.|. Forever & Ever .|.
Capitolo Quattordici ~
13 luglio
(pomeriggio)
Orli’s diary
New York: città
cosmopolita, caotica, frenetica, varia, colorata, eccentrica, bella,
grande, viva.
Viva anche con la
mancanza del suo simbolo: le Twin Towers.
Nonostante il
terribile attacco dell’11 settembre 2001, le gente non si è persa d’animo
e ha continuato a vivere la propria vita…a sognare e sperare…anche se,
comunque, la paura rimane e quell’orribile evento resterà un ricordo
indelebile nei loro cuori. E nei nostri.
Sono arrivato da un
giorno e mi fa uno strano effetto essere in questa città: tutto,
inevitabilmente, mi ricorda Viggo. E mi si stringe il cuore.
Più volte,
camminando per le varie strade e guardandomi attorno, ho dovuto trattenere
le lacrime.
Ogni cosa mi fa
pensare a lui.
Ora, qui, sono
esattamente sotto il suo stesso cielo. Respiro la sua stessa aria.
E pochi chilometri
mi separano da lui.
Non posso andare
avanti così… Mi sento terribilmente vuoto e infelice.
Quindi, ho deciso
di andare da lui, adesso.
Devo vederlo…
Voglio amarlo,
ancora una volta…e poi ancora…
(sera)
Credo che la
fortuna mi sia un po’ avversa.
Oggi, convinto di
andare da Viggo e con il cuore colmo di speranza, ho attraversato la
città, dirigendomi verso la periferia.
Avevo preso un taxi
e, poco prima di uscire dal centro, avevo chiesto all’autista di fermarsi
al primo bar che avremmo incontrato lungo la strada. E così fece: dopo
nemmeno un chilometro, la macchina si fermò. Scesi, dicendo al taxista che
non ci avrei messo molto, e mi diressi verso l’entrata, quando,
improvvisamente, mi sentii chiamare…
--
FLASH-BACK:
“Orlando! Ehi Orli!”
Una voce di ragazza, in lontananza.
Orlando fece finta di nulla e non si voltò.
Stava quasi per entrare nel bar ma venne bloccato per un braccio.
“Orlando! Non mi hai sentito?” chiese la
ragazza ansimando. La corsa per salutarlo le fece diventare le guance un
po’ colorite.
“Kate! Ciao!” salutò il giovane, con un
sorriso.
Accidenti! Proprio l’ultima persona che avrei
voluto incontrare… pensò.
Kate l’abbracciò.
“Che c’è? E’ questo il tuo modo di
salutarmi?” disse, avvicinando le sue labbra a quelle del giovane, che si
spostò, allontanandosi da quella stretta.
“Orli…cos’ hai?” chiese la ragazza, un po’
dispiaciuta.
Non ho certo voglia di parlartene…
disse sempre tra sé.
“Niente…è che sono di fretta…” rispose un po’
seccato.
“Ah capisco… E allora mi tratti così?”
replicò acida la ragazza.
“Kate, per favore…non è il momento!”
“Non è il momento dici… E allora quando
arriverà questo momento tra noi due?
Eh?”
“Oh Kate…”
“No, Orlando! Non mi hai più chiamato! Non ti
sei più fatto sentire! Possibile che conto così poco per te?”
“Kate…” sospirò. “Non puoi capire…”
“Aahmm! Non posso capire eh?!” disse a voce
alta. I passanti si fermarono incuriositi.
“Non urlare! Non importa che tutti vengano a
sapere…”
“Che sei uno stronzo! Ecco cosa sei!” lo
interruppe arrabbiata.
“Sì! Esatto! Sono veramente uno stronzo!”
replicò a sua volta Orlando. La ragazza lo guardò stupita.
“E sai perché?” continuò il giovane,
prendendola per un braccio, ma senza stringere. “Perché non ti ho mai
amato! Mai! E ho sbagliato ad uscire con te! Mi ero illuso di poter
cambiare il mio sentimento di amicizia nei tuoi confronti! Pensavo che
potesse cambiare…e invece non è successo. Mi spiace…”
Gli occhi di Kate si riempirono di lacrime.
“Mi dispiace Kate… Ho sbagliato… E hai tutto
il diritto di odiarmi…”
“Sì, Orlando! Ne ho il diritto eccome! Mi hai
preso in giro! Ti sei preso gioco di me e dei miei sentimenti…”
“Te l’ ho detto: mi spiace.” Disse
freddamente. Non riusciva a fare di meglio e fingere di sentirsi realmente
in colpa.
