.|. Incontri Inaspettati .|.

Prima Parte

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Il caldo era soffocante. L’estate quell’anno era insopportabile. Legolas si passò una mano sulla fronte per asciugarsi le gocce di sudore che gli scendevano lungo la fronte. Si guardò in giro, ma non vide alcun angolo per proteggersi da quella fastidioso tortura.

Il sole era al suo massimo, nessuna nuvola all’orizzonte.

“Nessuna speranza di pioggia”, pensò sconsolato l’Elfo. “E Lórien è ancora lontana”.

Fermò il cavallo e scese. Si chinò e immerse le mani in una pozza d’acqua gelata. Quella splendida sensazione di fresco sulle mani lo rinfrancò.

“Per fortuna almeno l’acqua non cospira contro di me”, disse sorridendo fra sé e sé.

Si rialzò lentamente. Si guardò nuovamente in giro. Aveva la strana sensazione di essere spiato, ma non riusciva a vedere nessuno. Che il suo sesto senso gli stesse giocando un brutto tiro? Non era possibile, un Elfo non poteva ingannarsi. A dire il vero non era una sensazione di pericolo quella che avvertiva, anzi tutto il contrario.

Il cavallo pascolava tranquillamente poco lontano da lui. Si diresse verso un cespuglio fiorito di splendidi fiori blu, ne annusò uno.

Un’ombra in movimento attirò la sua attenzione. Quando si voltò rimase fermo, come impietrito. Quel volto che lo fissava spaventato.

Legolas si avvicinò lentamente. Quella persona che lo fissava lo incuriosiva moltissimo. C’era qualcosa di familiare in lui, ma non riusciva a capire cosa.

Il corpo slanciato e snello del nuovo venuto gli piaceva moltissimo, quei splendidi occhi profondi e pieni di significato… quei capelli corti, scuri e arruffati. Il suo respiro era affannoso come se avesse corso a lungo, come inseguito da qualcosa o qualcuno. La camicia a righe e quei strani pantaloni attillati erano inzuppati di sudore.

Legolas girò attorno allo sconosciuto. Lo guardava con ammirazione. Si fermò e lo fissò dritto negli occhi e, con piacere, notò che questo venuto riusciva a sostenere senza difficoltà lo sguardo.

“Chi sei?” Chiese.

Il nuovo venuto non rispose. La voce melodiosa di quel ragazzo lo aveva colpito fino in fondo all’animo.

“Mi chiamo Orlando e tu?”

Legolas lo guardo. Orlando? Che razza di nome era? Da dove veniva? Questo tipo parlava perfettamente la lingua standard.

“Legolas”, disse semplicemente.

Orlando iniziava a capire molte cose ora che conosceva il nome del ragazzo che si trovava di fronte, ma non riusciva comunque a capire come era arrivato nella Terra di Mezzo.

“Principe Legolas figlio di Thraundil”.

“Mi conosci?”

“In un certo senso”.

“Non sei di qui, vero?”

“Non capisco”.

“Qui… della Terra di Mezzo”.

“No, non sono di qui…. Anche se…”.

“Anche se?”

Orlando non rispose.

“Vieni, credo tu abbia bisogno di bere… Orlando”, disse alla fine l’Elfo.

Orlando accolse con felicità l’invito. Non si era fidato di bere da alcuna fonte, o forse era rimasto troppo sorpreso a scoprire dove si trovava per pensare a bere. Solo ora si rendeva conto del caldo che faceva e dello stato pietoso in cui si trovava.

“Da dove vieni tu vi vestite tutti così strani? Quei pantaloni…”.

“Jeans…. Si chiamano jeans”.

“Quei jeans…. Giusto? Devono essere estremamente scomodi”.

“No…. Devo scusarmi con te”.

“Per quale motivo?”

“Non è mia abitudine presentarmi in questo stato”.

“Ho un cambio di vestiti, dovrebbero andarti bene”.

Legolas chiamò il suo cavallo. Aprì la sacca e passò a Orlando il cambio di vestiti che Orlando accettò volentieri.

“L’acqua di quella pozza è fredda, ma spero vada bene comunque per darti una sciacquata, se ne senti il bisogno”.

“Certo, grazie, Legolas”.

Orlando si allontanò. Sentiva lo sguardo di Legolas fisso su di lui. In teoria non avrebbe dovuto sentirsi in imbarazzo, ma non era così. Lo sguardo di Legolas su di lui lo metteva a disagio, ma perché? In fondo era lui, o no? Forse o forse no…. Non era più sicuro di nulla in quel momento, anzi….

Raggiunse la pozza con passo, almeno all’apparenza, sicuro. Iniziò a spogliarsi dei vestiti inzuppati di sudore. Il suo cuore batteva all’impazzata. Sentiva gli occhi di Legolas che esploravano il suo corpo con ammirazione. Orlando si sentiva eccitato al pensiero che Legolas lo stava guardando. Sentiva il suo membro indurirsi.

