.|. Tourniquet .|.
2.
Loralyalinque (L'Acqua del Sonno) ~
Legolas lasciò che il
contenuto della fialetta d’alabastro gocciolasse lentamente nel
bicchiere di vetro chiaro, colorando l’acqua che vi era di un viola
scuro. Il liquido si dissolveva in tanti arzigogoli che somigliavano ad
artigli arcuati o foglie accartocciate dal forte vento. Chiuse la
fialetta e la ripose nella sua sacca di tela verde scura, che poggiò con
cura accanto al suo giaciglio, vicino a quello di Aragorn. Si sedette
sopra il mucchio di pelli ordinate col bicchiere in mano, osservando con
dedita attenzione il luogo ove l’uomo dormiva.
Aragorn, oh… quanto
vorrei non doverlo fare…ma sarebbe pericoloso. Questa notte saremo
obbligati a stare vicini. Ed è bello, lo so, ma.. tu potresti
desiderarmi ancora.. ed io già ti bramo.. non.. non sarebbe sicuro.
Abbassò lo sguardo verso
il bicchiere: l’acqua ora presentava un colore uniforme. L’ultima volta
che l’aveva bevuta era stato anni prima… per non sopportare il continuo
dolore che lo stare nel suo palazzo a Boscoverde il Grande gli
procurava. Suo padre, i suoi tre fratelli.. il silenzio di sua madre…
Era stato mandato a Granburrone perché…
Perché se i Valar
richiamassero la mia anima, se il nemico mi facesse prigioniero o se non
dovessi mai più tornare… probabilmente mancherei solo a mia madre. In
silenzio.
Fissava ancora il
bicchiere, una lacrima leggera gli scivolava lentamente giù lungo la
guancia color avorio. Boscoverde era bellissimo. Un tempo. Poi erano
arrivate le Liante, (Ungoliante a piacere) erano state sconfitte,
ma avevano lasciato alle loro spalle morte e distruzione e Legolas era
sicuro che non se ne fossero andate del tutto. Ne sentiva gli sguardi
affamati addosso, udiva i loro movimenti saettanti e fruscianti tra gli
alberi…mentre passeggiava… bramose di uccidere…
Schifose e traditrici
creature nere, gonfie d’orrore ed ombra, il loro sangue era veleno e il
loro grido terrore, il loro essere come una malattia che se ne sta in
disparte per poi colpire quando tutto è debole, nel mondo.
Boscoverde.. guardando
le sperdute pianure di Rohan gli mancava così tanto… Alberi, alberi
ovunque, verdi ed imponenti; e le foglie dolci, l’erba soffice sulla
quale distendersi, il tronco solido delle piante.. il piccolo lago..
quello sulle cui rive viveva il vecchio traghettatore, una creatura che
non era né elfo né Istari, ma immortale e saggio. Un vecchio che nessuno
conosceva.. Nessuno a parte Legolas, che si era avventurato fino alla
sua capanna. Egli aveva il volto bruciato dal sole, ed i capelli scuri e
sottili legati in una crocchia dietro le spalle. Teneva calato fin sopra
il naso un vecchio cappello di pelle di daino e s’avvolgeva nel mantello
di piume d’aquila per non avere freddo. Diceva che era un dono di
Radagast il bruno, enorme gigante del nord. Passava le sue serate
davanti ad un fuoco precario, fumando la pipa e dormiva nella sua
capanna,mentre d’estate preferiva trovare rifugio tra le grandi radici
sporgenti di un enorme Ontano. Era stato proprio il Traghettatore a
donargli quella fialetta. Conteneva una sostanza estratta dalle radici
del Niphrodel, bianco fiore della neve.
Ancora lo sguardo verso
il bicchiere, con la consapevolezza di dover poggiare le labbra a quel
bordo e buttare giù tutto d’un fiato.
Per il nostro bene,
stanotte…
E lo sapeva benissimo
che stava andando contro natura. Lo sapeva benissimo che la sua stirpe
era fatta per seguire la luce, sia del sole che della luna. Ma
soprattutto quella delle stelle. E allora, era peccato chiudere gli
occhi ad esse, che vegliavano dalla coperta blu del cielo. Ma doveva
farlo. Per una notte, le stelle non avrebbero sentito la sua mancanza.
I meles le…
I uu ta an le.. (Ti amo.. lo faccio per te)
E con questo pensiero
consolante, avvicino il freddo vetro alle labbra e bevve tutto il
liquido d’un fiato. Il sapore non era affatto malvagio, anzi, sapeva di
zucchero. Rimase col bicchiere a mezz’aria, non sapeva nemmeno lui il
perché. Credeva di dover aspettare, e invece…
Il bicchiere cadde a
terra e s’infranse in mille cristalli che catturavano l’ultima luce del
sole morente, risplendendo anche del blu della notte che avanzava su
zoccoli di cavallo d’ombra.
Legolas cadde riverso
sul proprio giaciglio, quasi senza vita mentre un pallore atavico gli si
dipingeva in volto. Teneva gli occhi socchiusi e le labbra dischiuse, in
un continuo e lento respiro pesante. Le braccia aperte e le mani coi
palmi rivolti all’insù gli davano un’aria abbandonata.
Non ricordavo..
facesse… così.. male…
Aveva la mente
annebbiata, a fatica riusciva a pensare ed a fatica riusciva a vedere,
la stanza intorno a lui divenne un’ombra indistinta. L’altra volta era
stato tutto così… veloce. Aveva assunto il liquido e si era ritrovato a
riposare beatamente nel suo letto, angelico e felice di quel sonno. Ora
no. Ora tutto gli pesava, il suo stesso corpo era gravoso sulla sua
anima…
-Aragorn…
sussurrò piano. Come un
incantesimo. L’ultima parola prima di cadere. E quel nome si perse
nell’aria con ali d’uccello di nebbia, morendo con il sole dietro
l’orizzonte.
.|.|.
Nel grande camino il
fuoco ardeva gagliardo, emanando bagliori di luce rossastra par tutto il
salone. Davanti ad esso stava seduto un uomo, accoccolato ben bene sullo
scranno di legno coperto di pelle. I capelli castani ed ondulati gli
ricadevano sul volto, coprendo con qualche ciocca due occhi socchiusi
del colore del ghiaccio sotto un cielo che risplende. Aveva le labbra
dischiuse in un sorriso,il pollice della mano destra appoggiato sul
mento mentre il braccio sinistro gli teneva stretto il gomito. Teneva i
piedi sollevati da terra, rannicchiati contro sé stesso e premuti su un
bracciolo. Se ne stava ben coperto dal mantello nero e sembrava un
grosso gatto sornione. Ma dietro quel volto calmo e chiuso, stava un
uomo che a fatica tratteneva le proprie emozioni. Chiuse gli occhi
lentamente e davanti a lui apparve il bellissimo volto di un’altra
persona, seduta accanto a lui, ma voltata dall’altra parte. Una cascata
di capelli biondi come il grano e fini quanto l’oro filato ricadevano
sulle spalle di una casacca color delle stelle, che mollemente gli
avvolgeva le braccia ed il petto, le mani raccolte in grembo.
Legolas…
La figura di sogno si
girò, fissandolo con due occhi color del mare e sorridendo amabilmente,
sollevando un angolo della bocca sottile.
Le na maar ve Finwe,
el-ion… loralya minna in enyalie…sisiila ve Nierninwa. I meles le, haryu
o Wenyataure. Nunquerna amba in sarku… nunquerna amba… uundume… (Sei
bello quanto Finwe, figlio delle stelle… assopito nella mia memoria,
splendente quanto Sirio. Ti amo, principe di Boscoverde. Disteso sul mio
corpo.. disteso su… sull’abisso..)
L’ultima parola gli mise
quasi paura. Perché disteso sull’abisso? C’era qualcosa che non andava?
Stava succedendo qualcosa a Legolas? Fece per alzarsi, irrequieto del
proprio pensiero, sperando di starsi preoccupando invano.
Ma proprio in quel
momento arrivò lady Eowyn, stretta in un mantello color della pece, i
lunghi capelli ondulati ricadenti sulle spalle, lo sguardo illuminato
dalle fiamme del camino.
-Sire.. Aragorn. –
lo salutò pronunciando
il suo nome quasi con imbarazzo. Si sedette sullo scranno accanto a lui
e fu presa da un fremito. La prima volta che s’innamorava di un uomo. Di
solito, tutto a Medusel era cupo, tetro.. un ambiente per nulla
accogliente per una giovane donna come lei. Ed era sempre stata
circondata di uomini che conosceva benissimo e che reputava suoi fidati
protettori, ma non si era mai innamorata di nessuno di loro. E questo le
sembrava così scontato… Ma Aragorn, lui era.. diverso. Tenebroso e
charmante,con quell’aria sicura e decisa, il collo alto e lo sguardo
fiero, dritto su sé stesso come un albero secolare che sa dove tira il
vento e come opporsi per non essere sradicato. E da giovane ragazza
quale era, Eowyn si sentiva così terribilmente imbarazzata nello stargli
vicino, ma anche così contenta.. Lui e gli altri due suoi compagni di
viaggio, il nano e L’Elfo, erano arrivati tre giorni prima al palazzo
con notizie portate dal mago bianco, fido consigliere viandante. Ma lei
non aveva portato attenzione alle parole profetiche dello stregone. Da
subito aveva alzato lo sguardo verso Aragorn, ed aveva sentito qualcosa
di stranissimo impossessarsi di lei. Lui incarnava tutti gli ideali in
cui le credeva: forza, tenacia, destrezza, decisione, capacità,
magnanimità, coraggio…
E così lo aveva amato.
Subito e senza perché. Lui era.. sembrava fatto apposta per lei. E
allora aveva desiderato ardentemente d’esser sua, la sua dama, di
offrirgli il calice dal quale bere, di fargli bere sé stessa in quella
cerimonia, sentirsi unita a lui dalla fiducia, dalla stima. Lo voleva.
Voleva il suo amore, ma non negava a sé stessa di volere anche il suo
corpo. Una volta l’aveva toccato, di sfuggita, mentre gli passava la
casacca scura, e le piaceva paragonare la pelle abbronzata dell’uomo
alla sua, così chiara… Avrebbero potuto essere.. albero e foglia, la
colomba che si aggrappa alla quercia per proteggersi dal vento… Sentire
le sue mani forti sulle sue spalle, il suo calore tra le coperte… un
altro eventuale modo per non dover restare raggomitolata in quel letto
così grande…
S’immaginava tutto così
bene come se il sogno già fosse realtà… l’unico problema era dirglielo.
Ma non aveva il coraggio per farlo direttamente. Quell’uomo veniva da
una terra lontana e la sua bellezza chissà quante donne gli aveva fatto
amare…
-Arde il fuoco nel
camino di Medusel…-
iniziò sottovoce.
-Arde lo spirito nei
Rohirrim di ferro vestiti –
continuò Aragorn
afferrando subito il filo del discorso e della canzone, che però suonava
atona in quelle pareti di roccia.