“Non me lo sarei mai aspettata da te…mai!”
“E invece…”
La ragazza guardò a terra, afflitta.
“Addio Kate…” le disse Orlando. “Buona
fortuna…” e si diresse verso la macchina, con gli occhi della gente ancora
puntati su di lui. La ragazza non si mosse. Aspettò di sentire chiudere lo
sportello dell’auto e poi, piangendo, si diresse verso la casa della sua
intima amica Robin, sicura che avrebbe trovato conforto.
[Ecco!!! E questa la dovevo scrivere!! Che
soddisfazione!! Che goduria! Ringrazio Ene per aver postato quelle
foto!!!^ ^ NdElf] --
… Era Kate,
l’ultima persona che avrei voluto incontrare!
Mi era venuto un
colpo! Ma la storia con lei dovevo pur risolverla… e quindi, tutto
sommato, è stato un bene che l’abbia incontrata.
Sono stato, forse,
un po’ troppo freddo e cinico, ma non è colpa mia se, effettivamente, non
ho mai provato nulla nei suoi confronti.
La cosa stupida che
ho fatto, è l’essere uscito più volte con lei e di averla illusa. Questa è
l’unica cosa di cui mi pento. Potevo pensarci prima, ma non l’ ho fatto.
Comunque, ho
risolto tutto lasciandola…
Certo non sono
stato attento a non ferirla ma… il mio cuore voleva solo andare da Viggo!
Non mi importava di nient’altro!
Pazienza! Che pensi
di me ciò che vuole! E poi, tanto, c’è la sua “cara” amica Robin pronta a
confortarla…!!!
Comunque non mi do
per vinto! Ora chiamo un altro taxi e vado a casa sua…Devo vederlo!
Dopo l’incontro con
Kate, mi sono diretto da lui, ma purtroppo non c’era, e quindi me ne sono
tornato in albergo. Adesso ci riprovo…magari sarò più fortunato…
(sera)
Sono tornato da
poco.
Ho trascorso il
pomeriggio con Elijah, alias Frodo. Poco dopo l’ora di pranzo mi ha
chiamato, chiedendomi se potevamo incontrarci da lui per un drink e per un
“revival” dei momenti trascorsi insieme sul set di LOTR.
Solo noi due,
poiché non era riuscito a rintracciare nessun altro, nemmeno Sean, con cui
ha mantenuto saldi rapporti anche dopo la lavorazione del film.
[ E qui…….sono
ammessi *wicked* pensieri e doppi sensi!!^^
NdElf]
Ho accettato: era
una bella idea, e poi, forse, avrei smesso di pensare a domani e…a Orli.
E così è stato,
anche se, inevitabilmente, il suo nome veniva spesso fuori… Ogni volta che
Lij nominava “Orlando”, “Orli”, “Mr Bloom”, “Elf boy” ecc… mi veniva una
fitta allo stomaco e mi si stampava in viso un sorriso quasi…da ebete! Ne
sono sicuro! E poi, forse, arrossivo pure!
Sì…se non lo rivedo
al più presto, divento pazzo!
*Driiiiiiiin*
*Toc-toc*
Hanno suonato alla
porta…ma chi sarà?
--
L’uomo si diresse verso la porta, sistemandosi in fretta i capelli.
“Ehi!”
“Oh…ciao Ben! Che ci fai qui?” Viggo non sapeva spiegarselo, ma, benché
conoscesse quell’uomo da anni, ogni volta che lo vedeva gli infondeva un
senso d’inquietudine. Forse era il suo sguardo: molto intenso,
diretto…penetrante. Troppo.
“Così! Anzi, effettivamente sono venuto per dirti che domani…sarò io ad
intervistarti!”
“Cosa?” Viggo rimase di stucco.
“Fammi entrare che ti spiego…” disse Ben, entrando senza che Viggo dicesse
nulla.
L’uomo rimase immobile davanti alla porta aperta: non poteva crederci.
Perché proprio Ben a fare l’intervista?
“Allora, che fai? Hai intenzione di rimanere lì?” Gli urlò Ben dalla sala,
ridestando Viggo dai suoi pensieri. In fretta chiuse la porta e andò in
salotto. Quell’uomo, a volte, aveva il potere di infastidirlo. Lo
trovò comodamente seduto sul sofà, pronto ad accendersi una sigaretta.
