.|. Incontri a Granburrone  .|.

Capitolo I

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Non poteva fare a meno di rimanere incantato dalla bellezza di tutto ciò che lo circondava, dall'atmosfera che permeava ogni angolo di quel luogo magico. Era già stato moltissime volte a Granburrone, ma ne rimaneva rapito ogni volta.

Era appena arrivato e il sole stava calando dietro il profilo imponente delle montagne, dipingendo il cielo con mille tinte sfumate di rosso e arancio. Legolas consegnò il suo cavallo a un servitore e sorrise fra sé e sé, quasi trattenendo il respiro mentre ammirava quello spettacolo meraviglioso.

Si guardò attorno con aria circospetta, per assicurarsi che non ci fosse più nessuno nei paraggi, e saltò abbastanza in alto da riuscire ad afferrare con entrambe le mani un ramo robusto di un vecchio albero dal quale sicuramente avrebbe avuto una visuale migliore. Si dondolò appeso al ramo per qualche istante, poi si arrampicò senza difficoltà. E lassù, in piedi sul ramo con la schiena poggiata contro il tronco, riusciva a godersi ancora meglio lo spettacolo mozzafiato. Era talmente assorto nel contemplare il cielo che non si accorse che qualcuno si stava avvicinando.

"Benvenuto a Granburrone, principe di Bosco Atro" esordì solenne Lord Elrond, anche se il tono della sua voce tradiva un certo divertimento.

Legolas si voltò di scatto e rimase paralizzato per un attimo, a bocca aperta, nel vedere ai piedi dell'albero Elrond circondato da molti dei suoi importanti ospiti e amici.

Aragorn, accanto al Signore di Granburrone, ridacchiò e si inchinò scherzosamente. Poi guardò di nuovo l'Elfo:

"Senti già la nostalgia dei tuoi alberi e della tua foresta, amico mio?"

Legolas sorrise e balzò giù dal ramo con invidiabile agilità, sotto lo sguardo meravigliato di alcuni degli Uomini presenti. Era lecito pensare che qualcuno di loro non avesse mai avuto a che fare con un Elfo, dopotutto. Aragorn in mezzo agli Elfi ci era cresciuto, e nutriva una grande ammirazione per loro. Erano decisamente degli esseri magici. Una magia che accompagnava ogni gesto, ogni movimento ed ogni parola, e che lo affascinava profondamente.

"Aragorn" lo salutò Legolas, sempre sorridendo, e gli andò incontro.

Il figlio di Arathorn (Aragorn, ovvero Estel, ovvero  Dunedain, ovvero Thorongil, ovvero Grampasso ecc. ecc. ecc. figlio di Arathorn, erede di Isildur ed erede al trono di Gondor - chiedo perdono, ma è stato più forte di me :-P back to the fic now) lo osservò per qualche istante con le mani posate sui fianchi, uno sguardo di palese ammirazione nei begli occhi grigi. Poi sospirò, e sorrise di nuovo:

"Beata immortalità.. Non sei affatto cambiato, Legolas."

E si abbracciarono di nuovo dopo molto, molto tempo.

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Erano da soli, ora. Seduti nel grande salone della casa di Lord Elrond, in attesa di venire chiamati per la cena.

Legolas aveva già sistemato le sue cose nella stanza che gli era stata assegnata per quella notte. L'indomani mattina avrebbe avuto luogo il Consiglio.

Con sua immensa gioia, aveva trovato il tempo di fare un bagno e cambiarsi i vestiti, e si sentiva decisamente rigenerato dopo la lunga cavalcata.

Ad Aragorn sembrava più bello che mai quella sera: indossava una giacca blu come la notte, con i risvolti ed il colletto impreziositi da sottili ricami di pallido argento, e pantaloni che fasciavano meravigliosamente le sue lunghe gambe snelle, dello stesso color argento dei ricami. I biondi, lunghi capelli cadevano ordinatamente sul velluto blu, creando uno splendido contrasto. Fu richiamato alla realtà dalla voce musicale di Legolas:

"Dimmi di te, Estel. E' passato molto tempo dal nostro ultimo incontro"

Sentì lo sguardo dell'Elfo posarsi su di lui, e lo guardò. "Mi sei mancato" fu tutto quello che riuscì a dire.

Legolas indugiò per un attimo con gli occhi scuri posati in quegli grigi di Aragorn, e accennò un sorriso. "Anche tu"

Non nel modo in cui vorrei, pensò Aragorn.. Durante il lungo periodo nel quale erano stati separati, si era reso conto che quello che provava per il biondo arciere era qualcosa di più del semplice affetto. Aveva sempre considerato Legolas come uno dei suoi più cari amici, quasi un fratello, ed era un pò turbato - o meglio spaventato - da quello che provava adesso che l'Elfo gli era seduto accanto.

Grandi occhi scuri, profondi come il mare.. Biondi capelli più morbidi della seta.. Corpo perfetto, lunghe gambe.. Profumo di fiori e di bosco..

"Estel?"

E quella voce, quella voce.. come avrebbe voluto sentirlo gridare il suo nome, perso in un vortice di passione e desiderio..