-Arde la passione di
coloro che lottano per amore. –
concluse Eowyn
arrossendo. Aragorn non rispose. Rifletté per un poco e poi disse:
-Il fuoco dona a chi lo
sa leggere una visione del futuro. Il fuoco dona visioni di quello che
succede ora. Bisogna solo avere coraggio. –
il tono della sua voce
era fondo e sensuale,come sempre. Ma dentro la sua gola vibrava anche
una certa irrequietezza. Sarebbe stato da maleducato piantare Eowyn lì,
da sola, dopo aver saltato l’appuntamento con lei. Sperava solo che il
presentimento per Legolas fosse sbagliato e che tutto procedesse per il
meglio. Magari stava riordinando il suo zaino, pettinando le morbide
piume delle sue frecce o lucidando i suoi elfici pugnali.
E se invece si fosse
ferito per sbaglio? Se fosse scivolato sull’alabastro liscio dei
pavimenti? Se qualcuno lo avesse spinto giù dalla grande scala che dava
accesso al palazzo? Subito dopo, ragionando a mente lucida si diede
dello sciocco da solo: Legolas era un Elfo, ed era il più abile, bello e
capace che avesse mai conosciuto.. I suoi movimenti erano così calcolati
e perfetti che nulla sarebbe potuto accadergli…
I suoi movimenti…
Sul corpo di Aragorn
c’erano ancora i segni del loro amore. Della passione di quel
pomeriggio… i suoi movimenti… gli ansiti di piacere.. quella figura così
perfetta…
La domanda di Eowyn
arrivò improvvisa:
-Cosa vedete nel
fuoco,sire Aragorn? –
-Il mio destino.
Confuso. –
Mentì
spudoratamente,tanto che le parole quasi gli uscirono di bocca per loro
volontà. Ora voleva solo lui. Perse lo sguardo nel rosso delle fiamme,
assopito nei propri pensieri, cadendo lentamente in un torpore
piacevole. E lo vide così nitido,steso accanto a lui… il suo corpo nudo
e caldo.. Stava con le braccia incrociate dietro la testa e gli occhi
sornionamente socchiusi, facendo finta di riposare.Gli passò una mano
sul petto,facendola scivolare fino al ventre, sotto l’ombelico. L’Elfo
fremette a quelle carezze, schiudendo le labbra. Svestito e
meraviglioso, Aragorn ne accarezzò la bella curva del collo, baciandolo
all’attaccatura dell’orecchio destro. Lasciò che la sua mano scivolasse
lungo la spalla, mentre l’Elfo lo accarezzava con le nocche delle dita.
-Le na kalwa…
(sei bellissimo)
gli sussurrò. Lui
sorrise.
-Aragorn….
Sussurrò ancora, ma
questa volta era in un tono preoccupato, quasi un richiamo d’aiuto,
inconsolabile…
Aragorn si svegliò di
soprassalto, saltando in piedi come una molla. Lady Eowyn lo guardò
stupita, ma lui non le badò, anzi, per lui lei non era nemmeno lì. Corse
come un pazzo fino alla sala del dormitorio, sperando, pregando che…
Trovò Legolas
abbandonato sul suo giaciglio, il volto girato dall’altra parte, verso
il muro; le braccia aperte come in una preghiera, le mani rivolte
all’insù ed un respiro lento ed affannato che gli sollevava il petto. La
luna oramai sorta gettava sul suo volto madido di sudore una pallida
luce argentea.
-Legolas!
e si precipitò da lui,
disperandosi ed ammonendosi allo stesso tempo d’esser rimasto a
scambiare quelle maledette due frasi con Eowyn davanti al fuoco invece
d’essere accorso subito non appena quell’orribile presentimento si era
fatto più pungente. L’Elfo girò il viso, dischiudendo gli occhi e
sorrise affaticato. Sulle sue labbra sorse un’espressione di gioia.
L’uomo lo prese per le
spalle, bene attento a non fargli male, carezzandogli il volto con
apprensione e preoccupazione, stringendolo a sé per scaldarlo, come se
fosse servito a qualcosa…
-I wen ne ten le… nan
I uume enyala yana ta kol va sina unquale… (L’ ho fatto per te.. ma
non credevo mi avrebbe procurato una tale agonia…)
Aragorn sbarrò gli occhi
color ghiaccio, stupendosi delle parole dell’Elfo. Lo attanagliò il
terrore che avesse assunto del veleno. Magari qualcuno era venuto a
sapere di loro e lo aveva terrorizzato con menzogne e malelingue.. gli
aveva donato proprio la fiala assassina… Non avrebbe mai accettato che
Legolas si spegnesse a quel modo e se davvero le cose stavano così,
allora non sarebbe bastato il sangue del colpevole ad impregnare la sua
spada per la vendetta…
-Cosa.. Legolas.. cos’
hai preso? Non dirmi che era vel…
L’Elfo ridacchiò per
quanto quel malessere gli permetteva e posò due dita sulle labbra
dell’uomo.
-Ilu..! Ne a er
loralyalinque… I uume laume wanya vahaya ho le… (No! Era solo un
sonnifero… Non potrei mai allontanarmi da te..)
Aragorn tirò un sospiro
di sollevo e lasciò che Legolas gli asciugasse dolcemente una lacrima.
-I meles le… I aniron
le… I uume (Ti amo…ti desidero.. non potrei…)
-Ma allora… allora
perché?
-I wen ne ten le… naa
le ko aniron in.. si-moore… I tintiila yal er tarya…. (L’ho fatto
per te… se tu mi avessi desiderato.. stanotte.. tremo al solo
pensiero..)
-Le tintiila ten…man?
(Tremi per.. cosa?)
sussurrò dolcemente
fissandolo negli occhi. Legolas abbassò lo sguardo. Trasse qualche lento
respiro. In quel momento, Aragorn lo sosteneva come se, senza di lui,
l’Elfo non potesse respirare. Quello stare così vicino a lui, l’essergli
così indispensabile lo gratificava. E gli piaceva. Se solo Legolas
avesse alzato gli occhi… si sarebbero trovati così vicini… Mentre
parlava, prima, il suo respiro gli lambiva sensualmente le labbra… se
non avesse abbassato lo sguardo… se avesse trovato la forza di lasciarsi
andare… Alzò lentamente la mano che non sorreggeva il corpo caldo
dell’Elfo e la portò sul suo viso, pettinandogli teneramente una ciocca
che era sfuggita alla coda. Poi gli carezzò lo zigomo e scese fin sotto
il mento. Legolas ebbe un fremito e si avvicinò ad Aragorn, chiudendosi
le mani sul petto.
-Ten… faare an
quaaree le an in amba... le miquili... le lauka… le… anto… (Di..
sentire le tue mani sul mio corpo…i tuoi baci.. il tuo calore.. le tue..
labbra..)
E così dicendo allungò
due dita sulle labbra di Aragorn, guardandolo con quegli occhi come
stelle. In essi, vegliava uno sguardo di dolcezza pura, un qualcosa di
così forte da cancellare ogni dubbio, ogni paura… Sul suo viso si
dipinse il più bello dei sorrisi. Aragorn lo accarezzò, fremendo lui
stesso della gioia di essere accanto a lui, di poterlo stringere, di
fare parte di quella sua vita così lunga… splendente esistenza elfica.
Tra le sue braccia stava accoccolato il tesoro più prezioso. Se ne
rendeva conto solo ora. Un sorriso di Legolas valeva giorni e giorni di
vita sotto il sole, un suo respiro era gioia.. un suo bacio…
-Miguil in.. ata,
Aragorn. (Baciami ancora, Aragorn…)
Dal canto suo, Eowyn si
era stancata di stare accanto al falò da sola. Perché Aragorn si era
allontanato a quel modo? Perché non le aveva detto nulla, non l’aveva
nemmeno guardata.. Forse.. Forse voleva essere seguito. L’idea si
dipinse radiosa nella mente della ragazza, che si alzò e si accomodò i
capelli dietro le orecchie, si strinse nel mantello e si diresse verso
la stanza dove Sire Aragorn dormiva. Non le venne neanche in mente il
fatto che, entro quelle mura,dormissero altre due persone. Pensava..
insomma, il nano era sicuramente a fare manbassa in cucina e l’elfo..
molto probabilmente era a guardare le stelle. Qualcuno le aveva detto
che gli Elfi erano fissati con le stelle. Quel qualcuno non sapeva
quanto si sbagliava.
Col suo passo leggero,
Eowyn raggiunse presto il dormitorio, ma preferì non irrompervi dentro,
bensì s’accostò allo stipite della porta per osservare meglio chi c’era
dentro la stanza.
E il cuore le si ruppe
nel petto.
Seduto su un giaciglio,
stava il suo uomo, Aragorn, che teneva tra le braccia il suo compagno di
viaggio; l’Elfo stava dicendo qualcosa a bassa voce. Erano così
dannatamente vicini… ed Aragorn sembrava così inebriato da quella
vicinanza.. non aveva occhi che per l’Elfo. Questi aveva smesso di
sussurrare ed ora guardava Aragorn.. poi.. altre tre o quattro parole
veloci. Dette con tono così basso e pieno di desiderio che Eowyn ebbe
quasi paura di quello che stava per accadere. E dentro di sé pregava
perché si stesse sbagliando.
Purtroppo, i fatti non
andarono come lei desiderava.
Aragorn si avvicino
ancora al volto di Legolas, le labbra dischiuse nel profondo desiderio
di obbedire a quel dolce comando, talmente desideroso che quasi non
riusciva a baciarlo davvero. Avrebbe voluto stringerlo forte, spogliarlo
di nuovo, averlo ancora… mai si sarebbe stancato di quella pelle così
dolce e già il suo corpo sembrava essere freddo e doveva essere nutrito
ancora di quel calore meraviglioso…
Le mani di Legolas gli
carezzarono dolcemente il volto, scivolando lungo gli zigomi, giù fino
al collo, tirandolo a sé.
Fu il loro bacio più
dolce. Aragorn assaporò le morbide labbra di Legolas, stringendolo a sé
per le spalle, mentre le mani dell’Elfo scivolavano sul suo petto, sopra
i bottoni argentati della casacca. Aragorn aprì le labbra di Legolas con
le proprie, bramando di sentire la lingua calda dell’Elfo contro la sua
e piegò leggermente il volto sporgendosi in avanti. Socchiuse gli occhi
per vedere quale espressione era dipinta sul volto del suo amante. Le
sopracciglia dell’Elfo erano distese, gli occhi chiusi… Le mani di
Aragorn scivolarono sui fianchi di Legolas per farlo curvare
all’indietro e questi portò le proprie mani sulle spalle dell’uomo,
coperte dal mantello nero. Poco dopo, Legolas era disteso sul giaciglio
mentre le labbra dell’uomo gli lambivano il collo.
L’Elfo aprì gli occhi e
girò lentamente il viso verso l’arco d’entrata.. e s’irrigidì,
spaventato e fremente. Aragorn se ne accorse subito e, con
preoccupazione, prese il volto dell’amante tra le proprie mani e lo fece
voltare verso di sé.
-Che hai.. Legolas?
domandò. Poi aggiunse in
tono rattristato
-Non ti piace?
Legolas lo guardò,
allargando leggermente gli occhi per vedere meglio oltre la nebbia che
velava il suo sguardo.
