.|. Carnevale a Venezia .|.

2. L'Arrivo

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-        Aragorn che succede? –

-         Legolas io non lo so… -

I due amici si guardarono per un attimo negli occhi, ma subito il loro sguardo si spostò su quello che gli stava intorno. Un attimo prima erano a Minas Tirith e ora si trovavano in un luogo a loro completamente sconosciuto.

Aragorn vide un gruppo di ragazze vestite in modo improponibile che si avvicinavano timidamente a lui:

-         Scusi signor Mortensen può farci un autografo? –

Il Re di Gondor le guardò come se si trovasse di fronte un gruppo di pazze, era confuso e frastornato da tutto quel rumore, inoltre quelle persone parlavano un linguaggio a lui sconosciuto, ma che nonostante tutto capiva.

-         Scusatemi giovani dame, ma io non conosco nessun Signor Mortensen. –

-         Ah, ci scusi… e comunque complimenti il suo costume su Aragorn è davvero bellissimo… - le ragazze sorrisero all’uomo e si allontanarono, non senza lanciare un occhiata stupita in direzione di Legolas fermo a qualche passo dal Ramingo.

-         Conosci quelle dame? E perché parlavano del tuo vestito come di un costume? E che lingua parliamo? E dove siamo? –

Legolas aveva gli occhi sgranati, sembrava un fiume in piena… nel suo sguardo Aragorn notò una sottile linea di paura che lo fece rabbrividire, dolcemente appoggiò le mani sulle spalle dell’amico e guardandolo fisso negli occhi gli disse:

-         Va tutto bene Legolas, ora calmati. Ci sono io qui con te e ti prometto che scopriremo dove siamo e cosa è accaduto. –

-         Sì… - rispose debolmente l’elfo, ma non sembrava ancora del tutto convinto.

Aragorn prese per mano Legolas e lo trascinò lungo la stradina nella quale si trovavano. Camminarono un po’ quando ad un certo punto si trovarono in prossimità di una piccola scalinata. Cautamente salirono i gradini e scoprirono di trovarsi sopra un ponticello lungo solo pochi passi. Ad un certo punto Aragorn sentì sul suo braccio la stretta della mano di Legolas… guardò l’elfo accanto a se e vide i suoi occhi illuminarsi alla vista di qualcosa, seguì il suo sguardo e notò che l’amico stava osservando una strana imbarcazione che veniva verso di loro.

Si trattava di una piccola barca dalla forma strana, quasi una mezza luna pensò Aragorn. Era nera e sul fondo un uomo in piedi su una piccola piattaforma, all’interno c’erano dei piccoli sedili e delle persone vi erano sedute, sorridendo e abbracciandosi. L’uomo in piedi remava, ma il re di Gondor trovò strano il modo in cui lo faceva. Teneva tra le mani un lungo remo che entrava in acqua, e con quello muoveva l’imbarcazione.

-         Valar Aragorn, è bellissima, hanno quasi la forma delle imbarcazioni che Dama Galadriel e Sire Celeborn ci prestarono quando lasciammo Lorien… -

Gli occhi di Legolas brillavano di una luce intensa, la paura era passata. Aragorn sorrise all’amico e constatò che sembrava un bambino, si stupiva per ogni cosa, ogni minimo particolare di quel luogo accendeva la luce della curiosità nei suoi bellissimi occhi. Istintivamente Aragorn accarezzò i lunghi capelli biondi dell’elfo e quest’ultimo si girò verso di lui… i loro sguardi si incontrarono, sembrava che si vedessero per la prima volta. I loro volti ora erano così vicini che potevano sentire l’uno il respiro dell’altro…

-         Mamma ma cosa fanno quei due signori? –

-         Non guardare amore di mamma… -

La voce di un bambino li riportò alla realtà. Aragorn si allontanò di scatto da Legolas, si girò e lo trascinò giù per le scale. Se solo si fosse girato avrebbe visto lo sguardo deluso dell’elfo… Quell’elfo che per un attimo aveva sentito il suo cuore battere all’impazzata. Quell’elfo che, ne era certo, aveva letto l’amore negli occhi del compagno. Quell’elfo al quale una debole lacrima ora scorreva sulla guancia.

