.|. Così Lontano, Così Vicino .|.

by Penny Lane

Arrivati alla fine di un’avventura che ha cambiato le loro vite, un’ultima notte … per capire i propri sentimenti, e trovare il coraggio di affrontare il futuro.

Sentimentale | Slash | Rating PG-13 | One Piece

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Disclaimer: questa storia è di pura fantasia, e ogni riferimento a cose o persone realmente esistite è puramente casuale..(ah ah ah)

-

 

La luce entra ancora dalla finestra aperta,mentre l’aria della notte muove leggermente le tende chiare, illuminate da una luna pallida.

 

Da quanto tempo le sto fissando?Un minuto…un’ora?

 

Guardo per l’ennesima volta l’orologio sul comodino.Le quattro.

Perfetto. Sono riuscito ad arrivare sveglio fino all’alba anche stanotte.

Una volta, perlomeno, sarei arrivato a quest’ora completamente ubriaco, su un taxi che mi riportava a casa dopo aver passato la notte e divertirmi con gli amici, o con una ragazza.

Perlomeno allora c’era un motivo per restare svegli, e mi sentivo incredibilmente euforico e invincibile, mentre ora mi sento solo uno stupido.

Uno stupido che fissa le tende, incapace di pensare ad altro che non sia il suo volto, le sue mani,  ogni suo gesto mentre mi afferra per impedirmi di cadere, e mi stringe a sé mormorando quelle parole…

“….credo sia ora di portarti a letto, elf-boy.”

 

Avevo ripensato cento volte al significato di quella frase, al perché ormai da tempo mi sentivo così quando ci trovavamo vicini,al desiderio sempre più forte di arrivare a sfiorare quelle labbra che avevo fissato centinaia di volte, mentre ripassavamo le battute, o mentre parlavamo per ore di notte, davanti ad una birra o sui gradini della roulotte, in uno di quei momenti dove al mondo esisteva soltanto Viggo.

 

Si alzò di scatto dal letto, infilandosi la prima maglietta che gli capitò tra i piedi nel macello che era, ormai da giorni, la sua roulotte.

Uscì sull’erba respirando a fondo l’aria della mattina, cercando di calmarsi.

 

Lo spiazzo era silenzioso e fermo, come se tutto il mondo dormisse.

Orlando si lasciò scivolare contro la porta metallica fino a sedersi sull’erba umida e fresca, sentendone l’odore pungente che improvvisamente gli fece venire voglia di piangere.

Si chiese se non fosse troppo presto per la prima sigaretta della giornata.

Decise che non lo era.

 

Poi il sole squarciò l’orizzonte, dietro alle montagne scure.

E la bellezza di quell’istante lo risvegliò dal torpore delle sue paranoie, costringendolo a guardare.

La luce, ora, era dappertutto.Sui suoi jeans che avevano, pensò, bisogno di una lavatrice,sul suo viso gonfio dalla stanchezza, sulle sue mani nervose, che tormentavano l’orlo della maglietta, incapaci di stare ferme..

Sentì i raggi riscaldare piano la  pelle, come una carezza.

Da quando aveva messo piede in questo posto, aveva capito cosa fosse davvero la natura.

Selvaggia, totale. Che ti fa dimenticare tutto il resto in un attimo.

 

Funzionò anche quella volta.

 

Andava tutto bene.La sua vita era perfetta.Perfetta…

Doveva smettere di preoccuparsi per  cose che non esistevano e mai sarebbero esistite.

Inspirò a fondo l’aria fresca, sbadigliò stiracchiandosi la schiena indolenzita, guardò l’orologio.

Era ora di andare.

Stava per cominciare una nuova giornata in Nuova Zelanda.

 

 

 

Il soggiorno era in un disordine totale.

 

Viggo era in piedi nel centro preciso di un cimitero di lattine vuote, e fissava per l’ennesima volta la tela di fronte a lui.

Qualcosa non lo convinceva affatto in quel quadro.Non riusciva a capire cosa esattamente non andasse.

Forse era lui.

Forse aveva bevuto troppo, decise.

Sean era andato via già da parecchio, dopo aver passato ore a parlare, e bere.

Era bello stare con lui. Sean era un vero amico. Lo era stato da subito.

E per una volta non aveva concluso la serata con un branco di hobbit che urlano e vomitano a destra e a manca, insomma, non che gli dispiacesse fare il pazzo con i ragazzini del cast, ma una volta ogni tanto ci voleva una chiacchierata vera, con un uomo vero, non un teppista che ti salta fin sulla testa cercando di convincerti a trasportare tutta l’allegra brigata in qualche locale pieno di fumo e di musica assordante. Dal quale peraltro avresti dovuto tirarli fuori per i capelli e riaccompagnarli in stanza uno ad uno, ubriachi da non reggersi in piedi….

Di solito in quelle occasioni Karl e Sean Bean si offrivano volontari, anche perché quattro hobbit ubriachi più un elfo fuori di testa erano veramente troppi per un uomo solo.

Anche se si trattava del Re di Gondor.

 

Ma quella sera aveva bisogno di pace.Senza gli scherzi continui di quel demente di Dom, le valanghe di parolacce e pugni che erano soliti scambiarsi gli attori del cast.

Tutta questa confidenza cominciava ad avere degli effetti collaterali su di lui.

Tipo la visione di Orlando che ride gettando indietro la testa, le sue piccole mani piene di graffi e di anelli che tormentano l’etichetta della bottiglia, i suoi occhi resi lucidi e appannati dall’alcool, mentre sorride inconsapevole e crudele.

 

Senza rendersi conto del male che mi sta facendo.

La mia mente continua a correre a quel dannato momento…

 

Lui si china verso di me, nasconde il viso nel mio collo, mormorando “.. fai smettere di girare questa dannata stanza Vig, non riesco neanche a tenere aperti gli occhi….” Si abbandona completamente contro di me,la sua mano stringe forte la mia t-shirt, sento il suo cuore battere attraverso i vestiti.

Quel contatto , il suo completo abbandono, mi annebbia la testa.

