.|. Ithiliest .|.

Capitolo Quattro

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Non riuscì a prendere sonno quella notte.

Si girò nel letto ancora una volta, finì con il petto contro il materasso, intrecciando il morbido piumone bianco tra le gambe. Fece scivolare un braccio sotto al cuscino e lo strinse a sé.

Sospirò. Lentamente. Come per conciliarsi il sonno che stentava ad arrivare.

Eppure non faceva caldo. La coperta dolcemente appoggiata sulla schiena nuda l’avvolgeva con un torpore morbido e rilassante.

Chiuse gli occhi, concentrandosi sul silenzio della stanza.

Cercò di addormentarsi questa volta.

Ma qualcosa glielo impedì. Il Vento.

Sbatteva instancabile contro la finestra, ruggiva e sibilava inquieto tra le fessure del legno, intagliate fra i rami. Tentava di raggiungerlo, scuoterlo, insistere con le sue folate e la sua presenza.

L’Uomo spalancò nuovamente gli occhi.

Il silenzio era stato spezzato. Fu costretto ad ascoltare. Fu costretto a pensare. Così… a ricordare.

"Deve infuriare una tempesta, là fuori…" mormorò, raggomitolandosi nel letto.

Il vento soffiò più forte.

Anche se avesse tentato, il Ramingo sapeva che alla fine avrebbe dovuto cedere alle sue richieste.

Quando si comportava così voleva essere ascoltato.

Così l’Uomo si alzò stancamente a sedere.

"Devi dirmi qualcosa di importante se gridi così forte!" disse.

La sua voce si perse nell’aria, inghiottita dal buio, mentre folate instancabili continuavano a tormentare la finestra.

L’Uomo si stropicciò gli occhi e mormorando sommessamente, scivolò via dalle coperte e scese dal letto.

Si guardò intorno senza vedere nulla. L’oscurità regnava sovrana.

Neppure i raggi di Luna penetravano nella stanza, sempre che in quella notte ci fosse mai stata Luna.

Lentamente si avvicinò alla finestra, con le dita l’aprì, spingendo le imposte in avanti. Il Vento gli scompigliò i capelli e rotolò fresco sulla sua pelle.

Desiderava quell’abbraccio invisibile. IL Ramingo gli era mancato.

Le stelle scivolarono timidamente via dal dorso del cielo per andare ad imperlargli il volto con la loro luce.

Finalmente riusciva a vedere qualcosa. Le fronde degli alberi del Bosco Atro oscillavano oscure, rumoreggiando nell’aria.

L’Uomo chiuse gli occhi. Immaginò il mare. Quel mare che aveva visto molto tempo prima, al quale aveva promesso di fare ritorno un giorno.

Le chiome si trasformarono in schiuma. La schiuma s’infranse sulla spiaggia, solleticando la sabbia e il suo corpo. Si ritrasse. Avanzò e si ritrasse ancora.

Ancora una brezza. L’immaginazione e i ricordi lo stavano portando lontano. Era ciò che desiderava il Vento.

Il Ramingo respirò profondamente i profumi del bosco per rammentarli nel futuro, conservarli segretamente nella sua memoria.

Nessuno ne possedeva la chiave. Nessuno se non alla Solitudine aveva rivelato quei segreti.

Riaprì gli occhi, fece per rientrare nella stanza, si voltò di colpo, fermandosi nuovamente.

Si avvicinò ancora al davanzale, appoggiò lentamente le sue mani sopra di esso e guardò giù.

Un brivido gli percorse la schiena.

"Legolas…" mormorò.

Lo guardò profondamente, come per scrutarlo nell’ombra.

Serrò i pugni sul legno.

"È per questo…?" sussurrò, "…per questo che mi hai svegliato?" alzò il volto, "Sei crudele, sai…"

Il Vento l’accarezzò.

"Credevo che volessi semplicemente indicarmi la strada per il viaggio, invece… mi mostri ciò che più mi trattiene qui…" concluse con un fremito di rabbia nella voce.

Guardò nuovamente in direzione dell’Elfo.

Legolas sprigionava una luce strana quella notte. Magnetica e nostalgica.

Una lunga tunica bianca scivolava libera sul suo corpo, i capelli d’oro brillavano intensi sulle sue spalle, come fili di seta trasparenti, di tanto in tanto il Vento ne scompigliava qualche ciocca.

Appariva particolarmente etereo, una creatura sospesa nel vuoto.

La luce che emanava non proveniva dai suoi vestiti immersi nell’argenteo bagno lunare, bensì da dentro, malinconica e struggente, soltanto come un lamento d’addio sa essere.

Al Ramingo si strinse il cuore.

Imprecò contro il Vento, senza accorgersi che il Vento aveva cessato di gridare.

Tutto taceva.

Legolas risplendeva chiaro al centro di quell’oscurità, l’unico punto visibile, oltre al Lago d’Argento in lontananza.

D’un tratto voltò la testa e il Ramingo ne scorse il profilo. Le stelle rotolarono sugli zigomi, le guance chiare e lisce ne riflettevano la luce. Sollevò gli occhi per implorare qualcosa alla Luna, mentre le sue labbra gemevano qualcosa d’impercettibile.

Il fardello che cercava di affidare al cielo, quella notte, sembrava essere pesante.

Appoggiò un braccio contro un albero davanti a sé e chinò la testa.

L’Uomo inavvertitamente si portò una mano al collo, sfiorandolo dolcemente, così si sporse ancor di più per guardare meglio.

Soltanto allora si accorse che il Vento taceva e che la Natura attendeva silenziosa…

«Cosa significa tutto questo…?» pensò.

Non ebbe il tempo di darsi una risposta, che l’Elfo sollevò improvvisamente la testa e l’Uomo vide una lacrima brillare sulla sua pelle.

Il Ramingo indietreggiò come turbato, si voltò, afferrò la sua vestaglia nera e senza pensare uscì velocemente dalla stanza.

Il Vento impercettibile rotolò dentro e scivolò tra le coperte, nel letto ormai sfatto e abbandonato.

 

"Siamo un po’ malinconici, stasera…?"

L’Elfo sobbalzò, voltandosi di scatto, dischiuse le labbra per rispondere, ma quando vide l’amico dinanzi a sé, le parole si trasformarono in un dolce sorriso.

Abbassò gli occhi, senza riuscire a dire nulla.

"Qualcosa nell’aria sembra parlare, non è vero…?" continuò l’Uomo.

Legolas rialzò lo sguardo su di lui. Si limitò soltanto a fissarlo però, mentre l’espressione di stupore scivolò via dal suo volto.

"Non riesci a dormire…?" domandò ancora il Ramingo.

"No…" sussurrò mesto Legolas.

"Neanch’io!" concluse, voltandosi a guardare verso un punto indistinto nell’ombra. "Sei forse triste, Legolas…?" chiese improvvisamente dopo alcuni istanti.

"Forse…" mormorò l’altro.

"Perché…?"

Legolas non rispose. Fece alcuni passi in direzione del bosco, avvolgendo con il suo profumo l’aria attorno.

Gli occhi del Ramingo erano intensi e penetranti su di lui.

"Perché…?" domandò ancora più dolcemente.

"Perché non sei venuto a cena, stasera…?" tergiversò Legolas.

"Desideravo restare un po’ solo…" esitò Aragorn.

"Forse… io sono qui per lo stesso motivo, non credi…?" aggiunse Legolas.

"Vuoi che me ne vada?" domandò l’Uomo.

L’Elfo non rispose. Aragorn accettò quel silenzio, si voltò e fece per tornare verso il palazzo.

"Desideravi restare solo per riuscire a dirgli addio senza soffrire troppo?" disse d’un tratto Legolas.

L’Uomo si bloccò di colpo. Chiuse gli occhi. Sentì l’Elfo avvicinarsi a piccoli passi sull’erba. "Salutare Bosco Atro dalla finestra della tua stanza…?"

La voce era vicina, proprio dietro di lui. Poté sentire il suo respiro tra i capelli.

"Da quell’altezza si può contemplare uno dei più bei paesaggi della Terra di Mezzo…!"

L’Uomo si voltò a guardarlo interdetto.

«Come può conoscere la differenza se non ha visto altri luoghi…» pensò.

"L’immaginazione…" soggiunse l’Elfo, "con l’immaginazione ho esplorato questo mondo e quello invisibile…" lo guardò intensamente, "tutto è scritto dentro di me, Estel… io mi limito soltanto a dipingerlo!" concluse.

"Dipingerlo…?" mormorò Aragorn.

"Il mio mondo è pieno di colori e di strane creature, sai, conosco soltanto il verde-oro del Bosco Atro, questo è vero, ma percepisco altre sfumature e ti assicuro… sono tantissime!" esclamò.

"Lo so…"

"E tu con i tuoi racconti non hai fatto altro che regalare nuova vita alla mia fantasia!" aggiunse.

Sorrise e nuovamente si perse con lo sguardo incantato nell’oscurità, scrutando luoghi remoti che soltanto lui poteva riconoscere.