 

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-         Bene signori eccoci arrivati!!! – la voce di Peter Jackson risuonò nella hall dell’hotel.

La “Compagnia” si guardò intorno, stavano valutando per bene il posto in cui erano finiti. Erano tutti stanchi, il viaggio era stato lungo.

Viggo vide delle poltroncine sistemate proprio di fronte al bancone della hall e subito si sedette comodamente aspettando che Peter prendesse le chiavi delle loro stanze. Era assorto nei suoi pensieri quando una voce lo riportò alla realtà:

-         Allora Vig, che ti sembra di Venezia? –

-         Oh Orli… bhe non lo so, fino ad ora abbiamo visto solo l’aeroporto, qualche canale e la hall di questo albergo, nella quale ho paura di mettere le radici tra un po’… sono letteralmente distrutto. -

Orlando scoppiò in una risata e Viggo lo guardò sorpreso dalla sua reazione, non gli sembrava di aver detto nulla di così divertente.

-         Scusami Vig… stavo pensando che stai diventando vecchio se non reggi nemmeno più un viaggio in aereo e così mi è venuto da ridere. Scusa. – e di nuovo il giovane attore scoppiò a ridere.

-         Tu sei matto!!! Non ci sono dubbi… - disse Viggo guardandolo, ma subito fu contagiato dalla risata di Orlando e si mise a ridere a sua volta.

Nel frattempo furono raggiunti da Elijah e Billy che li guardarono stupiti.

-         Ehy, ma che vi prende? – chiese Billy.

-         Niente Billy… è solo che Orlando pensa che io stia invecchiando perché sono un po’ stanco… -

-         O povero me Orlando… anche io sono stanco e che male c’è. Sei tu l’alieno in questo caso… sempre riposato e fresco… mi chiedo come fai… - continuò l’interprete di Pipino.

-         A dirti la verità Billy non ho detto che io non sono stanco, però adesso mi farei un bel giro per la città, sono curioso di conoscerla meglio, ho sentito sempre parlare bene di Venezia. Non è che per caso qualcuno di voi mi vuole accompagnare? –

Gli altri tre si guardarono allibiti, poi guardarono Orlando… e tutti si rimisero a ridere.

Il resto del gruppo capeggiato da Peter li raggiunse. Il regista diede loro le chiavi delle stanze, poi disse:

-         Ragazzi se volete uscire dall’albergo mi raccomando, avvertite le guardie del corpo che vi accompagneranno ovunque vogliate andare. Non uscite da soli, c’è molta folla in questi giorni, non voglio che vi succeda nulla. Sono stato chiaro? –

Gli attori risposero affermativamente al monito del regista e poi tutti in silenzio si recarono nelle loro stanze.

 

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-         Aragorn, Ara… fermati per favore… -

Il re di Gondor si fermò a quella supplica uscita debolmente dalle labbra di Legolas. Girava le spalle all’elfo, ma sentiva la sua presenza rassicurante dietro di se. Non sapeva dire quanti ponti avevano passato, quanti piccoli vicoli li avevano visti correre tra la folla, quante persone avevano incrociato, quanti sguardi stupiti li avevano osservati, quante volte aveva sentito la gente intorno a loro chiamarli Viggo e Orlando. Era stanco il re… stanco di quella situazione, stanco di sentirsi intrappolato in un mondo che non era il suo. Era stanco di non capire quello che gli stava succedendo ogni qual volta Legolas lo guardava, ogni qual volta i loro sguardi si incontravano.

Un brivido lo scosse quando sentì sulla sua spalla la stretta leggera della mano di Legolas e finalmente, lentamente si voltò verso il Principe di Bosco Atro.