-I kena ..e mordo… e
halda tinwe… et-sambe… Ta kenih llen…! Weo kenih llen!
Ara.. oh... (Ho visto.. un’ombra.. una scintilla coperta
d’ombra.. fuori dalla stanza… Ci ha visti! Qualcuno ci ha visti! Ara..
oh…)
Ed interruppe qui la
frase preso da uno spasimo di dolore, piegandosi su un fianco. Aragorn
lo tenne stretto per le spalle, lo sollevò stringendolo a sé cercando di
calmarlo e quando lo spasimo ebbe breve termine, gli carezzò dolcemente
il volto, lisciandogli i capelli ed asciugandogli la fronte. Appoggiò la
sua guancia a quella dell’Elfo per dargli conforto. Poi, guardò a sua
volta fuori dall’uscio, ma non vide nulla.
Legolas aveva preso a
respirare affannosamente, e si fece più pesante tra le braccia di
Aragorn, che lo credette sul punto di svenire.
- I na seeree… hyarya
in kaita… (Sono stanco.. lasciami riposare…)
Sussurrò l’Elfo
socchiudendo gli occhi.
-Kai le na sinome,
iire I am-oro, artuile? (Sarai qui quando mi sveglierò,domattina?)
Aragorn sorrise e baciò
dolcemente le labbra dell’Elfo, che sorrise.
-Io ci sarò sempre.
Anche domattina. –
lo rassicurò.
-I meles le, Aragorn…
in haran… in Melindo… (Ti amo, Aragorn… mio re, mio amore)
Per tutta risposta,
Aragorn si alzò e trascinò le pelli che formavano il suo giaciglio
accanto a quello di Legolas e vi si distese, stringendo la sua mano
dalla pelle chiarissima.
-Se non posso averti…
posso starti accanto?-
chiese. Legolas non
rispose. Si era addormentato profondamente. Aragorn lo osservò mentre
riprendeva a respirare lentamente, il petto s’alzava e s’abbassava piano
e il rumore dei suoi respiri sembrava lo sciacquio delle onde sulla
battigia la mattina presto, quando il sole ancora cerca di vincere il
sonno della notte per spuntare a nuova alba. Con lo sguardo, Aragorn
accarezzò il dolce profilo dell’Elfo, scivolò lungo la bella curva del
collo e camminò ramingo sul suo petto, risalendo poi la collinetta delle
gambe per arrivare fino alla cima dei piedi. Si soffermò ancora sul suo
viso che sembrava del colore della luna che oramai regnava nel blu della
notte, spartendo ordini alle stelle. Sulle sue labbra ancora il sapore
di quel bacio. E il calore del loro amore, l’abbraccio di prima, il
desiderio oramai perenne. Si alzò puntandosi sul gomito destro mentre
con la mano sinistra carezzava le labbra dischiuse di Legolas. Scese
fino al suo mento e poi percorse dolcemente il collo. Gli slacciò un
bottone della casacca, poi un altro e un altro ancora finché non arrivò
a metà. Gli accarezzò il bel petto nudo, sul quale stava disteso il
fiore di cristallo di Evenstar.
La Stella del Vespro
è simbolo del mio amore. Chi la porta, occupa il posto più importante
nel mio cuore di ramingo. Ora che la possiedi tu, sono felice di poter
dire a me stesso che sei tu l’unico per me. Ora che tu riluci del mio
dono, splendido erede di Finwe, io ti amerò per sempre. E, forse, anche
oltre.
Pensò poggiando la mano
sopra al petto dalla pelle chiarissima, seguendo il respiro di Legolas,
adeguandovi il proprio per poter essere in simbiosi con lui. Gli baciò
il collo, poi più giù, fermandosi trattenendo il respiro quando l’Elfo
emise un gemito sommesso nel sonno. Gli richiuse la casacca e gli diede
un ultimo bacio sulla guancia. Si distese sul suo giaciglio guardando il
soffitto e, per la prima volta dopo una lunga fila di giorni, si sentì
felice.
-Wa..
wanwa… oh, Ilu... (Pe.. perso... oh, no..)
mormorò Legolas, sospeso
nel proprio inconscio ed Aragorn rise tra sé e sé. Non avrebbe mai
nemmeno pensato che Legolas potesse parlare nel sonno. Socchiuse gli
occhi e sentì la stanchezza mista a beatitudine che s’impossessava del
suo corpo e della sua mente. Si girò su un fianco per dormire col viso
rivolto a Legolas e chiuse gli occhi, mentre la luna tesseva una scia di
pizzo argentato sulla striscia dentata di monti che circondavano Rohan e
la sua steppa infinita.
Steppa brulla e continua
verso nord e sud. L’erba gialla e secca che a tratti cresceva sul
terreno arido era illuminata dalla pallida luna e sembrava rilucere come
neve. La terra, invece, rimaneva scura, più scura anche di quanto non lo
fosse di giorno. Di notte,la steppa di Rohan sembrava un campo di
stelle. Stelle sopra e stelle sotto: quelle di sopra piangevano le loro
sorelle precipitate sulla terra e quelle sulla terra desideravano
riunirsi alle altre.
Maledette stelle.
Maledette stelle e maledetti figli delle stelle. Dannatissimi Elfi.
Dannatissimi elfi e dannatissima bellezza elfica. Dannate stelle,
dannato amore, dannato.. bacio…
Eowyn si strinse tra le
coperte del suo letto a baldacchino, dalle quattro colonne di legno
intarsiato e screziato d’oro. Si fece piccola piccola, acquattata contro
il muro, nascosta tra le lenzuola ed il cuscino. La parte di stoffa che
le copriva il viso era umida di pianto. Lacrime amare ed aspre che le
scivolavano lungo le gote ed andavano a morire sulle sue labbra strette
in una smorfia di dolore e rancore. Rabbia. Perché? Come aveva potuto
Aragorn preferire quell’Elfo a lei? Non l’aveva mai guardato
attentamente in volto, ma sicuramente non era per l’aspetto ch’egli
veniva amato. Quell’ignoto qualcuno le aveva raccontato che gli Elfi
possiedono un fascino magico e meraviglioso, capace d’incantare ogni
creatura sulla terra che può provare sentimenti. Alcuni sono persino
arrivati a promettersi la morte se non fossero riusciti a guardare negli
occhi un ultima volta l’elfo che amavano. Molti uomini sono stati
incantati. E molti altri ne saranno.
Pianse. Ancora. Non le
venne neppure in mente della natura pazza dell’amore tra Aragorn e
Legolas, due uomini, destinati ad essere guardati di sbieco oppure a
nascondere i loro sentimenti fino alla fine del sole. Perché secondo le
leggi di quel mondo, un amore del genere non andava bene. Non era
contemplato dal Padre della Terra, Eru, l’Uno.
Ma, si sa com’è. I figli
finiscono sempre col superare i propri genitori.
Eppure lei ancora
ribolliva di rabbia e delusione, giurando a sé stessa che sarebbe
riuscita a strappare un sentimento dal cuore del ramingo, una sensazione
da rubargli, una volta sola, da tenere per sempre con sé, nascosta agli
occhi di tutti. Una gioia da nascondere in uno scrigno d’ebano per poi
guardarla e rimirarla da sola, la notte. Un bagliore caldo solo per sé…
D’altronde cosa chiedeva
di male se non l’essere dannatamente amata? Essere al centro
dell’attenzione di qualcuno, regina dei suoi pensieri e dei suoi
desideri… non credeva di pretendere poi chissà cosa.
Avrebbe potuto vestirsi
da uomo e combattere a fianco del futuro regnante di Gondor, oppure
avrebbe potuto attenderlo con ansia al suo ritorno, gettandogli le
braccia al collo e baciandone il bellissimo volto…
Come uno specchio che
s’infrange, i suoi sogni le caddero addosso in mille, scintillanti
pezzi, ferendole le mani e il cuore, spargendosi ovunque nella stanza,
inondando le coperte bianche e fredde di quel letto tanto grande.
E lei.. era così sola…
Maledisse la prima volta
che Aragorn aveva messo piede a Medusel, poi cancellò quella maledizione
e benedisse quell’attimo in cui si erano guardati. Con l’elsa della
spada della freddezza, fece a pezzi l’immagine di vetro di quel loro
amore probabile e dolcissimo, ne calpestò i frantumi riducendoli a
polvere di stelle e di rubino, prendendoli a manciate e gettandoli al
vento perché ne colorasse l’aria e li portasse il più lontano possibile
dal suo cuore deluso.
Amareggiata e con le
guance ancora umide si strinse tra le lenzuola, si alzò avvolta da
quella coperta bianca, girò smarrita per la sua stanza, coprì lo
specchio che stava sulla parete opposta con un mantello e poi si sedette
a terra, si rialzò, tormentata e straziata da quella visione… Loro due..
quel bacio dannato tra la luce e la notte, giorno ed ombra, l’uno chino
sull’altro, inebriato,ammaliato, ebbro di quella sensazione così densa
che impregnava l’aria.
Poi.. le mani di Aragorn
scivolare lungo i fianchi dell’Elfo, stenderlo, volerlo.. le sue labbra
che gli lambivano il collo, bramanti il sapore afrodisiaco di quella
pelle…
Un brivido le percorse
la schiena al solo pensare a quello che sarebbe potuto succedere dopo..
e le mani di Aragorn.. le sue labbra.. e l’Elfo…
Nascose la testa sotto
il cuscino, pigiando con entrambe le mani come per schermarsi da quei
pensieri molesti che le saltavano addosso e le graffiavano il cuore. Ed
intanto ancora piangeva, le pareva di sentire le parole mormorate da
Aragorn all’orecchio dell’amante, i gemiti sommessi per non farsi
sentire, ignari di essere stati visti…
..da lei.
Poteva usare quel
segreto. Poteva incatenare un uomo con la verità… non sapeva se sarebbe
riuscita a manovrare le situazioni a suo piacimento, ma ci avrebbe
provato comunque. Con la spada sapeva fendere l’aria e farla vibrare,
perché con le parole non poteva far vacillare un uomo?
Si rilassò e posò la
testa sul cuscino, stringendolo forte e raggomitolandosi tra le coperte
per farsi caldo. Guardò per un ultima volta fuori dalla finestra
schermata dalle pesanti tende di feltro. In un angolino spiccava un
pezzo di cielo blu come una pietra screziata, ombre di nero venavano la
sottile e scivolosa superficie della notte, puntellata da stelle chiare
e fredde. Le montagne appuntite graffiavano la volta celeste e
desideravano strapparle le stelle. Tutto tremolava lentamente, come
scosso dal vento che, stranamente, si era calmato.
E il vento rimase così
per tutta la notte, adagiato sulla parte stepposa di Rohan, che
camminava svogliato lungo il corridoio di monti. Ogni tanto accelerava
la corsa perché credeva d’aver visto una stella cadere, ma quando
scopriva l’illusione dettata dal sonno, allora ritornava a poltrire e
carezzava pian piano con le mani fredde qualche ciuffo d’erba
intorpidito e giallastro, tinco sotto un cielo che gocciolava
meraviglia.
La notte trascorse così,
nel torpore totale della terra e del cielo. Sembrava che tutto avesse
sonno.