L’acqua gelata lo fece tornare un po’ in sé. Si tolse i pantaloni e gli slip. Si lavò senza escludere la minima parte del suo corpo.

Quando tornò indietro, l’Elfo non era voltato di spalle. Orli contemplò le mani dell’Elfo che accarezzavano il pelo del cavallo e desiderò di essere al suo posto. Si fermò di scatto. Come poteva solo pensare una cosa del genere? Legolas…. Non poteva desiderare Legolas.

“Sono contento tu ti sia rinfrescato. Vedo che i vestiti ti stanno molto bene, direi che sono perfetti. Nel tuo mondo dovresti vestirti così. Sei molto affascinante”. Legolas fece una piccola pausa per osservare la reazione di Orlando e poi riprese. “Vieni. Non ho molto da mangiare, tranne lembas. Quando viaggio non porto molto cibo con me”.

Legolas passò una lembas a Orlando che la rigirò fra le mani.

“E’ buona, mangiala, ma non tutta. Un piccolo morso riempie lo stomaco di un adulto per un giorni intero”.

Mangiarono in silenzio, seduti uno accanto all’altro. Orlando stava cercando di capire in quale modo era arrivato lì e soprattutto per quale motivo se ne esisteva uno.

“Mi sembri pensieroso”.

Orlando si voltò e sorrise.

“Sì, lo sono”.

“Qualcosa ti preoccupa?”

“No, non esattamente, Legolas. Stavo cercando di pensare come e perché sono arrivato qui nella Terra di Mezzo”.

“Non ti ricordi proprio nulla?”

“Mi ricordo che stavo camminando tranquillamente lungo un sentiero, solo, e improvvisamente mi è venuto un giramento di capo…. Quando tornai in me, mi resi conto che, nonostante fosse tutto com’era prima, c’era qualcosa di diverso. Ripresi a camminare e poi ho visto te, che andavi a cavallo…. Non potevo credere ai miei occhi. Pensavo di essere nell’ultimo film ch…”.

“In un che?”

“Film…”.

Orlando non sapeva come spiegare una cosa così semplice e normale nel suo modo a un Elfo.

“Immagina di avere una serie dei dipinti in fila molto grandi…. Hai una scatola nella quale puoi copiarli e ridurli per poterli portare in giro e vederli ogni volta che vuoi, uno dietro all’altro quello è un film, più o meno”.

“E a cosa serve?”

“Per divertirsi, per ricevere notizie da ogni angolo del mondo e per moltissime altre cose”.

“Una scatola magica, insomma”.

“Una cosa del genere. Se riuscirai a venire nel mio mondo ti mostrerò queste ed altre cose”.

“Così tu sei stato protagonista di un… film… e di cosa parlava?”

“Della Terra di Mezzo. Uno scrittore aveva scritto su questo mondo e noi abbiamo girato un film”.

“C’è una leggenda che si perde nella notte dei tempi che parlava di uno scrittore che aveva visitato il nostro mondo e che poi si era ispirato a noi per alcuni scritti”.

“Credo che stiamo parlando della stessa persona…”.

“Lo credo anche io. E poi?”

“Bè…. Questo film parla anche di te, ed io sono colui che recita te stesso”.

Legolas guardò sorpreso Orlando.

“Praticamente tu sei me ed io sono te?”

“Cosa complicata, vero?”

Legolas rise di cuore. La situazione era più strana di quello che uno avrebbe potuto immaginare.

La limpida risata di Legolas fece venire i brividi a Orlando, come se gli fosse stata gettato un secchio d’acqua gelata addosso. Si appoggiò al sasso che aveva dietro la schiena. Chiuse gli occhi. Si vide col trucco. Era identico all’Elfo che aveva accanto, anche nel modo di fare, nel modo di sorridere, di muoversi… in tutto.

“Sai, Legolas, sono contento di averti incontrato”.

“Davvero?”

“Sì, anche se è come vedermi allo specchio”.

Legolas appoggiò una mano sul ginocchio del suo nuovo amico. Glielo massaggiò con noncuranza non rendendosi conto di quello che stava facendo. Non riusciva ad immaginare come Orlando potesse recitare la sua parte nel suo mando. Non perché fosse un ragazzo brutto, ma con quei capelli corti e soprattutto scuri.

Orlando quando sentì il tocco di Legolas sul suo ginocchio rimase senza fiato. Quel dolce e sicuro massaggio lo eccitava.

“Legolas”, disse con voce appena udibile.

L’Elfo si voltò e guardò Orlando. Non tolse la mano dalla gamba del ragazzo, ma continuò a massaggiarla.