Quest’ultimo lo fissava con uno sguardo misto tra paura e preoccupazione. Si sentì uno stupido per il suo comportamento.

-         Estel… - sussurrò debolmente Legolas.

-         Oh Valar Legolas, scusami. Non so cosa mi stia succedendo, ma questa situazione non mi piace. Sento un’angoscia dentro che non provavo da tempo, mi sento intrappolato in qualcosa che non mi appartiene e che mi fa paura. –

L’elfo lo guardò a lungo negli occhi e un debole sorriso comparve sul suo bellissimo volto:

-         Non preoccuparti Estel… a tutto c’è una soluzione. Ricordati che tu sei la Speranza… -

-         E ‘ strano, fino ad un attimo fa ero io che cercavo di dare forza a te, ed ora sei tu che lo fai con me. – disse Aragorn.

-         L’amicizia è uno scambio del dare e dell’avere Maestà. Prima io avevo bisogno di te e tu c’eri, ora tu hai bisogno di me, ed io sono qui. –

Aragorn non rispose, ma il suo sguardo colmo di riconoscenza per Legolas valeva più di mille parole.

-         Ora che si fa? – chiese il biondo elfo dopo un attimo di silenzio.

-         Guarda laggiù – rispose Aragorn indicando un punto non molto distante da loro – vedi sembra che questi strani palazzi finiscano. Andiamo a vedere cosa c’è. –

I due si incamminarono uno di fianco all’altro e arrivarono nel punto indicato da Aragorn.

-         Oh Valar Estel... ma è bellissimo qui. – esclamò Legolas.

-         Aspetta un attimo. –

Aragorn si avvicinò ad un passante lo fermò e gli chiese:

-         Scusi mi potrebbe dire dove ci troviamo? –

-         Ma certo, questa è piazza San Marco, questo è il cuore di Venezia. –

Il Ramingo ringraziò l’uomo e tornò da Legolas.

-         Mi ha detto che questa è Piazza San Marco il cuore di Venezia. –

-         Il cuore di Venezia, cosa vorrà dire? –

-         Non lo so, ma ho come l’impressione che Venezia sia il nome di questo strano posto, l’ho sentito nominare spesso da quando siamo arrivati. –

-         Bene Aragorn, adesso sappiamo che ci troviamo a Venezia, ma dov’è Venezia? – chiese Legolas.

I due si guardarono, in quel momento nei loro sguardi c’era solo delusione. Avevano camminato tanto, erano arrivati nel cuore del luogo in cui si trovavano, ma il problema di fondo restava, dove erano finiti?

 

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Viggo aveva appena finito di farsi un doccia che lo aveva rimesso un attimo in forma ed era tranquillamente in accappatoio seduto sul suo letto quando sentì bussare alla porta.

-         Chi è? – chiese.

-         Viggo, sono Orlando. –

L’uomo sospirò. Cosa voleva ora quel pazzo? Era certo che lo voleva trascinare in qualche strana impresa, lo conosceva bene.

Si alzò, aprì la porta e fece entrare Orlando, non senza lanciargli uno sguardo stupito.

-         Orlando si può sapere che hai intenzione di fare vestito in quel modo? –

Il giovane attore indossava il costume di Legolas. Viggo si sedette sul letto, era così bello vestito in quel modo che faceva male anche solo guardarlo.

-         Mi è venuta un’idea Vig. Che ne dici se ce ne andiamo in giro per Venezia? Dai per favore non dirmi di no. Non ho voglia di restarmene in albergo. Siamo nel primo pomeriggio, abbiamo tempo prima dell’ora di cena e prima che Peter si accorga che siamo usciti senza le guardie del corpo… -

-         Ecco lo sapevo!!! Orlando perché pensi di riuscire ad uscire di qui senza che una folla di ragazzine urlanti ti salti addosso??? Ecco Signor Elfo, dimmi perché… -

