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Capitolo Tre

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"Mio figlio Legolas si occuperà di voi!"

 

Legolas si appoggiò comodamente contro il tronco dell’albero, si strinse tra le braccia come per riscaldarsi e sorrise.

Tutto era iniziato da lì.

Guardò il cielo limpido e infinito dinanzi a sé.

Chiuse gli occhi. Respirò profondamente. Li riaprì.

L’infinito...

Era passato così poco tempo dal loro primo incontro, soltanto un mese, eppure gli sembrava che si conoscessero da una vita.

Amava cullarsi nei suoi pensieri, nei suoi ricordi vicini e lontani, in quel luogo che era suo, intimamente suo, quel colle remoto, così difficile da raggiungere, in quelle ore della sera, in cui ascoltava se stesso e i suoi più profondi desideri, mentre nel cielo si stagliavano le prime luci del giorno morente.

Il tramonto faceva capolino con i suoi colori ancora chiari e delicati. Filamenti rossastri attraversavano il cielo azzurro, per poi perdersi invisibili tra mille sfumature.

Sapeva che quei colori sarebbero diventati ben presto molto più intensi.

Sapeva che di lì a poco sarebbe giunta la notte, con essa la cena, e con essa... il Ramingo.

Nei momenti in cui non stavano insieme, lui era solito salutarlo la mattina e ritornare la sera dopo lunghe esplorazioni del Bosco Atro che duravano anche un giorno intero.

L’Uomo non dimenticava mai quel rito. All’alba gli bussava alla porta, l’Elfo sobbalzava un poco destandosi dal sonno, e nella sua lingua gli augurava una buona giornata.

Tuttavia egli non sapeva che il giovane si affacciava alla finestra, di nascosto attendeva che uscisse nei giardini e con lo sguardo seguiva i suoi passi allontanarsi nella foresta.

"A più tardi Estel..." mormorava.

 

"Estel..." disse Legolas, contemplando il tramonto davanti a sé, "Estel..." ripeté ancora.

E a quel nome sorrise, perdendosi nuovamente tra i suoi pensieri...

 

"Questa è la vostra stanza!"

"Grazie... " rispose il Ramingo, "...grazie per avermi accompagnato fin qui!"

"Avrebbe dovuto farlo un nostro servitore, ma... ho preferito eseguire gli ordini di mio padre!" disse l’Elfo.

"E da quando voi eseguite gli ordini di vostro padre?" domandò l’Uomo voltandosi a guardarlo divertito.

Legolas alzò gli occhi al cielo.

"Per favore..." s’interruppe, "...beh... forse da quando mio padre ha iniziato a dare ordini ragionevoli..." continuò, "... e soprattutto quando concordano con i miei!"
"Concordano con i vostri...?" esclamò interdetto l’Uomo.

"Voi siete mio prigioniero, ricordate? " sorrise, "Dunque... chi potrebbe occuparsi di voi meglio di me?"

Aragorn si mise a ridere, sistemando le sue poche cose su di un tavolo.

"Oh beh... se questa voi la chiamate prigionia..." mormorò guardandosi ammirato intorno.

Legolas entrò nella stanza. Si fece avanti, andando ad aprire la finestra.

"Guardate!"

Il Ramingo si avvicinò incuriosito.

Si bloccò davanti al davanzale e i suoi occhi si persero nello sterminato paesaggio dinanzi a sé.

Bosco Atro brillava intenso e malinconico sotto la luce delle stelle, mentre la Luna pareva incidere sentieri immaginari sulle vie del cielo.

Quel chiarore si tuffava nel grembo della terra, nella piccola radura dove era stata consumata la cena, confondendosi con la flebile luce delle poche candele rimaste accese.

Dopodiché tutto risaliva veloce tra gli alberi, sui tronchi, facendo brillare all’unisono il cuore e i confini di quel regno.

"È meraviglioso..." mormorò incantato il Ramingo

"Meraviglioso, dite... ?" sussurrò Legolas abbassando la testa, "Forse voi lo trovate così perché siete giunto qui da poco..."

L’Uomo lo guardò stupito.

"Oh no... è meraviglioso, dico davvero... anche se avessi trascorso tutta la mia vita in questa..."

"...prigione dorata?" l’interruppe l’Elfo guardandolo malinconico.

"Prigione?" esclamò sorpreso l’Uomo.

"Si, prigione..." continuò Legolas sospirando, "Guardate... guardate quei rami laggiù come si intrecciano perfettamente tutt’attorno ai confini..."

"È incantevole..." sussurrò l’Uomo.