Il sole, invece, lambì
energico il primo orizzonte, premendo con forza le spalle della notte
per spingerla via e lasciare lo spazio ad un alba radiosa.Si diffuse su
ogni cosa una chiara luce bianca.
Una notte è passata,
e tu mi sei stato accanto, amore mio. Sapevo che l’avresti fatto. Non
dimenticherò mai.. quel bacio. Della guisa più dolce, caldo il tuo
abbraccio, ieri notte. Mi sono addormentato col tuo profumo addosso, la
mia mano stretta nella tua ed ora non vorrei fare altro che guardarti
dormire e carezzarti i capelli.. e sentire il tuo respiro caldo, seguire
il profilo del tuo viso… E se quest’alba t’aprirà gli occhi voglio esser
io la prima persona che vedrai… il tuo primo sorriso vorrei fosse per
me…
Legolas si fermò un
poco. Chinò leggermente il volto per scrutare quello dell’uomo che
poggiava la testa sul suo ventre. Dormiva dolcemente, abbandonato alla
persona che amava. E Legolas, con delicatezza, ne carezzava i capelli,
passandovi le dita in mezzo, dividendone le ciocche scure e ogni tanto
arrestandosi per socchiudere gli occhi e ritornare con la mente alla
notte prima. Sembrava tutto un quadro. Il bel principe dai capelli color
dell’oro che teneva in grembo il volto dell’uomo venuto dal sud, ne
carezzava i lineamenti e sognava d’intraprendere con lui uno dei lunghi
viaggi raminghi in giro per le pianure e le foreste del mondo. Lo
sguardo del giovane perso sul petto dell’uomo, le mani ancora calde di
quel tocco, mentre l’alba di vetro tintinnava sulla valle.
-Aragorn…
koiva, Aragorn. Anar na oore… (Aragorn.. svegliati,
Aragorn. Il sole è sorto…)
L’uomo aprì lentamente
gli occhi e sorrise assonnato, strofinandosi l’occhio sinistro con la
mano.
-Legolas… le…
(Legolas.. tu…)
L’Elfo gli posò due dita
sulle labbra con un sibilante “shhh”.
-Non parlare… nonostante
io ami la tua voce, adesso desidero solo il tuo silenzio. Ed il rimirare
il tuo volto… -
Aragorn si alzò seduto e
prese il volto di Legolas tra le mani. Lo rimirò come si potrebbe fare
con uno specchio, adorando l’immagine riflessa.
-Non posso tacere di
fronte a te…
-Faresti meglio a farlo.
Lo sai… meno ci vedono o sentono, meglio…
Quel bacio arrivò
all’improvviso, un bacio “nessuno-sa-perché-sta-succedendo”. Un bacio
tale che nessuno dei due sa com’è cominciato e che il mondo intorno
s’annulla tutto e chi si sta baciando non sa più vedere che il buio del
proprio sangue che pulsa. In quel preciso istante, si svegliava una
stella.
Giusto un barlume
lontano di luce, nascosto tra le fronde degli alberi. Il rumore di
quello scintillio è nascosto dal fragore di piccole cascate d’acqua
fresca che scivolano lungo il pendio di una montagna. Un luccichio
nascosto dalle belle pareti di pietra di un palazzo, alto e maestoso,
che svetta sui tetti di una città deserta ed addormentata. Un brillare
lontano perso tra i grossi volumi di una biblioteca antica..
La stella del Vespro
attende, ad Imaldris.
Intanto, a sud, nascosti
dalle montagne, i cittadini di Rohan finiscono di caricare i loro
destrieri e di riempire i piccoli carretti di legno per poi mettersi in
coda. Un popolo speranzoso che segue il suo Re, verso il Fosso di Helm.
Aragorn montò sul suo
cavallo e si sistemò fieramente sulla sella, il busto dritto e la mano
sinistra stretta intorno alle redini. Non aveva tanto bisogno di quella
forza, poiché il cavallo era suo fedele compagno di viaggio e lo
conosceva benissimo e semplicemente un respiro sarebbe bastato per
indicargli la retta via.. ma perché voleva semplicemente.. fare bella
figura. Voleva mostrarsi fiero come un Re, deciso come un governatore
agli occhi.. ai suoi occhi azzurri. Quegli occhi che lo fissavano
dolcemente da lontano,timidamente consapevoli ed imbrigliati nella
conoscenza di non poter avere ciò che bramavano davanti ai visi di tutti
gli altri. Legolas stava dietro, osservando Aragorn, in silenzio. Doveva
trattenersi il più possibile, faceva fatica a respirare, perché ogni suo
respiro denotava il suo desiderio…
Per distrarsi, osservò
Gimli con la sua ascia in mano che zampettava cercando di non farsi
travolgere dai cavalli, poi scelse un carretto e vi ci si issò sopra con
fatica, sistemandosi sul bordo.
Ad un tratto, Gamling
suonò il pesante corno di Rohan e la carovana si mise in moto. Legolas
osservava tutto con estrema minuzia quando.. prese di mira Eowyn, nipote
del re. Teneva un cavallo color paglia per le briglie e camminava con lo
sguardo puntato a terra, avvicinandosi ad Aragorn.
L’Elfo sorrise: una
donna.. un’altra si era innamorata di Aragorn. Scherzando tra sé e sé
s’immagino che lui fosse nettare e le giovani fanciulle uno sciame
d’api. Poi, però, gli sovvenne alla mente di quando lui stesso amasse il
dolce sapore del miele,il profumo di zucchero e la consistenza vischiosa
di quella dolcezza… e il calore di quella pelle…
Vi era caduto ancora.
Stava pensando a lui. Ma era un così dolce dolore…
Aragorn scese da
cavallo. Voleva poggiare i piedi a terra, poiché si sentiva come sopra
una nuvola. Sentiva ancora tra i capelli le dita di Legolas e desiderava
non dover nascondere a tutti il battere frenetico del suo cuore quando
si trovava in sua presenza, il sangue bollente che gli scorreva nelle
vene…
Ancora una volta si
trovò immerso in quei pensieri e ancora una volta venne interrotto da
una persona.
-Ve ne siete andato così
in fretta,ieri sera.. cosa vi premeva?
Chiese Eowyn in tono di
rammarico. Aragorn si trovò con le mani nel sacco: cosa avrebbe dovuto
risponderle? Non poteva certo dirle d’essere corso tra le braccia del
suo uomo… Ma se mentire era così difficile, come sarebbe stato dire la
verità? Non tutta.. parziale…
-Ero stato colto da un
cattivo presentimento, e quando ciò succede è meglio ch’io corra, mia
signora.
Eowyn sorrise. Un
sorriso un po’ beffardo, cattivo…
-Un presentimento a
proposito di cosa..?
infierì. Poi fece una
pausa ed aggiunse sottovoce, con tono di chi sa qualcosa che non doveva
essere conosciuto:
-… o di chi?
Aragorn alzò il volto,
spaventato. Cosa voleva dire con quel “di chi” ? Forse….
E gli venne alla mente
in un lampo, il grido di Legolas, sebbene febbricitante…
“-I kena ..e mordo… e
halda tinwe… et-sambe… Ta kenih llen…! Weo kenih llen!
Ara.. oh... (Ho visto.. un’ombra.. una scintilla coperta
d’ombra.. fuori dalla stanza… Ci ha visti! Qualcuno ci ha visti! Ara..
oh…)”
Doveva mantenere la
calma, doveva fare finta di nulla, non dare a vedere che quella era la
verità..
-A proposito di un mio
tesoro. Una cosa che conservo con gelosia. Temevo di averlo lasciato
incustodito. –
Mentire non era mai
stato così atroce. E se poi lei gli avesse chiesto di mostrargli quel
tesoro? Se gli avesse chiesto di cosa si trattava? La scusa di Evenstar
non poteva più reggere perché.. Evenstar… pendeva brillante sul bel
petto di Legolas…la casacca sbottonata.. il respiro lento…
Aragorn scrollò la testa
con violenza come per svegliarsi da quel sogno torbidamente bello.
-Qualcosa non va, sire?
Indagò Eowyn. Sapeva che
doveva insistere.
-Mosca! Era.. una..
mosca, sì.
Si giustificò. Magari
fuorviando il discorso sarebbe riuscito a…
-Potreste mostrarmi il
vostro tesoro? Se non è chiedere troppo, intendo.
Continuò Eowyn con tono
baldanzoso. Ha-ah! Lo aveva colto con le dita nella marmellata! Aragorn
non avrebbe certo potuto girarsi a chiamare Legolas a gran voce per poi
dire “Ecco il mio tesoro”. Aspettò con ansia morbosa la risposta
dell’uomo.
Dal canto suo, Aragorn
sentiva il sangue pulsare alle tempie, le mani sudate scivolavano dalle
redini del cavallo.
Trova una risposta,
sciocco… una cosa stupida… falla stare al suo posto.. NON – DEVE –
SAPERE.
-Essendo un tesoro
prezioso voi capirete che non posso mostrarlo a chicchessia.
Troncò gelido. Sperava
di essere riuscito a farla finita con quel discorso imbarazzante.
-O magari perché esso è
una cosa che non può essere vista.. che non volete dire..che non potete
far vedere… un segreto, sire?
Aragorn montò su tutte
le furie. Quella ragazza, dal primo momento che l’aveva vista aveva
pensato a lei come una dama rispettosa, una di quelle “donne che sanno
stare al proprio posto” di quelle che se dici loro “taci” sigillano le
labbra. Adesso gli sembrava sfacciata, ficcanaso e.. e.. non lo sapeva
neanche lui, ma lo infastidiva da morire.
-Se state cercando di
darmi del bugiardo avete fallito, mia signora. Io non vi nascondo nulla
e non vi mostro il mio tesoro poiché mi trovo sotto giuramento. Semmai
VOI avete per caso qualcosa da confessare… o mi SBAGLIO io?
A quel paese il
rispetto. Basta coi convenevoli. A coloro che s’interessano dei fatti
altrui bisogna sempre parlar chiaro. Eowyn si ritrasse, come un gatto
ferito che ha capito quando è il momento per smettere di soffiare ed
agitarsi. Basta. Se avesse premuto oltre probabilmente si sarebbe
ritrovata legata al cavallo per i piedi. Meglio evitare. Non ci era
riuscita. Non aveva saputo usare quel suo segreto. Una volta poteva
provare. Aveva fallito? Allora basta. Avrebbe comunque continuato ad
amare quell’uomo così perfetto. In silenzio. Com’era dedita a fare prima
di quella notte.
-Chiedo perdono, mio
sire. Scusate la mia lingua lunga.
Mormorò.
Mi dispiace, Aragorn.
Ma volevo provare. Se è … LUI quello che vuoi, allora mi adeguerò. Ti
amerò in silenzio.
Il viaggio continuò in
silenzio, come una lenta cerimonia di anime che volgono il viso alla
speranza. Ognuno coi suoi pensieri, ognuno con quella solita speranza
nel cuore, che risuonava come una preghiera, un canto muto e lento
Salvateci o Signori
Salvate le nostre
anime
Salvate il vostro
popolo
E i figli del vostro
futuro
Tutto era accompagnato
da una lenta melodia dettata dai pesanti ansiti dei cavalli da tiro e
dalle ruote dei carri, dai sospiri delle donne e il pestare di piedi di
tutti i pellegrini. Re Theoden stava a capo del corteo, alto sul suo
cavallo. Ma dietro la sua fierezza stavano tanti dubbi e rimorsi, così
stancanti, gravosi sulla sua anima stanca.