“Vuoi?” Ne offrì una a Viggo. “No,
grazie.” Gli rispose freddo. “Racconta… Come mai ti mettono già a fare le
interviste?”
“Mmmmmm……non lo so!” ribattè l’uomo, mandando il fumo proprio in faccia
all’amico, che tossì.
“Scusa Viggo… Comunque… Il buon vecchio Mark ha deciso così!”
“Mark? Lo chiami già per nome?” “Qui
con te ovvio! Carissimo, so come mi devo comportare col mio capo!
Soprattutto quando sei uno assunto da poco…”
“Appunto! Come fa a lasciare che sia tu a fare questo lavoro, che non l’
hai mai fatto prima in vita tua?!” sbottò Viggo. “Ehi,
calmati! Non importa che te la prendi così a cuore! E poi, che ti devo
dire? Stevens ha voluto così e io lo farò! E poi…dovrò fare delle
domande…a te! Sai che difficoltà!” rispose con un sorriso
sottile e beffardo.
Avrei una voglia di romperti tutti quei denti, che neanche immagini…,
pensò Viggo tra sé, cercando di non far notare la sua rabbia e
irritazione. “Vuoi
qualcosa da bere?” gli chiese. Doveva levarselo per un momento da davanti
agli occhi.
“Mmm…sì. Un whisky…”
“Bene” disse, alzandosi dal divano e andando ad aprire lo sportello in
basso della cristalleria.
Riempì un bicchiere e glie lo porse. “Uhm!
Ottimo! Invecchiato bene, direi…” disse Ben per riprendere la
conversazione. Viggo non rispose, si limitò solo a guardarlo. “A
proposito! Non so se Mark te lo ha detto, ma…dovrò intervistare anche il
tuo collega…Bloom…” Un brivido freddo percorse la schiena di Viggo.
L’uomo aveva pronunciato quel nome con…malizia…e con una sottile vena di
cattiveria. Lo fissò ancora. “Che
mi dici di lui?” chiese Ben, appoggiando il bicchiere vuoto sul tavolino. Viggo
distolse lo sguardo, ma non rispose. Iniziava ad avere le mani sudate.
“Allora? Mi hai sentito? Ti ho chiesto cosa ne pensi di lui…che tipo è! Mi
sembra che tu e lui vi conosciate bene… Tutti i tabloid hanno parlato
della vostra profonda amicizia! E, sia tu che lui, parlate spesso
delle vostre avventure…”
“Profonda” e “avventure”: due parole pronunciate con malignità…e furbizia. Viggo
era seccato: non voleva rispondere a quelle provocazioni. Strinse i pugni
e l’amico se ne accorse. Fece un piccolo sorriso, sentendosi soddisfatto
di aver toccato il tasto dolente di Viggo: Orlando.
“Mah…se non vuoi rispondermi…pazienza. Basta che tu non faccia così
domani… si chiama Orlando, giusto?” “Sì…”
gli rispose freddamente Viggo, senza sostenere il suo sguardo. “Ma
allora è quello che ti ha chiamato poche sere fa!” “Sì…”
Dio, com’era esasperante quell’uomo!
“Mmmm…bene…così avrò modo di conoscerlo…” proseguì Ben, strofinandosi le
mani ed accavallando le gambe. “E’ noto per la sua bellezza, più che per
la sua bravura…” “Non
dire sciocchezze…” “Oh
no! Non sono io che lo dico! Sono i giornali! Il suo nome è legato al
fascino…” “I
giornalisti sono tutti uguali…dei bastardi!”
“Grazie…metti in mezzo anche me sai? Sono da poco diventato uno di loro…” “Lo
so perfettamente…” ribattè Viggo con un filo di voce. “Puoi
dirlo ad alta voce, mica mi offendo!” gli rispose Ben, facendo seguire una
risata.
Quasi diabolica, pensò Viggo.
“Comunque, avrò l’onore di conoscerlo e…” e si voltò verso Viggo,
fissandolo negli occhi. “Constatare di persona la sua bellezza…” Viggo
si alzò di scatto. Il respiro era veloce e pesante. Ben, al contrario, era
tranquillissimo. “E’
ora che tu vada…sono stanco…” disse Viggo senza voltarsi dalla parte
dell’amico.
“Peccato…sarei rimasto volentieri un altro po’, ma…” *Driiiiiiiiiin* Il
campanello. Ma
chi sarà adesso! Disse Viggo tra sé, sbuffando ed andando ad aprire. “Ciao
Vig…” Una
voce dolce. Quella voce.