"Estel?" ripeté Legolas, stavolta con tono preoccupato, trascinandolo fuori dalla corrente dei suoi pensieri. Non si era reso conto di aver chiuso gli occhi, mentre immaginava la voce di Legolas rotta dal piacere. Il solo pensiero lo faceva tremare.

Arrossì violentemente, e in una frazione di secondo ricordò dov'era, e con chi.

"Qualcosa non va?"

Aragorn scosse debolmente la testa, abbassando lo sguardo sul pavimento in un disperato - quanto vano - tentativo di nascondere l'imbarazzo che lo aveva sopraffatto. Sapeva bene che Legolas lo aveva notato.

Con suo sommo sollievo furono interrotti da Arwen che, vestita di bianco e leggiadra come sempre, aveva fatto il suo ingresso nella stanza annunciando che erano attesi per la cena. Legolas lanciò un ultimo sguardo ansioso al ramingo e si diresse verso la sala da pranzo, dopo aver abbracciato e salutato Arwen con fraterno affetto.

Aragorn la guardò, e vide che gli sorrideva dolcemente. Accennò un inchino, e le sorrise a sua volta. Si impose di ricordare che amava Arwen, che lei era la persona con la quale avrebbe passato il resto dei suoi giorni, che per lei avrebbe dato la vita. Mise da parte il pensiero di Legolas, e a poco a poco si convinse di nuovo che sì, la amava. Le offrì il suo braccio e insieme si diressero verso l'allegro baccano proveniente dalla grande sala da pranzo.

Si sentì molto sollevato quando vide che Legolas era seduto in mezzo agli altri Elfi, piuttosto distante da lui. Così sarebbe stato più facile ignorare la sua presenza. O almeno provarci, anche se in quel momento sentiva più forte che mai la consapevolezza del fatto che anche l'Elfo era in quella stanza.

Dall'altra parte del lungo tavolo imbandito, Legolas notò che di fronte a lui stava seduto un Uomo, un nobile a giudicare dalla ricercatezza dei suoi abiti e dallo sguardo fiero che gli brillava negli occhi. Occhi grigi. Aveva decisamente un bell'aspetto e Legolas, come tutti gli Elfi, provava piacere nell'ammirare qualsiasi manifestazione di bellezza. Così lo studiò attentamente per qualche istante, finché l'Uomo se ne accorse e lo guardò a sua volta. Accennò un sorriso e levò il calice in direzione di Legolas:

"Salute, pincipe Elfo".

Solo in quel momento Legolas ricordò di averlo già visto. Era anche lui con Elrond quel pomeriggio, quando lo avevano sorpreso intento a bearsi delle meraviglie della Natura in piedi sul ramo del vecchio albero. Solo che in quel momento la gioia di rivedere Aragorn aveva preso il sopravvento, e non aveva dato troppa importanza al resto. Ripensare alla scena adesso lo metteva un pò in imbarazzo, ma allo stesso tempo lo divertiva. Sorrise a sua volta, e sollevò il suo calice.

"Salute, nobile Uomo"

Bevvero, e posarono i calici in silenzio. Gli altri avevano già iniziato a mangiare.

"Il mio nome è Boromir" disse poi l'Uomo. "Vengo da Gondor per prendere parte al Consiglio"

Gondor. Estel. Ripensò a ciò che era successo con Aragorn poco prima. Si chiese il motivo del suo imbarazzo, ma si impose di tornare subito alla realtà ed esitò soltanto un istante prima di parlare.

"Da sud, dunque. Io vengo da est, da Bosco Atro. Porto notizie da parte di mio padre"

"Che genere di notizie?" osò Boromir.

"Non buone, temo" sospirò, poi proseguì "Gollum, che era tenuto prigioniero nella nostra foresta, è purtroppo riuscito a fuggire"

"Capisco" Boromir sospirò, e dopo un'ultima occhiata a Legolas si dedicò al cibo nel suo piatto, che rischiava di raffreddarsi.

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Era una bella serata di inizio autunno, mossa da una leggera brezza tiepida che faceva frusciare piacevolmente le fronde degli alberi. Il cielo limpido faceva bella mostra delle sue stelle più luminose e una splendida luna piena rischiarava la notte.

Elrond ed alcuni degli ospiti erano seduti fuori, davanti alla grande casa, che conversavano e si godevano quell'ultima serata di tranquillità.

Gli Elfi avevano preferito riunirsi nel boschetto che costeggiava il grande giardino. Alla luce di un falò raccontavano storie ormai dimenticate, bevevano idromele e cantavano quelle splendide melodie che solo loro conoscono.

Boromir passeggiava tranquillamente nel giardino con Aragorn, che aveva da poco conosciuto. Lo trovava piuttosto interessante, per essere un ramingo. I due scambiavano opinioni a proposito della precaria situazione di Gondor quando una voce, una voce maschile non molto distante che cantava una strana e dolcissima canzone, li distolse dalla loro conversazione. I due si fermarono ad ascoltare, in silenzio. Boromir non riusciva a capire una parola, perché la canzone non era nella sua lingua, ma quella melodia e quella voce erano tanto belle da sembrare irreali.