-         Perché usciremo dalle cucine… -

-         Usciremo… mi spieghi perché sei così sicuro che ti seguirò in quest’impresa? –

-         Perché sei mio amico. E perché non mi lasceresti andare da solo. E perché sai che se anche tu non vieni io uscirò lo stesso… -

-         Oh mio Dio Orlando, sei impossibile!!! – disse Viggo scoppiando a ridere. – E sentiamo un po’, immagino di dover indossare anche io il costume di Aragorn… -

-         Certo Vig. Tanto c’è il carnevale, chi vuoi che noti due uomini vestiti da Aragorn e da Legolas? –

-         Nessuno Orlando, nessuno. Se fossero due uomini normali… ma si da il caso che tu sia l’interprete di Legolas, ed io quello di Aragorn, se qualcuno ci ferma che diciamo? Che siamo mascherati da Viggo Mortensen che interpreta Aragorn e da Orlando Bloom che interpreta Legolas? – chiese Viggo.

-         Senti Vig, staremo attenti. Vedrai che nessuno baderà a noi in questa confusione di maschere e colori. Fammi contento per favore… -

-         E va bene, mi hai convinto. Aspettami che vado a cambiarmi. Tu intanto pensa a come uscire dall’albergo senza che nessuno ci veda. Ho paura che in caso contrario Peter vorrà la nostra testa. –

-         Va bene. Ma fai in fretta. – rispose Orlando.

Mentre si cambiava Viggo pensava che era inutile raccontarsi storie, non avrebbe mai saputo dire di no ad Orlando. Sapeva che quello che stavano per fare era da stupidi e da incoscienti, ma non poteva farci niente, adorava troppo lo sguardo supplicante di Orlando, era così bello in quei momenti, ancora più bello del solito.

Intanto Orlando era seduto sul letto di Viggo che lo aspettava e pensieri confusi passavano nella sua testa. Cosa gli prendeva? Quando era entrato in quella stanza e aveva visto l’amico con indosso quel semplice accappatoio avrebbe voluto avvicinarsi a lui, stringerlo e baciarlo ancora, come quella sera… Avrebbe voluto slacciargli l’accappatoio ed ammirare il suo fisico perfetto… Cosa c’era di sensato in tutto ciò? Aveva paura di quello che provava, conosceva Viggo ormai da tempo, come poteva pensare a lui in questo modo?

-         Orlando… Orlando… -

Il giovane si voltò nella direzione da cui proveniva la voce. Il suo sguardo era ancora perso dietro ai pensieri di poco prima e il vedere l’amico indossare ancora i panni del Ramingo certo non lo aiutava. Si sentiva in balia delle emozioni. Lentamente si alzò dal letto e si ritrovò in un attimo di fronte a Viggo, lo guardò negli occhi e alzò una mano per accarezzargli una guancia, ma improvvisamente sentì sul suo polso la stretta della mano di Viggo.

Per Orlando fu come risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti.

-         Allora, andiamo? – chiese Viggo.

-         Sì, andiamo. –

In silenzio uscirono dalla stanza e si incamminarono per il corridoio fino ad arrivare ad una porta sui cui c’era la scritta “SOLO PERSONALE – VIETATO L’INGRESSO”. Orlando aprì la porta ed uscì su un pianerottolo che portava ad una rampa di scale subito seguito da Viggo.

Scesero ed entrarono nelle cucine dell’albergo, i dipendenti presenti li guardarono alquanto stupiti, ma loro fecero finta di niente e sempre in silenzio uscirono dall’albergo ritrovandosi in una piccola stradina.

-         Bene siamo fuori, è stato facile visto? – chiese Orlando sorridendo in direzione di Viggo.

-         Sì, per adesso. – rispose Viggo ancora scettico.

