragorn lo tirò nuovamente a sé, assaporando ancora le sue labbra dolci… ma alcuni pensieri infransero la barriera che il fuoco di quel bacio aveva eretto intorno alla ragione… e se quella dell’elfo fosse stata solo pietà? Pietà per un amico che da tempo viveva nella sofferenza e nella solitudine? No, non voleva… non voleva che Legolas stesse facendo quello solo per farlo sentire meglio, non voleva che quei gesti fossero dettati solo dalla compassione… non poteva sopportarlo.

All’improvviso allontanò l’amico da sé e, aggrappandosi con le mani alla parete dietro di sé, si rimise in piedi, facendo qualche passo nella stanza e lasciando Legolas seduto a terra con un’espressione stupita sul viso.

“Aragorn… ?” sussurrò senza riuscire a comprendere quella reazione… cosa aveva fatto? Sembrava tutto così giusto… così perfetto…

“Legolas tu… mi hai visto crescere… ” iniziò l’uomo dando le spalle all’elfo, con i pugni chiusi lungo i fianchi “… e col tempo siamo diventati amici… ”

Legolas trattenne il respiro… era quello allora… come poteva essere stato così stupido da credere…

“… e la tua amicizia è molto importante per me… ” proseguì Aragorn “… e credo… o almeno, spero che per te sia lo stesso… ” udì un debole sospiro dell’elfo “… e se è così… a me basta quella… ” si voltò lentamente, tenendo però lo sguardo basso sul pavimento “… preferisco avere solo la tua amicizia piuttosto che la tua pietà… ” ed allora guardò il viso dell’amico che era rimasto immobile nella penombra.

“Pietà?” ripeté Legolas dopo un istante di silenzio “È questo che credi?” si rimise di scatto in piedi, fissando Aragorn negli occhi “Credi che provi compassione per te e che… quello che è accaduto… sia stato per pietà nei tuoi confronti?”

“L’hai detto tu stesso… ” rispose l’uomo annuendo, cercando di mantenere la calma “… non vuoi più che soffra ed allora hai deciso di… ”

“… avvicinarmi a te in questo modo?” continuò Legolas interrompendolo “È vero, non voglio più vederti soffrire e farei ogni cosa per poterti ridare la felicità ma… so bene di non poterlo fare… non sono io la persona che… ” si fermò un istante come per riprendere fiato, ma non riuscì a pronunciare quella parola… desideri… aveva troppa paura della risposta.

“Allora perché l’hai fatto?” gli chiese all’improvviso Aragorn, cercando i suoi occhi come per ottenere da essi quella risposta che bramava… e se si fosse sbagliato? Se non fosse stata pietà quello che aveva sentito sulle proprie labbra, ma qualcosa di diverso…

“Perché?” ribatté l’elfo facendo un passo e fermandosi davanti a lui “Tu credi sia stato per pietà, per quale motivo dovrei contraddirti?”

“Legolas… ” mormorò l’uomo deglutendo “… dimmelo… desidero conoscere la verità”

“La verità?” ripeté Legolas chiudendo gli occhi per un breve attimo “D’accordo… verità per verità… inizia tu dunque… perché l’hai fatto?”

“Perché… ” iniziò a rispondere l’uomo, ma si bloccò subito, fissando in silenzio l’amico.

Cosa devo dirti?

Come posso rivelarti quello che provo quando nemmeno io ne sono certo?

Restarono in silenzio, mentre in lontananza risuonarono le grida di alcuni orchetti… l’elfo rialzò di scatto la testa, guardando fuori dalla piccola finestra, ma in quell’istante Aragorn gli prese un braccio, tirandolo a sé e posando con forza le labbra sulle sue… e Legolas, dopo un primo momento di sorpresa, rispose con ardore, lasciando che l’uomo prendesse il controllo totalmente.

“È… è questa la tua risposta… ?” sussurrò l’elfo quasi senza fiato, quando Aragorn si allontanò da lui.

L’uomo lo guardò con le labbra socchiuse per respirare e annuì…un attimo prima di finire con la schiena contro la parete di pietra… si lasciò sfuggire un lamento, subito soffocato dalla bocca di Legolas che, senza concedergli un solo istante, si avventò su di lui.

