.|. Elen nìn, Estel nìn .|.

Capitolo Nove

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Dagli appunti di Legolas

 

Vattene…lo avrei potuto ripetere tre, cinque, dieci volte se fosse servito a qualche cosa ma sapevo bene che non serviva a nulla insistere con lui. Mi sentivo stanchissimo, alternavo dentro di me gli attimi di rabbia a quelli d’abbandono; la confusione regnava nella mia testa. Vorticava attorno a me, mentre gli occhi di Aragorn cercavano di scorgere qualcosa dentro la mia testa, nel vano tentativo di essermi d’aiuto.Non capiva che volevo solo attendere il momento giusto per salire nella stanza di Elen, per sederle accanto…volevo che lo capisse:

- Legolas io voglio solo sostenerti

MI disse tentando di riavvicinarsi. Forse lo odiai in quel momento, non so bene come mai. Forse per la sua insistenza, o semplicemente per avermi trascinato in quell’assurda situazione coi suoi discorsi da uomo vissuto. Non avevo voglia di capirlo. Iniziavo a sentire la testa pesante e nel frattempo il cielo si stava coprendo di uno strato biancastro di nuvole leggere, come a porre l’accento sui nostri stati d’animo. Eppure non mi sentivo debole.Qualcosa continuava a cercare di farsi spazio dentro di me mentre guardavo Estel. Sentivo gravare su di me l’espressione dei suoi occhi azzurri, mentre il viso che tante volte avevo visto coperto da una maschera severa, aveva assunto un’aria patita. “Non guardarmi così…questa volta toccherebbe a me dirlo” pensai. Anzi, presumo di averlo pensato. Non ne sono certo.La confusione, la stanchezza per il viaggio e il nervosismo mi placcavano, impedendomi di rilassarmi. Sentii dei fremiti che mi scuotevano, in quei lunghi minuti di silenzio:
- Estel, lasciami solo, te ne prego

Sussurrai ad un tratto:
- No…     

-E ALLORA DI QUALCHE COSA PER L’AMOR DEL CIELO!

 

 Dagli appunti di Aragorn:

 Al suono della sua voce socchiusi gli occhi, lasciandomela rimbombare nelle orecchie come un’eco. Voleva che dicessi qualcosa. Perché? Io, invece, avrei voluto solo abbracciarlo. In quella situazione tanto paradossale da non sembrare vera, mi ritrovai davanti ad una persona che non conoscevo e, che per la prima volta, si lasciava sopraffare dai problemi prima ancora di averli valutati. La cosa, stranamente, muoveva in me una strana compassione:

- Io non so cosa dirti a questo punto Legolas

Fui sincero, lo guardai negli occhi. E cosa ebbi come risposta? Una sua espressione stizzosa, uno scrollar di capo:

- Allora VATTENE!

Lo vidi voltarsi e sferrare un pugno al tronco del grosso albero che stava dietro di noi in un gesto che sarebbe dovuto servire a scaricare la rabbia che covava, rimanendo poi immobile, la mano ancora ferma. Mi avvicinai e lo guardai per un istante. La testa abbassata tra le spalle e i capelli che gli nascondevano il viso non m’impedirono di accorgermi che si stava mordendo il labbro inferiore:

- Ma cosa combini eh?

Gli domandai poggiandogli una mano sulla spalla:
- Non era tua la frase “non si piangono i morti quando sono ancora in vita”? Non abbatterti in questo modo, fallo almeno per lei…

Gli presi la mano. Sulle nocche si stavano formando delle chiazze violette, segnate da qualche graffio vermiglio. Non sembrava sentire dolore però. Infatti non disse nulla, ma si limitò a ritrarre la mano, a sospirare e a darmi le spalle, incamminandosi verso il palazzo. Forse avevo preteso troppo da lui. Forse non ero davvero in grado di capire cosa lo legava alla piccola Elen e le paure che in quel momento lo stavano schiacciando. 

Lo guardai mentre si avviava su per le scale di corsa, la mano ferita ferma vicino alle labbra. Era accigliato, e non mi rivolse nemmeno un gesto fugace. Niente. La sua testa era occupata da un solo pensiero.