Si incamminarono fianco a fianco. Viggo si sentiva distrutto, non capiva il comportamento di Orlando. Prima mentre erano nella sua stanza era desiderio quello che aveva letto negli occhi dell’amico. Un desiderio pari al suo. Avrebbe potuto lasciarlo fare, ma lui amava profondamente Orlando, non voleva il suo corpo, non gli sarebbe bastato. Lui voleva tutto. O tutto o niente. Era egoista, lo sapeva, ma l’amore a volte rende egoisti.

 

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-         Aragorn guarda… è bello. – disse Legolas tirando una manica del vestito del Ramingo per attirare la sua attenzione.

-         Cosa è bello Legolas? – chiese Aragorn divertito dal comportamento di Legolas… ecco di nuovo il suo essere bambino che riaffiorava.

-         Guarda quel ponte la… è bello! Chissà perché c’è un ponte che collega due palazzi. Ah guarda, là c’è scritto! –

Detto questo l’elfo si diresse verso un cartello su cui erano delle strane scritte e si fermò stupito davanti ad esso.

-         Aragorn, ma in che strana lingua è scritto? –

Il Ramingo che lo aveva seguito e che si trovava dietro di lui rispose:

-         Probabilmente è la lingua di questo posto Legolas. Noi la parliamo e la comprendiamo, ma non possiamo leggerla. Anche questo è strano… -

-         Ma io voglio sapere cos’è quel ponte! – disse Legolas.

-         Oh Valar Legolas! In questo momento sembri proprio un bambino viziato! –

-         Io non sono un bambino viziato, ricordati Re di Gondor che sono molto più vecchio di te! – rispose Legolas scoppiando a ridere e contagiando il Ramingo.

-         Senti vediamo un po’ se qualcuno ci può dire qualcosa su quel ponte, va bene? – chiese Aragorn.

-         Sì guarda quella signora là in fondo, ha in mano un libro, indica il ponte e parla a quella gente. Andiamo a sentire anche noi. –

Detto questo prese una mano di Aragorn e lo trascinò tra la gente che affollava il ponte sul quale si trovavano, si avvicinarono alla signora e si misero ad ascoltare.

Quando la donna ebbe finito di raccontare la storia Aragorn si voltò verso Legolas e lo vide con gli occhi spalancati ed un espressione sul volto che non gli piacque nemmeno un po’.

-         Legolas… Leg… - non fece in tempo a chiamarlo che l’Elfo si mise a correre tra la folla.

Aragorn colto di sorpresa si mise a correre a sua volta. Si trovavano su una larga via che affiancava il mare. Temeva per Legolas che correva vicino alla riva, bastava un passo falso per cadere in acqua, proprio non riusciva a capire cosa fosse preso al suo amico.

Corse più veloce che poteva, lo doveva raggiungere. Se fosse successo qualcosa a Legolas non se lo sarebbe mai perdonato, non poteva nemmeno immaginare la sua vita senza il biondo elfo al suo fianco. Riuscì a raggiungerlo solo quando Legolas si trovò bloccato da un gruppo di turisti fermi di fronte ad un pontile. Arrivò di corsa alle spalle di Legolas e lo bloccò da dietro. L’elfo iniziò ad agitarsi e a dirgli di lasciarlo, urlava che voleva andarsene da quel posto, voleva tornare a casa. Intanto una piccola folla iniziava a radunarsi intorno a loro. Aragorn iniziò a sussurrare dolci parole all’orecchio di Legolas, gli disse di calmarsi, che c’era lui e che non avrebbe permesso che niente e nessuno gli facesse del male. Quando il Ramingo si accorse che il respiro dell’elfo si era regolarizzato mollò un poco la presa e lo girò verso di se. Il volto dell’elfo era rigato di lacrime, Aragorn dolcemente appoggiò una mano sulla guancia dell’amico e gli asciugò una lacrima. Lo guardò negli occhi e gli disse:

-         Vieni Legolas, andiamo via di qui. –

Lo prese per mano e lo trascinò lontano dalla folla che continuava stupita ad osservare i due uomini che si allontanavano mano nella mano.