"È... terribile!" esclamò Legolas.

"Cosa... ?"

"È... è soffocante... non un errore... non un intersecarsi sbagliato... niente di consumato o rovinato... tutto abilmente costruito per chiuderci dentro, per... segnare profondamente i confini con il resto del mondo!" concluse aggrottando la fronte.

"Ma... cosa dite...?" disse perplesso l’Uomo.

Legolas sembrava non prestar attenzione ai suoi commenti.

"E guardate ora là..." continuò, indicando un punto argentato nell’ombra, "...là termina il Bosco Atro Settentrionale! Là, dove si trova quel puntino illuminato ora dalla Luna!"

"Che cos’è...?" domandò il Ramingo.

"Quello...? Quello è il Lago d’Argento, viene chiamato così per i riflessi che creano le stelle sull’acqua durante la notte..." mormorò l’Elfo e una scintilla di dolcezza gli attraversò lo sguardo.

Doveva avere molti ricordi in quel luogo...

"Mentre da quella parte... siete giunto voi oggi... Quella invece è l’entrata del mio Regno..." sospirò, "...l’inizio e la fine... i limiti del mondo che io conosco..." concluse abbassando gli occhi.

Restarono qualche istante in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.

"Perché non mi ci portate?" esclamò improvvisamente l’Uomo.

"Dove...?" chiese Legolas ancora assorto.

"Al Lago d’Argento! Perché non ci andiamo una volta?" incalzò sorridendogli.

"Al... al Lago d’Argento...?" ripeté l’Elfo, "...oh beh... si, si... perché no!"

Aragorn lo guardò per un istante. Perché era arrossito?

Un lieve senso di tenerezza gli penetrò il cuore. Le guance di Legolas si erano lievemente colorite, di un rosa tenue che rendeva ancor più morbida la sua pelle. «Anche gli Elfi dunque tradiscono le loro emozioni…» pensò.

"Credo che mi tratterrò ancora un po’ di tempo qui da voi..." riprese a dire il Ramingo, "così, sempre che vogliate, potreste mostrarmi qualcosa del vostro mondo..."

Legolas lo guardò intensamente.

"Davvero lo desiderate?" esclamò.

I suoi occhi si illuminarono.

"Si..." mormorò l’Uomo sorridendogli.

L’Elfo guardò nuovamente fuori dalla finestra.

"Grazie..." sussurrò.

"E per cosa...?" esclamò stupito il Ramingo.

"Per... voler condividere la mia storia..."

"Oh ma io..."
"…per... l’entusiasmo e l’ardore che leggo nei vostri occhi..." continuò senza lasciarlo parlare, "...per il tempo che mi concedete, per... il calore che riuscite a trasmettermi!" concluse Legolas voltandosi a guardarlo.

"Legolas..."

L’Elfo sorrise.

"Ho una lunga vita immortale alle mie spalle, e un futuro infinito davanti a me, possiedo saggezza, esperienza, conoscenza, ma..." s’interruppe scrutandolo intensamente, "...non ho storie negli occhi come voi..."

L’Uomo scosse la testa , ma non poté fare a meno di perdersi nello sguardo malinconico e allo stesso tempo indecifrabile dell’Elfo.

"I vostri racconti mi hanno incantato, Aragorn..." proseguì.

"Aragorn...?" ripeté il Ramingo come destandosi lentamente da un sogno, "...voi conoscete..."

"Il vostro nome, si..." sorrise l’altro, "...anche se non l’ho sentito nell’aria come è capitato a voi..." mormorò ironico.

L’Uomo abbassò gli occhi, imbarazzato.

"Non preoccupatevi...!" disse divertito, "È stato bello, non sapete quanto, avervi incontrato oggi nel bosco..." lo guardò intensamente, "...non sapete quanto il mio cuore possa essere felice nel sapervi qui!"

Ma Aragorn non rispose. Non disse nulla. Il suo volto aveva improvvisamente assunto un’espressione grave.

"Me l’ha detto mio padre..." proseguì Legolas, "poco prima della cena..."

Il Ramingo alzò gli occhi.

"So tutto... re di Gondor!" esclamò l'Elfo.

"Vi prego..." mormorò l’Uomo facendosi triste e allontanandosi dalla finestra.

"Mi avete mentito..." incalzò l'altro, "...il vero re siete voi!"

"Non... non chiamatemi così..." balbettò.

"Perché? E’ la verità!"

"È una verità troppo dolorosa!" esplose Aragorn.