 

Lossa! Lossa! A Heri vana!    

A Taari pell' i-Eari Nuumea!

A Kala men i raanar sinome

I-ardasse aldaron rembe! 

Eltaniel! A Elentari!  

Vana nar henilyar ar kalima suulya!

Lossa! Lossa! Lindalme lin

Noresse haira i-Ear pella.

A eleni ta i-Yeenesse Avanar

Maryanen kalima ner rende, 

Lairessen suurea si kalima ar vana 

Kenalme surye losselya tyelpea! 

A Elentari! Eltaniel! 

Er enyalalme, i maralme  

Noresse sina haira nu i-aldar, 

Silmelya i-Eassen Nuumea.

 

"Legolas" disse Aragorn quando la canzone fu terminata. Sentiva il cuore stranamente pesante.

Boromir sorrise fra sé e sé quando sentì quel nome, ma solo per un attimo. Guardò Aragorn, che per fortuna aveva lo sguardo posato altrove, e cercò con tutte le sue forze di mostrarsi indifferente.

"Temo di non aver capito neppure una parola. Non conosco l'elfico"

"E' un inno a Elbereth, la Signora delle Stelle" spiegò Aragorn.

Boromir lo guardò interessato e si sedette sull'erba, con la schiena contro il tronco di un albero. Invitò Aragorn ad imitarlo, che sorrise e si sedette a sua volta. Poi disse: "Posso tradurla per te, se vuoi. La conosco a memoria"

Boromir annuì: "Mi piacerebbe"

Aragorn si stese sull'erba, le braccia incrociate dietro la testa, ed iniziò a parlare, a bassa voce, come se stesse recitando una poesia:

 

Candida-neve! Candida-neve! Limpida dama! 

Regina al di là dei Mari Occidentali! 

Luce per noi che qui girovaghiamo 

Ove gli alberi tessono un'oscura trama! 

Gilthoniel! O Elbereth!

Limpidi i tuoi occhi e terso il tuo respiro!

Candida-neve! Candida-neve! Noi te decantiamo 

In un ermo paese dal Mar molto lontano. 

O stelle che durante l'Anno Cupo 

Le sue brillanti mani hanno tessuto, 

In campi ove l'aria è limpida e lucente 

Vi vediamo fiorire pari a boccioli d'argento! 

O Elbereth! Gilthoniel! 

Ricordiamo ancora noi che viviamo

In un luogo boscoso da te tanto lontano, 

Il tuo chiaror stellare sui Mari Occidentali.  

 

Boromir aveva ascoltato guardando nel vuoto, lo sguardo assorto. "E' molto bella" disse poi.

"Sì, lo è" annuì Aragorn "Sono cresciuto in mezzo agli Elfi, eppure non finiscono mai di stupirmi"

Boromir annuì in silenzio, interessato, e Aragorn continuò:

"Sono esseri meravigliosi. Magici" fece una pausa e sospirò. "Basta guardarli per rendersene conto"

"Non ne avevo mai visto uno prima di oggi" iniziò Boromir "ed è vero quello che dici. Ti incantano." Sorrise, e involontariamente pensò a Legolas. Non poteva saperlo, ma in quel momento anche i pensieri di Aragorn erano rivolti al biondo Elfo. Rimasero in silenzio per qualche minuto, assorti nei loro pensieri. Nessuno dei due aveva sentito il passo leggero di un essere magico mentre si avvicinava a loro.

"Meditazione?" sorrise Legolas, e solo allora gli altri due si resero conto della sua presenza. Si sedette sull'erba insieme a loro con le lunghe, agili gambe incrociate, e li guardò, posando lo sguardo prima sulla figura distesa sull'erba, poi sull'altra poggiata all'albero.

"Hai abbandonato la tua compagnia?" chiese Aragorn.

Legolas accennò una smorfia: "Troppo idromele" sorrise.

Boromir ridacchiò e guardò Legolas: "E così anche gli Elfi possono ubriacarsi?"

"Eccome!" rise Legolas "Ma sono fuggito in tempo"

Anche Aragorn rise, poi disse: "A giudicare dal colorito del tuo bel viso non si direbbe, amico mio."

"Non approfittate di me, allora" disse Legolas in tono scherzoso, anche se l'espressione maliziosa che aveva negli occhi fece venire i brividi al ramingo e sorridere Boromir. "Probabilmente non sarei in grado di difendermi, adesso."

"Ti offro il mio braccio per accompagnarti alla tua stanza" disse alzandosi l'uomo di Gondor.

"Ti scorterò e farò in modo che nessuno osi approfittare di un povero Elfo in balìa dell'alcool" sorrise divertito e guardò Legolas, ancora seduto sull'erba, che rise allegramente alla prospettiva di farsi scortare fino alla sua stanza.

Anche Aragorn si alzò, scambiò uno sguardo d'intesa con Boromir, e con un gesto teatrale offrì anche il suo braccio al biondo arciere.

"Offro anche il mio braccio per la tua incolumità, principe di Bosco Atro."

Un'offerta che Legolas non poteva certo rifiutare.

 

...TO BE CONTINUED? :-)