Mi costringo ad alzarmi cingendogli la vita sottile, faccio passare il suo braccio intorno alle mie spalle per non farlo cadere, e poi gli dico…

“..credo sia ora di portarti a letto, elf-boy.”

Basta sentire la mia voce mentre glielo dico per farmi quasi perdere il controllo di me stesso….

 

Orlando non risponde, si stringe di più a me lasciandosi guidare fuori dal locale.

Per lui non c’è niente di strano in tutto questo….

Sono io che devo avere qualcosa di sbagliato nel cervello.

 

Avrei potuto continuare a riflettere per ore sul rapporto che mi legava al mio personalissimo Legolas. Al mio piccolo, privato Orlando.

 

Che dal primo giorno mi aveva  ucciso con un solo sorriso.

 

 

Questa cosa era pazzesca.

Orlando gli voleva bene, non c’era dubbio su questo.Lo adorava.Si lasciava trascinare ovunque, anche a fare campeggio in mezzo alle foreste, anche a fare il bagno a mezzanotte nel fiume, d’inverno.

Ma quello che stava cominciando a pensare, a volere da lui, non era normale...

 

A volte, durante le riprese all’improvviso Orlando lo abbracciava con un foga tale da buttarlo quasi per terra, e lo teneva stretto sussurrando..

“ My King… ”

Poi si staccava da lui.

Sorrideva.Scappava via.

 

Viggo restava a guardarlo correre via senza voltarsi indetro.

I lunghi capelli biondi illuminati dal sole del mattino.

Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa per farlo tornare indietro, per ritrovare il calore del suo abbraccio, per non lasciarlo più scappare.

Dirgli che non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male.

Dirgli che avrebbe ricordato quel momento per sempre.

 

Ma non poteva farlo.

Era solo un ragazzino che viveva il suo primo volo lontano da casa.

Non conosceva ancora l’unicità di certi attimi, il sapore amaro del rimpianto, il peso insostenibile di una parola non detta.

Lo lasciava andare, sperando e in fondo al suo cuore sapendo che sarebbe ritornato.

Ci sarebbero stati altri sorrisi come quello, e momenti passati insieme nel C-Bago, quando Orlando restava a guardarlo disegnare.

 

“ Uffhhh…possiamo parlare adesso?Sto diventando una mummia! ”

 

Quando si stropicciava gli occhi irritati dalle lenti a contatto.

 

“ Viiiiig, vieni qui, toglimele mi stanno uccidendo! ”

 

Quando si accorgeva che Viggo lo stava fissando, in mezzo a dieci persone.

 

“ Sporco umano!Che cosa ti guardi? ”

 

Quando si prestava agli scherzi degli hobbit, che lo sfottevano per la parrucca e la carnagione perfetta, e lui faceva il broncio e correva a nascondersi tra le sue braccia.

 

“Diglielo tu Vig, che non sono una femmina!Non ne posso più di questi stupidi esseri, mi hanno preso per la loro cameriera!Hey lasciami stare!”

 

E correva a inseguire Dom che, approfittando del momento di distrazione dell’amico, gli aveva rifilato uno schiaffone nel didietro.

 

Istantanee.

Poteva averlo ancora per una serie di attimi che sarebbero diventati ricordi….

 

Aprì la porta della roulotte lottando con la serratura difettosa, e uscì nello spazio antistante, trovandosi davanti lo spettacolo dell’alba neozelandese.

Quanto gli sarebbero mancati momenti come questo..

La sensazione di libertà data dalla bellezza della natura, dal vivere come uno zingaro in un camper, le ore passate e vagare con la mente davanti ad un tramonto rosso fuoco..

 

Non riusciva più a immaginare la sua vita lontano da tutto questo..

E nello stesso tempo sapeva che partire era l’unico modo che aveva per lasciarsi alle spalle tutta questa storia.

Ancora pochi giorni, e tutto sarebbe finito.

 

Sentì un rumore sordo provenire dallo spiazzo situato alle spalle del suo trailer, il rumore di una porta che si apriva e poi sbatteva.

Si affacciò con discrezione e allora lo vide.

 

Seduto sul gradino della sua roulotte,con gli occhi chiusi, il viso rivolto verso il sole che sorgeva in quel momento, Orlando era troppo bello da guardare.

Sentì suo malgrado il desiderio di spiarlo in quel momento privato, come a carpirne i segreti che non aveva ancora voluto condividere con lui.

 

Aveva addosso gli stessi jeans e la stessa t-shirt del giorno prima.

Si era acceso una sigaretta, senza smettere mai di tormentarsi le mani, guardandosi intorno come se aspettasse di veder arrivare qualcuno.

Irrequieto, come sempre.

A Viggo venne da ridere.

Possibile che non riuscisse a stare calmo neanche quand’era solo, neanche davanti ad un’alba come quella?

Quando il sole fece capolino, i due uomini si girarono contemporaneamente verso le montagne.

Restarono a lungo così, persi ognuno nei propri pensieri, guardando nella stessa direzione.

 

 

 

Poche centinaia di metri separavano la roulotte di Orlando da quella del trucco.

Peter l’aveva fatte sistemare così apposta, per fare in modo che elfi e hobbit non avessero scuse per arrivare tardi alle prove, che spesso cominciavano all’alba..

- Cazzo, qui è già un miracolo che ogni tanto si vada a dormire – pensò Orlando aggrappandosi  alle maniglie per salire sul C-Bago.

Entrò sospirando.Dio, che casino.Sul pavimento c’era di tutto.

Gli arrangiamenti del copione del giorno prima, tazze sporche, cd ammucchiati vicino alle poltrone, libri e appunti sparsi, odore di chiuso.

Accese lo stereo prima di tutto. La musica echeggiò nella roulotte deserta, facendolo sentire solo.

 

Green light, Seven Eleven,
You stop in for a pack of cigarettes.
You don't smoke, don't even want to.
Hey now, check your change.
Dressed up like a car crash
Your wheels are turnin' but you're upside down.
You say when he hits you, you don't mind
Because when he hurts you, you feel alive.

 

Come si chiamava quella canzone?

Gli ricordava il campeggio sul fiume, gli ricordava la sua vita.

Il momento che stava vivendo.