"Ma è pur sempre la verità...!" continuò Legolas, "Io credo che non si possa fuggire per sempre dalla propria storia... come me..." s’interruppe guardando fuori, "...non mi basterà lasciare i confini di Bosco Atro per incontrare la pienezza della Vita..." mormorò, "...eppure anch’io... cos’è che faccio? Continuo a restare nella mia stanza e a guardare fuori da una finestra per sognare un destino diverso..." si voltò, "...ma quel destino non giungerà mai se non è stato scritto per me!"

"Il mio destino è peregrinare...!"

"Il vostro destino è tornare nel vostro regno e sedere sul posto che vi spetta!" esclamò l’Elfo con una scintilla d’ardore negli occhi.

Il Ramingo scosse la testa.

"Sono solo un uomo che ha scelto l’esilio!"

"No…" mormorò Legolas avvicinandosi a lui e poggiandogli una mano sulla spalla, "Io dico che voi siete un re che attraverso l’esilio saprà raggiungere un giorno la sua vera meta..." lo osservò, "Tutto è scritto dentro di noi, Aragorn..."

L’Uomo lo guardò con occhi carichi di commozione. Non si aspettava quelle parole. Non in quel momento. Non così.

La luce del volto dell’Elfo l’avvolse. Per quanto giovane, Legolas aveva assunto un’espressione saggia e profonda. Le sue parole, cariche di verità, sembrarono tranquillizzarlo.

Sorrise.

"Amico mio..." sussurrò, stringendo nella sua mano quella dell’Elfo "...amico mio..." ripeté senza riuscire a dire altro.

Si voltò e strinse forte Legolas contro di sé.

Pianse. In silenzio. Sommessamente.

Legolas poteva sentirlo. Ma non disse nulla. Lasciò che le lacrime dell’Uomo scorressero via, calde, lungo il suo collo e dolcemente gli accarezzò la testa. Era felice di fargli provare ancora il calore di un abbraccio.

"Io lo sapevo..." sussurrò l’Elfo, "dal primo istante che ti ho visto, avevi qualcosa di diverso..." continuò parlandogli ormai con familiarità, "ogni tuo gesto trasudava una grazia particolare, la grazia del tuo animo gentile..." gli rialzò il volto con le dita, "come potevo credere che fossi un semplice ramingo...?"
Aragorn sorrise. La dolcezza di Legolas lo incantava.

"Sottovalutate troppo l’intuito degli Elfi, re di Gondor!" aggiunse scherzosamente.

L’Uomo si scostò.

"Forse è così... o forse sei tu che hai una sensibilità particolare..." disse, cercando di guardare altrove.

"Forse..." ripeté Legolas "ma ciò che conta ora, è che il Vento ti abbia condotto qui, Aragorn... e che io abbia potuto finalmente conoscere l’erede di Isildur! Ora so, che una nuova luce brilla su Minas Tirith!"

"Legolas..." disse d’un tratto il Ramingo "ti prego... non parliamo più di questo, non adesso. È vero... forse un giorno, ritornerò nella mia terra, ma come hai detto tu stesso, quel tempo non è ancora giunto..." si avvicinò nuovamente a lui, "ti chiedo solo questo... non trattarmi come se fossi un re...!"

"L’ho forse mai fatto?" rispose l’Elfo guardandolo fisso negli occhi.

L’Uomo sorrise.

"E non chiamarmi Aragorn... preferisco che tu pensi a me come ad un semplice ramingo!"

Legolas sorrise. Si diresse verso la porta. Annuì.

"Come desideri Estel!" mormorò.

"Estel...?"

"È il tuo nome nella nostra lingua..." aprì l’uscio, "significa… Speranza!"

 

I colori del tramonto scivolarono veloci sul dorso del cielo, l’Elfo dovette stringere gli occhi per contenerne l’intensità.

La luce brillò forte e luminosa sul volto di Legolas, esplodendo in tutta la sua ricchezza, i suoi occhi risposero riaprendosi scintillando azzurri e umidi di lacrime.

Forse fu il gioco della Natura o i dolci ricordi che sopraggiungevano impetuosi, ma il suo cuore non riusciva più a contenere la gioia, l’anima... l’estasi.

Che cosa gli stava accadendo?

Tutto si fondeva in lui: i colori, la freschezza dell’aria, i profumi del bosco, l’ebbrezza della cima del colle che dominava il profondo burrone sotto di sé, mentre egli contemplava tutto, vicino e allo stesso tempo lontano dal suo mondo.

Dischiuse le labbra, assaporò il Vento, sorrise dolcemente, mentre una leggera brezza mormorava tra i suoi capelli...