"Che cosa… stai dipingendo in questo momento?" domandò d’un tratto Aragorn titubante ed incuriosito.

L’Elfo sorrise radioso.

"Dipingo un Ramingo che lentamente avanza su una lunga strada e con se porta storie e nuovi colori da aggiungere alla mia vita…"

Aragorn tacque, colpito da quelle parole.

Emozioni contrastanti lo invasero.

Gioì. Ripensò al momento del suo arrivo a Bosco Atro, a quell’incontro e all’amicizia profonda che era nata fra di loro.

Ma nello stesso istante, tremò. Il tempo dell’addio non sembrava ormai lontano, aveva già tracciato nell’aria i suoi rintocchi.

"L’ho scelta io quella stanza…" riprese a dire Legolas, "volevo che l’avessi tu…" si voltò verso di lui rapendolo nel chiarore dei suoi occhi, "ricordi cosa ti dissi? Là terminano i confini del Bosco Atro, alle sponde del Lago d’Argento, invece da quella parte sei giunto tu oggi…" sospirò, "l’inizio e la fine del mondo che io conosco…"

Pronunciate queste parole si rabbuiò e il suo sguardo sprofondò in una velata malinconia.

Restarono in silenzio per alcuni istanti.

"Voglio vederlo!" esclamò Aragorn improvvisamente.

"Cosa…?"

"Il Lago d’Argento! Portami là… stanotte!"

L’Elfo abbassò lo sguardo reticente.

L’Uomo si avvicinò e con dolcezza gli rialzò il volto.

"I confini, Legolas… mi sono stancato di contemplarli dalla finestra della mia stanza!"

"Estel…" mormorò l’Elfo.

Il Ramingo scosse la testa.

"Non ha senso guardarli da lontano! È solo… un dipinto senz’anima!"

"Io non…"

"Ho visto l’inizio…" sussurrò l’altro guardandolo profondamente, "ed ora desidero vedere la fine…" Legolas fece un passo indietro, si nascose alo sguardo del Ramingo.

"È proprio ciò che non vorrei mostrarti…" sospirò, "vorrei che non esistessero confini… non esistesse inizio, né fine!"

L’Uomo gli si avvicinò nuovamente.

"Voglio conoscere il tuo mondo Legolas, piccolo o grande che sia…!" sussurrò.

"Perché…?"

"Per imprimerlo nella memoria… tutto!"

"Per dirgli addio! Perché te ne andrai, Estel!" gridò Legolas inaspettatamente.

Aragorn annuì.

"Si… perché me ne andrò…"

L’Elfo lo guardò con occhi colmi di tristezza.

"Ma non posso partire se prima non ho conosciuto la via del ritorno!"

 

Il silenzio calò su di loro per alcuni istanti. Avvolse tutto.

Quando Legolas rialzò il volto, l’Uomo apparì sorpreso.

La tristezza sembrava essersi improvvisamente dileguata, nei suoi occhi brillava una luce nuova e strana, a prima vista indecifrabile.

Una scintilla brillava nelle sue pupille. Il suo sguardo esplose in tutta la sua intensità.

Aragorn trasalì.

Legolas sembrava aver perso la sua solita grazia e delicatezza a tratti fragile. D’un tratto gli sembrò di rivedere il giovane irrequieto e insolente del loro primo incontro.

Ma non era abbastanza.

Legolas era qualcosa di più in quel momento. Appariva selvaggio in tutta la sua luce.

Il Vento che fino a pochi istanti prima era rimasto in disparte, prese a soffiare impetuoso nell’aria.

"Hai voglia di una sfida?" disse Legolas improvvisamente.

"Un’altra…?" mormorò il Ramingo.

L’Elfo annuì, attendendo che l’Uomo smettesse di indugiare.

"Ma… è notte fonda… io sono in vestaglie e…"
"Non accampare scuse, Ramingo!" l’interruppe Legolas, con un tono nella voce che non ammetteva repliche.

Aragorn stava per rispondere, ma non ne ebbe il tempo. L’Elfo con uno scatto felino si allontanò da lui, scomparendo veloce nel bosco.

"Vediamo come te la cavi nella corsa!" esclamò da lontano.

Subito un impulso di sfida bruciò nel petto del Ramingo che in un batter d’occhio si lanciò all’inseguimento.

Una violenta spinta lo incitò in avanti, noncurante della strada da seguire, prese a correre più veloce che poteva tra gli alberi, per poter raggiungere… l’avversario.

"Non vale!" gridò, "Questa non è una sfida ad armi pari!"

Sentì Legolas sghignazzare non troppo distante da lì.

"Così mi batterai…!" gridò nuovamente, "Un Elfo è molto più veloce di un Uomo!"

"Lo so! Ma so anche quanto un Uomo possa essere più testardo di un Elfo! Avanti… prendimi!"

La voce sembrava ora vicina.

"Dove sei, Legolas…?" ansimò Aragorn, "Esci fuori, non conosco questo bosco, andrà a finire che mi perderò!"

"Segui me!" gridò d’un tratto l’Elfo, sgusciando via da un cespuglio accanto.

L’Uomo ebbe appena il tempo di intravedere la tunica bianca perdersi tra gli alberi.

"Accidenti a te!" esclamò riprendendo ad inseguirlo.

"Sono qui… sono qui…"

La voce echeggiava di nuovo lontana.

Il Ramingo correva, anche se non riusciva a vedere quasi più nulla, tanto il bosco si era infittito.

Legolas lo confondeva con i suoi richiami.

A tratti la sua voce sembrava così vicina, pochi istanti dopo riusciva soltanto a sentire la sua eco a distanza.

Era troppo veloce. Aragorn non riusciva a stargli dietro. Già cominciava a sentire la fatica impossessarsi del suo corpo.

Questa constatazione lo fece fremere. L’avrebbe battuto! Una seconda volta! Non poteva di certo permetterglielo!

Iniziò a correre più veloce…

"Legolas!" gridò.

Ma non ottenne risposta.

"Legolas!" gridò ancora. 

Nulla. Neppure i suoi rapidi passettini sulle foglie si udivano più ormai.

Chissà dov’era finito? Chissà se aveva già raggiunto la meta…

Aragorn fremette.

"Legolas…!" gridò più forte, "Si può sapere cosa ti salta in mente? È notte fonda… inizia a far freddo, tuo padre potrebbe vederci…"

"Continua…continua a cercare scuse, Ramingo…!" disse una voce nell’aria, "Devo forse pensare che non ce la fai più…?"

Risate…

"Ma quanto si starà divertendo…?" mormorò l’Uomo, "Non gliela darò vinta!"

Aragorn si guardò intorno ma non vide nessuno.

Si voltò nuovamente e un lembo di tunica bianca volò davanti ai suoi occhi.

"Prendimi! Provaci ancora se ci riesci! Ti do un’ultima possibilità…!" esclamò.

"Maledizione!" sibilò l’Uomo, lanciandosi nuovamente nella corsa, "Aspetta di essere sotto le mie mani che ti farò pagare tutto questo!"

"Ohohoh… come ti temo!" gridò l’altro beffardo.

"Mai provocare un Ramingo!"

"È proprio quello che voglio fare!" ribatté Legolas in lontananza.

Aragorn si accorse che per lui ormai non ci sarebbero più state speranze.

"Ahimè… battuto! Di nuovo!"

Tuttavia l’Uomo non si dette per vinto. Lo spirito del guerriero lo incitava a portare a termine quella lotta.

Riprese a correre, seppur trafelato. Si affidò al suo istinto, almeno per non dar l’impressione che si fosse arreso!

D’improvviso il bosco terminò, scivolando velocemente via alle sue spalle, l’aria esalò il suo grande respiro e l’immensa distesa di una radura si aprì dinanzi a sé.

Aragorn non riuscì a vedere ancora nulla, vinto dalla stanchezza e dalla fatica.

Rallentò i suoi passi, liberando le sue braccia nell’aria, chinò la testa e ansimò profondamente.

Dovette fermarsi. Appoggiò le mani sulle ginocchia e riprese fiato per qualche istante.

Poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata, rimbombare nelle tempie, mentre delle goccioline di sudore gli rigavano il collo.

La vestaglia si era aperta quasi del tutto, scoprendogli il petto e le spalle.

Afferrò la cinta tra le dita e la strinse con forza richiudendola su di sé.

Ansimò ancora, respirò profondamente e fece per gettarsi nuovamente nella corsa.

"Mi stavo annoiando…!" disse d’un tratto una voce accanto a sé.

L’Elfo si sollevò a sedere, appoggiandosi contro il tronco di un albero, si rilassò e stese comodamente le gambe davanti a sé, godendosi soddisfatto… la quiete dopo la tempesta!

Naturale! Quella corsa non l’aveva affatto stancato!

"Ti sto aspettando da un bel po’, sai…" continuò ironico, "ho pensato… povero ramingo, forse si è impigliato tra qualche ramo e non sa più come venirne fuori…!"