Così, ognuno pensava e
sperava. Ma c’era anche chi rimuginava delle parole appena udite…
Cosa significava…
quel suo tono? Quelle parole… Non vorrei spaventarmi a vuoto, ma… Quella
sua improvvisa curiosità, quella sua aria d’intesa.. il cattivo
presentimento che Lei sappia qualcosa mi terrorizza…
Aragorn fece tacere i
suoi pensieri, ma d’improvviso la verità gli trafisse la mente come una
lama gelida.
LEI SA.
Non è possibile! Come
può… Che mi abbia seguito ieri sera? Che mi abbia visto mentre sostenevo
Legolas? Mentre… lo baciavo? Mentre lo volevo? Cosa devo fare,ora? Se
cercassi di spiegarle la verità, ma invece lei non sapesse nulla e la
sua fosse solo mera curiosità, finirei col rivelarle il mio segreto… il
NOSTRO segreto…
Se invece lei davvero
sapesse, potrebbe dirlo per sbaglio, o per voluta corruzione…
costrizione…
D’un tratto, l’uomo
alzala testa di scatto. Gli era parso di avvertire uno strano odore
nell’aria. Probabilmente un’illusione dovuta alla preoccupazione.
Il corteo dei cittadini
di Rohan passava adesso lungo le rive frastagliate del fiume. Il Fosso
non era lontano. Tra loro e le montagne stava solo una linea di verdi
colline coperte da un soffice tappeto d’erba verde come lo smeraldo. Il
passaggio dalla steppa brulla a quella bella piana lo aveva stupito.
Avevano attraversato piane aride, paludi fangose popolate da rane
gracidanti e adornate da lunghi e secchi fili d’erba verdognola, distese
di roccia simili agli Emin-Muil e costeggiato enormi montagne
dalle aguzze cime canute.
Legolas rizzò la testa
d’improvviso, interrompendo i suoi pensieri.
Cos’è.. questo odore
fetido? Liante? Qui? Non può essere…è troppo.. animalesco.
Ed ebbe una visione che
solo gli elfi possono avere, una specie di avvertimento a proposito
della bestia che stanno per incontrare.
Zampe. Tante zampe, ma
non di ragno. Iene, no, lupi.. grossi ed affamati, impazziti nella
corsa… avidi di sangue.. il lungo pelo imbrattato di fango e sozzura.
Denti lunghi quanto pugnali…
Spronò il cavallo coi
talloni per raggiungere Aragorn.
-Aragorn! I kenih llen! Nauroe! I kenik llen! Na....
(Aragorn! Li ho visti! Mannari! Li ho visti! Man….)
Non fece in tempo a
finire la frase che uno dei soldati d’avanscoperta corse incontro al
gruppo urlando ed agitando le mani come per dire che non si poteva
passare.
-MANNARI! MANNARI!
Gridava con la voce
smorzata e spezzata dalla fatica della corsa.
-HANNO PRESO BRET!
L’HANNO DIVORATO!
E così cadde, magari
inciampando, ma non si rialzò. Aragorn rivolse un sguardo veloce a
Legolas. Dal canto suo, re Theoden comandò a sua nipote di condurre
donne e bambini per le pianure. La strada sarebbe stata più lunga, ma
piuttosto sicura e gli uomini con quello che restava dei Rohirrim
avrebbero tentato di arginare l’attacco delle bestie. La dama bianca
aggrottò le sopracciglia, ma dovette obbedire suo malgrado ed iniziò a
radunare la popolazione. Aragorn guardò la piccola carovana allontanarsi
velocemente, più in giù e più oltre di loro. Il rimasti continuarono a
marciare per arrivare davanti al nemico con l’impeto giusto e lui spronò
il cavallo, voltandosi per fare un cenno a Legolas, ma non lo vide.
Questi aveva spiccato la
corsa prima di tutti ed ora si stagliava sopra la collinetta, in piedi,
senza cavallo, con l’arco teso ed una freccia in cocca. I Rohirrim
accelerarono il passo. Legolas ancora mirava con precisione. La corsa si
fece galoppo. Fu un attimo, uno scatto d’ebano nero e piume, la corda
vibrò con violenza, l’Elfo non fece una piega, ma si limitò ad incoccare
ancora una volta, riprese la mira e scagliò ancora, con la calma veloce
di un esperto che sa dove vuole andare a parare. Mentre i Rohirrim lo
raggiungevano, scagliò una terza volta, e questa volta il suo gesto fu
seguito da un lungo guaito di una gola straziata, un mannaro caracollò a
terra, travolgendo anche il compagno a fianco e finendo disteso sul suo
cavalcatore.
Aragorn sguainò lo
spadone dal manico pesante e si preparò all’urto di quell’orda di belve
a quattro zampe. Legolas spiccò un salto tornando alla guida del suo
cavallo, avvolse le redini l polso sinistro e riprese l’arco, incoccando
ancora.
Da quel momento, gli
sguardi che si scambiavano erano veloci e sparuti, giusto per
assicurarsi che l’altro stesse bene e non fosse stato colpito. Il
piccolo esercito si raggruppò, poi si disperse urlante, accerchiò,
falciò e si riaprì, come uno stormo di uccelli nel cielo azzurro. Le
grida e i guaiti dei mannari riempivano l’aria, gli uomini
indietreggiavano e poi attaccavano con la velocità della vipera. Ma gli
orchetti avevano raggiunto il loro obbiettivo. L’armata esigua degli
uomini si trovava ora tremendamente vicina all’orlo del baratro, sotto
il quale il fiume Acquaneve gorgogliava in piena.
Aragorn roteava lo
spadone, abbassandolo per infierire mortali ferite alle schiene dei
mannari o fare incetta di teste d’orco, quando s’accorse del piano di
quelle creature nefande. Il suo cavallo s’impennò e cadde, sotto i morsi
di un mannaro senza cavaliere. Mentre la bestia s’alzava dolorante,
Aragorn montò in groppa all’animale peloso e grondante sangue,
riprendendo il suo destriero per le briglie. Tese quelle due corde di
cuoio verso il collo di un orchetto che s’avvicinava in groppa alla sua
cavalcatura e lo sbilanciò. Con la spada ferì a morte la propria
cavalcatura e risalì sul bruno cavallo. Provò a spiccare una corsa, ma
l’orchetto al quale aveva tolto l’equilibrio s’era aggrappato ad una
zampa del destriero e cercava di rimettersi in sella al proprio mannaro.
Il cavallo imbizzarrito s’impennò nuovamente, l’orco non mollava, anzi,
rafforzava la presa e riacquistava la schiena del mostro in corsa. In un
ultimo, disperato tentativo di scrollarsi quell’ammasso di schifo da
dosso, Aragorn alzò un piede dalla staffa, puntandolo contro la testa
dell’orco. Questi, decisamente sfinito, mollò la presa mentre la sua
bestia incespicava in una sporgenza, caracollando a terra senza vita.
Felice della propria riuscita, Aragorn volse il viso avanti a sé, ma non
fece in tempo a frenare il cavallo che sentì la terra mancare sotto gli
zoccoli. L’animale precipitò tra le braccia spumose dell’Acquaneve
mentre l’uomo s’aggrappava disperatamente al terreno, cercando di
issarsi. La terra friabile franò sotto i suoi stivali, provò a chiamare
aiuto, ma le parole erano sorde a chiunque. Un ordine gli risuonava
nella testa:
Tira con quelle
braccia e torna su!
Provò ad obbedirvi con
tutta la volontà possibile , ma la terra franò ancora.
Chiuse gli occhi mentre
l’aria lo abbracciava tutto, trascinandolo giù, nei gorghi del fiume.
Combatterono ancora e
ancora, Legolas metteva mano alle sue frecce sempre con maggiore
decisione e velocità. Finalmente, quei pochi orchi rimasti a cavallo
delle loro belve, si decisero per la ritirata e filarono a zampe levate.
Legolas trasse un lungo sospiro di sollievo, poi si guardò in torno per
trovare Aragorn.
Il cuore gli saltò in
gola: non c’era da nessuna parte.
-ARAGORN!
Gridò in preda
all’angoscia, movendosi con frenesia per riuscire a trovarlo… Che fosse
rimasto schiacciato da un mannaro? O magari era solo un po’ più in là…
Il petto rotto dal respiro affaticato, le labbra semichiuse in un
continuo lamento, cercò e cercò ancora. Un orchetto che stava disteso
vicino al bordo del precipizio con la colonna vertebrale spezzata e
numerose ferite su quel suo brutto muso si mise a ridere. Una risata
accavallata e spasmodica, intrisa del sangue che gli sgorgava dalla
gola. Legolas gli piombò addosso, scotendolo.
-Mammen
ne Aragorn? (Dov’è Aragorn?)
L’orco fu scosso da
fremiti convulsi e continuò la sua risata. Pronunciò qualche parola
nella sua lingua nera ed indicò il precipizio alle sue spalle. Legolas
non ragionò più. Gli si avventò contro con la furia di un assassino,
scotendolo ancora più forte.
-Le
furue! MAMMEN NE ARAGORN? (Tu menti! Dov’è Aragorn ?)
Ma lo scosse troppo
forte e quello chinò la testa di lato, mentre un rivolo di sangue gli si
dipingeva sul mento. Finalmente cosciente di sé stesso e dell’accaduto,
Legolas mollò repentinamente la presa sull’orco e si allontanò da lui
come se lo temesse. No, non temeva la creatura in sé, temeva le parole
che aveva mormorato.
Alzò il viso verso il
precipizio e vi si avvicinò, rimanendo in piedi sull’orlo. Perse lo
sguardo tra le onde azzurre e bianche del fiume, ne seguì il corso con
lo sguardo, alla ricerca di un indizio.. di…
Nel suo cuore prese il
sopravvento un forte desiderio di lasciarsi andare, muovere un passo in
avanti.. l’aria l’avrebbe accolto come fratello, non avrebbe sentito
alcun dolore.. solo la gioia di riunirsi a colui che… aveva perso.
Non pianse, no. Non
doveva piangere, doveva.. essere forte.. anche per lui… Sentì il petto
scosso dai singhiozzi, quando all’improvviso avvertì il pesante calore
di una mano sulla propria spalla. Si voltò, il cuore colto da un barlume
di speranza…
Re Theoden gli era
accanto, ed osservava anche lui il baratro. Il sangue ed il sudore sul
suo viso misti a quell’aria sconsolata sembrava lo rendessero più
vecchio. Alzò lo sguardo grigio verso gli occhi dell’Elfo.
-Mi dispiace.
Mormorò, Poi si rivolse
con voce tonante ai suoi guerrieri superstiti.
-Lasciate i morti. Ce ne
andiamo. –
e tornò a parlare a
Legolas:
-Vieni, ragazzo.
E s’allontanò. La
tristezza di Legolas gli sussurrò all’orecchio.