Camminarono sul quel lungo viale al fianco del mare fino a che, dopo una piccola salita si ritrovarono in un altro viale, che però era alberato e con delle panchine. Appena ne trovò una libera Aragorn si sedette e Legolas fece lo stesso.

-         Allora, te la senti di dirmi cosa ti è successo Legolas? – chiese Aragorn.

-         Oh Valar Aragorn quello che ha raccontato quella donna, su quel ponte, il Ponte dei Sospiri è bruttissimo, ma ti rendi conto di quello che facevano le persone di questa città? Processavano le persone in quel palazzo, come ha detto che si chiama? Ah sì, Palazzo Ducale. E se le persone erano colpevoli venivano portate nelle prigioni che si trovavano nel palazzo di fianco. Per farlo passavano sul quel ponte, dove per l’ultima volta i condannati potevano vedere la luce del sole, potevano sentire l’aria fresca sulla pelle, per poi essere rinchiusi nell’oscurità delle prigioni. Non posso pensare a niente di più atroce del non poter vedere mai più il sole. Ecco io li ho sentiti Aragorn, ho sentito nella mia mente gli ultimi sospiri di tutte le persone che sono passate di la… è stato terribile… - un’altra lacrima bagnò il volto dell’elfo.

-         Oh Legolas… - Aragorn non sapeva che dire e così si limitò ad attirare dolcemente a se Legolas e ad abbracciarlo.

Restarono così per un po’. Aragorn pensava a quello che stava per dire a Legolas, aveva preso una decisione. Stavano continuamente girando intorno da quella mattina, la stanchezza stava avendo la meglio su di loro e probabilmente era già passata da un pezzo l’ora di pranzo.

Sapeva che la sua decisione non sarebbe piaciuta a Legolas, ma qualcosa dovevano pur fare.

-         Legolas senti – iniziò il Ramingo, mentre l’elfo si staccò dall’abbraccio per guardarlo – dobbiamo dividerci. Non possiamo continuare così, dobbiamo trovare un modo per tornare a casa. Un varco, qualcosa di strano in questa città così perfetta, una piccola imperfezione potrebbe essere la chiave per tornare nella Terra di Mezzo. Se stiamo insieme impieghiamo più tempo, da soli ce la possiamo fare… -

Aragorn aveva parlato tutto d’un fiato e quando ebbe finito guardò Legolas che aveva un debole sorriso sulle labbra.

-         Sì Estel, sono d’accordo con te. Dividendoci possiamo trovare più in fretta il modo di tornare a casa. Voglio andarmene da qui al più presto. –

-         Bene Principe. Allora andiamo. Io torno in quella piazza, ho visto che ci sono diverse stradine che partono da lì per andare chissà dove. Tu continua in questa direzione fino in fondo a questo viale e poi oltre. Ci ritroviamo qui al calare del sole. –

-         Va bene Aragorn. – rispose Legolas.

Si alzarono in silenzio e si avviarono senza dirsi una parola nella direzione che dovevano percorrere. Ad un tratto Legolas si girò e ad altra voce chiamò Aragorn che si girò di scatto.

-         Grazie Estel! – disse Legolas sorridendo.

Il Re di Gondor non rispose, si limitò a sorridere a sua volta. Legolas restò ad osservarlo fino a che non lo vide sparire tra la folla, poi si incamminò a sua volta.

 

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-         Wow Viggo ecco piazza San Marco!!! – esclamò Orlando trascinando Viggo fuori dalla stradina nella quale si trovavano.

-         Già… - disse Viggo sorridendo ad Orlando – Mio Dio, Orli. E’ ancora più bella che non in fotografia. –

-         Sì, hai ragione Vig. Vedi che ho fatto bene a convincerti a venire con me. –

-         Certo Orli… certo… -

Camminarono un po’ indisturbati tra la calca che c’era in Piazza San Marco quel giorno. Si guardavano in torno ammirando la bellezza e l’eleganza dei palazzi che racchiudevano la piazza che si apriva sul mare… uno spettacolo bellissimo e magico. Rimasero incantati ad osservare la facciata della basilica di San Marco, il Palazzo Ducale… e poi i portici con bar e negozi di ogni genere.