"Legolas…" biascicò l’Uomo, lanciandogli una bieca occhiata.

L’Elfo gli rispose con un sorrisetto birichino. Lo osservava con un’espressione compiaciuta.

Si stava gustando la vittoria.

Aragorn non attese ancora. Con un balzo gli fu sopra e lo serrò contro di sé. Gli afferrò le braccia, bloccandogliele dietro alla schiena.

"Non credevo che gli Elfi fossero così impertinenti!" esclamò, "Non solo sfidi un valoroso ramingo… ma osi burlarti di me anche!"

"Perché… non dovrei farlo forse…?" sussurrò l’altro, suadente.

"Ahi… ahi… temo che dovrai subire una dolorosa punizione per questa risposta!"

Così prese a solleticargli senza tregua i fianchi e sotto le braccia.

Legolas sussultò, si divincolò, si spinse contro di lui cercando di gettarlo a terra. Ma la presa dell’Uomo era troppo forte.

"N..no… Estel… basta…" ansimò Legolas ridendo incessantemente.

Aragorn si stava prendendo la sua rivincita!
"Oh… ma cosa ti sta succedendo, principe di Bosco Atro…?" sussurrò, "Stai forse perdendo il controllo…?"

"Non resisto…!" ansimò l’Elfo.

L’Uomo prese a solleticarlo con più energia.

Legolas si divincolò ancora, ma senza successo.

"Estel….!" gridò.

"Sei in trappola!" esclamò Aragorn, "Non dirmi che… non sei capace ad uscirne!"

"Ti detesto!" biascicò Legolas.

L’Uomo rise e non si fermò.

Legolas si piegò in avanti.

"S..smettila!" ansimò.

"Devo smetterla…? E perché…?" mormorò l’altro fingendosi stupito, "Sei in mio potere ora!"

Legolas sobbalzava ad ogni suo tocco.

Aragorn gli stava stuzzicando le parti più sensibili del suo corpo.

"Forse, però una soluzione ci sarebbe…" disse d’un tratto l’Uomo arrestandosi un istante.

Legolas si abbandonò contro di lui, cercando di riprendere fiato.

"…per far cessare questa tortura…" continuò.

"Ah davvero…? E quale sarebbe…?"

Aragorn lo guardò diabolico. Rise.

"Chiedi pietà!" esclamò, riprendendo a tormentarlo.

"No!" gridò l’Elfo.

"No…? Oh, ma allora mi costringi a continuare… Elfo testardo!"

Lo solleticò con più vigore.

"Chiedi pietà!" ripeté, divertendosi.

"Mai!"

"Ah… Elfi!" esclamò l’Uomo alzando gli occhi al cielo.

In quell’istante, Legolas approfittò della distrazione del compagno e con un forte strattone si liberò di lui.

Aragorn cadde all’indietro, colpendo il terreno.

Ma subito si rialzò per lanciarsi nuovamente su di lui.

"Levati! Sei tutto sudato!" esclamò Legolas ridendo.

"Oh perdono principino!" ansimò l'altro, "A differenza di voi Elfi, NOI la sentiamo la fatica!"

Legolas lo osservò divertito, riaggiustandosi la tunica su di sé.

"Ad ogni modo… fatica o non fatica, quello che ha vinto qui, sono io!" disse, rimettendosi comodamente a sedere.

L’Uomo lo fissò, fingendosi minaccioso.

"Allora vuoi proprio provocarmi?"

L’Elfo lo guardò innocente.

"Io…?"

"Si, tu…" l’additò, "Tu…"

Ma non fece in tempo a terminare la frase che le parole gli morirono sulle labbra.

Legolas smise di ridere, guardò il compagno e un dolce sorriso prese posto sul suo volto.

Quanto aveva atteso quel momento, seppure aveva indugiato nel condurlo là, quanto aveva desiderato vedere quell’espressione sul volto del Ramingo.

Comprese immediatamente.

"Ed ora… come farai ad andartene? …Come farai a lasciarlo ora che l’hai visto? …Il Lago d’Argento è come una sirena, Estel…" mormorò tra sé e sé, mentre una gioia sottile invadeva sempre di più il suo cuore.

Pregò la Luna affinché compisse quel sortilegio, affinché l’ammaliasse a tal punto da farlo innamorare di quel luogo.

Si sentì egoista a quel pensiero, ma il desiderio che il Ramingo restasse ancora era troppo forte.

Ad Aragorn mancò il fiato.

Guardò davanti a sé. Una luce imperlata d’argento brillava sfavillante tutt’attorno, spezzava con il suo freddo chiarore l’oscurità che l’avvolgeva.

Neppure le stelle o la glaciale Luna riuscivano a sprigionare tanta luce, soltanto nel riflesso dell’acqua divenivano così intense.

Mille puntini argentati pizzicavano i flutti, espandendosi infiniti sulla macchia nera.

La Luna infine, ricopriva come velo d’argento il Lago silenzioso.

Sembrava che cielo e terra si fondessero insieme, sprigionando un’arcana magia. Un abbraccio senza confini tra i flutti e le stelle.

Aragorn non riuscì a dire nulla, completamente incantato da ciò che stava vedendo.

Tutto era avvolto da una quiete profonda. Non un rumore,  soltanto la melodia di piccole onde che s’infrangevano sulla riva.

Legolas continuava a guardarlo. Il suo cuore stava progressivamente aumentando i suoi battiti, desideroso di conoscere i sentimenti del Ramingo in quell’istante.

"Perché... perché non ti fai un bagno?" disse infine, "Sei tutto sudato!"

L’Uomo si mosse meccanicamente verso la sponda del lago, senza distogliere lo sguardo da quella luce.

"Si... perché no...?" sussurrò.

Lentamente Aragorn fece scivolare le mani sulla cinta, la slacciò, l’Elfo poté indovinare ogni suo gesto anche se l’Uomo gli dava le spalle.

Aragorn aprì la vestaglia, ne scostò i lembi, portò le mani alle spalle, e la lasciò scivolare giù lungo la schiena.

"A..Aragorn..." balbettò l’Elfo allungando una mano come se volesse fermare il suo gesto.

Ma era troppo tardi.

La tunica cadde a terra riempiendosi di sabbia.

Il corpo dell’Uomo fu subito invaso dal chiarore lunare, l’astro definì le sue forme, tracciò il suo profilo come una matita invisibile; scivolò tra i suoi capelli facendoli brillare con riflessi d’argento.

Aragorn restò immobile, con i piedi ben piantati a terra e lo sguardo assente che scrutava lontano.

Anche Legolas non riuscì a muoversi. Teneva gli occhi fissi sul corpo statuario dell’Uomo.

In quel momento Aragorn si avviò lentamente verso il Lago, dimenticando tutto ciò che l’attorniava. Scivolò nell’acqua con un piede, incamminandosi in avanti.

Sebbene non fosse un Elfo, il Lago avvolse comunque lo straniero, ritenendolo degno di sfiorare le sue acque.

I flutti gli scivolarono rapidi tra le cosce, e l’Uomo si immerse fino alla vita.

Con le mani disegnò piccoli cerchi concentrici che si dispersero poi nell’oscurità indistinta.

Si incamminò verso il centro del Lago e subito i riflessi di Luna lo circondarono tutto.

L’Uomo restò così per qualche istante, incantato e rapito a guardare; non aveva mai visto nulla di comparabile a quel luogo prima di allora.

Nulla...

Nessuna bellezza poteva essergli accostata.

Nessuna... tranne quella degli Elfi...

Gli Elfi...

A quel pensiero si voltò e vide Legolas, disteso su di un fianco sulla spiaggia, che lo stava osservando con uno sguardo attento e indecifrabile.

Soltanto allora si accorse che la luce che egli emanava non era poi tanto diversa da quella del Lago.

Il candore della tunica bianca sul suo corpo, sotto il chiarore delle stelle, era incredibile... mai l’aveva visto in quel modo...

Per alcuni istanti credette che fosse una sua visione scivolata via apposta dalla Luna.

Anche Legolas non riuscì a pensare in quegli istanti.

Anch’egli stava contemplando il corpo del compagno... la sua bellezza, imponente e sanguigna. Così diversa dalla sua. Opposta.

Si guardarono a lungo.

Finché Aragorn non si mosse.

Legolas sussultò come destatosi da un sogno.

Aragorn ritornò uomo, quale egli era. Imperfetto, carnale e intenso.

Il Ramingo si voltò attratto da qualcosa che luccicava alla sua destra. Una piccola cascata, intagliata tra le rocce, si gettava nel Lago zampillando allegramente.

L’Uomo non riuscì a trattenersi.

Si spostò velocemente in quella direzione; desiderava che il getto della cascata gli carezzasse la pelle, voleva sentirlo tra i capelli, solleticargli il collo; desiderava sentirlo scorrere giù su tutto il suo corpo.

La raggiunse, la guardò e sorrise, assaporando con il pensiero quel delizioso piacere.