Avanti, piccolo
ragazzino indeciso.. buttati! Segui colui che ami, scendi con lui nel
gelo del fiume e riunisciti alla sua anima! Nulla sarebbe più facile di
così! Devi solo fare un passo… un passo solo… in avanti… verso di lui…
Vedi, ti tende la mano..
E vide, sfocato nel
cielo avanti a sé, il volto fiero di Aragorn, sentì un formicolio alla
gamba destra..
Un passo solo. La
gravità farà il resto e ti trascinerà in un battibaleno tra le sue
braccia… calde… Ti attende…
-Legolas.. andiamo…
grugnì tristemente Gimli,
bloccando l’aspirante suicida. Legolas lo guardò e gli fu infinitamente
grato di quelle due parole. Iniziò così a credere che Aragorn era ancora
vivo, e che sarebbe tornato. Sentiva quel pensiero pulsargli nelle vene
e donargli nuovo vigore. Montò a cavallo e fece salire Gimli con sé.
Avvertì le mani guantate
di cuoio sui suoi fianchi, e colpì il cavallo coi talloni, raggiungendo
il gruppo di guerrieri in marcia verso le loro famiglie.
Durante quell’ultima
parte di viaggio, ebbe molteplici volte il desiderio di voltarsi
all’indietro, ma ogni volta che stava per farlo, si tratteneva per non
dare a vedere nulla a Gimli.
-Puoi voltarti indietro,
se vuoi. Non me ne stupirei.
Gli disse Gimli come se
gli avesse letto nel pensiero. A volte i nani hanno un tempismo
perfetto.
-Lo amo.
Replicò Legolas. Le
parole gli uscirono di bocca per loro volontà e s’accorse solo dopo
l‘averle pronunciate quanto stupido fosse stato quel gesto.
-Lo so, Legolas.
Rispose il nano. L’Elfo
s’irrigidì. Come lo sapeva? Allora era lui l’ombra che aveva visto la
notte prima fuori dalla porta del dormitorio? No.. si ricordava poco di
quella visione, ma era.. troppo.. alta, per essere di Gimli.
-Anche lui ti amava…
Eravate la migliore coppia.. di amici che io avessi mai visto. Vi
amavate molto. Mi dispiace.
Legolas si rilassò.
Gimli intendeva un altro tipo di amore, quello quasi fraterno che
s’instaurava tra due amici strettissimi. Beh.. anche quello era amore.
Lo pervase un senso di gioia. Gimli avrebbe continuato ad essere ignaro
di tutto, un caro amico inconsapevole. Ed era bello così.
Ora, però, all’Elfo
premeva di sapere CHI era stato a vedere lui ed Aragorn la notte scorsa.
Oltrepassarono le mura
del fosso di Helm circa mezz’ora dopo e si ritrovarono accolti come
vincitori sui mannari. Gli uomini si riunirono alle proprie mogli e
figli e si diedero da fare per sistemare frattaglie e coperte calde per
la notte.
Legolas aiutò Gimli a
smontare da cavallo e quando si voltò, incontrò lo sguardo gelido di
Eowyn. Lei non volle guardare Legolas. In una certa, arcana maniera, lo
odiava. Si rivolse a Gimli.
-Sire Aragorn.. dov’è?
Tremolala sua voce acuta
e sottile.
-E’ caduto.
La informò tristemente
il nano. Dopo queste parole, Eowyn tornò ad alzare lo sguardo verso gli
occhi di Legolas. Forse desiderava trovarci dentro una qualche conferma,
vedere il dolore in quel mare azzurro…
Vi trovò solo fiducia.
Fiducia che il Re sarebbe tornato sano e salvo,di lì a poco. Non la
rincuorò per nulla. Semplicemente, se ne andò.
Legolas scelse un
angolino tutto suo, sulle mura che proteggevano il fossato. Da lì, da
quell’angolo scavato nella roccia, poteva vedere la valle avanti a sé in
tutta la sua angusta maestosità. La nebbia sospirava canzoni tristi alle
cime delle montagne del Dunclivo Nord ed il sole sembrava andato a
dormire. Ogni cosa era immobile, fuori dalle mura. Ogni cosa lo induceva
a pensare a lui. E al Passato.
Si ricordò d’improvviso
quella volta che, da piccolo, si era ferito ad una mano perché aveva
giocherellato con disattenzione col suo pugnaletto nuovo di zecca. Il
regalo di suo padre, Thranduil. Alcune gocce di sangue erano gocciolate
sul marmoreo pavimento della stanza e lui s’era messo a
piangere,spaventato. Era ancora un bambino, dopotutto.
Al sentire quei
singhiozzi,suo padre era arrivato come una benedizione, col suo lungo
mantello che strisciava a terra e un sorriso dolce dipinto sulle labbra.
Lo aveva stretto tra le braccia, con quel suo meraviglioso profumo di
vaniglia ed aveva poggiato la guancia alla sua. Con dolcezza gli aveva
stretto la mano in un panno verde smeraldo
-Con la speranza che
presto guarirà…
ed aveva riposto il
pugnale nel suo fodero. Poi si era seduto lì, per terra. Lui, il re. Si
era seduto sul pavimento e teneva adorabilmente il figlio tra le
braccia. Il piccolo Legolas ancora singhiozzava e dei grossi lacrimoni
gli sgorgavano dagli occhi color cielo.
-Senti tanto male?
Gli aveva chiesto il
padre, amorevole. Lui aveva annuito facendo un gran cenno con la testa.
Allora, il grande Thranduil lo aveva stretto con tenerezza,
carezzandogli la fronte.
-Chiudi gli occhi,
piccolo mio… ogni volta che senti dolore… chiudi gli occhi… ed io sarò
lì… sempre con te..
-Sempre sempre,
papà?
-Sempre sempre.
Ed erano rimasti lì,
padre e figlio, finché il piccolo non si fu addormentato tra le calde
braccia del Re padre.
Avanti con gli anni, il
loro rapporto era piuttosto cambiato. Dopo l’attacco delle Liante
a Boscoverde il grande, lui era diventato più freddo e distaccato, e la
sua attenzione andava maggiormente al figlio maggiore, futuro successore
quando Thranduil avesse deciso di partire.
-Padre, io non esisto
per te!
-Non dire queste
scempiaggini, figlio! Tu esisti, ti vedo, ma non posso stare sempre
dietro i tuoi pensieri! Tu non sei l’Erede. Non puoi pretendere che
tutto il mio tempo vada a te!
-Mi accontenterei
anche di un’ora…
-Basta! Questo
discorso è più che inutile. Ora vai nelle tue stanze, ch’io ho ben altro
da fare!
Dolore.. quanto dolore,
nel cuore del giovane Elfo… e allora chiuse gli occhi. Li strinse forte,
buio… vedeva solo il nero del suo sangue pulsare all’impazzata.
-E tieni aperti
quegli occhi quando mi rivolgo a te! Ora vai!
Aveva tuonato infine. Ed
ancora dolore. Vuoto. Lo stesso vuoto che sentiva ora nel sapere Aragorn
lontano. Ramingo chissà dove, magari anche lui affranto da quella
lontananza.. e in quel dolore lo sentiva vicino.
Tu sei con me… mi
basta solo pensarti e tu mi stai accanto. Mio padre mi aveva detto di
chiudere gli occhi, quando avrei sentito dolore, ma ora… in questo
istante non posso. Eppure il dolore c’è. Ed è straziante, ma…
L’essere stato
sveglio, prima dell’alba, il sentirti respirare e l’osservare il tuo
sorriso mentre dormivi ed eri lontano a sognare… Avrei potuto
trascorrere la mia vita in quell’istante, perdermi in quel momento
dolcissimo… Ti ho dormito accanto, vicino a te, ho sentito il tuo cuore
battere ed ho immaginato cosa stessi sognando, se tu stessi vedendo me,
nei tuoi pensieri. Ogni bacio che mi dai io ringrazio i Valar perché mi
hanno donato te…
No, non posso
chiudere gli occhi su questo.
Non mi perderò un
bacio, non mi perderò un sorriso. Voglio stare solo con te, come ieri.
Voglio solo stringerti e sentire il mio cuore accanto al tuo.. e
rimanere con quel caldo.. per il resto dei miei giorni…
Non posso chiudere
gli occhi su questo.
E, chissà. Magari
Aragorn aveva sentito questo suo pensiero, magari pensava anche lui la
stessa identica cosa… magari era ancora vivo e stava tornando da lui… e
lui l’avrebbe aspettato. Non avrebbe chiuso gli occhi.
Il fiume lo aveva
trascinato per lungo tempo, gli aveva fatto raggiungere il cavallo,
atterrito ma ancora miracolosamente vivo. Come lui, d’altronde. Un’onda
violenta li scaraventò in un’insenatura secca del fiume, dove i ciottoli
tondi si mischiavano alla sabbia fine. Ma quando l’uomo si svegliò, non
si trovava sulla sabbia umida.
Attorno a lui stavano le
note e care pareti di pietra lavorata della città di Imaldris
(Granburrone). Sotto di sé il morbido divanetto sul quale lui soleva
sedere a parlare con…
-Arwen…
mormorò con la voce
rotta dallo stupore angoscioso nel rivederla. Lei era bella. Quel nome
era fatto per lei e le stava addosso come un velo, coprendone i dolci
lineamenti del viso con sensuali trasparenze di luce. I capelli castani
le ricadevano sulle spalle scoperte dal lungo vestito color della
nebbia. Lei sorrise e con quel sorriso illuminò la stanza, gettando il
cuore di Aragorn nell’ombra più cupa.
Pura, semplice.. ancora
innamorata perché.. ignara.
-Non ti avvicinare a me,
Arwen.. ti prego, io…
-Aragorn…
sussurrò lei in tono
dolce, quasi da mamma che rimprovera il figlio d’aver fatto una
scorpacciata di biscotti. Più che pieno di biscotti, Aragorn si sentiva
come se avesse rotto il vaso più prezioso della madre ed ora cercava di
nasconderne i cocci dietro la schiena. Lei gli rivolse uno sguardo
felice e tranquillo. Aveva dimenticato quando amasse quella donna. Ma
era un amore lontanissimo. Non provava più quell’attrazione fisica che
spesso, in passato, cercava goffamente di nascondere ed il cuore gli
batteva all’impazzata. Ora no. Il suo corpo era indifferente a lei. Solo
una cosa pulsava forte:il rispetto. La tenerezza per quel viso dalla
pelle color della luna.. quella palese fiducia… La amava col rispetto,
col suo senso di fedeltà, ma ad un'altra persona aveva donato cuore,
corpo e anima. Ed Arwen non ne era a conoscenza. Davanti a lei si sentì
sporco, piccolo. Si strinse nel suo mantello sdrucito e sporco di
polvere.
-
Ken-an-In, Aragorn.. (Guardami, Aragorn...)
non poteva obbedirle. Si
sarebbe ucciso,piuttosto.
-
Ken-an-In, Estel… (Guardami, Estel)
Quel nome lo risvegliò.