 

Cominciò a raccogliere bicchieri e bottiglie di plastica vuote.Domani, questo posto così familiare sarebbe stato smontato, le sedie caricate sui furgoni, le foto staccate dalle pareti.

Guardò lo specchio davanti alla poltrona di Viggo.

Dal primo giorno  un collage di foto, articoli di giornale, biglietti e scontrini aveva finito con l’invadere ogni superficie verticale del C-bago.

 

E la mia vita dell’ultimo anno è tutta qui.

Su questa stramaledetta parete. Tutti possono vederla.

Un concentrato di ricordi che mi risucchiano in un attimo.

Un altro me stesso che ride, un altro me stesso con i capelli biondi e lo sguardo altrove, quel giorno che c’era un sacco di vento.

Dom,Lij Billy e Sean Astin, la sera del compleanno di Ian Mckellen, ridono come pazzi ammucchiati su un divano.

Frammenti di volti ormai troppo familiari…

Scorci di foreste e biglietti scarabocchiati, articoli di giornale scritti da persone che parlano di questo grande progetto, ma non dicono niente di noi.

Non hanno idea di come vadano le cose quaggiù.

Siamo in un mondo a parte…un mondo dove esistiamo soltanto noi.

Tutto il resto è lontano, così lontano…e la nostra percezione di realtà si ferma al nostro piccolo universo, all’interno del quale ogni momento è unico.Irripetibile.

 

 

Ancora un altro pezzo di carta evidenziato in rosso.Il biglietto aereo che ha portato Viggo in Nuova Zelanda per la prima volta.

L’albero di Natale, ci abbiamo messo un pomeriggio a decorarlo, e alla fine faceva così schifo che abbiamo riso fino alle lacrime mentre Dom tentava di abbatterlo usando la testa di Billy come ariete.

..Karl ubriaco quella notte al fiume, quando avevano fatto il bagno nell’acqua più gelida che la storia ricordi.

Quanto tempo fa?

Mi sembra di essere qui da sempre.

E poi Viggo.

E’ una foto mossa scattata mentre giravamo il fosso di Helm.

E’ seduto a terra, dorme con la testa appoggiata ai gradini dellla roulotte, con il costume di Aragorn addosso.

L’avevo trovato così all’alba, alla fine delle riprese notturne.

Mi ero accovacciato vicino a lui e l’avevo guardato a lungo, per la prima volta.

 

La sua pelle era tirata e stanca, cerchi scuri sotto gli occhi.

Ma era bello anche così. Pieno di lividi e con la barba di una settimana.

Ero rimasto accanto a lui per non so quanto tempo, prima di decidermi ad andare a prendere la macchina fotografica.

Appoggio le dita sulla fotografia, tentando di riportare indietro le sensazioni di quel momento sospeso nel tempo..un attimo privato..un attimo rubato…posso sentirmi ancora come in quel momento. Noi due, soli sulla terra.

Esistono parole per descrivere un’emozione?

Esisteva al mondo un altro posto dove avrei voluto essere?

 

 

Si chiese perché tutto non poteva essere come una volta…quando riusciva a vivere giornate intere senza pensare, senza interrogarsi sul significato di ogni momento, vivendo semplicemente ogni esperienza e passando oltre senza rimpianti.

Quando aveva saputo di essere stato preso per il ruolo di Legolas,per esempio, non aveva avuto un attimo di esitazione, era semplicemente salito sull’aereo sentendosi il ragazzo più fortunato del mondo, pronto a tuffarsi a capofitto in qualsiasi avventura la vita gli avesse riservato.

A dieci minuti dal decollo, Londra non esisteva più nella sua mente.

Stava già ridendo con Billy Boyd, appena conosciuto all’aereoporto.

Dopo venti minuti, erano amici per la pelle.

Insieme a Billy, Sean, Dominic ed Elijah erano stati i suoi inseparabili compagni fin dall’inizio.

A pochi giorni dall’arrivo, non facevano altro che stare insieme, sfottendosi a vicenda e organizzando ogni tipo di scherzo agli altri attori e membri della troupe….come un gruppo di ragazzini in gita scolastica.

Il loro entusiasmo era contagioso e uno dopo l’altro, tutti gli altri attori erano entrati a far parte del loro gruppo, anche se loro cinque rimanevano in assoluto i più casinisti e incontenibili.

Ma fra tutti, uno in particolare era diventato per loro un mito, un maestro.

Calmo fino all’esasperazione, silenzioso e completamente fuori di testa, non c’era impresa folle nella quale non riuscisse a trascinarli.

Lo avrebbero seguito ovunque.

Non avevano idea di cosa gli passasse per la testa, ma sapevano che quando c’era Viggo in giro sarebbe certamente successo qualcosa di insolito.

Era lui il leader di quella banda di scellerati, e nemmeno se ne rendeva conto.

 

Sembrava non importargli.

Sembrava non avere mai bisogno di nessuno, mentre tutti gli altri, invece, avevano bisogno di lui.

Specialmente Orlando.

Era stato conquistato subito dal suo modo di vivere, così diverso da ciò che lui aveva sempre considerato normale...la sua stanza, o roulotte, o qualsiasi altro posto dove temporaneamente avevano abitato durante le riprese, era piena di libri, fogli con schizzi lasciati incompleti, poesie scritte ovunque, persino su fazzoletti di carta appesi sullo specchio del bagno.

Quest’uomo non è normale, aveva pensato il ragazzo la prima volta che era entrato nel suo appartamento, a Wellington.

Ma aveva deciso che gli piaceva.

 

E Viggo era diventato da quel momento il suo punto fermo.

 

Durante le riprese si sfottevano in continuazione, picchiandosi amichevolmente ad ogni occasione, facendo disperare la truccatrice come quella volta, quando Orlando si era presentato nel C-Bago con uno stampo rosso sulla fronte…

 

“ Non c’è un cazzo da ridere, Viggo! E’tutta colpa tua..Dio, guarda che faccia..Peter stavolta mi uccide! ” Orlando cercò di colpire l’amico lanciandogli una bottiglia vuota.

Viggo era piegato in ginocchio e rideva con le lacrime agli occhi…

 

“ Orli ti prego non ce la faccio più..non riuscirò a lavorare con te oggi, mi fai troppo ridere….”

