.|. The Matrix .|.

 

7. Il Vento dell'Ovest

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Ad accogliere i quattro viaggiatori al loro arrivo c’era il padrone di casa in persona: Sire Elrond.

Egli abbracciò i figli e Legolas, e accolse Aragorn come un parente, dopodiché li condusse all’interno dove si stava preparando la cena.

Consumarono il pasto negli appartamenti di Elrond e dopo cena Legolas e Aragorn restarono a parlare con lui del loro viaggio, mentre i fratelli si erano già congedati.

Elrond ascoltò in silenzio il resoconto del viaggio e, dichiarandosi soddisfatto, al termine si rivolse ai suoi ospiti dicendo: “Spero Legolas che non ti dia fastidio, ma ho fatto preparare una stanza per Aragorn nei tuoi appartamenti, visto che qui tu sei l’unico volto familiare per lui, ho pensato che si sarebbe trovato più a suo agio vicino a te.”.

Legolas arrossi leggermente prima di rispondere: “Per me è un piacere, sempre che Aragorn sia d’accordo,” e volse lo sguardo verso l’uomo che a sua volta disse di non avere nulla in contrario.

“Bene,” riprese Elrond, “ora se vuoi, puoi accompagnare Aragorn, che avrà voglia di riposarsi, poi però torna indietro che debbo parlarti di alcune cose!”.

Aragorn si congedò da Elrond e si avviò con Legolas verso le sue, o meglio, le loro stanze.

Quando giunsero nell’appartamento che fino a quel momento Legolas aveva occupato da solo, l’elfo gli illustrò velocemente la disposizione delle stanze e poi lo guidò in un’ampia camera semicircolare con ampie finestre circondate da un balcone. La stanza era illuminata da due di quelle lampade irradianti luce azzurra, che solo gli elfi sapevano fabbricare, e al centro della camera vi era un grande letto di legno cosparso di cuscini e con le tende del baldacchino raccolte ai lati.

“Io di solito dormo qui...” mormorò Legolas, come indeciso, ma Aragorn lo abbracciò da dietro e gli mormorò: “Credo che ci troveremo bene anche in due.”.

Legolas annuì e disse: “Io vado un attimo da Elrond, tu intanto mettiti comodo.”.

“Si, si” rispose il Ramingo con aria maliziosa. “Aspetterò il tuo ritorno sdraiandomi comodamente.”.

Legolas annuì nuovamente e poi se ne andò.

Aragorn approfittò del tempo a sua disposizione per farsi un bagno caldo, infilarsi un paio di pantaloni comodi e, sdraiatosi sul grande letto tra i cuscini, osservò affascinato le lampade azzurre finché, senza accorgersene, scivolò nel sonno.

Si svegliò, gli sembrò, dopo un sonno lunghissimo, quando sentì che una mano fresca e morbida gli accarezzava il volto. Era Legolas, che seduto sul letto accanto a lui, lo osservava, rapito, mentre la luce azzurra traeva strani riflessi dai suoi occhi.

“Laiqalassë...” mormorò l’uomo e l’elfo sorrise chinandosi su di lui per baciarlo, ma l’uomo lo fermò e mettendosi a sedere sul letto disse: “Faresti una cosa per me?”.

“Si...”.

“Alzati e mettiti lì dove cade la luce...”.

L’elfo esaudì la richiesta dell’uomo e gli rivolse uno sguardo interrogativo.

“... e adesso spogliati.”.

“Io... non...” mormorò Legolas indeciso e un po’ intimidito da quella richiesta, ma l’uomo gli sorrise e disse con tono rassicurante: “Non preoccuparti, non è difficile, avanti...”.

Legolas restò immobile, ancora indeciso, poi cominciò a slacciarsi lentamente la tunica e la sfilò lasciandola cadere per terra, stessa sorte, dopo un’altra breve esitazione, toccò al resto dei suoi abiti. Infine l’elfo restò completamente nudo, e adesso l’uomo si sentiva, a sua volta, intimidito da quella creatura, avvolta nella luce azzurra. Così infinitamente bella e tremendamente aliena rispetto a tutto quello che aveva conosciuto sino a quel momento, ma fu solo un attimo e poi tese una mano verso di lui e mormorò: “Tolo (vieni)...”.

Legolas si avvicinò all’uomo e prese la sua mano, si sentiva come se stesse osservando quella scena dall’esterno, e quando l’uomo lo attirò sul letto con lui, non oppose resistenza, ma si lasciò scivolare tra le sue braccia.

Aragorn lo fece sdraiare accanto a sé e cominciò a baciarlo, mentre le sue mani percorrevano il corpo dell’elfo, accarezzandolo lentamente, e scendendo sempre più in basso. Quando Legolas sentì le carezze lente e insistenti dell’uomo tra le sue gambe gli sembrò di essere percorso da correnti di energia cominciò a sua volta a baciarlo e accarezzarlo, finché non incontrò il bordo dei suoi pantaloni, allora gli mormorò: “Heltho le (spogliati)”.

