.|. Forever & Ever .|.
Capitolo Otto ~
Intanto, all’interno della
sala, l’atmosfera era euforica e, dopo varie richieste, la band ingaggiata
per la serata iniziò a suonare. Le canzoni erano per lo più moderne e
spaziavano da quelle ritmate a quelle lente e a ballate. Tutti i presenti
ballavano (a parte quelli che preferivano rimanere seduti con davanti il
loro inseparabile amico: il bicchiere di birra!) e si divertivano.
Le ore passarono in fretta
ed era quasi giunto il momento di andarsene.
“Bhè, direi che è stata
proprio una bella serata!” disse contento il regista dell’ultimo film con
Johnny Depp.
“Sì, ti do pienamente
ragione! Non mi sono mai divertita così tanto in vita mia! E poi questa
band è davvero brava…” rispose Keira, un po’ accaldata e stanca, guardando
in direzione dei musicisti.
“E ce n’è uno molto,
molto carino che continua a fissarmi!” pensò tra sé, sorridendo
compiaciuta.
“Già…Ah! A proposito:
dov’è Orlando? Non l’ ho visto per tutta la durata della festa…”
“Uhmmm…non so di preciso.
Penso sia fuori a parlare con il suo amico Viggo…”
“Ah, capisco… Bhè, tra
poco bisognerà andarli a chiamare o rimarranno chiusi qui dentro! Te lo
immagini?! ” disse, cominciando a ridere come un matto e allontanandosi
dall’attrice.
“Che cosa c’è da ridere,
poi, non so… Mah! Avrà alzato un po’ troppo il gomito! Come, del resto,
hanno fatto quasi tutti stasera… Uff! Sarà meglio che vada a darmi una
sistemata…” pensò la giovane, dirigendosi verso la toilette.
Viggo e Orlando avevano
trovato due comode sedie e si erano seduti, chiacchierando e scherzando
come ai vecchi tempi.
“Sì!… E ricordi quando vi
ho convinti a fare surf e tu, con la tua solita fortuna, ti sei preso la
tavola pari nell’occhio?”
“Eccome se me lo ricordo!
E non ci trovo nulla da ridere!” disse l’uomo dando un leggero colpo sulla
spalla dell’amico. “Ho avuto l’occhio destro nero per tre giorni…Sembravo
un pugile suonato!”
“E PJ ha dovuto riprendere
solo la parte sinistra di Aragorn!” finì la frase Orlando, continuando a
ridere divertito.
“Senza contare tutte le
imprecazioni e i nomi che mi sono preso!” ribattè Viggo ridendo.
“Già… Ma tu sei stato
modesto e composto, come al solito…” disse il giovane, smettendo pian
piano di ridere e diventando serio. L’uomo lo guardò e diventò serio anche
lui.
Poi un momento di
silenzio.
Erano i loro occhi e i
loro sguardi che stavano parlando.
Una luce particolare
brillava in quelli di Viggo: forte, intensa, viva. Come una fiamma.
Anche quelli del giovane
erano illuminati di una luce propria, incandescente, vivace e penetrante.
Complice, forse, anche la
luna. [Ogni riferimento è puramente casuale!^^ NdElf]
I loro volti si
avvicinarono, fino a sfiorarsi.
Di nuovo quell’odore.
Il loro profumo. Dolce, sensuale…eccitante.
Orlando prese una mano di
Viggo: era calda, morbida. La strinse tra la sua.
Una specie di mugolio uscì
dalla bocca dell’uomo, che, con gli occhi chiusi, si stava perdendo in
quel tenero istante. Il giovane sorrise.
La finestra, semichiusa,
venne aperta da un colpo più violento di vento e soavi note si espansero
anche sul terrazzo. La canzone era “ When you know ” di Shawn
Colvin , conosciuta da Viggo che, senza esitazione ed imbarazzo, invitò
Orlando a ballare.
“Ti va di ballare, Orli?”
gli chiese gentilmente porgendogli la mano. “Mi concedi questo ballo?”
aggiunse con un sorriso.
“Ma certamente, mio
cavaliere…” rispose il giovane a sua volta in tono ironico.
Si alzarono, l’uomo gli
mise le mani sui fianchi e l’attirò a sé.
I loro corpi si toccarono
e le dita intrecciarono. Ancora vicini.
“Ascolta le parole… Le
trovo bellissime…” sussurrò l’uomo con voce sensuale.
E cominciarono a ballare
sulle lente e romantiche note di questa canzone:
When you
know that you know
[Se volete anche voi
gustare l’atmosfera del ballo, vi consiglio di scaricare questa canzone…
E’ bellissima, molto romantica! E vi aiuterà ad immaginare meglio la
scena…Provare per credere! NdElf]
Ballarono stretti l’uno all’altro e le
ultime tre strofe furono mormorate deliziosamente da Viggo nell’orecchio
del compagno. Brividi freddi percorsero la schiena di Orlando: quelle
dolci parole bisbigliate, il fiato caldo di Viggo sul suo collo, le sue
mani che lo stringevano… Stava per impazzire!