 

“ Ridi, ridi, appena di trovo da solo ti ammazzo di botte…non vedo l’ora di vederti arrivare sul set con un occhio nero…sei proprio un bastardo, dai Vig smettila! ”

 

 

Quella era solo una delle centinaia di volte in cui avevano combinato casini…Peter si era incazzato davvero quella volta, e naturalmente se l’era presa con quell’irresponsabile di Orlando, non immaginava certo che il maturo e irreprensibile Mortensen, al quale tutti facevano riferimento come se fosse davvero il Re della finzione cinematografica, fosse in realtà colui dal quale partivano le idee e gli scherzi più assurdi.

 

Gli hobbit impazzivano nel vedere i teatrini comici tra i loro due amici…nei momenti liberi si ritrovavano in segreto nel C-bago, di nascosto da Peter che non sopportava più di vederli arrivare sul set narcolettici e con le occhiaie alle ginocchia.

Durante la settimana non avevano il permesso di uscire, erano gli ultimi giorni e Peter voleva essere certo di finire le ultime scene in tempo per portarle al montaggio.

Le roulotte erano state un’idea di Philippa per riuscire a tenere tutti sott’occhio…

 

Ovviamente il richiamo del proibito non faceva altro che scatenare la fantasia dei ragazzi che ammucchiavano di nascosto litri e litri di alcool sotto ai tavoli del camerino per poi tornare nottetempo, quando tutti li credevano a letto, e ubriacarsi come si deve, tappandosi l’un l’altro la bocca per non far sentire le risate in tutto il campo roulotte…Orlando sorrise al ricordo di quelle serate, mentre sedeva solo dopo essersi versato un bicchiere d’acqua, i gomiti sul  tavolo, il viso appoggiato su una mano.

 

 

 

“ Hey Orli! ..Ooorliiiiii……sei vivo? ”

 La testa di Dominic spuntò all’improvviso nel trailer, facendogli fare un salto sulla sedia.

 

“ Cazzo Dom… devi gridare già a quest’ora?Non vedi che sto ancora dormendo? ”

Orlando gli tirò  addosso una copia de Il signore degli anelli che aveva trovato sul tavolo,

ma Dom evitò l’impatto spostandosi all’ultimo.

 

“ Più che dormire forse sognavi…sono arrivato cinque minuti fa e non mi hai neanche sentito…

Cosa c’è? Stai studiando il tuo look per l’incoronazione di Aragorn? ”

Dominic lo sfotteva in continuazione, soprattutto quando era vestito da Legolas, con quegli abiti aderenti e il passo aggraziato da elfo…ma quella mattina Orli non aveva molta voglia di scherzare a proposito dei suoi lati femminili…. la cosa cominciava a renderlo piuttosto nervoso.

 

“ Si, certo… ”Orlando si stropicciò la faccia continuando a fissare lo specchio.

 

“ Orlando, tutto bene? Hai davvero un’aspetto di merda, stamattina…” fece serio l’amico.

 

“..grazie, Sblomie..ho solo bisogno di dormire, tutto qui. ” si sforzò di sorridere.

 

“ Come vuoi…ma non stasera! Alle 10 ci troviamo qui, acqua in bocca come sempre…e vedi di essere puntuale, Sean ha detto che stavolta non ti apre la porta. Ma..Orli cos’hai, si può sapere?” - esclamò poi notando lo sguardo perso nel vuoto dell’amico - “ Non vuoi goderti l’ultima occasione di eludere la sorveglianza del “grande capo” ?! ” - e prese ad indicare con il dito medio la direzione in cui stava la roulotte di Peter e Fran.

 

Orlando scosse la testa rassegnato.Dominic riusciva sempre a farlo ridere, come adesso.

 

“ Ok…alle 10. Dì a Elijah di riportarmi la mia maglietta..sempre se è riuscito a non vomitarci sopra! ”

 

“ Se è quella gialla rassegnati….è in uno stato pietoso, ci vorrà la disinfestazione, altro che lavatrice! ”

 

“Ma porc…lo sapevo! ” Elijah era famoso per avere una limitatissima resistenza all’alcool…

 

“ Dai non te la prendere, puoi sempre mettere il costume da elfo. Lo sai che effetto fa sulle ragazze? Io fossi in te ci penserei...ora vado a cercare quel bastardo di un ramingo…ieri sera non si è fatto vedere…ma che cos’ha? Ultimamente è ancora più strano del solito.tu l’hai visto?”

 

No. Non l’aveva visto da giorni.Non in abiti civili. Tutte le sere appena finite le riprese correva a rinchiudersi nella sua roulotte.Era sempre serio e distante….triste, forse.Lontano.

Non riuscì a trattenere un sospiro sconsolato..

 

“ No. Credi che stasera sarà dei nostri? ”

 

“Ci puoi scommettere! Non lo lascerò vivere finchè non dirà di si! Mi manca, quel pazzo Mortale.”

 

“ Dom..”

 

“ Si? ”

 

“ Anche tu sei un misero mortale.”

 

“ Lo so, stronzo di un elfo. ” i due ragazzi si scambiarono ancora una serie di gestacci, ridendo, poi Dominic saltò i tre gradini del C-Bago e se ne andò correndo.

 

Oltrepassò appena un  paio di roulotte, prima di incrociare Viggo che veniva nella sua direzione, agitando la spada di Aragorn dalla quale non si separava mai.

 

“Grampasso..proprio te cercavo. ” e gli rifilò una pacca sulla spalla.

 

“ Dominic…allora?Siete sopravvissuti, vedo.Come avete fatto a tornare a casa ieri sera…a cavallo? ” sorrise ironico Viggo.

 

“In qualche modo ce l’abbiamo fatta. Ma tu ti sei perso certi numeri…senti Viggo, stasera sarai dei nostri? Al C- Bago. Alle 10. Abbiamo comprato tanto di quell’alcool da far ubriacare anche te…la smetterai, spero, di fare l’asociale!”

 

“ Non lo so, Dom. ” l’uomo fece qualche passo all’indietro, portandosi una mano alla fronte.