Legolas si sollevò di scatto mettendosi in ginocchio sulla sabbia. Sgranò gli occhi. Aveva capito le intenzioni dell’Uomo.

"Aragorn... no..." mormorò allungando una mano, "che... cosa vuoi fare...? Non continuare, ti prego... non..." la ritrasse, scosse la testa, "Ma che cosa sto dicendo...? Non... sta facendo nulla di sbagliato...! Soltanto un bagno!"

La luce intensa, i rumori sommessi e melodiosi, il torpore di quella notte, e il corpo vigoroso del Ramingo, lo ipnotizzarono completamente.

L’acqua della cascata si gettò su di lui e iniziò a scivolargli sulla pelle. I capelli gli si inzupparono divenendo lisci e pesanti.

Aragorn dovette gettare indietro la testa e lasciarsi andare a quel peso, così l’acqua andò a bagnargli il volto, gli picchettò le guance, egli dischiuse le labbra e vi passò sopra la lingua per gustarne la freschezza.

Legolas si sentì bruciare.

Strinse tra i pugni la sabbia, il suo cuore aumentò i battiti.

Gli sembrò di sentire i sospiri di piacere dell’Uomo ogni qual volta l’acqua scivolava su di lui.

La fantasia lo tradiva con immagini e rumori che non esistevano.

Oppure chissà... poteva essere tutto vero...

Legolas voleva saperlo...

Scattò in piedi, e con un gesto fulmineo iniziò a slacciarsi i lacci della tunica, senza mai staccare lo sguardo dal compagno.

Aragorn fece scivolare una mano sul collo passandosi poi le mani sulle spalle e sul petto.

Respirò profondamente... l’acqua non cessava di bagnarlo. Sorrise compiaciuto.

Legolas accelerò i suoi movimenti, la tunica sembrava non terminare mai.

La curiosità e il desiderio di conoscere le sensazioni del Ramingo, aumentavano.

Sfilò gli ultimi lacci.

Di colpo si bloccò.

Aragorn si era voltato, teneva gli occhi fissi su di lui. Sorrideva. Il suo sorriso pareva essere un invito a raggiungerlo.

Ma Legolas non si mosse. Improvvisamente qualcosa lo paralizzò. L’Uomo aveva forse scoperto le sue intenzioni...?

Si portò una mano al petto e strinse i lembi della tunica per nascondersi al suo sguardo.

«Sono qui... vieni anche tu...» sembrò dire l’Uomo.

Legolas trattenne il respiro. Non sapeva più cosa fare.

La curiosità lo stava abbandonando. Ma al tempo stesso una forza ancora più impetuosa della prima lo invase, spingendo i suoi passi verso la sponda del Lago.

"Vieni anche tu...!"

Questa volta era vero! Questa volta l’aveva gridato!

Legolas sobbalzò, la voce del Ramingo l’aveva raggiunto nitida e squillante.

Aragorn lo guardò ancora una volta per rinnovargli l’invito, così richiuse gli occhi, lentamente gettò indietro la testa, e l’acqua bagnò ancora il suo corpo.

Legolas non resistette più.

Si sciolse velocemente gli ultimi lacci della tunica, noncurante dei suoi pudori. Se la strappò di dosso come se in quel momento gli desse fastidio, si tolse i calzari e subito percepì la freschezza della sabbia sotto ai suoi piedi.

«Guardami... Avanti, guardami...» gridò in silenzio l’Elfo mentre si stava spogliando.

Conosceva la bellezza del suo corpo, e soprattutto conosceva quella bellezza quando la Luna si divertiva a giocare sulla sua pelle.

Ma l’Uomo non lo guardò... continuava a tenere gli occhi chiusi sotto il getto della cascata. Abbandonato e sensuale in uno scorrere eterno di istanti.

Legolas, ormai nudo, entrò nel Lago. I flutti scuri si spinsero contro di lui, l’acqua incontrò il suo ventre, mentre la luce delle stelle scivolava via dietro i suoi fianchi.

A passi lenti si avvicinò alla cascata.

Il Ramingo non si era mosso dalla sua posizione, come se l’attendesse in silenzio, come se lo percepisse già accanto a se.

L’Elfo tentò di essere impercettibile, non voleva disturbare l’acqua, e tantomeno la quiete del Ramingo.

In quel momento, qualunque suo gesto l’avrebbe fatto tremare.

"Finalmente mi hai raggiunto..." mormorò l’Uomo suadente.

Le sue parole si confusero con l’acqua che scivolava tra le sue labbra.

Legolas si fermò, ma non rispose.

Aragorn allora si voltò lentamente e fissò i suoi occhi su quelli chiari e indecifrabili dell’Elfo.

Legolas continuava a non parlare.

Stava forse attendendo qualcosa...? Un messaggio... un segnale...

Il suo volto non tradì alcun rossore. Riuscì a fatica a celare le sue emozioni, anche se poteva sentire cosa gli stava accadendo dentro.

L’Uomo gli si avvicinò un poco.

Il cuore dell’Elfo aumentò vertiginosamente i battiti. Il respiro, seppur contenuto, divenne sempre più affannoso. Il petto ne tradiva il ritmo.

Sensazioni violente gli crescevano dal ventre. Poteva sentirle. L’avrebbero invaso. L’avrebbero travolto. Ed egli era in loro potere. Attendeva...

Aragorn lo fissava, e non aveva intenzione di smettere di farlo.

Legolas era pronto. Non un segnale, non un presagio, soltanto un gesto improvviso, l’attacco inaspettato del guerriero...

"È bellissimo qui..." si limitò invece a dire il Ramingo.

Legolas fu scosso dalla sua voce. Respirò. Profondamente.

"Si..." rispose rilassandosi.

"Non potevo godermi tutto questo da solo...!" continuò l’altro guardandosi intorno, incantato.

"No, non potevi...!" gli fece eco Legolas, "Non te l’avrei permesso!"

"Oh, maestà!" gemette sarcastico l’Uomo.

"Questo luogo non ha senso se non viene condiviso con qualcuno..." proseguì l’Elfo intenzionato a rimanere serio.

Aragorn allora lo guardò in silenzio.

"Grazie..." sussurrò dopo alcuni istanti.

Legolas si addolcì in un sorriso, scosse la testa come per riprendersi da quel torpore, "E poi tu... avevi davvero bisogno di un bagno!" esclamò insolente.

"Ah... è così?

"Bè... si!" ridacchiò Legolas storcendo il naso.

"È tua la colpa se..." si interruppe odorando la pelle del suo corpo, "sei stato tu ad avermi provocato! Mi hai fatto correre per non so quante miglia! Vorrei vedere te al mio posto, dopo tutta quella fatica, se avessi..."

"Il profumo di un Uomo...?" l’interruppe l’altro.

"Ognuno ha il suo di profumo!" esclamò Aragorn incrociando le braccia.

"E meno male! A me va tanto bene il mio...!" rispose Legolas sardonico, "Non lo scambierei con nessun altro...! Figuriamoci con quello di un Uomo, poi...!"

"Ah davvero?" soggiunse Aragorn avvicinandosi, "E che cos’ha il mio corpo che non va?" mormorò fingendosi stizzito.

Legolas sussultò. Fece un passo indietro.

Il petto del Ramingo sfiorò appena il suo.

"N..niente... niente..." balbettò, "Ma cosa c’entra tutto questo poi...? Cosa importa...? Io... volevo soltanto sfidarti...!"

"Sfidarmi?" incalzò l’Uomo avvicinandosi nuovamente, "Sfidare ME?!"

"Oh si...!" saltò su Legolas, "Volevo vedere come se la cava un valoroso Ramingo nella corsa!" lo guardò sornione, "Non vorrei giudicare ma... la fortuna ha voluto che non stessi correndo per sfuggire ad un orda di orchi!"

"E con questo? Cosa vorresti insinuare?" domandò Aragorn guardandolo con cipiglio.

"Niente! Sei mio amico... mi sarebbe dispiaciuto se ti avessero catturato!" rise l’Elfo sbeffeggiandolo.

"Credi davvero che sarebbero riusciti a prendermi, eh?! La velocità non è il mio forte, è vero..." si interruppe, "ma ora vediamo..." gli circondò il collo con un braccio, "come se la cava un giovane Elfo nella lotta!"

Così lo strinse a se e lo gettò nell’acqua.

Legolas annaspò, riaffiorò con la testa, ma l’Uomo lo prese per le spalle e lo costrinse sott’acqua ancora una volta, poi lo sollevò di nuovo.

"E..Estel..." ansimò, "sei forse imp..."

Non riuscì a terminare la frase che si trovò nuovamente spinto giù sul fondo del Lago.

Non poteva arrendersi così! Avrebbe combattuto!

Riuscì ad aggrapparsi ai fianchi dell’Uomo e a fatica si tirò su.

Aragorn stava per gettarlo di nuovo sott’acqua, ma Legolas non gliene diede il tempo: l’afferrò con un braccio serrandolo contro il suo petto, mentre con una gamba lo sollevò da terra.

Aragorn scivolò e finì sul fondale.