Per qualche momento le loro braccia lottarono per ottenere la posizione desiderata, ma poi entrambi i contendenti si arresero, abbracciandosi con vigore come meglio riuscirono. Aragorn strinse il pugno sulla schiena dell’elfo mentre col pollice dell’altra mano, ferma sul suo collo, gli sfiorava il mento dolcemente.

Legolas invece chiuse una mano sul braccio piegato dell’uomo, mentre con l’altra gli accarezzava i capelli, facendo scivolare le dita tra le onde scure.

“… attrazione… ” bisbigliò ad un tratto l’elfo, continuando a lambire sensualmente le labbra dell’amico.

“… cosa… ?” gemette Aragorn, cercando di ottenere di nuovo un bacio appassionato come quello di poco prima.

“… la risposta alla tua domanda… ” proseguì Legolas, fermandosi solo qualche attimo per succhiare dolcemente la lingua dell’uomo “… l’ho fatto per attrazione… ”

“Io credevo… ” tentò di ribattere Aragorn, ma l’elfo gli impedì di proseguire, baciandolo profondamente per un lungo momento.

“… e per desiderio… ” continuò “… e per qualcosa che non so spiegare ma… esiste, ed è così intenso… ”

“Non avrei mai immaginato di sentire queste parole… ”sussurrò l’uomo posandogli due dita sulle labbra “… mi sembra tutto così impossibile… ti ho sempre visto come una creatura forte e perfetta… splendida e invulnerabile… ” sorrise quando notò l’espressione incuriosita dell’amico “… una creatura intoccabile, in grado di vivere senza l’appoggio di nessuno… senza… ”

“Non sono una statua di marmo come quelle che ti piaceva osservare da fanciullo… ” lo interruppe Legolas sospirando “… il mio cuore batte… soffre e gioisce, e la mia anima ha bisogno di qualcuno come ogni altro uomo che conosci… anche se non lo dimostro, non significa che non desideri la vicinanza e… l’affetto di una persona… ed anche se sono un guerriero e raramente un nemico è stato in grado di battermi, non significa che non possa essere colpito nello spirito e provare dolore come chiunque tu conosca… ” chiuse gli occhi quando sentì di nuovo le labbra dell’uomo sulle proprie e con le dita gli sfiorò teneramente una guancia “… e il mio corpo… non è di pietra… sono fatto di carne e sangue… ” sentì la mano di Aragorn sulla schiena, lo stava accarezzando, scendendo sempre più in basso… un forte calore gli fece bruciare il viso e sorrise “… sangue che adesso sta scorrendo nelle mie vene come un torrente di lava incandescente… ”

“Tu non sai… ” iniziò Aragorn, fermandosi però per baciare con passione l’elfo che stringeva tra le braccia “… a lungo ho desiderato sfiorarti… a lungo ho desiderato sentirti … a volte questi pensieri mi tormentavano per giorni e giorni… anche nei momenti meno opportuni… quando ero al tuo fianco prima di una battaglia e durante le notti insonni… centinaia di volte mi sono posto domande su di te, su quello che provavi e su quello che… sentivi per me… ” si fermò di nuovo lasciandosi sfuggire una debole risata “… ed ora… scopro che mi sarebbe bastato chiuderti in una stanza buia e baciarti per poterti… avere… ” pronunciò l’ultima parola in un soffio, timidamente, come insicuro se fosse la cosa giusta da dire, ma poi vide un sorriso comparire sullo splendido volto davanti a sé e si tranquillizzò “… lo trovi divertente?”

“Per la verità… curioso direi… ” rispose Legolas passando le dita sulla barba dell’uomo fino a raggiungere le sue labbra e sfiorarle “… visto che io stesso ho passato intere notti a riflettere su cosa mi spingesse verso di te… sul perché mi sentissi… incredibilmente attratto da un Uomo che per di più avevo visto crescere e al quale avevo insegnato praticamente ogni tecnica di combattimento… avrei dovuto considerarti sempre un mio allievo ma… ”

“Ma… ?” ripeté Aragorn sorridendo e baciando teneramente le dita dell’elfo, prima di sfiorarle con la lingua.