 

Dagli Appunti di Legolas:

 

Quando entrai nella stanza tutto, nella mia testa, sembrava divenuto tranquillo, non sentivo neanche la mia mano che pulsava dopo la botta. L’aria era fresca nella stanza, le tende frusciavano mosse dalla brezza leggerissima che spira sempre a Gran Burrone e c’era uno strano, aspro profumo che pervadeva l’atmosfera. Lei stava lì nella calma e nel silenzio più totali, nella tranquillità. Non ebbi nemmeno il coraggio di sfiorarla con un dito ma rimasi fermo immobile, con la mano appoggiata alla colonnina intarsiata del letto a baldacchino ad osservarla:

- Elen nìn…cosa ti hanno fatto?

Glielo sussurrai aspettandomi quasi una risposta. Naturalmente dalle sue labbra non uscì nemmeno un gemito. Non si mosse. Mentre me ne stavo lì impalato un lampo mi passò davanti agli occhi mostrandomi l’immagine di una bambina dagli occhi chiarissimi che, dopo aver centrato il bersaglio con una freccia, mi guardava sorridente.Tornato alla realtà vidi, però, tutt’altra cosa. Non la riconoscevo quasi. Il suo viso era di un bianco diverso dal solito, le palpebre coperte di rosso, i capelli sparsi sul cuscino e la mano inerte sulle lenzuola. Non stava dormendo. L’avevo vista dormire centinaia, migliaia di volte, e non era così. Quando dormiva era serena, le labbra erano rosate le sue braccia stavano attorno al mio collo, la sua mano poggiata sul mio cuore: “Come potrei vivere senza il mio cuore?”

Mi ritrovai automaticamente a pensarlo, tornando indietro al momento della mia partenza con la compagnia…gia, come potevo?

Avevo vissuto con lei i miei anni migliori e, adesso, stavo vivendo la peggior sofferenza. La sentivo in ogni parte del mio corpo, una specie di formicolio che rallentava i miei movimenti, le palpebre pesantissime, la gola secca. Quasi mai mi ero trovato così. Io, un Elfo che non dovrebbe mai permettere alle sue forze di venir meno, continuavo a stare immobile, a non agire. Ma cosa potevo fare?Non ero in grado di combinare nulla d buono se non starle accanto. Quindi presi un panchetto che si trovava là vicino, mi ci sedetti e poi, con una titubanza che mi sorprese, le toccai la mano. Era fresca e bianchissima in confronto alla mia, leggermente violacea dopo il pugno che avevo sferrato in giardino. Per cosa lo avevo fatto?Per sfogare la rabbia contro qualcosa? Per evitare di colpirlo dopo tutte le sue chiacchiere?

- Estel…

Ritirai quella mano, massaggiandomela. Credevo di non aver altro per la testa a parte lei, invece nella mia mente s’insinuò l’immagine di Aragorn. Forse fu per rispetto ad Elen che tentai di scacciarlo ma non ci riuscii. Probabilmente mi ero comportato da sciocco. Probabilmente aveva ragione lui…mi ero lasciato prendere dal panico? Per quello me ne stavo lì da solo, per un mio stupido errore dovuto anche all’orgoglio. Ma io volevo davvero qualcuno al mio fianco? Iniziavo a non sentirmi più sicuro di nulla.

 

Dagli Appunti di Aragorn

 

Evitai di pensare a ciò che era accaduto per tutto il pomeriggio, durante la sera, e il giorno successivo, cercando di liberare la mia mente da ogni cosa e di rilassarmi un po’ dopo il viaggio e la missione.Ci sarebbe stato tempo per saluti e festeggiamenti, ma non prima che tutti si fossero rimessi in sesto. Il piccolo Frodo era stato affidato alle cure di Re Elrond, che continuava a fare la spola tra la stanza sua e quella degli altri hobbit. Solo quando il sole fu finalmente calato sul secondo giorno, decise di tornare da Elen. Avvertii la sua voce nel corridoio e rimasi interdetto sul da farsi per un po’ a riflettere. Alla fine mi alzai dal letto sul quale mi ero disteso e lo raggiunsi, curioso.In quelle lunghissime ore non avevi ne visto né sentito Legolas e non avevo ricevuto notizie... Quando mi affacciai timidamente alla porta della camera mi trovai faccia a faccia con Sire Elrond e fu la sua voce che interruppe il silenzio:
- Come mai sei qui Aragorn?

Come mai ero lì?

- Volevo sapere come stava…

- O come stavano?