L’Elfo non esitò. Gli appoggiò un piede sul petto e lo spinse giù, costringendolo sott’acqua per alcuni istanti.

All’Uomo non fu difficile risollevarsi. Lo fece con impeto puntando mani e piedi, e lanciò Legolas verso l’alto.

L’Elfo perse l’equilibrio e ricadde in acqua con un sonoro tuffo.

Quando riaffiorò, ansimando prepotentemente, vide il Ramingo dinanzi a lui, con le braccia conserte, che lo osservava divertito e soddisfatto.

"Credevi forse di avere la meglio su di me, principe di Bosco Atro?"

"Non hai ancora vinto del tutto...!" sospirò l’Elfo.

"Già..." annuì l’Uomo, "forse hai ragione... Vediamo allora se sai nuotare...!"

Così si tuffò e con grandi bracciate iniziò a sfrecciare via nel Lago.

"Vince chi arriverà per primo a riva!" gridò.

Legolas non se lo fece ripetere due volte e anche se sfinito, si gettò all’inseguimento.

Aragorn nuotava veloce, Legolas faceva fatica a stargli dietro.

Il traguardo si stava avvicinando .

"Maledizione Estel!" gridò.

Aragorn aveva quasi raggiunto la riva.

"L'acqua ti impedisce forse di essere veloce, Elfo?" si sentì rispondere in lontananza.

Effettivamente l'acqua rallentava i suoi movimenti, non era così facile sfrecciare via nel Lago, come correre tra i boschi, divorando l’aria stessa.

Improvvisamente comparve la meta, era vicinissima, ma ancor più vicino ad essa era l'Uomo che stava quasi per toccarla.

Con un ultimo sforzo, Legolas si lanciò verso di lui... non immaginava di essere così testardo! Aragorn aveva ragione: sarebbe stato un perfetto guerriero!

Il Ramingo si fermò, fece per saltare in piedi, pochi passi e avrebbe vinto.

Legolas gli fu dietro, Aragorn si mosse e l'Elfo ancora non rassegnato gli afferrò una caviglia e lo trascinò nuovamente nell'acqua.

L'Uomo si dimenò, annaspando, riuscì a mettersi in ginocchio, arrancò verso riva. Ma Legolas, ormai libero dall'acqua, gli afferrò una gamba, con rapidità lo trascinò verso di sé e crollò sopra di lui, bloccandolo contro il bagnasciuga della spiaggia.

"Preso!" esclamò "Ancora una volta!"

Riprese fiato per alcuni istanti, poi si sollevò appena dal suo corpo e lo voltò supino.

Lo guardò, ridendo stanco e divertito.

Con le dita, istintivamente, gli ripulì il volto dalla sabbia bagnata.

"Non vale..." mormorò Aragorn costernato.

"Non riesci proprio ad accettare le sconfitte ,re di Gondor?" esclamò Legolas.

L'Uomo non colse quelle ultime parole, la mancata vittoria gli bruciava ancora dentro.

"Non riesco ad accettare di essere battuto così tante volte da... un Elfo!" sibilò, "E anche slealmente poi!"
"Io sleale?! Io... ho soltanto combattuto fino alla fine!" rispose difendendosi l'altro.

"Ce l'avevo quasi fatta..." sospirò Aragorn.

"Quasi..." soggiunse l'Elfo.

L'Uomo voltò la testa e guardò la cascata.

"Ed io... che volevo farmi un bagno in tranquillità!"

"Già... ne avevi proprio bisogno...!" ridacchiò Legolas.

"Ti ho mai detto che... ti odio?" disse Aragorn voltandosi a guardarlo bieco.

Come l'avrebbe gettato volentieri ancora nell'acqua!

"In verità, credo... che quello che ha bisogno di un bagno, sei tu ora...! Temo che tu abbia faticato un po' troppo, principino!" continuò, storcendo il naso.

Legolas lo guardò indispettito.

"Gli Elfi non sudano!" si chinò verso di lui, "Senti qua!" disse avvicinandogli il collo al naso e alle labbra.

La sua pelle sprigionò infatti un intenso profumo di freschezza, l'odore dei boschi si confondeva a quello dell'acqua e della sabbia.

"Le..Legolas..." trasalì l'Uomo.

Un brivido lo percorse. Istintivamente gli appoggiò una mano sul petto e lo allontanò da lui.

Legolas si sollevò un poco, appena sopra il suo volto.

I loro sguardi s'incontrarono. La Luna scivolò rapida ad imperlare il colore dei loro occhi. Si guardarono. Stupore e un velo di imbarazzo si dipinsero sui loro volti. Ma non riuscirono a staccarsi. Qualcosa sembrava paralizzarli, l'uno adagiato sul corpo dell'altro.

Aragorn cercò di distogliere lo sguardo dal compagno, ma l'intensità e una richiesta segreta negli occhi dell'altro lo calamitò terribilmente. Fecero un ultimo sforzo. Ma ormai era troppo tardi.

Legolas sussurrò qualcosa e quel sussurro finì sulla bocca dischiusa del Ramingo.

L'Uomo lo raccolse con la punta della lingua.

Legolas trasalì. I suoi grandi occhi azzurri divennero interrogativi, cercavano una risposta, sembravano essere in attesa di un perché.

Anche gli occhi di Aragorn sembravano domandare, ma sapeva che l'Elfo non possedeva una spiegazione proprio come lui.

Non c'era una risposta. Non esistevano perché.

Il suo cuore prese a battere impetuosamente, non riuscì più a nascondere il respiro che si faceva sempre più affannoso, istante dopo istante, il petto gli si sollevava contro quello di Legolas, ad ogni sussulto.

Soltanto allora si accorsero di trovarsi l'uno sul corpo dell'altro, completamente nudi.

Soltanto allora poterono sentire il calore della loro pelle.

Legolas scosse la testa. Ma non si mosse. L'impulso di fuga era trattenuto da una forza maggiore che lo portava a spingersi sempre di più contro il compagno.

Aragorn chiuse gli occhi, vinto da quelle sensazioni; fece scivolare le mani sui fianchi dell'Elfo, li carezzò dolcemente, le sue dita scorrevano veloci, come un soffio impercettibile sulla pelle liscia e ancora bagnata di Legolas.

Mosse istintivamente il suo ventre contro quello dell'Uomo e una violenta scossa di calore attraversò tutto ilo suo corpo. Tremò.

Legolas non riuscì a pensare a nulla in quegli istanti, se non a lasciarsi andare. Tutto taceva in lui, tranne il suo cuore che urlava al ritmo di battiti impetuosi. Non conosceva alcuna risposta. E il Ramingo teneva gli occhi chiusi. Quando li riapriva lo guardava a lungo. Non c'erano storie passate nel suo sguardo, lo scrutava semplicemente, come per riempirsi di ogni istante di quel presente così precario e inaspettato.

L'Elfo si lasciò trasportare da quelle emozioni sconosciute, uno strano desiderio mai provato prima aumentava sotto il rapido tocco delle mani dell'Uomo. Lo guardò ancora per un istante e lentamente si chinò su di lui.

"Vorrei..." sussurrò.

Aragorn rispose con un sospiro silenzioso.

Legolas chiuse gli occhi, respirò il profumo del volto del compagno e dolcemente gli sfiorò le labbra con le sue.

Aragorn gemette, trasalì ma non lo scostò. Anche la sua bocca iniziò istintivamente a muoversi in quella morbida dell'Elfo.

Le sue dita smisero di carezzarlo, le sue mani strinsero più forte i suoi fianchi, avvicinandolo a sé e Legolas si spinse un po' più profondamente nella sua bocca. L'assaporò, lo mordicchiò dolcemente, si strinse contro il suo petto, accarezzò le sue spalle e l'assaporò ancora.

Chiuse gli occhi, si perse nel suo respiro sempre più caldo e fece scivolare la punta della lingua tra le sue labbra, dischiudendo dolcemente la bocca.

"Le..Legolas..." gemette l'Uomo.

L'Elfo aprì gli occhi, s'incrociarono ai suoi, sentì il suo fiato riscaldargli le guance.

Sentì il suo compagno. In tutto il suo calore.

La realtà ritornò prepotentemente su di loro.

Sussultò. Sconvolto. Confuso. Imbarazzato.

"Pe..perdonami..." balbettò, scostandosi da lui.

Ma Aragorn lo trattenne. Con un movimento lento lo spinse sulla sabbia, lo adagiò contro l'acqua e finì sopra di lui.

Legolas ansimava, senza riuscire a fermare il suo cuore, che pareva esplodere, comprimergli lo stomaco, togliergli l'aria.

Il Ramingo era appena sopra il suo volto, chinò un poco la testa e i capelli bagnati gli solleticarono il collo.

Gli accarezzò il volto con il palmo e il dorso della mano, con le dita scivolò sulle sue labbra e ne tracciò il contorno. Legolas le dischiuse e trattenne tra di esse quella carezza.