 

“ Ma insomma cos’avete tutti? Un po’ di entusiasmo! Sono gli ultimi giorni che abbiamo per stare insieme! Ma è successo qualcosa? Hai litigato con Orlando per caso?” azzardò il ragazzo con un mezzo sorriso.

 

“No…perchè?” per qualche motivo sentì il cuore che accelerava i battiti.

 

“Siete molto strani voi due, ultimamente…dai Vig, perché non vieni? Sarà divertente!”

 

“Bhe, dovrei finire un quadro…non lo so, Dom, vedremo ok? Lo sai che ho una certa età, e ultimamente dopo le riprese sono sempre troppo distrutto per reggere i vostri ritmi…”

 

“Ti prego non cominciare con la storiella dell’età…mi sembra di sentire mio nonno!” Dominic alzò gli occhi al cielo, pensando tra sé e sé che forse stavolta era quasi riuscito a convincerlo.

 

“ Non ti permettere sai..ricordati che è con il Re di Gondor che stai parlando!” rise Viggo infilandosi la spada nella cintura e avviandosi verso il set.

 

 

 

 

Sedeva nel buio, nascosto dalla cisterna dell’acqua, all’esterno del C-Bago.

Le braccia intorno alle ginocchia, gli occhi che cercavano di scrutare il buio, in attesa. Non ce l’aveva fatta a rimanere a casa.

 

Tornato alla roulotte, aveva finito con lo stare due ore a fissare la parete di fronte, bevendo una birra dietro l’altra. Chissà se i ragazzi stavano bene… forse sarebbe stato meglio andare a dare un’occhiata. Non voleva che quei quattro pazzoidi si mettessero a fare casino rischiando di farsi beccare, e lui era l’unico ad avere quel minimo di autorità per riuscire a calmarli.

E poi gli mancava la loro compagnia, le risate…

Ma chi voleva prendere in giro…

Era Orlando che gli mancava. Da quanti giorni non si vedevano al di fuori del lavoro?

..da quella notte, quando aveva trascinato il ragazzo fino a letto, e poi era scappato come un vigliacco, come un ladro.

E oggi non gli aveva quasi rivolto la parola…

 

Si alzò di scatto, barcollando leggermente.

Si infilò una maglietta, e senza pensare uscì scalzo nella notte neozelandese.

La sua testa era stranamente leggera, come piena di vento.

Camminava senza una meta precisa, un piede davanti all’altro, cercando di mettere a fuoco l’erba, i lampioni, le sue stesse mani, cercando curiosamente di immmaginare quella pianura libera dalle centinaia di roulotte, come sarebbe stata quando l’ultima traccia del loro passaggio sarebbe stata cancellata.

Solo un ricordo…

Era davanti al C-Bago, senza sapere come ci era arrivato.

 

- Ci ritroviamo sempre qui, alla fine – disse a se stesso nello spiazzo silenzioso.Si portò una mano alla fronte, scostandosi le ciocche che gli ricadevano disordinatamente sul viso.

Sentì dei passi, in lontananza, e istintivamente indietreggiò verso uno spazio d’ombra.

 

 

Erano le 10 spaccate mentre Orlando camminava il più silenziosamente possibile verso il luogo dell’appuntamento. Aveva smesso di soffrire. Aveva solo bisogno di una birra e dei suoi amici, e al diavolo Viggo che continuava a comportarsi da essere superiore ignorandolo ed evitando il suo sguardo, ogni volta che si incontravano. Non aveva bisogno di lui.

Fece un profondo respiro prima di aggrapparsi con una mano alla ringhiera della scaletta del C-bago, quando qualcuno lo afferrò trascinandolo in un angolo, nel buio.

 

 

L’aveva visto arrivare.Era solo e sembrava ancora più piccolo, ancora più indifeso, con lo sguardo fisso a terra, le mani infilate nelle tasche dei jeans.

Era Legolas anche in quel momento. Lo sarebbe sempre stato.

 

Forse poteva allungare una mano per toccarlo…non riusciva a calcolare la distanza tra di loro.

Sembrava vicino…ma era lontano. Ancora troppo lontano.

Si sentì invadere dall’idea di non poterlo raggiungere… senza pensare scattò in avanti, lo afferrò per la maglietta e lo trascinò nel punto in cui si trovava, al riparo da ogni luce, stringendolo forte tra le braccia.

 

 

“…ma che cazz..Viggo! Maledizione lasciami! ” Orlando cercò istintivamente di divincolarsi dalla stretta, oh, questo era davvero troppo!

Sentiva il cuore saltargli via dal petto, mentre una rabbia sconosciuta si impadroniva dei suoi gesti, della sua testa. Non poteva ignorarlo per giorni, e poi all’improvviso sbucare da un angolo e ricominciare con questi stupidi scherzi!

Era stanco…stanco di dover sopportare tutto questo, stanco di essere trattato come un bambino, come un giocattolo…

“ Vig……ti ho detto lasciami, mi stai facendo male!”gli sembrò quasi di urlare, ma fu solo un sussurro tra i denti…

 

Viggo lo strinse ancora per un secondo, prima di lasciarlo andare.

Gli occhi di Orlando lo fissavano increduli.

Neri come la notte. Spaventati. Arrabbiati, forse.

 

“Orly..perdonami, io..non volevo ...” le braccia ora gli cadevano lugo i fianchi, come ad un patetico, inutile burattino. Orlando era solo un’ombre controluce, tremante e lontana.

 

Ed ora piangeva.Il suo piccolo Orlando, con la fronte appoggiata alla parete fredda del camper, piangeva piano, il petto che si alzava e si abbassava velocemente, squassato da singhiozzi silenziosi.

 

“Non volevi ..cosa, Vig.?…cosa..” era solo un sussurro in mezzo ai singhiozzi.

 

Non so perché piango.

Ho troppa paura di trovarmi tra le sue braccia.

Ho paura di quest’abbraccio improvviso, quando ormai pensavo che non sarebbe più arrivato.

Ho paura di andarmene, del futuro, ho paura di me stesso.