 

"Insegnami a tirare con l’arco!" esclamò una mattina Aragorn.

Quel giorno aveva deciso di restare nel cuore di Bosco Atro e trascorrere un po’ di tempo con Legolas.

"Insegnarti?" mormorò l’Elfo perplesso, "Credevo che sapessi... non avevo mai messo in dubbio la tua abilità con le armi!"

"Non con tutte... soltanto con la spada!" rispose l’Uomo.

"Oh..." annuì Legolas.

"Non vuoi dunque…"

" Si... si, certo che vorrei..."

"Anche se tuo padre ci scoprisse...?"

Una scintilla brillò negli occhi di Legolas.

"Ti insegnerò tutto ciò che desideri!" esclamò.

L’Uomo scosse la testa.

"Sei incorreggibile!" mormorò ridendo.

Legolas gli si avvicinò.

"Ti insegnerò a combattere!" disse.

"Quello già lo so fare!" rispose sardonico l’Uomo.

L’Elfo lo scrutò per un istante.

"E se io... ti chiedessi di sfidarmi...?" gli sussurrò all’orecchio.

"Non... tentarmi, Legolas..." rispose il Ramingo mordendosi le labbra.

L’Elfo sorrise compiaciuto.

"Hai mai lottato con un Elfo...?"
"Non che io ricordi..."
"Possediamo molte armi segrete, noi..." disse suadente.

Il Ramingo abbassò la testa e sorrise.

"Davvero...?" mormorò, "se è per questo... anche noi non siamo da meno!" disse rialzando gli occhi.

"E dunque..." incalzò Legolas.

"Dunque... conducetemi nel luogo che avete predisposto per la battaglia!" rispose Aragorn con tono solenne.

"Come desiderate...!" sussurrò l’altro, accompagnandolo fuori dalla stanza.

 

Uscirono dal palazzo, camminando tra le luci chiare dell’alba. Tutto era avvolto da una quiete profonda.

Anche i due amici procedevano in silenzio, l’uno accanto all’altro, eccitati all’idea di misurarsi per la prima volta.

«Che strano...» pensò l’Uomo, «ogni volta inizia come semplice gioco e finisce che in questo modo lo conosco sempre di più...»

Dette un’occhiata al giovane Elfo, immerso nei suoi pensieri e sorrise.

Avanzarono. Ignari del Destino che giorno dopo giorno coltivava il seme di un legame profondo.

Presto... sarebbe germogliato, in una non poi così lontana notte di fine estate...

"Siamo arrivati!" esclamò Legolas.

Il Ramingo si guardò intorno. Si trovavano al centro di una piccola radura poco prima della fine del Bosco Atro.

Gli alberi li circondavano ben piantati a diverse distanze tra di loro.

Legolas guardò l’Uomo che cercava evidentemente di orientarsi.

Sorrise avvicinandosi. E con un gesto lento gli offrì il suo arco.

"Prendilo!" esclamò.

"Ma questo è il tuo..." disse l’Uomo stupito.

"Non ne avevo altri! Dunque prendilo Estel... fallo tuo!"

Aragorn annuì e lo prese tra le mani, mentre Legolas gli passava una freccia.

"Allora... vogliamo dare inizio alla sfida?" soggiunse impaziente.

L’Uomo non rispose. Ma a quella parola i suoi occhi si illuminarono.

Si voltò per cercare un bersaglio da colpire.

"Prova a tirare laggiù!" gli consigliò Legolas.

L’Uomo puntò il cuore di un grande albero alla sua sinistra. Strinse l’arco nel pugno, posizionò la freccia, tese la corda e...

"Quello... ?" rise Legolas.

Aragorn si bloccò, guardandolo spazientito.

"...quello è troppo vicino! Prova laggiù!" esclamò indicandone un altro a cinquanta metri di distanza.

L’Uomo sospirò.

"Ma tu ami proprio complicare le cose, non è vero?"

"Oh valoroso ramingo... dovresti ben sapere che le sfide non sono mai facili..." lo guardò divertito, "oppure la verità è che pensi di non farcela...?"

Aragorn non rispose neppure. Si voltò di scatto, impugnò nuovamente l’arco indirizzandolo verso l’albero, tese la corda e scoccò. La freccia sibilò nell’aria ferendola, e colpì il cuore del tronco.

"Centro!" esclamò.

"Complimenti...!" gli fece eco l’Elfo.

"Avanti... ora tocca a te!" lo esortò l’Uomo.

"Non aspettavo altro che il mio turno!" rispose Legolas, e con uno scatto fulmineo s’impossessò dell’arco, scoccò la sua freccia e colpì la corteccia di un albero che si trovava a cento metri di distanza.