L’uomo spalancò gli occhi.
“O…Orli…” balbettò piano. Gli
sorrise e lo stesso fece il giovane. Ad entrambi il cuore batteva
all’impazzata e la bocca sembrava bloccata. Dei piccoli brividi percorsero
la schiena di Orlando quando l’uomo gli prese la mano. Era tiepida e
morbida.
“Entra…” gli sussurrò, ma il ragazzo rimase immobile. Era paralizzato
dalla dolcezza di Viggo, dal suo semplice ma tenero gesto e dalla sua
voce, calda e sensuale. Chiuse gli occhi, stordito da quelle sensazioni
che, pian piano, si stavano impossessando di lui. Viggo
gli accarezzò una guancia, dolcemente.
“Perdonami…” disse, avvicinandosi a lui, fino a sfiorargli il naso con il
suo. Orlando non aprì gli occhi, e , strofinando delicatamente il naso sul
viso di Viggo, riuscì a malapena a sussurrare un “Oh Vig!” e si lasciò
andare. Abbracciò l’uomo e cominciò a piangere. Anche
Viggo gli passò le braccia intorno alla vita e lo strinse forte.
“Commovente!” disse una voce dietro di loro, battendo le mani. “Bravi…” Viggo
e Orlando si staccarono subito e videro Ben appoggiato sullo stipite della
porta del salotto, intento ad osservarli.
“Ben!” imprecò Viggo.
Orlando sgranò gli occhi nel sentire quel nome. Possibile che fosse l’uomo
scortese con cui aveva parlato al telefono? “Ciao
Orlando…sono Ben” lo salutò l’uomo, avvicinandosi a lui e allungando la
mano. “L’amico di Viggo…”
“Ciao…” disse semplicemente il ragazzo, stringendogli la mano. Era fredda
e un po’ sudata.
Quella sensazione viscida e lo sguardo penetrante e investigativo
dell’uomo lo fecero rabbrividire.
Nessuno, prima di allora, gli aveva fatto quell’effetto. Un effetto di
rifiuto e fastidio. “Non
andiamo in salotto?” chiese Ben, guardando Viggo al suo fianco, per poi
dirigersi verso il divano. Lo stesso fecero gli altri due, ma Viggo bloccò
Orlando e all’orecchio gli disse: “Non
preoccuparti…vedrò di mandarlo via il prima possibile…” Il
giovane annuì, sorridendo. Si sedettero vicini, sul divano, mentre Ben si
mise di fronte a loro, sulla poltrona.
“Allora: che c’è tra voi? Che rapporto avete?” chiese l’uomo a
brucia-pelo. Gli altri due lo guardarono esterrefatti. “Sì!
Non guardatemi così! Intendo dire: com’è il vostro rapporto d’amicizia?”
“Senti Ben, è domani l’intervista non stasera…” gli disse Viggo
visibilmente alterato.
“Cosa? Vorresti dire che sarà lui a…” cominciò il ragazzo, ma venne
interrotto bruscamente. “Sì,
signorino! Sarò proprio io a farvi le domande! Non ti va bene per caso?”
chiese Ben in modo strafottente. “No!
Per niente…se devo essere sincero…” replicò Orlando, senza paura. “Non
so cosa farci! Mi spiace! Hanno voluto così, e così sarà!”
Orlando emise un lamento di disapprovazione, ricadendo pesantemente con la
schiena sul divano. Viggo
lo guardò. “Bhè,
contieni pure tutta la tua gioia, ragazzino viziato che non sei altro! Sei
un vero maleducato!” disse Ben un po’ ad alta voce. “Oh!
Senti da che pulpito viene la predica, ficcanaso che non sei altro!”
ribattè Orlando a tono.
“Avanti, calmatevi…” la buttò lì Viggo, capendo benissimo lo stato d’animo
del giovane.
“Senti…visto che qui l’aria si sta facendo un po’ pesante…perché non vai
di là a prepararci un buon thè?” disse Ben a Viggo. “Lo berrei
volentieri…”
L’uomo si alzò e di malavoglia si diresse in cucina. Ma
se “l’aria si faceva pesante”, come ha detto lui, perché vuole rimanere da
solo con Orlando? Mah! Prova tu a capirlo…, pensò, aprendo prima la
finestra per far circolare un po’ d’aria, poi uno sportello da dove prese
la teiera.