“Hai i muscoli estremamente tesi, Orlando. Forse hai camminato troppo. Sdraiati che ti faccio rilassare, mi hanno sempre detto che sono bravo a fare i massaggi”.

Orlando lo guardò stupito. Certo dei massaggi gli avrebbero fatto molto bene, ma non certo da lui, da Legolas, da sé stesso. La cosa lo turbava moltissimo soprattutto l’attrazione che provava per il sé stesso di quel mondo.

“No sto bene, non ti preoccupare”, disse alzandosi per allontanarsi da Legolas. “Sai, Tolkien ha descritto la Terra di Mezzo in modo estremamente particolareggiato”.

“E’ lo scrittore di cui mi parlavi prima?”

“Sì, questo  il suo nome. J.R.R. Tolkien”.

“E’ lo stesso nome che tramandano le nostre leggende, inizio a pensare che sia una storia vera”.

Legolas si alzò. Si avvicinò a Orlando e si fermò a pochi passi da lui. I loro corpi si sfioravano. Ad ogni minimo movimento i loro corpi si toccavano. A Legolas piaceva quel contatto, ma non riusciva a leggere nell’animo di Orlando che non riusciva a fissare negli occhi. Evidentemente Tolkien parlava anche della loro abilità a leggere negli occhi. Sapeva che Orlando era in una posizione più vantaggiosa della sua, ma non lo spaventava affatto, anzi le sfide gli piacevano moltissimo… e Orlando sarebbe stata un’altra sfida.

Orlando sussultò alla vicinanza dell’Elfo. Sapeva benissimo che entrambi provavano dell’attrazione l’uno per l’altro, ma ne era spaventato. Non lo guardò negli occhi. Si sentiva estremamente vulnerabile in quel momento. Non poteva lasciare che Legolas gli leggesse nello sguardo. Forse per Legolas il rapporto con un altro uomo era normale, ma per lui questo era un altro enorme ostacolo per lasciarsi andare ai suoi sentimenti.

“Vedo che Tolkien ha descritto alcune delle nostre abilità”.

Orlando non rispose, ma non alzò lo sguardo.

“Sì, ma non so se siano vere…”.

“Hai paura di rischiare, Orlando?”

“No certo che no”, si allontanò di alcuni passi.

Legolas rimase fermo. Sentiva la pura di Orlando…. Certamente ne aveva anche lui, ma cercava di combatterla. In fondo era sé stesso. Forse era più dalla parte della ragione Orlando, ma faceva estremamente fatica a resistere a quel fascino così misterioso, ma nello stesso tempo conosciuto. Non sapeva se ciò che provava era giusto o se l’avrebbe portato alla rovina, ma non gli importava molto.

“Dimmi… ha raccontato anche di una nostra probabile capacità di leggere negli occhi?”

Orlando si voltò. Finalmente aveva trovato il coraggio e la forza di fissare Legolas. Era più che certo che sarebbe riuscito a proteggere i suoi pensieri, o almeno sperava.

“Sì ne ha parlato, ma si riferiva soprattutto a Dama Galadriel… poi non saprei se in altri scritti si riferisce anche ad altri Elfi”.

“Quindi ha scritto molto su di noi?”

“Sì, moltissimo…. Comunque non è riuscito a descrivere in pieno la vostra bellezza”.

Legolas sorrise amabilmente. E così Orlando apprezzava la sua bellezza. Quello era già un buon passo avanti.

“Grazie, sei molto gentile Orlando. Vieni dovrei arrivare al più presto a Lórien, mi stanno aspettando”.

“Dovrei salire a cavallo?”

“Ehm… sì… tu che sei me nel tuo mondo non sai andare a cavallo?”

“E’ imbarazzante da ammettere, ma è così. Mi hanno fatto provare una decina di cavalli, ma riesco ancora a cadere”.

Legolas ne fu contento, così Orlando avrebbe dovuto tenersi stretto a lui, in fondo aveva paura di andare a cavallo.

“Vieni, Orlando”, disse con sarcasmo l’Elfo.

Legolas salì abilmente a cavallo e perse la mano a Orlando che la guardò a lungo prima di accettare l’invito del principe che lo guardava divertito.

“Tieniti stretto altrimenti rischi di cadere, il mio cavallo no ama avere due cavalieri in groppa, vero Gwaew[i]?”

Il cavallo nitrì come se avesse capito la domanda postagli dal principe. Girò il muso e toccò la gamba di Legolas che ricambiò con una carezza.

“Non ti preoccupare, Gwaew, non ti farà del male, è… è buono… e poi ci sono io a proteggerti. Adesso vai”.