Il Ramingo lo guardò sbigottito. Il suo colpo era stato preciso, sottile, tagliente... perfetto.

L’Elfo si accorse del suo sguardo e non nascose l’espressione soddisfatta sul volto.

"Oh, perdonami! È l’abitudine!" esclamò ridendo.

L'Uomo sospirò e sorrise.

"Sei molto bravo con l'arco!"

"Ho imparato da solo e... di nascosto!" rispose Legolas.

"Di nascosto? E perché...?"

"Ricordi come mi rimproverò quell'Elfo quando ci siamo conosciuti...?"

"Si... non fu troppo gentile..."

Legolas si strinse tra le spalle.

"È un ordine di mio padre..." mormorò, "fa di tutto per evitare che io diventi un Elfo guerriero"

"Forse perché... conosce le conseguenze..."

"E allora? Io voglio combattere!" saltò su Legolas, "sento... sento di avere un fuoco dentro di me e non so come farlo esplodere..."

"Credi davvero che la lotta sia la via giusta?" domandò dolcemente il Ramingo.

"È l'unica che conosco..." mormorò l'altro abbassando gli occhi.

"Ne esistono altre..." sussurrò l'Uomo soprappensiero, "altre Legolas..."

"Davvero? E quali sarebbero...?" chiese avvicinandosi.

Aragorn alzò il volto, scrutando l'aria assorto.

"Non so darti una risposta... io stesso devo ancora scoprirle e spero che accadrà presto..." abbassò gli occhi su di lui, "diversamente da te, a volte vorrei potermi riposare dalla lotta..." s'interruppe, "senza smettere di bruciare dentro!"

Legolas a quelle parole trasalì. Un brivido gli percorse la schiena...

Non capì perché. Provò la stessa sensazione di quando il Ramingo, sotto altre sembianze, si presentò alla mensa di suo padre. Provò imbarazzo e ammirazione al tempo stesso. Desiderò parlargli ma non una parola uscì dalle sue labbra. La scossa sembrava avergli soffocato la voce. I suoi grandi occhi azzurri scintillavano, fissi su quelli profondi dell'Uomo.

"Ma ti capisco... non sai quanto..." riprese a dire Aragorn, "sei così abile con l'arco e appassionato nella lotta che riesco a comprendere il tuo desiderio di tentare... saresti un ottimo guerriero Legolas!"

"Dici davvero?" esclamò l'Elfo illuminandosi.

L'Uomo sorrise.

"Già... ma non voglio metterti strane idee in testa!" mormorò.

"Non temere... ne ho già tante di strane idee in testa Aragorn, anche se mio padre..."

"Tuo padre vuole soltanto proteggerti!" intervenne quasi bruscamente l'Uomo.

"No!" esclamò Legolas, con altrettanto fervore, "Vuole limitarmi!"

"Legolas ascolta..." proseguì il Ramingo poggiandogli una mano sulla spalla, "quell'Elfo aveva ragione, arriverà il tuo momento..." gli sollevò il volto con le dita, "non resterai confinato a Bosco Atro per sempre, se questo è il tuo destino..."

Legolas sorrise, scostandosi da lui.

"Non sono così fragile, ricordalo!" esclamò.

Si sentì improvvisamente confuso, leggermente frastornato, come se due forze opposte agissero dentro di lui, si scontrassero, manipolando le sue emozioni.

"Ti... ti va di continuare la sfida...?" mormorò.

"Certo che mi va!" esclamò l'Uomo, "Se non ricordo male tu mi hai battuto ed io... voglio la mia rivincita!"

Legolas estrasse un'altra freccia dalla faretra, ma l'Uomo gli bloccò il braccio, trattenendolo.

"Perché non proviamo con la spada?" disse, "Un duello!"

"Con... la spada?" mormorò Legolas interdetto.

Aragorn annuì.

"Vorrei sfidarti con qualcosa che so utilizzare bene! Sai... non sopporterei proprio di essere sconfitto una seconda volta!" esclamò.

"Oh... beh... si, mi sembra giusto, Estel... il problema è che mi batteresti subito..."
"Perché...?" domandò stupito il Ramingo.

"Non so usarla..." rispose Legolas imbarazzato.

"Non sai combattere con..."

"No. Ho sempre usato arco e frecce! Figurati se mio padre mi consentiva di utilizzare anche una spada!"

Aragorn lo guardò un po' perplesso.

"Allora... questo cambia tutto..." disse dolcemente, "se ti devo sfidare, voglio farlo ad armi pari..."