 

 

“Io..Orlando, non piangere più, ti prego.” Fece un passo, indeciso, temendo quelle lacrime arrabbiate. Ma invece Orlando lo guardò con quegli occhi color dell’inchiostro, caldi, lucidi e disperati, per un lungo istante.

Poi lo sentì irrompere tra le sue braccia, affondare il viso contro il suo petto, di nuovo vicino, troppo vicino, come se i loro corpi non conoscessero una via di mezzo.

 

 

Vig…tu ci sarai sempre per me?” mormorò il ragazzo da dentro l’abbraccio.

 

“Sempre.” Rispose l’uomo tenendo gli occhi chiusi, perso nel profumo di quella pelle,di quell’istante.

Devi andartene, Viggo. Adesso.

“Và dagli hobbit, ora. A domani, elf-boy.”appoggiò la fronte contro quella calda del ragazzo, per un momento soltanto.

Poi si voltò incamminandosi verso il buio, lasciandolo solo nello spiazzo deserto.

 

 

 

 

Non voleva perderlo.Non poteva averlo.

Si tolse la maglietta e la gettò lontano, su di una pila di abiti ammassati su una poltrona.

Accese lo stereo e si sedette sul divano, contemplando la confusione del suo soggiorno.

 

“..tu ci sarai sempre per me?”

 

E tu Orlando, ci sarai?

 

Quando lasceremo la Nuova Zelanda, dove potrò mai ritrovarti?

Dove saranno le tue mani ferite dagli esercizi con l’arco, la tua parrucca bionda mossa dal vento in una prateria sconfinata, il costume da elfo macchiato d’erba, il tuo corpo esile sui gradini mentre l’alba sfiora il tuo profilo?

In nessun posto, mai più.

Sarai una faccia sulla copertina di una rivista.

Sarai sul tappeto rosso dei teatri di mezzo mondo, abbracciato a qualche giovane attrice.

Sorriderai alla folla, di quei sorrisi che fino ad oggi sono stati solo per me.

 

Sarai lontano, e le emozioni di oggi saranno ricordi sbiaditi, in via di estinzione.Sostituiti da altri.

Meno confusi,meno sbagliati di questi.

 

 

Three o'clock in the morning
It's quiet, there's no one around,
Just the bang and the clatter
As an angel runs to ground.
Just the bang and the clatter
As an angel hits the ground.

 

 

Cosi lontano.cosi vicino.

Si appoggiò ai cuscini del divano, pensando all’angelo di quella canzone, caduto sulla terra per sbaglio.

Si addormentò quasi subito.

 

 

Nemmeno Dom riesce a farmi ridere stasera.Sono entrato nel C-Bago ma sono ancora lì fuori nel piazzale.L’alcool che continuo a buttare giù mi dà la momentanea illusione che sia tutto un sogno, dal quale mi risveglierò tra poco.

Gli altri continuano a ridere, le loro facce mi vengono addosso come un incubo.

Sulla mia maglietta c’è il profumo di Viggo.

Ed in questo momento mi sembra l’unica cosa reale.

 

 

 

 

Colpi alla porta.

Viggo li percepì, in uno dei suoi sogni ricorrenti, come le lance degli uruk-hai schierati di fronte a lui, sotto la pioggia al fosso di Helm.

Ma erano colpi alla porta.

Si alzò con il cuore in gola, senza capire che ora fosse, senza capire se era sveglio o dormiva ancora.

Sentiva arrivare da fuori il rumore della pioggia, che scendeva forte, rigando i vetri.

I colpi alla porta erano cessati. Forse se li era soltanto immaginati.

Aprì piano la porta, cercando contemporaneamente l’interruttore della luce.

Un’ombra esile, maschile, con le braccia aggrappate allo stipite della porta, come a sorreggerla, i vestiti appiccicati al corpo.

 

“Orlando.”

 

“Ho..perso la chiave.” Il ragazzo fissava il pavimento, incerto.

Senza aggiungere altro si protese in avanti  in cerca di un appiglio per non cadere, trovando due braccia forti che lo guidarono verso il centro della stanza, facendogli dimenticare il freddo del mondo che stava di fuori. Gira tutto, Viggo.

E se cado, mi raccoglierai per terra? Mi porterai al sicuro, tra le tue braccia, ti prenderai cura di me, per un’ultima volta?

Viggo gli stava togliendo la maglietta bagnata, adesso, facendogliela scivolare sopra la testa, spingendolo contemporaneamente verso una sedia.

Orlando sentì le gambe piegarsi naturalmente, e si lasciò andare, mentre l’uomo lo guardava  in silenzio, scostandogli con una mano i capelli fradici dalla fronte.

 

 

“ Ma che hai fatto? Torno subito.Tu..non muoverti.”

Orlando alzò un po’ la testa, per guardarlo negli occhi, in tempo per vederlo sparire dietro alla parete di legno che separava il soggiorno dalla piccola camera, e sentì sbattere sportelli e aprire cassetti, abbandonandosi alla sensazione di calore data da quel luogo così familiare, dal sentirsi finalmente al sicuro da ogni tempesta.

 

 

A Viggo tremavano le mani mentre armeggiava con i cassetti, cercando una maglietta e un asciugamano pulito nella confusione della stanza.

Era tornato da lui, ancora una volta.

Respirò a fondo pensando a quel pulcino nel suo soggiorno, con la testa confusa dall’alcool e dalla pioggia, che aveva bussato alla sua porta nel cuore della notte.

 

Sì Orlando..io ci sarò sempre per te.

 

Rientrò nella stanza silenziosamente, posando gli abiti sul divano,  avvicinandosi al ragazzo che ora teneva gli occhi chiusi, il respiro leggermente affannato.

 

 

“Avanti, fatti asciugare la testa prima di prenderti una polmonite, sembri uscito da una lavatrice..” cercò di dire mentre prese a strofinargli l’asciugamano sulla testa, sulle spalle, senza trattenere una risata alla vista di quel viso stupito che sbucava da sotto alla spugna.

Doveva dargli una spiegazione per il suo comportamento di poco prima? Ma forse non c’era bisogno di parole. Orlando era qui, adesso, e nient’altro contava al mondo.