“… ma… ” sospirò l’elfo inumidendosi le labbra quando un brivido di piacere lo percorse “… da tempo quello che provo per te… quell’affetto… è diventato qualcosa di… più forte… e… ” si lasciò sfuggire un gemito quando l’uomo iniziò a succhiargli le dita sensualmente, senza allontanare lo sguardo dal suo viso “… e mi sono ritrovato a… desiderare… te… e il tuo… corpo… ”

Aragorn passò il pollice sulle labbra socchiuse dell’amico, con una leggera pressione e per un momento si perse in quella visone estremamente provocante… mai avrebbe pensato che Legolas, il guerriero freddo e impenetrabile che conosceva, potesse diventare così caldo e aperto… e un’ondata ardente lo pervase quando pensò a come sarebbe stato averlo come amante, stringere il suo corpo nudo e in preda alla passione… amarlo e farsi amare… un’altra ondata di calore e questa volta perse il controllo… tenne stretto l’elfo a sé e lo spinse all’indietro, fino a quando raggiunsero la parete opposta, ed allora si avventò nuovamente sulle sue labbra, divorandolo e lasciandosi divorare da quella bocca che ormai era diventata qualcosa di cui non poteva fare a meno.

“Cosa… cosa stavo dicendo?” sussurrò Legolas riprendendo un po’ di fiato quando Aragorn glielo permise… ma quel momento di riposo fu breve…

“Non ricordo… ” bisbigliò l’uomo cingendogli i fianchi con le braccia “… ci penseremo più tardi…” e lo baciò nuovamente, impedendo all’amico di proseguire a parlare… quasi senza accorgersene iniziò a muoversi contro di lui, tenendo il corpo dell’elfo sempre più stretto a sé, soffocando i suoi gemiti con le labbra, ad ogni gesto.

“… Aragorn… ” gemette Legolas alzando al testa e spalancando gli occhi quando sentì, sempre più intensamente, l’eccitazione del compagno crescere contro di sé… contro la propria… quel fuoco che lo stava bruciando. Senza pensare, afferrò le braccia dell’uomo e, con uno scatto, invertì le posizioni, spingendo Aragorn contro la parete e imprigionandolo tra la roccia e il proprio corpo…. gli portò i polsi sopra la testa, tenendoli stretti in una mano mentre con l’altra iniziò ad accarezzargli il viso e il collo. Sentì le mani del compagno muoversi, come nel vano tentativo di liberarsi, allora lo fissò intensamente e lo vide sorridere maliziosamente, mentre dalle sue labbra uscivano dei rapidi sospiri.

“Ti piace avere il controllo della situazione… non è così?” gli bisbigliò l’uomo cercando di baciarlo, ma l’elfo si allontanò leggermente da lui, continuando a tenergli fissi i polsi, fissandolo e Aragorn si lasciò sfuggire un lamento di frustrazione “No… ti prego… vieni qui… ” tentò di muoversi per raggiungere il suo corpo ma non ci riuscì “… Legolas… ” lo guardò intensamente vide una strana espressione sul suo viso “… Legolas cos’hai?”

“Quello che… stiamo facendo… ” sussurrò l’elfo aggrottando le sopracciglia “… è giusto? Poco lontano da qui c’è una battaglia… posso sentire le armi e le grida… e… se fossi a combattere saprei esattamente cosa fare ma… ora… non riesco a controllare le mie emozioni… io so che dovrei essere là fuori ma… vorrei solo poter restare qui con te… e non comprendo se sia giusto o… ”

“È lo stesso per me… ” lo interruppe Aragorn “… capisco quello che provi… ma non possiamo far altro che aspettare, ricordi?” vide l’elfo annuire e proseguì “Ed io… desidero sentirti come poco fa Legolas… ti prego… se anche tu lo desideri… ” notò che il compagno stava annuendo di nuovo e sorrise “… allora vieni qui… ”

L’elfo inclinò la testa lateralmente, guardando in silenzio l’uomo per un momento, poi, lentamente, si avvicinò nuovamente a lui, appoggiandosi contro il suo corpo mentre, dolcemente gli sfiorava le labbra.