Ad un certo punto Viggo abbassò lo sguardo che stava osservando il grande orologio affiancato da leoni che si trovava su un palazzo e vide una folla di persone che osservava lui ed Orlando in modo curioso.

L’attore tirò una manica del vestito di Orlando per attirare la sua attenzione, quando il giovane si voltò Viggo gli indicò la folla che li osservava e piano gli disse che era meglio allontanarsi da lì, stavano dando troppo nell’occhio.

Orlando indicò a Viggo una via che si apriva sull’altro lato della piazza, vicino ad un alto campanile e Viggo annuì.

Piano andarono in quella direzione, camminavano tranquillamente cercando di mascherare l’angoscia che li aveva colti. Si sentivano osservati e questo non era bene, se qualcuno li avesse riconosciuti si sarebbe scatenato un putiferio in quella piazza, ed era questa una cosa che entrambi volevano evitare.

Si infilarono nella via che avevano visto, ma ad un certo punto, quando Viggo si voltò vide che diverse persone li stavano seguendo continuando ad indicarli. Sentì chiaramente una donna chiedere ad una ragazza:

-         Ma che succede? Chi sono quelli? –

-         Come chi sono? Sono Viggo Mortensen ed Orlando Bloom quelli de “Il Signore Degli Anelli”. – rispose la giovane.

Lo sguardo di Viggo incontrò per un attimo quello della donna che, si accorse, lo aveva riconosciuto. La situazione gli stava sfuggendo di mano. Al suo fianco Orlando camminava in silenzio con lo sguardo fisso a terra.

La folla dietro di loro continuava ad aumentare, ancora pochi passi e li avrebbero raggiunti, ma poi Viggo vide una via d’uscita e a bassa voce per non farsi sentire disse ad Orlando:

-         Ascoltami Orli, qui la situazione si mette male. Se quelle persone ci raggiungono non so cosa può succedere. Guarda, là in fondo prima del ponte c’è una strada che va verso destra, bene, appena arriviamo tu gira per quella strada e corri Orli. Cerca di tornare indietro e vai in albergo. –

-         Come…ma Vig e tu che farai? – chiese Orlando guardando perplesso l’amico. Si sentiva in colpa era stato lui a ficcarli in quella situazione.

-         Non preoccuparti per me. Continuerò a camminare oltre il ponte, troverò anche io poi una qualche ramificazione per cercare di allontanare la folla… -

-         Va bene, facciamo come vuoi tu. – disse Orlando.

Quando arrivarono in prossimità della piccola strada, lentamente Orli si spostò a destra ed arrivati ai piedi del ponte lanciò uno sguardo a Viggo e poi si mise a correre per la strada laterale.

Viggo salì sul ponte e si fermò. Vide che una parte della folla seguiva Orlando nella direzione che aveva preso, ma il giovane attore era stato più furbo di loro. Infatti dopo pochi metri un’altra strada si apriva in mezzo ai palazzi ed Orlando ci si era infilato dentro. Ora la folla ai piedi del ponte era molto diminuita, ma ancora Viggo non si sentiva tranquillo. Colse al volo l’attimo di distrazione delle persone sorprese nel non vedere più Orlando per correre giù dal ponte.

Dopo poco trovò anche lui una via laterale e vi ci si infilò.

Orlando correva e non riusciva a non pensare a Viggo ed al guaio in cui si erano ficcati, sapeva che l’amico non era persona da farsi spaventare dalle difficoltà, ma ciò non gli impediva di sentirsi comunque in colpa nei confronti dell’amico.

Viggo pensava ad Orlando, sperando che riuscisse a raggiungere l’albergo senza avere problemi. Erano divisi da strade, ponti e folla, ma i loro pensieri si inseguivano, si cercavano e si volevano.