Fu allora che Viggo si rese conto di averlo fatto un’altra volta. Gli aveva accarezzato i capelli, riportandoli indietro sulla fronte.

 

 

“Hey..fa’ piano..sono delicato, io..”borbottò l’altro imbronciandosi.

 

“Proprio come un elfo” mormorò quasi tra sé, nello stesso momento in cui Orlando riaprì gli occhi, guardandolo stupito... “solo che lui non perde chiavi, non beve birra fino a non reggersi più in piedi…non…” improvvisamente non seppe come continuare.

 

“ ..non corre a rifugiarsi tra le braccia di un misero mortale come te…” Orlando finì la frase al suo posto, senza cambiare espressione.

Ebbe paura delle sue stesse parole. Viggo, riesci a sentirla?

 

 “Tu credi che non lo farebbe?” allontanò le mani dalle spalle del ragazzo, non sapendo però dove metterle, confuso.

 

“.. ha paura di quello che potrebbe succedere..perché sa che le loro strade si separeranno..e vorrebbe poter fermare il tempo, ma sa che non è possibile..”

L’aveva detto davvero.Dio, era ubriaco…doveva cercare di controllarsi, o Viggo avrebbe capito.

 

Ma l’altro continuava a fissarlo, immobile.“Sei un elfo molto saggio, lo sai?”

 

E Orlando si rese conto che sapevano entrambi di cosa stavano parlando.

E capì che almeno per quella notte, non doveva più avere paura di ammetterlo.

Si sentì improvvisamente la testa pesante, e si lasciò cadere in avanti, contro quel petto forte, abbronzato, contro quel cuore che batteva contro il suo orecchio…sentendo subito il calore delle braccia chiudersi intorno a sé, come a proteggerlo dal resto del mondo.

Così come era sempre stato, fin dal principio.

E poi, senza capire come, alzò la testa e trovò quelle labbra a pochi centrimetri dalle sue.

Vicine..come non lo erano mai state, pensò, come non lo sarebbero state mai più.

E anche la paura di raggiungerle sparì in un attimo, mentre chiudendo gli occhi, assaporò l’istante che precede il contatto…

 

 

Nel momento in cui sentì le labbra di Orlando unirsi alle sue, Viggo si rese conto che sapeva che sarebbe successo, prima o poi.L’aveva sempre saputo.E tante volte l’aveva immaginato, l’aveva sperato, mentre ora si lasciava andare alle sensazioni, ai brividi che gli correvano giù per la schiena.

 

Orlando…è questo dunque, che siamo venuti a fare qui, dall’altra parte del mondo, lontano da casa nostra?

 

Afferrare i tuoi capelli tirandoli forte a me, per poter sentire meglio il contatto della mia lingua nella tua bocca, il tuo corpo tra le mie braccia, mentre ti trascino piano verso il divano, un passo dopo l’altro…mentre cadiamo uno vicino all’altro, uno sull’altro, gli occhi dell’uno dentro quelli dell’altro…in questo istante, mi chiedo, lo sai già che sarà per l’ultima volta?

Riuscirai a perdonarmi per questo?

 

Quando le loro labbra si staccarono,  Viggo sentì il corpo del ragazzo che si abbandonava contro di lui, il viso nel suo collo, mentre  non poteva far altro che fissare il soffitto, senza riuscire a dire niente.

Tutto nella stanza era immobile, come i loro corpi, liberati dalla tensione, su un divano troppo stretto, in una roulotte sgangherata, in quella valle spazzata dal vento, le gambe aggrovigliate, rimasero così, in silenzio,assorti negli stessi pensieri.

Il bacio era ancora nell’aria, figlio di quella notte, o forse del destino.

 

 

“Viggo?”sussurrò Orlando senza muoversi.

 

“Mmhh?”

 

“Sai,Vig? Spesso, ci ho pensato..ho pensato a come sarebbe stato se, fra di noi, le cose fossero andate in modo diverso..” continuò Orlando, gli occhi aperti, le labbra che sfioravano il suo petto nudo.

 

“Diverso..come?”mormorò Viggo aprendo gli occhi, incontrando quasi subito quelli di Orlando, che si era appoggiato su un gomito, e lo guardava senza tremare, senza esitare.

 

“Non lo so.” – sussurrò Orlando,le sue dita ora tormentavano il profilo di un cuscino, nervose- “diverso..non so nemmeno se migliore o peggiore di come stiamo adesso, però..se mi guardo indietro, vedo così tante strade lasciate vuote. Strade delle quali non riesco a vedere la fine, ma sempre assolate.E rassicuranti..”e di nuovo alzò gli occhi nei suoi, aspettando..

 

 

Sono solo un uomo sdraiato su un divano, Orlando.

Non ho niente da offrirti, se non quello che già abbiamo avuto.

E in questo momento vorrei avere vent’anni anch’io, e riuscire a smettere di pensare alle conseguenze di tutto questo, e rovesciarmi sul tuo corpo, affondando la bocca nell’odore del tuo collo, spingendo tutto il dolore che sento fuori da me, Orlando, dentro di te, e sentirti gridare il mio nome, annullando ogni altro suono che esiste da qui fino alla fine del mondo.

 

 

Ma non posso farti questo, Orli.

E stanotte, tra le lacrime, il ricordo della tua saliva sulle mie labbra, i cuscini di questo dannato divano e il mio cuore che batte troppo forte devo trovare le parole per farti capire che devo lasciarti andare.

Lasciami raccogliere la tua guancia nella mano, lasciami parlare, finchè ne ho la forza.

 

“Voglio fare la cosa giusta, Orlando.”e lo pensava, davvero.

Un sorriso triste sul volto del ragazzo, che si aprì su quel viso ancora imbronciato, con la fronte corrugata. La cosa giusta.

 “Lo so.”

 

“Vorrei anch’io che restassi per sempre.Ma…”

 

“Lo so.”

 

“Tu devi andare per la tua strada.E’ quello per cui hai lottato, è quello che vuoi…” si interruppe un attimo perchè Orlando aveva cominciato a piangere piano, con una mano davanti agli occhi. Gli sollevò il viso, costringendolo ad ascoltare- “…è quello che meriti, Orli. Ed io voglio vederti brillare, voglio essere fiero di ciò che sei diventato. Devo sapere che non ho cercato di fermarti…non potrei sopportarlo.Non sarebbe giusto.”