“Aníron le Aragorn… goston tan i pêl ammen… (Io ti desidero Aragorn…temo solo quello che sta accadendo attorno a noi… )”

“Ú ‘osto han… (Non temerlo)” gli bisbigliò Aragorn muovendo le labbra sulle sue “… calad lîn anthala vyr dain (la tua luce è più forte di quelle tenebre)”

“Esteliach han? (Credi questo?)” gli chiese sorridendo Legolas.

“Na bân i ‘uren (Con tutto il mio cuore)” rispose l’uomo rispondendo al sorriso, ma all’istante sentì la bocca dell’elfo sulla propria, in un bacio dolce e ardente al tempo stesso… iniziò a sentire il corpo caldo del compagno contro il proprio e cercò di assecondare i suoi movimenti, spingendosi per quanto poteva contro di lui… ma voleva di più… stava iniziando a perdere la testa… aprì gli occhi e notò che, invece, quelli di Legolas erano chiusi, le sopracciglia leggermente aggrottate mentre le loro labbra ancora di sfioravano.

“… muoviti contro di me… ” gli bisbigliò con la voce soffocata dal desiderio “… più forte… più… ” ma non riuscì a continuare, i gemiti si sostituirono alle parole quando l’elfo iniziò a fare proprio quello che gli era stato detto… si perse per un lungo momento ma presto quella passione che lo soffocava iniziò a crescere ancora di più… succhiò con forza la lingua di Legolas e, con uno scatto, riuscì a liberare i polsi… fece scivolare le mani sotto il mantello, lungo la schiena del compagno, spingendolo contemporaneamente indietro fino a raggiungere, ancora una volta, la parete opposta a dove si trovavano…

“… Legolas… ” gemette, inebriato dal suo profumo e dai suoi sospiri… con le mani scese sul fondoschiena dell’elfo, facendosi strada sotto la tunica azzurra e la casacca, e lo tirò a sé, spingendolo al tempo stesso contro la parete, con il proprio corpo.

“… Ara… Aragorn… ” sospirò Legolas spalancando gli occhi e aggrappandosi alle sue spalle, incrociò lo sguardo dell’uomo e tremò quando vide in quel mare azzurro, lo stesso desiderio ardente che lo stava bruciando… così si perse a lungo, lasciandosi guidare dai movimenti del compagno, dalle sue labbra bollenti e dalle sue mani che lo stringevano come mai nessuno, prima di quel momento, aveva fatto… sembrava che Aragorn, con quei baci e quelle carezze, volesse possederlo completamente e il pensiero di appartenergli gli fece perdere ogni ragione… fece scivolare le mani sulle braccia dell’uomo, e dietro, sulla schiena, fino a raggiungere i suoi glutei, e lo strinse a sé, come già Aragorn stava facendo con lui.

Sentì sulle labbra il gemito sorpreso del compagno e vide le sue palpebre, abbassarsi lentamente…

“Aragorn… cosa… ”

“Oh… Legolas… ” gemette l’uomo mordendosi il labbro inferiore, senza mai smettere di cercare il contatto con il corpo dell’elfo “… è così… bello… vorrei stringerti in questo modo all’infinito… ”

“… cosa… ”

“… è come se… ” proseguì Aragorn socchiudendo gli occhi “… se la tua luce avesse illuminato questa stanza… ” rialzò la testa e vide che però non proveniva dal compagno, ma dalla finestra… il sole era sorto.

Legolas seguì il suo sguardo mentre, in lontananza, udì le grida spaventate dei servi di Saruman… qualcosa era accaduto là fuori, la battaglia era giunta a una svolta. Aragorn attese un istante, trattenendo il fiato, e alla sua mente ritornarono quelle parole…

‘Attendi il mio arrivo alle prime luci del quinto giorno. All’alba, guarda ad Est’

Gandalf… era sicuramente lui… lui ed i cavalieri di Rohan…

Il suo sguardo tornò sulla splendida creatura di fronte a lui e, per la prima volta, vide le sue guance tinte di rosso… riuscì a guardare intensamente nei suoi occhi profondi e scorse quel desiderio ardente che, fino a quel momento, aveva sentito contro di sé.

“… è finita… ” bisbigliò con un leggero sorriso sulle labbra.