Aragorn aggrottò la fronte, respirò profondamente, guardandolo quasi incredulo, travolto da quelle sensazioni. Non riuscì a dir nulla. Temeva che ogni suo gesto, ogni piccolo movimento, ogni parola anche se sussurrata soltanto, potessero far esplodere il desiderio che traboccava in lui.

Legolas gli mordicchiò le dita, riaprì gli occhi, scrutandolo intensamente.

Sembrava chiamarlo a sé, con uno sguardo disarmante... completamente indifeso.

L'Uomo si morse le labbra. Quell'innocenza sul suo volto lo faceva bruciare.

Fece scivolare le mani sotto la sua schiena, titubante, quasi incerto, lo sollevò un poco, stringendolo a sé.

"Estel..."

Aragorn chiuse gli occhi e tremò.

Quel  sussurro gli sembrò un’invocazione “Fa di me ciò che vuoi...” continuò l'Uomo nei suoi pensieri, immaginando i desideri del compagno.

La voluttà lo stava inebriando. Il profumo di Legolas lo stava inebriando. La sua bellezza candida e perfetta lo stava inebriando.

Violenti brividi lo percorsero tutto.

Ansimò profondamente.

Non sarebbe riuscito a trattenersi a lungo. Ma aveva paura.

L'Elfo comprese cosa egli stesse provando. Erano le sue stesse emozioni.

Gli sorrise rassicurandolo, gli mise una mano dietro alla nuca e lo avvicinò a sé.

Desiderava ancora perdersi in lui con un bacio.

L'Uomo gli sfiorò le labbra. Si ritrasse. Esitò un istante. Legolas mosse il bacino contro di lui, con un colpetto impercettibile.

Così Aragorn scivolò nella sua bocca, senza più riuscire a pensare a nulla. Si unirono in un bacio profondo.

Legolas si strinse a lui, Aragorn non cessava di gustare il suo sapore, di succhiargli dolcemente le labbra, finché l'Elfo, impaziente, cercò la lingua del compagno con la sua. S’incontrarono. Si sentirono. S'intrecciarono con forza, immergendosi in un bacio intenso e sensuale.

Legolas poté sentire il desiderio del compagno crescere sempre di più. Sussultava, tremava, ricadeva su di lui, lo stringeva spasmodicamente, serrava le labbra contro le sue, come per possederlo con la bocca soltanto in un istante interminabile.

Ma non poteva bastare.

Scivolò velocemente lungo il sui collo, lo mordicchiò e con la lingua lentamente tracciò dei sentieri invisibili sulla sua pelle.

Gli raggiunse l'orecchio.

"Oh no... non l'orecchio..." gemette l'Elfo.

"Non l'orecchio...?" ansimò l'Uomo, "Forse desideri che assapori la sua punta..."

Legolas chiuse gli occhi, abbandonandosi al violento torrente di piacere che l'invase non appena il Ramingo iniziò a giocare con la sua lingua in quel punto.

"Estel... oh Estel... non lì... è... è....la parte più sensibile di... ah... un Elfo..."

"Ma davvero..." mormorò l'Uomo continuando a tormentarlo.

Adorava vedere Legolas abbandonarsi in quel modo, sentirlo fremere sotto i suoi baci, vederlo in suo potere come non lo era mai stato prima.

"Non resisto..." gemette ancora.

Gettò un braccio all'indietro, strinse un po' di sabbia bagnata nella mano, ma essa scivolò via rapida e veloce come le labbra del Ramingo su di sé.

Gli sembrò di perdere i sensi, ma tentò comunque di divincolarsi da quella presa, un ultimo barlume di ragione sembrava ancora assisterlo. Presto avrebbe perduto anche quello!

Aragorn si sollevò sulle braccia e si mosse su di lui continuandolo a baciare con passione e dolcezza.

Legolas si accorse che non esisteva alcuna via di fuga, il suo corpo era completamente in balia di quello del compagno, era intorpidito, sarebbe scivolato nel Lago se non si fosse aggrappato alle spalle dell'Uomo. Era il suo unico appiglio.

Così si lasciò andare ai suoi movimenti, sentendo la sabbia scivolare via sotto la sua schiena.

L'Elfo non resistette più.

Doveva allontanarlo dal suo orecchio! Gli prese il volto tra le mani, intrecciò i suoi capelli tra le dita e lo spinse in basso.

Aragorn seguì quel desideri. Scivolò veloce sul suo petto e gli raggiunse il ventre.

Legolas ansimò. Un'altra scarica impetuosa di piacere lo colse. Più forte della prima.

«Ahimè... credo di aver commesso un grosso errore...!» pensò. Questo fu il suo ultimo pensiero! Dopodiché non riuscì più a formularne altri!

Aragorn non esitò un istante. Gli baciò la pancia, gliela mordicchiò con dei morsettini piccoli e leggeri. Si fermò un istante...

"Oh no, ti prego... non fermarti..." gemette Legolas, ormai perso.

L'Uomo sorrise. Ricominciò a baciarlo. Si fermò ancora. Trattenne il respiro.

"E..Estel!" gemette ancora l'Elfo.

"Mi desideri cosi tanto...?" sussurrò il Ramingo, iniziando anch'egli a perdere il controllo.

Legolas non rispose. Ansimò.

E lui, rapido e crudele, colse l'affermazione in quel sospiro e spinse la sua lingua sulla sua pancia percorrendola tutta.

"Ah… Aragorn!" gridò l'Elfo senza più riuscire a trattenersi.

La sua schiena sprofondò nella sabbia bagnata, spalancò le braccia, l'acqua rotolò sopra i suoi muscoli e sui palmi delle mani, gettò indietro la testa, affondando i capelli d'oro nella sabbia bagnata, la Luna gli baciò la bocca ed egli sollevò il bacino contro le labbra del compagno, senza più riuscire a contenere il desiderio.

Ma l'Uomo non lo assecondò.

In un batter d'occhio risalì sul suo corpo raggiungendogli il volto. Lo prese, con un bacio morbido e profondo.

Legolas, ancora sconvolto lo strinse tra le braccia, accarezzandolo con forza.

Quelle violente sensazioni lo avevano stordito. In quell'istante desiderò averlo vicino più che mai, essere protetto contro il suo petto, desiderava tutto il calore che l'Uomo gli trasmetteva.

Aragorn smise di baciarlo, ma lo trattenne ancora nel suo abbraccio. L'Elfo lo guardò come se facesse fatica a riconoscerlo, come per convincere se stesso che quello non era un sogno.

Il Ramingo gli sfiorò le guance con le labbra, strofinò la punta del naso contro il suo, gli baciò la fronte con immensa dolcezza.

Legolas sembrò tranquillizzarsi per qualche istante. Dopo poco si divincolò e Aragorn allentò la presa, lasciandolo andare.

L'Elfo sprofondò nuovamente sulla sabbia e inaspettatamente, senza smettere di guardarlo, si stese e si voltò, finendo con il petto contro la sabbia.

L'acqua rotolò tra le sue cosce, velando e mostrando ogni parte del suo corpo in un ammaliante gioco visivo.

Abbassò la testa, i biondi capelli s'impregnarono di sabbia, strinse tra le mani rivoli d'acqua e lentamente inarcò il bacino, per offrirsi al compagno.

"Non vorresti... provare?" sussurrò, guardandolo con i suoi grandi occhi azzurri disarmanti.

"Oh Valar...!" gemette l'Uomo crollando in ginocchio, ancora scosso dalle emozioni appena provate, e incredulo davanti a ciò che stava per succedere.

Legolas riabbassò il volto e con movimenti impercettibili, spinse il suo bacino contro la sabbia, sospirando.

"Vuoi... vuoi forse farmi morire?" ansimò l'altro.

Come calamitato, Aragorn gli si fece vicino. Non riusciva più a staccare i suoi occhi da lui, dai suoi movimenti lenti e accennati, dalle labbra tremanti e dall'espressione del volto che bruciava di desiderio.

Si avvicinò ancor di più, guardingo, quasi intimorito.

Gli appoggiò una mano sulla schiena e sentì un inaspettato calore crescere a fior di pelle.

Il suo aspetto fragile e delicato sembrò essere soltanto un ricordo in quegli istanti. Un ricordo vago che celava qualcosa che Legolas non aveva probabilmente mai espresso. Non in quel modo!

Aragorn l'accarezzò per un po', ancora incredulo che quella creatura si offrisse a lui, che fosse sua almeno per una notte...

Senza dire nulla, troppo emozionato per parlar, lo voltò dolcemente.

Desiderava guardarlo ancora negli occhi.

Ma Legolas li chiuse, si sollevò sui gomiti, inarcò un poco la schiena e gettò indietro la testa pronto ad abbandonarsi a quelle nuove emozioni.

Desiderò tremendamente sentire il Ramingo dentro di sé, percepiva la sua presenza accanto, e il suo vigore.

Dopo pochi istanti quel desiderio si trasformò in realtà perché Aragorn fu sopra di lui e con le ginocchia gli aprì dolcemente le gambe.