Intanto che Viggo era in cucina, gli altri due uomini si trovavano da soli
in salotto. L’aria era veramente irrespirabile.
Orlando si guardava attorno, cercando di nascondere la sua insofferenza e
il senso di disagio che si era impadronito di lui; Ben, invece, era
intento ad osservare il ragazzo seduto di fronte a lui: il corpo asciutto,
ben proporzionato, tonico, coperto da un paio di pantaloni neri di cotone
e una camicia a maniche corte, a righe sottili rosse e bianche e
leggermente sbottonata sul petto; un viso dai lineamenti delicati, dolci,
efebici; degli occhi scuri, profondi e vivi. Aveva di fronte a sé un
esempio di bellezza androgina, tanto cercata, studiata e immaginata dagli
antichi e dagli artisti. Il
sangue cominciò a pulsargli forte nelle vene. In
quanto a bellezza e a fascino…non c’è niente da dire: è notevole,
pensò l’uomo tra sé, continuando a fissare Orlando. Il
giovane si sentiva in imbarazzo: non sopportava quello sguardo fisso su di
lui.
Improvvisamente irruppe nella sala una violenta folata di vento e la porta
della cucina si chiuse, sbattendo forte. [Con imprecazioni e
bestemmie da parte di Viggo…….No, scherzo!^^ NdElf]
Orlando voltò di scatto il viso verso la porta.
“Paura?” chiese ironicamente l’uomo davanti a lui. Il
giovane non rispose. Il suo cuore batteva a mille: si trovava in compagnia
dell’uomo più irritante e strafottente della terra e aveva una voglia
matta di parlare con Viggo e di chiarirsi con lui. Ben
si alzò dalla poltrona, facendo finalmente posare lo sguardo del giovane
si di sé. I
loro occhi si incrociarono: Orlando deglutì ed ebbe un brivido. Non gli
piaceva quello sguardo.
L’uomo, poi, si avvicinò lentamente al divano e si sedette di fianco al
giovane, che si spostò. “Non
mangio mica sai…” disse l’uomo a bassa voce. “Anche se…” e si riavvicinò a
Orlando “…non saresti male come bocconcino…”
Queste parole risuonarono nelle orecchie di Orlando come un sibilo e un
altro brivido gli percorse tutto il corpo. Il suo cuore continuava a
battere forte e cominciava a sudare freddo. Ben,
intanto, gli aveva cominciato a toccare la gamba e il suo corpo si era
fatto ancora più vicino. Orlando, allora, cercò di allontanarsi, ma venne
bloccato dall’uomo, che gli mise un braccio intorno alle spalle.
“Avanti…non fare così…” gli disse piano l’uomo, con il viso molto vicino a
quello di Orlando. “Non allontanarti da me…”
“Senti Ben, non è…” ma l’uomo gli posò un dito sulle labbra.
“Ssssh…non dire niente, perché lo so già…” sussurrò, portando la sua bocca
a sfiorare il dito, che si trovava ancora davanti a quella di Orlando.
“Stai tranquillo…non ti farò nulla di male…Oh Orlando, sei così attraente,
bello, sexy…” e tolse il dito, poggiando le sue labbra a quelle del
giovane.
Orlando spalancò gli occhi e, con forza, diede una spinta a Ben, che
rischiò di cadere a terra. Cercò
di alzarsi, ma l’uomo lo fece ricadere pesantemente sul divano,
tappandogli la bocca con forza. “Se
fossi Viggo non faresti così eh?” disse in tono arrabbiato e premendo di
più la mano sulla sua bocca. Orlando non poteva ribellarsi: l’uomo gli
aveva bloccato gambe e braccia e quella mano gli faceva male, tanto che
non riusciva nemmeno a emettere un semplice lamento. Ben si mise sopra di
lui e continuò:
“Allora? Non rispondi? No, certo che non lo fai! Perché questa è la
verità!” Gli
occhi di Orlando, lucidi ed arrossati, imploravano di allentare la
stretta, ma l’uomo non capì, anzi, premette ancora di più. Dalla bocca del
giovane tentò di uscire un grido, ma non si sentì. Un
sorriso beffardo comparve sul volto dell’uomo.
“Lasciati toccare, cucciolino…” disse Ben, cominciandosi a muovere sopra
il ragazzo e baciandogli la fronte.
“Brutto bastardo, lascialo!” urlò Viggo, lasciando cadere a terra il
vassoio con le tazze e precipitandosi verso il divano.