Aragorn sorrise e si allontanò un attimo per sfilarsi i pantaloni e come si stesse di nuovo accanto a Legolas si trovò imprigionato dall’elfo, che gli aveva afferrato i polsi e glieli teneva bloccati accanto alla testa, mentre percorreva il suo corpo con sguardi che erano più eccitanti di qualsiasi carezza.

“Questo lo credi tu,” mormorò Legolas. “Quando comincerò ad accarezzarti non ti ricorderai più nemmeno il tuo nome, tanto sarà il piacere che ti darò e...”.

Aragorn approfittando del calo di attenzione dell’elfo era riuscito a liberarsi i polsi, a invertire le loro posizioni e ora teneva lui prigioniero l’elfo, usando il peso del suo corpo, lo baciava con passione e dopo pochi istanti Legolas si abbandonò completamente tra le sue braccia, pronto a concedere all’uomo qualsiasi cosa avesse chiesto.

Aragorn sorrise compiaciuto quando sentì il corpo di Legolas abbandonarsi completamente, lasciò la sua bocca per poterlo guardare negli occhi e sussurrò: “Im aniron le... (ti voglio)”.

“Gado nin... (prendimi)” rispose l’elfo.

Aragorn lo fissò ancora un attimo negli occhi, poi cominciò a spingersi nel suo corpo, ma dopo pochi istanti si fermò, quando vide comparire sul volto di Legolas un’espressione di dolore e sentì il suo corpo irrigidirsi. Quella che l’uomo stava vivendo era un’esperienza nuova e capì che lo era anche per il suo compagno. Per cercare di distrarlo dal dolore cominciò a baciarlo lentamente ed a accarezzarlo tra le gambe, infatti dopo pochi istanti lo vide riaprire gli occhi e fissarli nei suoi. Il dolore era ancora presente, ma si stava facendo strada anche il piacere, e  Legolas strinse maggiormente a se l’uomo e incrociò le gambe dietro la sua schiena.

Aragorn, che fino a quel momento si era trattenuto per timore di fare del male all’elfo, si immerse completamente nel suo corpo. Legolas gettò indietro la testa e gemette forte per il piacere, nulla delle sue precedenti esperienze l’aveva preparato ad un appagamento simile: ogni volta che l’uomo si spingeva nel suo corpo ogni sua fibra veniva stravolta dal piacere e senza accorgersene cominciò a gemere: “Ti prego... ancora... più forte...”.

Per Aragorn soddisfare la richiesta dell’elfo era anche rispondere ai propri desideri, ma sentiva che non avrebbe resistito ancora a lungo: lo desiderava da troppi giorni.

“Legolas... non resisto...” gli mormorò ad un orecchio.

“Si... ti prego...” gemette l’elfo, e dopo alcuni istanti sentì l’uomo che si lasciava andare nel suo corpo e lo seguì presto.

Aragorn restò ancora per alcuni attimi abbandonato tra le braccia dell’elfo, poi uscì lentamente da lui, lo baciò dolcemente e si sdraiò al suo fianco. Legolas teneva gli occhi chiusi e cercava di riportare il suo respiro ad un ritmo normale, mai si sarebbe aspettato che una simile esperienza avrebbe potuto trascinarlo a tal punto fuori da sé.

Restarono per lungo tempo distesi l’uno accanto all’altro in silenzio, poi Aragorn abbracciò l’elfo e gli chiese: “Tutto bene?”.

“Si, non avevo mai provato niente del genere, è stato bellissimo...” poi tacque come imbarazzato, non era sua intenzione lasciarsi andare in questo modo, lui non lo faceva mai. Aragorn equivocò il suo improvviso silenzio e chiese: “Sei pentito? Ho forse fatto qualcosa che ti è dispiaciuto?”.

“Certo che no! È stata la cosa più bella di tutta la mia vita...” l’elfo s’interruppe nuovamente, ma stavolta era qualcosa di diverso, era come se fosse in ascolto, si rizzò a sedere sul letto e mormorò: “Non è possibile...” poi si alzò e dopo aver afferrato la mano dell’uomo si diresse con lui verso la finestra e guardò fuori. Le nubi si erano dissolte e le stelle brillavano nel manto celeste come diamanti su un panno di velluto blu.

“È giunto il Vento dell’Ovest! Un dono dei Valar e un messaggio di buon auspicio.”.

Aragorn guardava incantato la luce delle stelle riflettersi negli occhi dell’elfo e lo strinse a se baciandolo appassionatamente e poi lo sollevò tra le braccia e lo riportò a letto.

Parecchio tempo dopo Aragorn e Legolas scesero nei giardini di Gran Burrone tenendosi per mano, per ascoltare gli elfi che intonavano canti al cielo stellato.