I suoi occhi azzurri e penetranti si fissarono nei miei e io fui costretto ad abbassare la testa:
- Legolas è molto stanco, e non penso che sarebbe molto contento di ricevere altre visite…

Il tono della sua voce era distante e freddo…sapeva. Come potevo aver anche solo pensato di tenere nascosto il mio tradimento al Re degli Elfi?

- Penso che tu voglia entrare ugualmente, non è così? Fate in modo di non disturbarla

E se n’andò, schivandomi e passando accanto senza produrre il minimo fruscio. Entrai cercando di essere altrettanto silenzioso e mi trovai a fissare un’esile immagine, al di là del letto a baldacchino, con i gomiti poggiati sul davanzale della grande finestra ad arco che dava sulle montagne che circondavano Gran Burrone, con le sue scale e le cascate cristalline. Probabilmente attendevo una sua mossa, una parola e per quello rimasi per alcuno lunghi momenti a fissarlo mentre se ne stava immobile con le gambe ancora inguainate nei pantaloni da viaggio, la stoffa della giacca azzurro pallido tesa sulla schiena muscolosa, Quella schiena che avrei voluto tanto sfiorare. Forse fui egoista a non rivolgere nemmeno uno sguardo ad Elen che giaceva lì distesa, ma la mia preoccupazione andava a colui che gia si dava pena per la giovane Elfa:

- Legolas…?

- Tu non molli mai vero Aragorn? Mi sembrava strano che la tua assenza si fosse prolungata tanto

Non mi sembrarono poi tanto strane le sue parole o almeno non pungenti come quelle di qualche giorno prima. C’era calma nella sua voce e ce ne fu anche nella mia, anche se non riuscii a trattenere un po’ di risentimento:

- Avresti preferito non vedermi?

- Non ricominciare Aragorn, non ho voglia di discutere

Sorrisi e feci qualche passo verso di lui, cercando di trovare nel paesaggio quel qualcosa che teneva immobile il suo sguardo oltre le colline:
- Nemmeno io, se è per questo

Alzai una mano e la poggiai leggermente sulla sua spalla e il guardai il volto illuminato dalla luna, imprigionato tra le sue mani. Aveva gli occhi socchiusi, le labbra leggermente dischiuse e una linea sottile che gli attraversava la fronte, percorsa da qualcuno dei suoi finissimi capelli biondi sfuggiti alla mezza coda. Quando i suoi polmoni si riempirono d’aria per concedersi un sospiro, facendo inarcare appena la schiena, ritirai quella mano di scatto arrossendo, per poi scoprire che, invece, voleva solo guardarmi in faccia:

- Cosa ha detto Elrond quando ti ha fermato qua davanti?

Mi chiese appoggiando i fianchi al davanzale e incrociando le braccia sul petto:
- Voleva persuadermi dall’entrare…come mai lo vuoi sapere?

Scosse la testa e la luna fece apparire quasi azzurrognoli i suoi capelli. Quelle immagini mi rendevano alquanto nervoso. Non era il momento adatto ma…sentivo qualcosa crescermi dentro dal basso ventre…era talmente bello:
- Pensavo ti avesse parlato di Elen. Temo che non voglia dirmi tutta la verità sulle sue condizioni. Io in questo momento non sono in grado di captare molte oltre i miei pensieri.

- Oh..ti preoccupi troppo. Magari non è davvero così grave. Hai sentito no? E’ solo questione di tempo, la ferita si sta rimarginando. Deve solo recuperare un po’ di forze. E’ giovane e, in fondo, l’incidente è avvenuto solo qualche giorno fa!

Vidi le sue labbra distendersi in un sorriso amaro:
- Comunque non credo sia necessario che sussurri. Non sembra aver intenzione di svegliarsi per adesso

Camminò verso il letto e riprese posto sul basso panchetto di legno chiaro poi, finalmente, mi guardò dritto negli occhi, porgendomi uno sgabello gemello. Con mio grande stupore, rividi i suoi velarsi di lacrime, mentre entrambi spostavamo lo sguardo su Elen, senza trovare qualche parola da dire. Forse non erano importanti in quel momento le parole, come non lo erano state in molte altre occasioni, per noi due. La sola differenza stava nel fatto che in quel momento non eravamo noi due al centro della situazione.

Restammo così, uno ad ogni lato del letto, senza proferire parola, con l’imbarazzo che si poteva tastare nell’aria, fino a quando non decisi di tornare alla finestra, tanto per rivolgere alla luna uno sguardo che avrebbe alleggerito un po’ il peso che mi gravava addosso. E, mentre me ne stavo voltato, Legolas si lasciò vincere da un momento di stanchezza. Lo trovai con la testa appoggiata sulle braccia, incrociate sul letto.