Appena salito a cavallo Orlando prese la vita di Legolas per reggersi. Aveva un corpo estremamente muscoloso. Sentiva il calore del corpo anche attraverso la casacca. Lentamente mise le braccia attorno alla vita per reggersi. Ora i loro corpi erano vicini come non lo erano mai stati. Appoggiò il capo contro la schiena dell’Elfo.

Orlando non aveva ascoltato cosa diceva Legolas. Non gli era importato veramente delle sue parole, ma il suono della sua voce era come il dolce suono dell’arpa. Non si mosse per tutta la durata della cavalcata e non parlò. Gli sembrava essere in un altro luogo, in un sogno come aveva fatto mille volte immaginandosi fra le braccia del suo io. Solo ora se n’era ricordato. Quanti sogni aveva fatto con Legolas e lui. Gli venne un brivido al pensiero di quei sogni.

Legolas sentiva le braccia di Orlando che lo stringevano con forza, ma non gli faceva male. Sentiva il suo respiro tranquillo e il suo capo appoggiato alla schiena. Non sapeva cosa pensasse in quel momento il giovane, ma era felice. Strinse le redini. Spronò Gwaew ad andare più veloce. Voleva trovare un posto sicuro per la notte e quelle non erano le zone migliori. In realtà il tragitto tra Bosco Atro e Lórien non aveva alcun posto sicuro per ripararsi e la cosa lo preoccupava molto.

Solo al tramonto Legolas decise di fermarsi. Doveva pensare a Orlando.

“Orlando? Ci feriamo qui per la notte”.

“Se devi proseguire”.

“Ci sono ancora quattro giorni di viaggio. Normalmente li farei, ma ora ci sei tu e non voglio che tu ti affatichi troppo. Non sei abituato”.

Orlando non poteva che essere d’accordo. Sentiva i muscoli ancor più doloranti. Fece fatica a rimanere in piedi. Cercò un posto dove sedersi, ma non lo trovò. Guardò Legolas che sorrise.

“Riposati pure, Orlando, io vado a cercare qualcosa da mangiare. Rimani qui e non muoverti per nessun motivo”.

“Come vuoi, Legolas”.

Il principe lo lasciò da solo. Orlando lo guardò mentre si allontanava con passo felino. Si voltò verso il cavallo e notò che stava mangiando dell’erba fresca nelle vicinanze. Non si sentiva tranquillo. Era da solo in quel posto sconosciuto. Non vedeva l’ora che tornasse. Con la semplice presenza, Legolas lo faceva sentire al sicuro.

Quando tornò Legolas, trovò Orlando addormentato. Posò il cibo per terra e si avvicinò a lui. Iniziò ad accarezzargli il volto con dolcezza. Si sdraiò accanto a lui. Iniziò a baciargli il volto.

Orlando aprì gli occhi. Vide Legolas che lo fissava. Orlando cercò di muoversi, ma non vi riuscì come se uno strano incantesimo lo trattenesse al suo posto. I loro occhi erano incatenati.

“Legolas, cosa stai facendo?”

“Mi sembra chiaro, non credi?”

“Io…fermati… non voglio…”.

“Sicuro?”

Legolas prese una mano di Orlando tra le sue. Baciò dolcemente tutte le dita. Orlando cercò di togliere la mano, ma Legolas gliela trattenne e gli baciò il palmo.

Il tocco delle labbra vellutate dell’Elfo gli fece venire i brividi.

“Legolas… fermati… non è giusto…”.

“Non è giusto, cosa?”

“Tu ed io… io e te… noi due… non dobbiamo… non possiamo”.

Legolas si mise a sedere lasciando andare la mani di Orlando. Prese le ginocchia fra le sue braccia e fissò attentamente l’orizzonte come in cerca di qualcosa. Rimase in silenzio in attesa che Orlando si riprendesse abbastanza per parlare.

“Mi dispiace, Orlando…. Non volevo…”.

“Non è colpa tua, Legolas…”, rispose Orlando con calma. “E’… è una cosa che desidero anche io, ma ho molta paura. Non me la sento per ora, Legolas…. Sono io che devo scusarmi con te”.

Orlando mise una mano sotto il viso di Legolas e glielo voltò dolcemente.

“Legolas, ho solo bisogno di tempo…”.

“Non ti preoccupare, Orlando, sono stato troppo precipitoso… non ho pensato al tuo stato d’animo, sono stato egoista. Mi puoi perdonare?”

“Certo che posso…”. Orlando appoggiò la testa alla spalla dell’elfo. “Abbracciami, Legolas”.

L’elfo guardò in tralice il giovane uomo. Rimase un attimo interdetto, ma lo prese fra le sue braccia. Lo strinse forte a sé. Orlando tremava leggermente. Legolas avvolse entrambi nel suo mantello. Baciò dolcemente la fronte di Orlando e lo coccolò mentre si addormentò.

 

[i] Gwaew: venti