E sentì come davvero stavano le cose. Dentro di lui vi erano due
persone: Aragorn ed Estel. Aragorn smaniava per Legolas, lo voleva,
l’aveva avuto e ancora lo avrebbe. Senza di lui non v’era aria. Estel,
invece, amava Arwen Undomiel, splendida figlia di Elrond. L’amava col
cuore. Ma l’uomo non poteva essere due persone. Un uomo è un uomo solo.
Avvertì sulle sue guance
il dolce tocco delle mani tiepide di lei che gli sollevavano il viso per
guardarlo e lui subito si ritrasse.
-I hanya ya le uu..
(So cos’ hai fatto…)
Ma quelle parole vennero
dette in un tono così dolce che non parvero nemmeno una minaccia.
Piuttosto un invito alla verità.
-Non puoi guardarmi,
Arwen… non vedresti quello che vuoi.
Si scusò. Lei gli prese
il volto di nuovo tra le mani e lo sollevò, fissandolo. E fu dolcissimo.
-Io ti guardo, e vedo
l’uomo che amo..solo… un po’ sporco. Ed è quello che voglio.
E così dicendo si
sedette accanto a lui.
-Hai appena detto.. che
sai quello che ho fatto.. allora.. dovresti…
Lei gli prese le mani e
le strinse nelle sue, così piccole e chiare a confronto. Quel tocco solo
era tenerezza.
-So cos’ hai fatto e non
te ne do colpa. Ricordi? Io ti ho sempre detto di agire col tuo cuore…
e gli posò la piccola
mano sul petto, spostata verso sinistra. Aragorn tremò un poco.
-… e tu hai agito
secondo lui. Non hai colpe. Anzi. Hai solo seguito il mio consiglio.
Così dicendo si avvicinò
ancora e si lasciò andare, tra le sue braccia. Aragorn sentì il cuore
caldo di lei battere, piano. Tirò un lungo sospiro.
-Quando piangevo mi hai
asciugato le lacrime, hai messo a tacere ogni mio timore, mi hai tenuto
la mano per tutti questi anni… Io ti ho ripagata in questo modo e tu… tu
ti dai ancora a me?
Chiese sommessamente.
Arwen si rimise a sedere e lo guardò ancora. Prese il volto dell’uomo,
lo indusse a chinarsi e gli stampò un grosso bacio sulla fronte.
-Sì. Mi do ha te perché
ho fiducia. Tu mi hai tutta.
Rispose. Le sue parole
sembrava seguissero una melodia tutta loro.
-Hai fiducia di un uomo
che…
-..che ne ama un altro?
Sì, ho fiducia in lui. Ho fiducia in tutte le persone che amano.
Qualsiasi persona esse amino.
Aragorn abbassò lo
sguardo. Quelle parole gli stavano risanando le ferite che aveva al
cuore. Erano come la pioggerellina sottile del mattino dopo che le
fiamme hanno divorato la foresta. Luce dopo le lunghe ore della notte.
-Aragorn… sono sempre
rimasta qui… scaldata dalla luce che hai lasciato dietro di te. Il
dolore che ho provato nel vederti partire è una cosa che il tempo non
può cancellare. Ma sei rimasto con me ed io sono rimasta con te. Ho
visto ed ho sentito. Ma tu non mi hai abbandonata. E se mai mi lascerai,
vorrei tu lo facessi col tuo ultimo respiro. Tu resterai sempre con me.
Perché io ti amo e perché… perché la Terra di Mezzo ne ha bisogno.
-Cosa intendi dire?
-Io ho visto..nello
specchio di mia nonna, la Bianca Galadriel, e nella mente di mio padre…
ciò che accadrebbe se io smettessi di amarti. Per Gondor ci sarebbe un
Re, ma non un Erede,e la stirpe degli uomini si dilanierebbe ancora.
E con queste parole fece
una pausa, si alzò in piedi davanti ad Aragorn, bellissima e sottile
come un giunco.
-Se continuerò ad amarti
e tu continuerai a.. volermi bene… Questo mondo non finirà.
E si allontanò da lui,
andando ad appoggiarsi alla porta che dava sul giardino delimitato dal
lungo corridoio di pietra dal quale pendevano lanterne di guisa e colore
diversi, ancora spente. Aragorn la raggiunse e si mise in piedi accanto
a lei.
-Ti voglio bene.
Mormorò. Non sarebbe mai
riuscito a dirle “Ti amo”. Si era ripromesso di non mentire. E
nonostante quella non fosse stata una vera menzogna, preferì
trattenersi. Lei sorrise.
-Sono contento di essere
venuto qui. Sono contento che tu mi abbia chiamato. Il tuo viso e le tue
parole chiariscono i miei dubbi e le mie paure. Sono felice che tu sia
mia.
-Anche se questo è solo
un sogno?
La domanda arrivò
dolcemente improvvisa alle orecchie dell’uomo.
-Sì, anche se è solo un
sogno, perché rispecchia la realtà.
-La nostra realtà.
Aggiunse Arwen
gettandogli le braccia intorno al collo.
Si svegliò di
soprassalto, quasi scosso da due forti mani, ma si ritrovò solo. Il suo
cavallo stava accucciato poco più in là ad aspettare, vigile, il
risveglio del padrone. Come lo vide muoversi, si rizzò sulle quattro,
agili zampe e gli si avvicinò. Aragorn provò ad alzarsi, ma sentì un
dolore lancinante ad una gamba. Alzò lentamente il busto e vide una
grossa ferita lungo il polpaccio sinistro. Allora il cavallo, furbo
animale, capì la difficoltà del padrone e gli si accucciò a fianco,
scotendogli il braccio col muso come per dire “aggrappati qui, che ti
tiro su io!”. Aragorn obbedì al consiglio del cavallo e si issò in
groppa, mentre quello partiva senza neanche il bisogno di essere
spronato. Cavalcò sotto il sole impietoso che batteva violentemente le
mani sulle rocce e sull’erba ingiallita. Seguì il corso del fiume
ritornando alle paludi che avevano oltrepassato la mattina, poco dopo
Rohan e riprese la collinetta dove vi era stata la battaglia. Le
carcasse ancora giacevano, putride nella calura, ma le sorpassò senza
darsi troppa pena. Una cosa sola lo spingeva a tornare. Veramente erano
due le domande che gli rimbalzavano in testa.
Merito davvero la
fiducia così cieca di Arwen?
Si chiedeva. Poi:
Avrò il coraggio di
guardare Legolas negli occhi dopo il mio incontro con lei?
Ma come pensò a Legolas
lo prese qualcos’altro. Un indicibile desiderio verso di lui, una folle
bramosia, qualcosa che sgusciò nella sua mente a spargere zizzania. Il
sangue accellerò la sua corsa nelle vene al solo pensiero di poter
ritrovare la calda pelle dell’Elfo, una volta arrivato. E ancora la sua
mente macchinò cose che non si possono scrivere per rispetto alla
decenza, dettate da un’inconscia voglia di sfogarsi. Spronò il cavallo
ancora e ancora, incurante della gamba ferita. L’unica cosa che voleva
era lui, lui, lui soltanto. Nonappena l’avesse visto, gli sarebbe
volentieri saltato addosso.
Sei mio.. mio.. solo
per me è il tuo essere ed io ti avrò senza bisogno di chiederti nulla.
Voglio toccarti, voglio farti gemere come esattamente un giorno fa..
Bello, nella mia mente, sotto di me ancora il tuo corpo nudo, avrai di
che gridare, Legolas e non ti lascerò andare fino a quando non mi sarò
soddisfatto di te. Sei la mia droga, la mia dolce dannazione, devo
averti e baciarti e…
Davanti a lui si aprì la
sottile valle del Fosso di Helm. Nell’aria, come un cane da tiro, fiutò
il profumo vanigliato dell’Elfo che bramava e lanciò il cavallo al
galoppo.
Arrivo…
Legolas scorse una
sagoma nera e saettante scendere per la valle, con la furia di una
valanga. Il cuore accellerò i battiti. Sapeva che era lui, Aragorn era
tornato! Lo sapeva, se ne compiaceva e moriva dalla voglia di gettargli
le braccia intorno al collo e baciargli il viso, piangendo di gioia e
riempiendogli la testa di risate contente. Il dolore e la disperazione
si dileguarono dalla sua mente e corse giù per le mura, pronto per
accoglierlo. Dovette spingere in mezzo alla folla di gente che stipava
ancora coperte ed armi in ogni angolino ed arrivò ad Aragorn quando
questi era già entrato e stava salendo le scale per entrare al torrione
centrale. Lo prese un senso d’imbarazzo ed impazienza, chiedendosi come
lo avrebbe trovato, l’espressione che avrebbe fatto…
-Aragorn!
L’uomo si fermò di
botto, il petto scosso dai battiti tumultuosi del cuore al suo nome
gridato da quella voce. Si voltò e lo vide. Ne rimase abbagliato e
dimenticò tutto in un baleno: Arwen, la fiducia ed il rispetto. Ora
aveva lui e sarebbe stato da folli dire di no ad una figura così bella.
Stavano in piedi l’uno di fronte all’altro,indecisi se saltarsi addosso
in un abbraccio o meno.
-Sei in ritardo…
scherzò l’Elfo per
rompere il ghiaccio. Aragorn si avvicinò a lui.. così vicini…
-Le mere miguil in?
(Vuoi baciarmi?)
lo provocò con voce
sommessa, sicuro di non essere capito da nessuno. Molto probabilmente
una persona su mille conosceva l’elfico tra i paesani. Per tutta
risposta, Aragorn alzò una mano al volto dell’Elfo e col pollice
gli strofinò via un po’ di terra dalla guancia. Poi, con l’indice, gli
lambì le labbra sensualmente e gli rivolse uno sguardo penetrante.
-Devo parlarti.
Lo afferrò per un polso
e lo trascinò dentro il torrione.
Lì, gli si parò davanti
Eowyn, con un’aria di gioia stupita in viso. Aragorn la liquidò con un
sorriso, ma lei insistette.
-Avete una brutta
ferita… non dovreste riposarvi?
-Stavo appunto cercando
la stanza dell’inf…
ma non finì la frase che
Eowyn lo precedette
-La vostra stanza è per
di qua. Se avete bisogno di un’infermiera… ci sono …
-Io!
Spuntò Legolas con un
gran sorriso. Aragorn,dentro di sé, tirò un gran sospiro di sollievo.
Mollò un altro sorriso accondiscendente alla ragazza e trascinò via
Legolas. Eowyn, ovviamente, ricondusse il pensiero alla notte
precedente, poi scosse le spalle ed andò chissà dove.
Aragorn spinse con
vigore l’Elfo dentro una stanza non troppo grande, con un giaciglio
all’angolo formato da (miracolo!) un materasso foderato di paglia. Una
parete era tagliata da una feritoia ampia abbastanza da far passare
l’aria necessaria e nell’angolo posposto a quello del letto stava un
lavabo di ceramica con una mensola; ovvero una tavola di legno fissata
al muro.
-Rimpiango la dolce
accoglienza elfica…
sospirò Legolas pensando
al comodo letto di casa. Ma i suoi pensieri furono bloccati dal caldo
respiro di Aragorn sul suo collo. Gli aveva scostato una ciocca di
capelli ed ora le sue mani gli premevano sulle spalle, come un
massaggio. All’Elfo piacque molto, tanto che sporse la testa
all’indietro poggiandola sulla spalla dell’uomo e si fece morbido sotto
quelle mani, sciogliendo i muscoli del corpo e lasciandosi andare.