Legolas annuì, abbassando lo sguardo, cercando di comprendere che altro significato avessero quelle parole… ma non ne ebbe il tempo, Aragorn gli catturò di nuovo le labbra in un bacio che gli tolse il poco fiato rimasto.

“… la battaglia… ” proseguì l’uomo “… non questo… ” fece scivolare una gamba tra quelle dell’elfo, mentre con una mano gli accarezzava una coscia “… dovrei… fermarmi ma… non ci riesco… ”

“… cosa… ” sussurrò Legolas piegando la gamba e appoggiando il piede contro il muro “… Aragorn… cosa… ”

“… ti ho desiderato così a lungo… ” sospirò Aragorn “… ed ora che sei qui… che anche tu… ”

L’elfo fece un profondo respiro e pronunciò quelle parole che, da tempo, cercava di dire…

“… cosa vuoi che faccia?”

L’uomo lo fissò in silenzio, poi accennando un sorriso…

“Vorrei che… ”

 

“Aragorn! Legolas! Dove siete? Rispondete!”

La voce di Gimli risuonò tra le pareti di roccia, diventando via via, sempre più vicina… e poi un’altra voce…

“Mastro Nano… non ci sono vivi qui fuori… se fossero sopravvissuti ci avrebbero raggiunto… ”

“Comprendo le vostre parole, Maestà, ma voi non li conoscete… non possono essere morti… saranno fuggiti e avranno trovato un nascondiglio tra le rocce… non… devono essere morti… ”

 

Aragorn si bloccò all’istante, fissando il viso di Legolas… bastava una parola, un grido… e li avrebbero trovati, li avrebbero fatti uscire… e allora perché entrambi rimanevano in silenzio, stretti uno all’altro come se non desiderassero altro che restare in quel luogo?

Si guardarono per un lungo momento fino a quando l’uomo socchiuse le labbra e l’elfo annuì, lasciando uscire il compagno dalla sua stretta.

 

“Aragorn! Mastro Elfo! Dove siete!”

“Non avevano vie di fuga… ” ribatté Theoden facendo qualche passo lungo lo stretto passaggio “… laggiù le rocce sono troppo ripide… li avrebbero raggiunti facilmente… ”

“Aragorn!” ripeté di nuovo Gimli alzando la voce più che poteva “Legolas!”

 

“Gimli!”

 

Un grido. E dei colpi.

 

“Gimli siamo qui dentro!”

 

Theoden si bloccò all’istante, guardando il nano poco lontano da lui… ancora quei colpi…

“La stanza delle armi… ” mormorò tra sé, correndo velocemente in quella direzione, subito seguito da Gimli.

Si fermarono entrambi davanti alla pesante porta di legno e attesero in silenzio.

 

“Gimli siamo qui!”

 

“Aragorn!” esclamò il nano gettandosi contro la porta per aprirla “Lo sapevo! Non potevate essere morti! Mastro Elfo è con te? Dobbiamo ancora terminare quella gara… ma credo che a questo punto sia io il vincitore…”

 

Aragorn sorrise, lanciando un’occhiata a Legolas, che rispose al sorriso dolcemente.

“Sì è qui… la porta è bloccata… non riusciamo ad aprirla dall’interno e non abbiamo potuto abbatterla altrimenti avremmo attirato gli Uruk-Hai”

 

“Avete fatto bene… ” ribatté Gimli “… ora vi tiriamo fuori… ” e impugnò la sua ascia, pronto a colpire…guardò per qualche istante Theoden che, prudentemente, indietreggiò, e con colpi forti e decisi iniziò ad abbattere il portone.

 

I due compagni videro la lama penetrare nel legno e fecero un passo indietro… ancora qualche momento e sarebbero tornati liberi…

“E se dall’esterno avessero potuto aprirla… ?” mormorò Aragorn accennando un sorriso divertito ma subito sentì la mano dell’elfo afferrare la sua, e voltò la testa verso di lui.

Legolas non disse niente, si limitò a fissarlo, sorridendo dolcemente, prima di avvicinarsi a lui e dargli un leggero bacio sulle labbra.

 

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FINE PRIMA PARTE

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