Legolas sorrise sollevato.

"Ti insegnerò ad usarla!" esclamò il Ramingo.

"Mi insegnerai...?"

"Ma certo! La sfida è soltanto rimandata...!"

Il volto di Legolas si illuminò di una curiosità nuova.

"Quando...?" domandò.

"Anche ora, se lo desideri..."

Legolas annuì elettrizzato e l'Uomo non perse tempo. Strinse tra le dita l'elsa ed estrasse la lama dalla fodera. Subito il metallo luccicò sotto i raggi del sole.

"Tieni! Prendila!" esclamò, porgendogli l'arma.

Legolas l'afferrò, sollevandola al cielo, la guardò ispezionandola. Era incredibilmente lunga! Con la sua punta sembrava ferire le nuvole sopra di sé.

"Andùril..." mormorò Aragorn.

"Andùril...?" domandò Legolas non distogliendo lo sguardo dall'arma. I suoi occhi si riflettevano sulla lama liscia e levigata.

"E' una lunga storia..." sospirò il Ramingo, "un giorno te la racconterò...!"

"Un'altra delle tue storie?" sorrise l'Elfo.

"Già... forse la più importante..." s'interruppe, "Ma ora perché non proviamo ad utilizzarla come si deve?"

Legolas sorrise, abbassò l'arma. L'Uomo si spostò dietro di lui, con una mano gli afferrò le spalle, mentre l'altra scivolò su quella dell'Elfo e strinse assieme a lui l'elsa.

"Ti insegnerò ad usarla così bene, che dovrò inventarmi nuove tecniche per non essere battuto da te...!" gli sussurrò all'orecchio.

Legolas arrossì. Senza comprenderne il motivo. Fu una reazione istintiva a quelle parole. Accrebbero il suo desiderio... di sfida!

Il suo ardore e la voglia di conoscere aumentavano istante dopo istante.

Sentì il corpo del Ramingo contro il suo, percepì il suo calore sulla sua schiena, sentì la stretta vigorosa della sua mano che l'aiutava a dirigere i colpi contro un nemico immaginario. Vide la lama luccicare nell'aria e il desiderio di saper combattere, lottare e vincere s'impossessò violentemente di lui.

Qualcosa gli bruciò nel petto. Combattere fianco a fianco con il suo compagno...

 

Sembrava inerme. Era divenuto egli stesso pensiero. Per alcuni istanti non vide più neppure gli sfavillanti colori della sera rotolare sulla schiena del cielo, i suoi occhi li avevano ghermiti tutti, stavano brillando dentro di lui, fusi con i battiti del suo cuore.

Non percepì la Natura attorno, la durezza del tronco dell'albero, l'erba morbida e umida sotto di sé, il Vento che aveva iniziato a schiaffeggiarlo arrogante.

Ma il suo volto parlava. Come soltanto il volto di un Elfo riesce a parlare.

La luce della sera era scritta sulle sue guance, gli occhi ne riflettevano il sentimento, contemplavano brillando un cielo inesistente, ormai rapito dentro di sé.

I ricordi l'avevano avvolto. Ognuno con la loro singola emozione.

"Aragorn..." mormorò, inconsapevole che l'aria gli stava rubando quel sussurro.

Improvvisamente... un fruscio...

Non lo sentì.

Ancora un rumore... tra i cespugli intricati.

Legolas ritornò alla realtà. I rami erano stati scossi violentemente. Sobbalzò. Fece per voltarsi ma non ne ebbe il tempo.

Un tonfo... le foglie scricchiolarono e qualcuno rotolò ai suoi piedi, finendo con la faccia contro il terreno.

"Estel!" esclamò l'Elfo sorpreso, aiutandolo a rialzarsi,  "Oh, ma cosa..."

L'Uomo si mise in ginocchio, si scrollò di dosso le foglie e i ramoscelli, sputò la terra che gli era finita tra le labbra.

Legolas non riuscì a trattenere una risata.

"Che cosa stavi tentando di fare?" esclamò.

L'Uomo esitò qualche istante.

"Tu... qui?!" mormorò.

"Già..." rispose l'Elfo, "pare che tu mi abbia trovato ancora una volta!"

L'Uomo non rispose. Si alzò in piedi e s'incamminò verso l'orlo del burrone, attirato dalle luci della sera.

Il tramonto aveva raggiunto l'apice della sua bellezza, i colori si stringevano in un instancabile amplesso con il cielo... tutto pareva rasente l'esplosione per scivolare poi via, inghiottito dalla notte.