Legolas allora si distese completamente, sprofondando ancora una volta nella sabbia. Accarezzò le braccia tornite del compagno, le strinse tra le mani.

Intrecciò le gambe dietro alla sua schiena e lo spinse contro di sé. I loro bacini si sfiorarono e lentamente l'Uomo premette il suo contro quello dell'Elfo.

Iniziò a muoversi su di lui, il suo respiro gli riscaldò il collo bagnato, soffiò sulla punto del suo orecchio e Legolas lo trattenne con più forza tra le sue cosce.

L'Uomo sorrise. Si passò la lingua tra le labbra. Chiuse gli occhi e li riaprì colmi di passione.

Desiderava che anche l'Elfo lo facesse, desiderava vedere l'emozione scritta nel suo sguardo.

"Legolas..." chiamò.

"Continua..." rispose l'altro, senza smettere di assecondare i suoi movimenti.

"Desidero guardarti...!" sussurrò l'Uomo, sfiorandogli il petto con le labbra.

"Tiro pân i veleth nîn..." gemette perdendosi in un'espressione di piacere.

A quelle parole Aragorn non resistette più. Adorava sentirlo parlare in elfico, e in quegli istanti la melodia della sua lingua fu devastante per i suoi sensi.

"Sei meraviglioso..." ansimò l'Uomo, "non so quanto potrò resistere ancora..."

"Tiro nîn!" gemette ancora Legolas, guardandolo negli occhi per poi richiuderli e abbandonarsi di nuovo.

Aragorn ne fu inebriato. Si fermò per un istante, come per contenere quelle sensazioni confuse e folli che lo tempestavano sempre più impetuose... stava perdendo la ragione di sé.

Legolas sorrise, dischiuse le labbra per parlare ancora, ma non ne ebbe il tempo.

Spalancò gli occhi.

"Aragorn!" gridò.

Il Ramingo si era spinto appena dentro di lui. Poteva sentirlo. Si mosse ancora un po'.

"Oh Valar...!" gemette l'Elfo, chiudendo gli occhi.

Aragorn si chinò, gli baciò le labbra e scivolò un po' più a fondo.

"E..Estel..." sospirò Legolas, aggrappandosi alle sue spalle.
Sapeva che quel momento sarebbe giunto, l'aveva tanto desiderato, ma ora provava una strana sensazione, mista di piacere e di paura.

"V..Vuoi che mi fermi?" domandò l'Uomo, cercando ancora di trattenersi.

Legolas scosse la testa, strinse tra le mani i suoi fianchi e lasciò che si spingesse lentamente ancora dentro di lui.

"Oh Legolas!" ansimò il Ramingo, gettando indietro la testa e iniziando a liberare il desiderio.

L'Elfo sussultò, lo strinse contro di se, si morse le labbra e un velo di dolore gli attraversò il volto.

"Ti... sto facendo male?" disse Aragorn, fermandosi un istante.

"Soltanto un po'..."

L'Uomo fece per staccarsi da lui, ma Legolas lo trattenne.

"Passerà..." sussurrò.

Aragorn lo baciò ancora, quasi intimorito di sciupare o di ferire colui che aveva tra le braccia... colui che stava per amare.

Amare...

"Continua!" gemette l'Elfo inarcando la schiena.

Allora il Ramingo crollò sul suo corpo, gli baciò il collo, intensamente le labbra, il petto, le guance; la Luna e l'acqua gliele bagnarono, dipingendole d'argento, il suo volto risplendette, mentre l'ombra di dolore scivolava via, trasformandosi in un'espressione di piacere.

Aragorn scivolò ancora dentro di lui, questa volta con un po' più forza.

Legolas emise un grido. Strinse la lingua tra le labbra, riprese fiato e s'inarcò per concedersi ancora al compagno.

L'Uomo gli mordicchiò l'orecchio, Legolas iniziò a divincolarsi immediatamente, sentiva l'eccitazione crescere dentro... sarebbe stato troppo... aveva paura di non farcela... di perdere il controllo troppo presto... di soggiacere completamente alla passione del compagno...

Aragorn si accorse e osò di più.

"Chiedi pietà!" sussurrò d'un tratto.

"Mai!" rispose l'altro.

"Mi costringi ad essere crudele...!" ansimò l'Uomo, tirandolo verso di sé.

Legolas perse il controllo, si abbandonò completamente per un istante sotto al suo vigore.

"Chiedi pietà ed io cesserò questa dolce tortura..." sussurrò Aragorn sensuale.

"Pe..perché dovrei..." ansimò l'Elfo, riprendendo un po' di ragione, "È una sfida ad armi pari questa..."

Si abbandonò di nuovo.

Aragorn sorrise, gli accarezzò il volto e spinse un altro po'.

Legolas affondò le dita nella sua schiena. L'Uomo lo sollevò contro di sé. Spinse ancora. Legolas gemette. Il desiderio gli avvampò i sensi.

"Prendimi, Estel! Prendimi ora!"

Aragorn non resistette più. Lo strinse forte, gli serrò la schiena con un braccio, mentre con l'altro si appoggiava alla sabbia e scese in lui con passione, rendendolo completamente suo.

"Ah... Aragorn!" gridò. Ma il suo gemito si perse nell'aria.

Si morse le labbra. Il dolore fu forte. Ma passò in fretta. Un nuovo fuoco, ancora più bruciante del primo lo invase.

L'Uomo lo guardò. Non riuscì a trattenersi dal farlo, anche se sapeva che sarebbe stata la sua condanna.

Legolas ansimava, completamente perso. Ed era bello, incredibilmente bello tra i suoi sussulti e i suoi sospiri.

Una violenta commozione invase il cuore del Ramingo, le lacrime gli brillarono sugli occhi ancora umidi di desiderio.

Come desiderava, in quel momento, renderlo nuovamente suo, come desiderava amarlo fino a quando non fossero diventati una cosa sola.

La passione e il desiderio di possederlo ancora gli bruciarono dentro, lo stavano vincendo.

"Voltati...!" gli sussurrò all'orecchio.

Legolas spalancò gli occhi e quando vide quelli del compagno sui suoi gli sfiorò le labbra e lentamente si voltò.

Fece scivolare un braccio sotto al mento, allungò l'altro sulla sabbia, stringendola fra le dita.

Aragorn gli baciò la schiena, gli solleticò l'orecchio con la punta della sua lingua, respirò la freschezza  tra i suoi capelli chiari.

Si adagiò su di lui. Legolas a quel contatto sollevò la testa. Sentì tutto il vigore dell'Uomo su di sé.

Aragorn fece scivolare le mani sui suoi fianchi, li massaggiò dolcemente ed iniziò a muovere il bacino su di lui.

Non si stancò neppure un istante di baciargli la nuca, il collo, le guance... non trascurò nulla. Voleva sentirlo suo, interamente suo, voleva regalargli l'estasi.

E Legolas rispondeva ai suoi desideri, facendosi morbido e flessuoso sotto di lui, assecondando ogni suo movimento.

Aprì le gambe e gli si offrì nuovamente... questa volta del tutto.

Aragorn sentì una morsa al cuore e una scintilla di calore scoccò verso l'alto.

"Ancora, Estel... ancora..." ansimò l'Elfo, muovendosi contro il suo ventre.

Il Ramingo sospirò, fece scivolare le sue braccia sotto a quelle dell'Elfo, gli bloccò le spalle e l'attirò verso di sé, entrando in lui.

Il piacere poté finalmente espandersi ovunque.

"Ti desidero, Legolas..." gemette l'Uomo appoggiando la testa contro quella del compagno, "ti desidero come non ho mai desiderato nessuno in vita mia, prima d'ora..."

Affondò nel suo corpo.

"Anch'io... oh Estel anch'io...! Ti prego amami... come soltanto tu sai farlo!" ansimò l'Elfo serrandosi contro di lui.

"Oh Valar... si..." sussurrò Aragorn, emozionato e sconvolto, mentre sentiva Legolas abbandonarsi libero e selvaggio sotto al suo corpo.

Fece scivolare le mani lungo le braccia dell'Elfo, le spinse contro la sabbia bagnata e intrecciò le dita alle sue.

Legolas lo tratteneva stretto. Sentì le sue labbra sul suo collo, il suo petto sulla sua schiena, le gambe intrecciate alle sue... tutto il suo amore dentro di sé.

"Oh Aragorn... oh meleth...." gridò.

Quelle parole, quei profumi, quei movimenti, quei sospiri, quell'acqua che rotolava sui loro corpi e poi fuggiva via, inebriarono il Ramingo... la sua mente, i suoi sensi, il suo cuore. Si fuse alla voluttà che esplodeva tutt'attorno.

Legolas capì che il compagno stava per perdere il controllo. Desiderò che quell'istante non giungesse ancora, ma allo stesso tempo desiderò poterlo sentire suo fino all'ultimo respiro.

Il limite era vicino...

Soltanto pochi istanti e...