La musica finì e il giovane si allontanò
con uno scatto da quell’abbraccio rassicurante ed amorevole. Il suo cuore
batteva all’impazzata. Perché? Perché il suo amico aveva sempre quell’effetto
su di lui? Perché aveva il potere di farlo sentire debole, indifeso ed
insicuro?
Erano passati circa tre anni dall’ultima
volta che si era sentito così e, soprattutto, che si erano dichiarati i
loro sentimenti. Poi, però, la vita gli aveva riservato altro, le loro
strade si erano divise e si rincontravano soltanto per le premiere di LOTR.
E durante quei momenti, non erano altro che amici. Grandi amici.
“Orli che c’è? Non ti senti bene?” chiese
l’uomo preoccupato, avendo notato lo smarrimento nello sguardo del
compagno. Il giovane fissava il pavimento, con il respiro un po’
affannoso.
“Orlando…” disse a bassa voce,
mettendogli una mano sulla spalla.
Il ragazzo rialzò gli occhi ed accennò un
sorriso.
“Tutto bene Viggo…Grazie…” rispose,
cercando di nascondere l’insicurezza.
“Sei un bravo attore, Orli, ma a me non
inganni: vuoi che andiamo via? Ti vedo un po’ stanco…”
“Sì…sì, è meglio andare verso l’hotel…”
“Va bene, allora andiamo che ti
accompagno…” disse l’uomo prendendolo per mano. Ma Orlando lo fermò dando
un leggero strattone al braccio. L’uomo si girò subito.
“Viggo…” Il suo sguardo era tenero.
“Uhm?”
“Grazie per il ballo e per la bellissima
canzone e…per aver cantato…per me…” disse Orlando con un filo di voce.
Avrebbe voluto scoppiare in lacrime. Voleva sfogarsi, facendo uscire tutta
la tensione accumulata nell’ultimo periodo e, anche, l’eccitazione e la
felicità del momento. Guardò Viggo negli occhi.
“Di niente…tesoro…” rispose l’uomo,
accarezzando i capelli del compagno.
Dio com’era bello! E da quanto aveva
sperato di poter tornare a toccare quelle morbide ciocche!
“Tu sei il mio angelo…” continuò l’uomo.
“E voglio solo darti il meglio…”
Orlando sorrise, imbarazzato. Quel
dolce e timido sorriso che solo lui
sapeva fare. Viggo lo adorava. E anche lui sorrise.
“Se ti potessi vedere in questo istante:
radioso e vulnerabile nella luce della notte…” aggiunse.
“Viggo…” Orlando non sapeva cosa dire.
Era lusingato dai complimenti, ma si sentiva anche un po’ impacciato.
L’uomo capì l’imbarazzo del giovane e si allontanò.
“Andiamo?” disse.
“Sì, andiamo!” E si diressero verso
l’uscita.
Sulla via di casa, mentre guidava, Viggo
rifletteva sull’ultima reazione del compagno.
L’aveva respinto, in un certo senso. E
non capiva come mai. Non se lo ricordava come un ragazzo prevenuto, timido
e titubante sul da farsi. Eppure, questa volta, gli era apparso così. Un
po’ spaesato.
Ma forse era stato lui ad accelerare i
tempi.
Per Viggo era da troppo che non si
vedevano e, non appena lo ebbe davanti ai suoi occhi, non capì più nulla.
La sua mente, il suo cuore, il suo corpo volevano solo lui. E nient’altro.
“Vig? A che cosa stai pensando?” La voce
di Orlando lo risvegliò dai suoi pensieri. “Ti vedo serio e pensieroso…”
gli disse, poggiando una mano su quella dell’uomo che teneva sul cambio.
“No, niente…Ero solo intento a guardare
la strada…” rispose sorridendogli. “Tranquillo, va tutto bene…” Il giovane
annuì, ricambiando il sorriso.
Pochi minuti dopo raggiunsero l’hotel
dove alloggiava Orlando. Viggo parcheggiò.
“Ti va di venire un po’ su da me? Lo so
che è tardi, ma mi piacerebbe che mi facessi ancora un po’ di compagnia…”
chiese il giovane.
“Certo! Vengo volentieri… E poi, non ho
nemmeno sonno!” rispose l’uomo, uscendo dall’auto.
Appena entrarono nella camera, Viggo non
potè non sentire il profumo dell’acqua di colonia usata dal compagno.
“Certo che te ne metti eh?!” affermò con
decisione.