Le luce si gettò su di lui, avvolgendolo con le sue sfumature.

Il Vento soffiò tra i suoi capelli, lanciandoli nell'aria, il mantello volò all'indietro sfiorando la tunica dell'Elfo, che l'aveva raggiunto.

Legolas poté osservare il suo profilo. Il rossore della sera si era impresso sulle sue guance, la pelle brillò di un oro brunito, i colori tracciarono il profilo delle sue labbra silenziose e dischiuse in un'espressione di meraviglia, i suoi occhi si velarono di tenue malinconia, mentre guardava verso l'orizzonte rammentando cose del suo peregrinare.

Legolas trattenne il respiro. Tremò. Non per il freddo. Rivide ancora la Vita narrata sul volto dell'Uomo... rivide ciò che a lui v’era di più caro.

Amò quel volto...

Per la prima volta sentì di amarlo...

Era bellissimo Aragorn, in quei momenti...

I ricordi di pochi istanti prima lo invasero nuovamente. Ritornarono nitidi e vertiginosi dentro di lui. L'avvolsero. Ma non si trattava più soltanto di ricordi, perché il protagonista dei suoi pensieri era lì davanti a sé... non un'immagine impalpabile della sua mente.

Allungò una mano per toccarlo. Ma la ritrasse subito, senza averlo neppure sfiorato.

Il Ramingo era tremendamente intenso in quegli istanti, sembrava bruciare sotto quei colori... poteva sentire il suo calore... e il Vento non faceva altro che riattizzare continuamente quella fiamma.

Era bello e imponente.

"Perché... non ti siedi accanto a me?" mormorò Legolas incerto.

L'Uomo allora si voltò e sorrise dolcemente.

"È bellissimo qui..." disse commosso.

L'Elfo abbassò istintivamente gli occhi, come se volesse celare qualcosa di troppo intimo.

"Lo so... è il luogo in cui mi ritiro ogni sera prima della cena..." sussurrò.

"È qui dunque che vieni quando ci salutiamo...?"

Legolas annuì.

"Non me ne avevi mai parlato..."

"Non ne avevo mai parlato con nessuno..." rispose, "e nessuno è stato qui con me prima d'ora..." continuò rialzando gli occhi.

"Neppure Lùnithiel...?" domandò il Ramingo con un sorrisetto malizioso sul volto.

"No... neppure lei... Lei... non capirebbe..." mormorò.

Legolas era sempre misterioso quando parlava del suo rapporto con Lunithiel, così l’Uomo preferì non chiedere altro.

"Questo è un luogo che amo vivere in solitudine..." proseguì.

"Oh... allora forse sono inopportuno a restare qui..." soggiunse l'Uomo.

"No, non andartene!" esclamò l'Elfo trattenendolo, "Non... non intendevo questo..." l'avvicinò a sé, "al contrario, sono felice di poterlo condividere con te...!" gli sussurrò sulle labbra.

Il Ramingo abbassò gli occhi. La luce del tramonto e quella di Legolas l'avevano catturato.

«Come può esistere tanta bellezza... così... tutta insieme...» pensò, accorgendosi forse davvero per la prima volta di quanto il fascino dell'Elfo lo calamitava.

"Come hai fatto a trovare la strada per venire qui ?" domandò d'un tratto Legolas, spezzando quel silenzio.

"Non lo so... per caso, credo..." balbettò l'Uomo senza distogliere i suoi occhi dallo sguardo del compagno, "Mi sono arrampicato su per un sentiero nel bosco..." rise, "non ne vedevo la fine, finché... mi sono trovato davanti ad un bivio in cui si snodavano due sentieri. Il primo completamente libero, attorniato da pochi alberi, mentre il secondo intricato, ombroso, quasi non s'intravedeva la luce..."

"E tu... hai scelto il secondo ovviamente...!" sorrise Legolas.

"Naturalmente!" esclamò l'Uomo, "Anche questa volta il mio istinto non mi ha tradito... conducendomi qui da te!"

"Sai, non tutti riescono a trovare la strada, si fermano a metà e tornano indietro per percorrere l'altro sentiero, oppure rinunciano..."

"Non io! Ho un'attrazione terribile per le cose complicate...!" esclamò il Ramingo guardandolo, "E inoltre l'esperienza mi ha insegnato a diffidare dalle cose troppo facili..."

Legolas ricambiò il suo sguardo. Si trovava d'accordo con lui. Anche in questo lo sentiva così simile.

"È vero..." mormorò il Ramingo.

"Cosa...?" domandò soprappensiero l'Elfo.