La passione bruciò ancora. Aragorn gli afferrò la fronte con una mano, sollevandogli la testa, le sue dita scivolarono nella sua bocca, strinse un braccio attorno al suo collo e poté sentire il cuore dell’Elfo battere all'impazzata, il petto sollevarsi, la pelle infiammarsi.

"Continua... Aragorn, continua!" ansimò, "Continua!"

"Sei mio, principe di Bosco Atro...!" gemette l'Uomo, accelerando i movimenti.

"Più forte!" gridò Legolas, "Più forte!"

"Oh Valar...!" gemette ancora, perdendo il controllo.

"Ancora... di più!" sospirò l'Elfo, gettando indietro la testa contro il petto del compagno.

Aragorn affondò le labbra sul suo collo, ansimando prepotentemente.

"Insieme...!" sussurrò, facendo scivolare una mano sul ventre dell'Elfo.

Legolas sgranò gli occhi. Non sapeva se sarebbe riuscito a sostenere anche il suo piacere assieme a quello del compagno.

"Oh Aragorn, non..."

"Voglio sentirti..." incalzò l'Uomo, muovendosi con forza su di lui, "Voglio sentirti, Legolas..." continuò senza lasciargli tregua, né respiro.

"Sto perdendo la testa... sto perdendo... oh Estel... non fermarti..." ansimò l'altro lasciando cadere i capelli d'oro sulla sabbia.

Si serrarono l'uno contro l'altro, violentemente, come per strapparsi di dosso quei corpi e lasciar fondere le loro due anime insieme.

"Aragorn!" gridò improvvisamente l'Elfo, " Sto per..."

Il luogo... la sua materia... i suoi colori scomparvero.

"Si, Legolas..." sussultò l'Uomo appoggiando la testa contro la sua schiena, " Esplodi... esplodi con me...ORA!"

Il Vento soffiò impetuoso. Gli alberi gettarono indietro le loro chiome.

"Ah... Aragorn!" gemette l'Elfo, spalancando gli occhi e le labbra in un ultimo grido di piacere.

Si bloccarono. L'uno nel corpo dell'altro, stretti, uniti, con gli occhi rivolti al cielo, e i loro volti bruciarono sotto lo sguardo gelido della Luna.

Crollarono a terra, stremati. L'acqua e la sabbia l'invasero. Ansimarono, stanchi e pazzi di gioia. Tremavano ancora per il piacere e per le sensazioni provate.

Il Vento soffiò ancora qualche istante, poi più dolcemente, infine si chetò e scomparve del tutto.

Le chiome degli alberi si immobilizzarono. Le acque del Lago tornarono a scorrere lente e tranquille, i riflessi delle stelle andarono ad occupare ancora una volta l'oscurità, avvolgendo i due amanti con la loro luce d'argento.

L'Uomo baciò il suo compagno e si sollevò per raggiungere la riva.

Portò con sé Legolas, e non appena ebbero toccato la sabbia asciutta, crollarono nuovamente a terra sfiniti e abbracciati.

Aragorn strinse dolcemente l'Elfo contro di sé. Con una mano gli accarezzò il petto. Sentì il suo cuore che piano piano aveva cominciato a rallentare i suoi battiti, ma ancora qualcosa bruciava dentro di lui.

Le sue dita scorrevano veloci su quella morbida pelle dai tratti lunari.

Appoggiò la testa contro la sua schiena, baciandola  di tanto in tanto.

Legolas non riuscì a parlare. Si sentiva come sospeso.

Era felice che Aragorn, fosse dietro di lui e non lo potesse vedere.

Non scoprisse le lacrime che scorrevano copiose sul suo volto.

La bellezza, la magia e i profumi di quella notte, l'ebbrezza, la passione, il dolore che si tramutava in piacere era stato troppo, troppo, così tutto insieme, per il suo giovane cuore d'Elfo.

Chiuse gli occhi. Strinse le mani del compagno tra le sue e pregò che quegli istanti non terminassero. Non ancora.

Anche Aragorn non parlò. Stava rivivendo in silenzio ogni gesto, ogni emozione di quegli istanti.

Mai il suo cuore aveva provato così tanta gioia prima di quel momento, mai tanto dolore sofferto allo stesso tempo, mai era riuscito a far sua tanta bellezza, sebbene l'avesse da sempre cercata... desiderata.

Mai era riuscito ad amare in quel modo.

Amare...?

Chiuse gli occhi. Cercò di non pensare, cercò di non ripetersi quella parola.

Sapeva quale fosse il suo destino. Amare....

Desiderava che quegli istanti non finissero. Amare...

Dirgli addio. Perchè...?

"Estel..." mormorò d'un tratto Legolas, "Io..."

"È dunque questo il Lago d'Argento?" l'interruppe l'Uomo impedendogli di continuare, "È dunque così...?"

"No..." sospirò l'Elfo, "così non è mai stato..."

Aragorn lo strinse ancor di più a sé, come se avesse paura che il vento volesse rubarglielo. L'emozione crebbe ancora una volta nel suo cuore. Si sentì improvvisamente intimamente legato a lui.

Legolas si accoccolò dolcemente, contro il suo petto.

"Avevi ragione, sai..." prese a dire di nuovo, "esistono altre vie per far esplodere il fuoco che sia ha dentro..."
"Altre vie..." sussurrò pensoso l'Uomo, "quali...?"

"Una di queste... una di queste è l'amore!" mormorò Legolas contemplando commosso il volto della Luna.

"Legolas..." sospirò il Ramingo, cercando di dimenticare quella frase.

"Non la guerra... l'amore!" esclamò, voltandosi improvvisamente a guardarlo, "Aragorn io..."

"Sssht..." l'interruppe l'Uomo, poggiandogli un dito sulle labbra.

L'Elfo abbassò gli occhi. Rimase in silenzio. Ma il suo cuore urlava. Avrebbe voluto dirgli tutto quello che sentiva, tutto quello che aveva provato, tutti i suoi sentimenti!

Lo guardò ancora. E si perse nei suoi occhi malinconici e profondi.

«Oh Estel...» pensò, «come posso rinunciare a te? ...Sei tutto ciò che ho sempre cercato... come posso? Se hai una risposta... ti prego dammela...! Sai essere enigmatico e limpido... ironico e profondo... scostante e generoso... selvaggio e tenero...» sospirò, «tremendamente intenso!»

L'Uomo fu avvolto dalla sua luce, dalla sua poesia. Legolas risplendeva ora rinnovato e più luminoso che mai.

La Luna desiderò regalargli quest'ultima sua immagine prima dell'addio, affinché non dimenticasse...

Il dolore del distacco sarebbe stato tanto più grande. Ma ad Aragorn non interessò.

Non voleva rinunciare.

Non a Legolas... Non a quegli istanti...

 

Il Vento sembrava quieto.

Il Ramingo rimase silenzioso. Non poteva concedersi a due pretendenti.

Doveva scegliere. La libertà. O l'amore.

Legolas lo scrutò. Comprese i suoi pensieri. Erano chiari, nei suoi occhi.

Indugiò un istante. Gli baciò le labbra. Sapeva che non sarebbe servito a niente. Sapeva che non poteva nulla contro il Destino. Ma lo baciò comunque, ancora, e ancora una volta.

Sapeva che nulla era perduto...

"Ora comprendo..." sussurrò, "cosa mancava a quel tramonto..." il suo volto divenne radioso, "la Luce!"

Aragorn lo strinse tra le braccia, lo baciò disperatamente... la testa ... le guance... il collo... le labbra... Non poteva finire tutto... non così... non ora...

"Ti ho desiderato tanto Legolas, tanto...!" gemette commosso, "Non so cosa sia accaduto... non conosco il perché... ma non m'importa... non m'importa" sussurrò baciandolo ancora.

"Ed io... ho desiderato te, Estel... il tuo ardore... la tua libertà... dal primo istante che t'ho visto... " mormorò perdendosi nelle sue labbra, "ricordi il nostro primo incontro...?"

"E come potrei dimenticare... come...?" esclamò l'Uomo, prendendogli il volto tra le mani.

 

Improvvisamente il Vento si sollevò nell'aria, l'acqua del Lago ruggì, e le prime luci dell'alba si stagliarono all'orizzonte.

Le sue folate soffiarono tra i capelli neri del Ramingo.

Il richiamo...

Aragorn lasciò il volto del compagno e abbassò gli occhi.

Legolas sentì un forte dolore attraversargli il cuore. Perché sapeva. Perché il momento era giunto.

Tuttavia gli rialzò il volto e sorrise ancora.

"Im melin le, Estel!" disse dolcemente.

"Cosa significa...?" chiese, l'Uomo.

Legolas lo scrutò intensamente. Una nuova luce brillò nei suoi occhi.

"Significa..." s'interruppe e sorrise, "qualcosa che non muore"

 

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NOTE:

Per coloro che non fossero esperti di elfico...

 

“Tiro pân i veleth nîn” significa “Guarda tutto il mio amore”

“Tiro nîn” significa “Guardami”

“Im melin le” significa “Ti amo”

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