Quando Aragorn fece scivolare le mani sul suo collo, Legolas emise un
gemito sommesso di piacere, poggiando una mano sul gomito dell’altro.
Questi avvicinò le labbra all’orecchio dell’Elfo e gli sussurrò
-Helta le…
(Spogliati…)
Ma Legolas gemette
ancora.
-Ilu… I ve si
tuusarku… (No… mi piace questo massaggio…)
-I quett-le helta
le.. (Ti ho detto spogliati..)
Insistette e prese
Legolas per le spalle, voltandolo verso di sé. L’Elfo lo guardò stupito.
Perché era così indelicato? Il suo pensiero fu interrotto dal bacio
improvviso di Aragorn, che lo strinse con forza contro di sé,
avvolgendolo nel suo calore carico di desiderio ardente e prese a
slacciargli la cinta della casacca, poi sbottonò il mantello lasciando
che la spilla di Lothlorien cadesse a terra, gli sfilò il giacchetto
verde senza bottoni e gli strappò letteralmente di dosso la maglia color
argento. Legolas rimase pietrificato dalla voglia così dirompente
dell’amante e non reagì. Solo una cosa pensava. Non gli andava. No,non
aveva voglia di spogliarsi ed unirsi ad Aragorn in quel modo.. voleva
solo.. era in vena di tenerezze, non di…
L’uomo lo spinse quasi
di peso sul giaciglio, sciogliendogli i capelli che si sparsero come
raggi di sole all’alba sul cuscino di pelli arrotolate. Legolas gemette
e cerco di fermarlo, ma quello continuò imperterrito, slacciandogli gli
stivali di cuoio ed i polsini di pelle nera e dura. L’Elfo gemette
nuovamente, un gemito così disperato che pregava di smettere.
-Che è, già ti piace?
Dammi il tempo…
lo schernì l’uomo
prendendogli le mani e portandosele sui bottoni della palandrana.
Legolas si ritrasse, con un gemito acuto e sottile. Perché? Perché non
smetteva? No.. non voleva…
Lasciami Aragorn, ti
prego… non ho voglia di…
- Cos’ hai stavolta? Non
ti piaccio più? Avanti… hai paura?
Insistette l’uomo
spogliandosi da solo e lanciando i vestiti poco lontano, per terra. Così
fatto, finì con lo spogliare Legolas, facendogli scivolare giù i calzoni
di stoffa pesante.
-No! No, Aragorn ti
prego no…oh…
e si ritrovò a gridare,
sentendo le labbra di Aragorn in un posto in cui non aveva mai
immaginato. Gridò ancora in un misto di piacere e disperazione,
pregandolo di smettere. Gli occhi gli si annebbiarono di lacrime. Si
ritrovò gemente e grondante sudore, abbandonato sul giaciglio con le
braccia all’insù e le mani strette a pungo accanto al viso, voltato di
lato. Sentì il corpo caldo di Aragorn avvicinarsi e un braccio lo cinse
alla vita.
-I aniron le… (Ti
voglio…)
-Ilu, Aragorn! I kyer
le… ilu….(No, Aragorn! Ti prego… no…)
ma l’uomo non badò
ancora alle parole dell’amante, anzi, la cosa sembrava lo eccitasse
maggiormente. Gli carezzò con la mano il petto e si fermò poco sotto
l’ombelico.
-Vuoi?
Mormorò malizioso
all’orecchio appuntito del compagno.
-No….
Ma la mano di Aragorn
scese comunque. Non gl’importava di nulla. I “no” che ora Legolas gemeva
si sarebbero presto tramutati in “sì” convulsi e spasmodici. Con un
braccio, l’uomo tirò a sé il corpo dell’Elfo, che gemette ancora,
chiudendo gli occhi. Aragorn, invece, godette di quel contatto e si girò
di scatto, facendo in modo che Legolas gli stesse seduto sopra.
-Avanti…
lo esortò a mezza voce
poggiandogli le mani sui fianchi. Legolas non reagiva. Stava testa
bassa, i capelli come una cascata bionda che scendevano dalle sue spalle
davanti al viso,nascondendo le lacrime che gli inumidivano le guance.
Teneva le mani poggiate sul petto dell’uomo e la schiena curva, come se
stesse sostenendo un peso troppo gravoso. Evenstar pendeva dal suo
collo, nascosta dai capelli biondi che sembravano quasi bianchi per il
riflesso della luce. Aragorn alzò una mano e gli carezzò il viso,
scostando qualche morbida ciocca.
Lo sentì piangere. Sentì
sotto la sua mano la guancia bagnata dell’Elfo ed ebbe un brivido
-Oh,
Valar, Legolas!
Gli sussurrò scivolando
da sotto il suo corpo ed inginocchiandosi davanti a lui. Continuò a
carezzargli al guancia, sollevandogli il viso e guardandolo bene.
Sembrava un angelo
caduto su quel giaciglio per errore e che ora piangesse per un’ala
spezzata. Aragorn gli mise le braccia intorno al collo, sporgendo il
busto ed il viso in avanti per dargli un bacio sulla guancia umida.
-Perché piangi..?
sussurrò a mezza voce.
Le spalle dell’Elfo si alzavano e s’abbassavano convulse e tremanti dai
singhiozzi sommessi.
-Mi fai male, così.
Quando non voglio… è dolore.
E la sua voce pareva
provenire da così lontano… Aragorn lo fece voltare di spalle ed
appoggiare la testa a suo petto, poggiandogli le proprie mani sulle
spalle e ricominciando a massaggiarlo piano. Ma Legolas ancora gemeva,
come un bambino. Smise solo dopo un po’ e si fece silenzioso mentre il
suo ventre prendeva un respiro lento, quasi ipnotico.
-Ti sei calmato, ora?
Legolas fece un lieve
cenno con la testa.
-Allora ti va di….
E completò la frase
facendo scendere le proprie mani fino all’inguine dell’Elfo, provocando
un altro gemito sconnesso, forte e chiaro. Un altro “no”. Aragorn poggiò
le labbra sul collo di Legolas, assaporando la sua pelle come fosse
miele, lasciando che le sue mani carezzassero le gambe piegate
dell’amante. Lo stese e riprese a baciarlo, scendendo lentamente con la
bocca, sentendo le mani di Legolas sulle spalle, che cercavano di
fermarlo. Ma la sua presa era così debole, che Aragorn non vi badò e fu
ancora sopra di lui, ansante e caldo. La pelle gli bruciava come mai dal
desiderio e curvò la testa sulla spalla sinistra dell’Elfo. Questi non
faceva una piega. Sembrava una vecchia bambola di pezza in balia del
desiderio di un uomo. Non reagiva in nessuna maniera, nemmeno ai gemiti
convulsi di piacere che rompevano il silenzio della stanza.
Non sentiva nulla.
Dolore, voglia, piacere… nulla. Solo il calore opprimente di Aragorn, un
calore estremamente piacevole, certo, ma non in quel momento. Avrebbe
voluto essere ovunque tranne che sotto di lui. Era immensamente felice
del fatto che fosse tornato, ma non vedeva il perché di quei gesti. Non
era obbligatorio trascinarlo a letto per “festeggiare” il ritorno sano e
salvo.
- E’ bello, no?…. Perché
non… perché non parli?
Lo spronò l’uomo
premendo contro il suo corpo accaldato. Legolas non sapeva cosa fare.
Non avrebbe certo potuto dirgli “No, non mi piace” perché sarebbe stata
una menzogna. Gli piaceva,sì, ma non ora. Per tutta risposta gli poggiò
le mani sulle spalle, allargando leggermente le gambe ed emise un lungo
gemito,fingendo spudoratamente di godere.
Fare l’amore contro il
volere di un altro era.. porre violenza…? No,non era possibile. Aragorn
non avrebbe mai potuto… Ma anche se questa non era la verità, lo
spaventò a tal punto che iniziò ad agitarsi, irrigidì i muscoli delle
spalle e si aggrappò con forza ad Aragorn per paura di sprofondare in
quel pensiero terrificante.
In questo modo iniziò a
sentire dolore. Un dolore lancinante in ogni parte del corpo, un male
così forte da soffocarlo.
Gridò all’uomo di
smettere, ma questi sembrava non potesse sentirlo. La paura si fece
sempre più forte, lo rese debole come un panno abbandonato, steso sul
giaciglio come senza vita, semicosciente eppure all’oscuro di ciò che
gli stava intorno, lo indusse a gemere con forza nonostante i suoi non
fossero gemiti di piacere. Poi si riabbandonò sul giaciglio, mentre
Aragorn ancora lo stringeva a sé.
Non seppe con esattezza
quanto tempo passò in quello stato, ma quando sentì il calore di Aragorn
abbandonarlo si sentì come sollevato, eppure nudo.
Ebbe freddo. Allora si
girò su di un fianco e si raggomitolò su se stesso.
Chiudi gli occhi,
piccolo bambino indeciso. Chiudi gli occhi e taci. Hai solo paura.
Passerà. Piccolo bambino indeciso, non puoi fare in modo che il mondo
vada per conto tuo. Chiudi gli occhi…
-Sei strano, oggi.
La voce di Aragorn era
tanto carezzevole quanto amara, in quel momento. Legolas si portò le
braccia allo stomaco e si strinse ancora di più nel suo angolo.
-Non sei contento che
sia tornato..?
si rammaricò l’uomo. Il
cure di Legolas accellerò i battiti per il dispiacere. Non era vero. Lui
era al settimo cielo per il ritorno dell’amante, ma…
-I meles le…
disse con un filo di
voce. Aragorn sorrise.
-Quando sono caduto.. mi
ha svegliato Arwen.
Pausa, un lungo respiro.
L’uomo poggiò una mano sulla spalla dell’Elfo.
-Lei sa tutto.
Legolas non diede segni
di emozioni. Ma aveva ben udito quelle parole. Non gl’importava. Aragorn
si alzò e si rivesti, poi andò a sciacquarsi i viso e le ferite con
l’acqua del catino. Ad un tratto, sentì Legolas accanto a sé e voltò il
viso gocciolante. L’Elfo si era quasi rivestito, ma teneva la maglia
argentata aperta sul petto, sul quale spiccava il fiore di cristallo.
Portò due mani dietro il collo e ne slacciò la catenella sottile. Se lo
tolse e lo poggiò sulla mensola, accanto ad Aragorn. Questi lo guardò
con aria stupita mista ad una certa tristezza. Non è mai bello, vedere
il proprio dono restituito.
-Non posso più tenerla
io, ora.
Sussurrò Legolas.
Aragorn abbassò lo sguardo verso il catino ed osservò attentamente il
fiore di cristallo. Sembrava che avesse acquisito una nuova luce, stando
al collo del principe. Sentì l’Elfo che prendeva la giacca, la casacca e
la cintura. Finì di rivestirsi ed inforcò la porta, ma prima di
scomparire rivolse un ultimo sguardo all’uomo, che lo colse con la coda
dell’occhio.
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