“Scemo! Il bagno è proprio qui, accanto
alla porta d’entrata! Ecco perché senti il profumo…”
“Sì, ho capito, ma sono passate ore da
quando sei uscito di qua!” replicò, sorridendo incredulo.
“E…E…” Il giovane era in trappola. “Sì,
hai ragione: forse, questa volta, ho esagerato!” e fece l’occhiolino
all’amico. “Vuoi qualcosa da bere?”
“No, grazie. Sono a posto così…”
“Allora accomodati! Fai come se fossi a
casa tua!”
“Ok, allora posso stravaccarmi sul
letto?” chiese Viggo in tono ironico, ma Orlando non afferrò.
“Certo! Fai pure…”
“Ma no! Scherzavo! Mi metterò su quella
bella poltrona di velluto…che mi dà anche l’idea di essere comoda!” E così
dicendo, si tolse la giacca, la appese e si sedette.
“Guarda che se volevi, potevi anche
stenderti sul letto… Non ti avrei fucilato!” disse il giovane sedendosi di
fronte al compagno, che aveva chiuso gli occhi per rilassarsi.
“No… preferirei essere in tua compagnia a
letto…”
Orlando si fermò e guardò l’amico con gli
occhi spalancati. Aveva capito bene? Aveva udito “in tua
compagnia”?
Anche Viggo stralunò gli occhi, pur
rimanendo fermo nella comoda posizione che aveva trovato.
Cosa aveva detto? Perché gli era uscita
quella frase?
Purtroppo non potè non notare lo sguardo
fisso dell’amico su di lui. Bisognava rimediare e cambiare discorso. E,
soprattutto, fare finta di niente.
“Ho cambiato idea: una birretta la berrei
volentieri…” disse, asciugandosi la fronte.
“Va bene, te la porto subito…” rispose
Orlando, cercando di non pensare a poco prima.
Ma che ti è saltato in
mente, Viggo! Sei impazzito? Pensò tra sé
l’attore.
“Ecco. Bevi piano, che è fredda… E sei
sudato…”
“Va bene papino…” lo schernì l’uomo,
prendendo il bicchiere in mano.
“Ha, ha, ha…” gli fece il verso il
giovane, rimanendo in piedi accanto alla poltrona dov’era seduto Viggo.
“Tu non ti siedi?” chiese l’uomo
appoggiando la birra sul tavolino di vetro.
“Sì…certo…” rispose Orlando, senza, però,
muoversi. Era come paralizzato. Incantato dalla bellezza e gentilezza del
compagno.
“Come mai hai messo del ghiaccio nella
birra?”
“Perché fredda di frigo non c’era, e
quindi ne ho aperta una a temperatura ambiente e ci ho messo qualche
cubetto. Lo so, non è il massimo e non si dovrebbe fare, ma…”
“Ma non importa! Nessun problema Elf boy!
Non hai fatto nulla di male…” finì la frase Viggo, alzandosi leggermente
dalla poltrona e fissando l’amico negli occhi. Uno sguardo languido.
“Ti va di sentire un po’ di radio? Di
solito, la notte, fanno le canzoni più belle…” disse Orlando, scostandosi
dalla poltrona.
“Sì, va bene…”
Il giovane si diresse verso lo stereo e
lo accese. “Non la metto tanto alta…E’ solo per avere un po’…di
atmosfera…” disse piano.
L’uomo, intanto, si era alzato e stava
dando un’occhiata in giro. Ad un tratto la sua curiosità fu catturata da
dei fogli sparsi sulla piccola scrivania d’ebano. Si avvicinò e notò la
sua lettera. La sua poesia.
Una fitta allo stomaco. La prese in
mano.
“Allora ce l’ hai ancora…” disse,
piacevolmente stupito.
“Certo! Perché non dovrei averla?”
rispose il giovane.
“No, è solo che non pensavo che…”
“Che l’avessi presa con me? Bhè, la porto
dovunque vada, se lo vuoi sapere. Ogni tanto mi viene voglia di
rileggerla…” disse Orlando dolcemente.
“Mi fa piacere…tanto…” Viggo non sapeva
cosa dire. Dal giorno in cui si erano scambiati le lettere, non ne avevano
più parlato. A lui, il sapere che ad Orlando era piaciuta e che la leggeva
tutt’ora, fece traboccare il cuore di gioia. Era stato uno stupido a
pensare che, forse, sarebbe stata dimenticata ed accantonata in un angolo.
“No, a me ha fatto piacere…” ribattè il
giovane, che si era avvicinato alla scrivania.
“Gli altri fogli non sono niente
d’importante: qualche appunto, pensiero…” continuò, posando lo sguardo su
quell’insieme di carta.
L’uomo si mosse e si allontanò. |