“Lascialo ho detto!” gridò nuovamente, strattonando l’amico e buttandolo a
terra.
Orlando fece un lungo e profondo respiro e una lacrima gli solcò la
guancia. Era arrabbiato. Ben
si rialzò di scatto, ma Viggo lo colpì direttamente in viso, facendolo
ricadere stordito. Poi
venne sollevato di peso e spinto contro al muro. “Non
t’azzardare a toccarlo…mai più!” gli disse Viggo, tenendolo per la gola.
“E ora vattene, viscido verme…e non farti più rivedere, chiaro? Non voglio
più vedere quella tua disgustosa e lurida faccia, capito?” urlò, con voce
tremante, e allentando la presa. L’uomo, con uno strattone, allontanò il
braccio di Viggo, e lo guardò negli occhi , spostandosi, poi, su quelli di
Orlando. Si
toccò il labbro sanguinante e disse:
“Viggo, senti, mi spia…”
“VATTENE! Fuori!” Viggo era furibondo e Ben lo capì benissimo; si diresse,
allora, verso la porta, sbattendola alla sua uscita.
Orlando era fermo, seduto sul divano con il viso tra le mani. Piangeva. Viggo
gli sedette vicino e gli baciò la nuca. “Stai
tranquillo Orli…” gli sussurrò all’orecchio. “Mi spiace di averti lasciato
qui da solo con quel farabutto…” “Non
preoccuparti, Vig, tu non centri nulla…” rispose il ragazzo singhiozzando
ed alzando lo sguardo verso quello del compagno. “Sto piangendo per i
nervi! Per il fatto che non sono riuscito a fermarlo!” “E
come potevi? Ti aveva bloccato!” “Già,
è vero… Ma tutto questo mi ha umiliato… mi ha fatto sentire debole…”
“Avanti, smettila Orli! Sai benissimo che non è così: sei un ragazzo forte
e sicuro di sé… e capace di difendersi, non solo a parole!” ribattè
l’uomo, sorridendo.
Orlando lo guardò con gli occhi lucidi ed accennò un sorriso, ma la bocca
gli doleva ancora. Tutto il contorno era rosso e si potevano vedere le
impronte delle dita.
“Guarda che ti ha fatto…” disse l’uomo dolcemente, accarezzando piano la
pelle irritata. I suoi occhi si bagnarono. “Non doveva toccarti…”
continuò, appoggiando la fronte su quella di Orlando.
“Nessuno…ness…” balbettò, ma un nodo alla gola gli impedì di proseguire e
una lacrima cadde sul suo viso. Prese il volto del giovane tra le mani e
disse:
“Nessuno deve azzardare a sfiorarti…”
“Nemmeno a sfiorarmi?” Orlando sapeva di aver fatto una domanda retorica,
ma voleva sentire la risposta di Viggo. “No,
nemmeno sfiorarti…”
“Altrimenti?”
“Altrimenti…dovrà assaggiare i miei destri… E ti assicuro che non ne
uscirebbe vivo!” A
quella risposta, entrambi sorrisero; poi il giovane prese le mani di Viggo
tra le sue e disse:
“Grazie Vig…” “E di
cosa?” “Di
esserci sempre nei momenti di bisogno…di essere sempre al mio fianco e
di…proteggermi…” rispose con delicatezza e decisione, avvicinando le sue
labbra a quelle del compagno.
“Orli, non devi ringraziarmi…perché io…” ma non riuscì a terminare la
frase: il profumo di Orlando, le sue morbide mani, e le sue sensuali
labbra così vicine gli impedivano di pensare e parlare. Chiuse gli occhi
per un istante e, quando li riaprì, fissò intensamente quelli di Orlando. “Ci
sarò sempre per te…perché ti amo…” disse con convinzione, catturando
quelle tenere labbra tra le sue. I
loro cuori battevano all’impazzata e all’unisono; le loro lingue si
toccavano con desiderio ed avidità e le loro mani s’intrecciavano e
sfioravano.
Quando l’uomo si allontanò, dalla bocca di Orlando uscì un lamento di
disapprovazione. Viggo sorrise.
“Andiamo! Ti accompagno di sopra, in bagno… Così puoi inumidirti un po’ il
viso con dell’acqua fresca…”
“Ok…andiamo!” rispose il ragazzo con un sorriso e , prendendo il compagno
per la mano, si alzò. |