"Siamo simili!" esclamò sorridendo.

Legolas sobbalzò. Non si era accorto di aver pronunciato ad alta voce il suo pensiero. Lo guardò interdetto.

"Simili nel cuore e... diversi nel destino!" proseguì l'Uomo.

"Perché diversi?" domandò l'Elfo, rabbuiandosi.

Aragorn lo guardò con dolcezza.

"Io sono un Mortale, mentre tu..." s'interruppe, "hai una lunga vita immortale davanti a te!"

Un'angoscia sottile s'insinuò nel cuore dell'Elfo. Scosse la testa come per scacciare quel pensiero.

Non aveva ancora pensato a questa fondamentale differenza.

"Dici che abbiamo un destino diverso... ?" sospirò, "Come puoi sapere che non ce ne sia un altro che potrà unirci... in futuro...!"

L'enfasi e la speranza nella voce dell'Elfo parve strana al Ramingo. Aggrottò la fronte e si voltò per guardare dinanzi a sé.

"Chissà..." sussurrò.

"Nel frattempo..." soggiunse Legolas mettendogli un braccio attorno alle spalle, "perché non lasciamo che sia la luce di questo tramonto ad unirci per ora... è bellissimo..."

"Così bello..." sospirò l'Uomo, "che sarà ancora più difficile staccarsene..."

"Cosa?" sussultò l'Elfo.

Guardò il volto dell'amico. Si era fatto improvvisamente cupo e triste. Rassegnato.

"Cosa... intendi dire...?" mormorò titubante, lasciando scivolare via il braccio dalle sue spalle.

Una folata di Vento li raggiunse rapida e fredda.

Fredda...

L'Uomo alzò improvvisamente gli occhi come per scrutare il cielo, poi li riabbassò su quelli del giovane Elfo.

Non riuscì a parlare subito. Qualcosa sembrava pesare sul suo cuore.

"Un triste destino grava sulle mie spalle, Legolas..." prese a dire, "sembra proprio che io non mi possa legare a nulla, soffermarmi troppo o trattenermi a lungo..."

Un'ombra di dolore gli velò gli occhi che brillarono lucidi.

L'Elfo trasalì. Gli sembrò per un istante come se l'Uomo fosse improvvisamente già lontano.

"Non... non posso permettermi il lusso di amare qualcosa..." proseguì contemplando il tramonto ormai morente, "o qualcuno..."  continuò voltandosi verso di lui, "perché l'istante in cui inizio ad amare è anche l'istante in cui... perdo ciò che amo..." sospirò profondamente, "è l'addio, Legolas..."

L'Elfo rimase ammutolito per alcuni istanti, trattenendo il respiro, cercando di impedire ai pensieri o alla paura di salire fino al suo cuore.

"Ed ora... stai forse amando qualcosa...?" disse, attendendo intimorito la risposta.

IL Ramingo si voltò di scatto verso di lui.

"Si... tremendamente!" esclamò.

Legolas tremò.

Avrebbe voluto abbracciarlo, stringerlo forte contro di sé, fargli sentire il suo calore, donargli qualcosa che potesse... trattenerlo, perché conosceva il Vento... perché sapeva...

"Vuoi dirmi... che te ne devi andare, dunque...?" riuscì soltanto a dire, senza guardarlo.

"Si..." rispose l'altro.

Gli occhi dell'Elfo si riempirono di tristezza. Un vuoto profondo si dipinse improvvisamente nel suo sguardo.

Una folata scostò loro i capelli che s'intrecciarono nell'aria, quelli biondi di Legolas a quelli corvini dell'Uomo.

"Non ascoltarlo..." sussurrò con voce rotta.

"Devo..." rispose il Ramingo, nascondendosi al suo sguardo.

 

Calava ormai la sera. Il cielo aveva inghiottito le ultime luci del tramonto. Tutta l'intensità era scomparsa, lasciando il posto ad un'oscurità indistinta. L'aria era divenuta fredda e pungente. Già sembrava preannunciare l'imminente inverno.

Ancora un soffio di vento li avvolse, scostando i lembi delle loro tuniche.

Il Ramingo guardò ancora una volta Legolas. Gli occhi parlarono al posto delle loro labbra.

Aragorn alzò una mano e andò a carezzare il profilo del volto dell'Elfo.

Legolas abbassò gli occhi. L'Uomo ritirò la mano.

Fece un passo indietro, allontanandosi.

"Resta…!" implorò Legolas con un ultimo sussurro.

Ma il Ramingo abbassò la testa, lentamente si voltò e con passo veloce si perse nella Notte.