 

Com’è difficile dirti questo, davanti ai tuoi occhi neri che mi odiano e mi accarezzano nello stesso tempo.

 

“Non voglio dirti addio,Vig.”

 

“Non farlo allora.Non importa se saremo lontani.Io ti porterò con me, per sempre Orli.”

 

L’unica verità, dentro questa tempesta.

L’unica cosa che posso dirti, l’unica di cui sono certo.

Ma non posso pretendere che tu lo capisca.

Sei solo un bambino,  e questa notte è troppo difficile da affrontare.

Una notte che avrebbe potuto non esistere…

 

Invece esiste.Ed è solo nostra, Orlando.

 

“la distanza è solo un’idea…” e ora lo stava abbracciando forte, calmando con il calore del suo corpo i singhiozzi, la paura, la tristezza di entrambi.

E lasciando che le lacrime tracciassero una strada anche sul suo viso, non trovando più una ragione per trattenerle.

Fino a quando non scivolarono nel sonno, esausti, lasciandosi cullare dal reciproco respiro, lasciando finalmente che il tempo scorresse via, senza più cercare di fermarlo.

 

 

 

 

Il mattino entrava di nuovo dalla finestra, e tutto sembrava uguale, come il giorno prima, come un anno prima.

Viggo si era alzato piano, cercando di liberarsi dal corpo di Orlando senza svegliarlo.

Preparò il caffè nella piccola cucina, guardando fuori dalla finestra, nello spiazzo vuoto.

Era tutto così irreale.

Si girò ancora a guardare il ragazzo, così piccolo nel disordine dei cuscini, così indifeso… prima che il futuro distruggesse il loro mondo, lo voleva solo per sé per tutto il tempo che rimaneva.

Quanto tempo ci rimane Orlando..un’ora, due?

Sospirò passandosi una mano nei capelli.

Il ragazzo aprì lentamente gli occhi, fissandoli sulla sedia, senza muoversi,.

 

“Ciao, elf-boy.”

 

Sorridimi, Orlando.Piangere ancora non cambierebbe niente, ormai.

 

“Buongiorno..”-mormorò l’altro con gli occhi ancora assonnati-“..è..…tardi?”

 

No.Non è tardi.O forse, in un certo senso, lo è sempre stato.

 

Viggo si avvicinò al divano, le tazze di caffè tra le mani.Ne porse una ad Orlando, che sembrava ancora più imbronciato,con quegli occhi gonfi.

 

“Non è tardi. Puoi farti una doccia, se vuoi.”

 

“E’ meglio.Devo avere un faccia..”

 

Viggo rise, scompigliandogli i capelli con la mano libera.

 

“Stai bene, Orly?”

 

Un’esitazione.Un sospiro. “Si…sto bene, credo.Avevi ragione tu.Credo.”si sforzò ancora di sorridere, indeciso su dove guardare.

 

“Io ho sempre ragione, per questo mi hanno fatto Re.” E stavolta era di nuovo il suo Orlando,

senza ombre dietro agli occhi, che si illuminava in un sorriso,scuotendo la testa divertito.

 

“Allora se  permetti, mio Re, vado a darmi una sistemata” ribattè il ragazzo alzandosi a fatica, nello stesso instante in cui il telefono cominciò a squillare.

 

 

Si guardarono un attimo, in silenzio. Il mondo bussava alla porta, alla fine.Viggo alzò la cornetta, senza lasciare lo sguardo di Orlando, immobile sulla porta del bagno, le braccia lungo i fianchi.

 

“Ciao Billy..si..Orlando è qui.Ieri sera ha perso le chiavi, ed era conciato piuttosto male..”si sentì arrivare una cuscinata sulla testa “ …come? Ah..ho capito.Comunque è quasi pronto, si dieci minuti vanno bene.Ok,ciao.”

 

Riagganciò abbassando lo sguardo sul tavolino.Dieci minuti vanno bene?

 

“Billy dice che le tue chiavi sono sempre rimaste nel C-Bago.”

Un sorriso. “ Lo so.” Prima di scomparire nel bagno, chiudendosi la porta alle spalle.

Viggo sorrise sentendosi un idiota, pensò alla scusa delle chiavi.Orlando, Orlando…

 

Rimase lunghi minuti ad ascoltare lo scroscio dell’acqua.

Sul divano, le forme dei loro corpi giacevano ancora, come nella sua mente.

 

Quando finalmente il ragazzo uscì dal bagno, la macchina di Billy era già arrivata.

Gli aveva rivolto un cenno di saluto attraverso il finestrino, poi era tornato ad appoggiare la testa sullo schienale, sbadigliando.

 

“Credo sia ora di andare.” Si girò e Orlando era di fronte a lui, gli occhi lucidi, i capelli umidi.

 

 

Anche quei dieci minuti erano passati, alla fine.

Cosa resterà, di questa notte?

Cosa sarà di noi, quando avrai oltrepassato quella porta?

 

Non potè trovare una risposta, mentre lo sentì di nuovo addosso, in un abbraccio che aveva già il sapore delle cose perdute.

“Giurami che non lo dimenticherai.Hai detto per sempre, Viggo.”Un singhiozzo soffocato, i suoi riccioli schiacciati contro il viso.

“Te lo giuro.” Sussurrò catturando di nuovo quelle labbra, affondando ancora una volta nella sua bocca, nel suo sapore, dentro di lui, disperatamente..un’ultima volta, per essere certo di non dimenticarlo mai.

 

Senza che i loro occhi si lasciassero, fino a quando Orlando non raggiunse la porta, oltrepassandola camminando all’indietro.

 

“La distanza è solo un’idea, vero Vig?”

Un sorriso.

Poi si ritrovò di nuovo a fissare la sua schiena, mentre correva via.

Rimase in piedi sulla soglia, incapace di muoversi, guardando la macchina allontanarsi, diventare sempre più piccola, sempre più distante.Un puntino che vola via, verso l’orizzonte, fino a sparire del tutto. Solo un’idea.