In quel momento mi parve di sentire un debole sussurro sfuggire dalle labbra di Elen ed ebbi la prova che non era frutto della mia fantasia, perché anche Legolas, pur sempre sospeso tra il sonno e la veglia, mosse una mano e andò a stringere quella di lei. A quel punto me ne andai sorridendo, senza trattenermi dal lasciare un bacio sulla fronte tiepida di Elen e su quella del mio amico.

 

Dagli appunti di Legolas

 

La mattina successiva, quando cominciai a tornare alla realtà dopo un sonno profondo, senza sogni e per niente riposante, fui invaso da una sensazione magnifica. Assaporai il calore del sole che mi batteva tiepido sulla nuca, prima di alzare la testa dal braccio sul quale era poggiata. Solo una cosa mi parve strana…un altro tipo di calore, sulla mia mano, e un leggerissimo solletico. Qualcosa si muoveva nella stanza, ed io non mi dimostrai abbastanza desto da rendermi ben conto di che cosa fosse fin da subito. Dovetti stringere gli occhi fino a farli divenire due fessure per mettere a fuoco ciò che stava accadendo, e passarmi una mano sulla fronte per scostare qualche capello. Allora la vidi. Elen si era vegliata, stava seduta con la schiena appoggiata sui cuscini e guardava fuori della finestra, continuando a carezzarmi una mano. Mi svegliai tutto di un botto, drizzandomi a sedere e togliendo la mano, incredulo:
- Elen!

Quando si voltò ebbi un tuffo al cuore. Gli occhi, cerchiati di rosso, sembravano troppo grandi per quel visino pallido circondato dai capelli biondo scuro, appena spettinati ma il suo sorriso. Lo vidi aprirsi, vidi l’espressione mutare, passare dall’incredulità alla gioia. Cercava di trattenersi ma vedevo la sua mano alzata a mezz’aria tremare, come se fosse indecisa sul da farsi. E io la guardavo. Non se ne stava più immobile nel letto, ma mi guardava, mi sorrideva, avrebbe potuto toccarmi. Io volevo toccarla, volevo stringerla tra le braccia e sentirla vicina come quando era bambina:

- Sei tornato Legolas…non sei un sogno, vero?

Passai dal panchetto al letto senza scompormi ma continuando a guardarla:

- No Elen…sono qui

- Allora abbracciami

Sembravamo incapaci di muoverci, dovetti scattare per riuscire a passarle le braccia intorno alla schiena e quando, finalmente, sentii il suo corpo premuto sul mio, le sue mani intrecciate dietro il mio collo, mi lasciai andare e affondai il viso nei suoi capelli, respirandone il profumo. In un attimo tutto parve lontano: la guerra, i momenti difficili…era come se uno dei tanti giorni normali passati insieme si stesse ripetendo. Tutto sembrava tornato normale.

Le baciai la fronte, poi le accarezzai il volto:
- Quant’è che sei sveglia? Come mai non mi hai avvertito?

- Saranno un paio d’ore…le ho detto io di non disturbarti

La figura di Re Elrond si stagliava sulla porta, e sul viso del sovrano brillava un sorriso molto compiaciuto:
- Te lo avevo detto che si sarebbe svegliata.

- Gia…grazie mille!

Mi alzai e chinai il capo. Mi aveva restituito la mia Elen:
- Non ringraziarmi Legolas. Piuttosto vai a riposare, altrimenti il prossimo ad aver bisogno di cure sarai tu

Esclamò accennando alla mia mano destra, ancora livida:

- No…è meglio che rimanga qui…insomma, Elen..

- No Legolas. Elen se la caverà senza di te, per le prossime ore. Le sei stato accanto da quando sei tornato…riposerete entrambi e vi vedrete stasera

Guardai Elen che, con aria incredibilmente matura mi fece un gesto che, per un secondo, mi ricordò mia madre, m’indicò la porta con la testa sorridendomi.Conoscendola sapevo che era ansiosa di farmi domande, di riavermi per se eppure si comportava come se fosse…cresciuta. Mi avvicinai al letto e le bacia ancora la testa:
- Torno più tardi allora…avremo tutto il tempo per parlare

 

 

 

Così Legolas si diresse verso la stanza che gli era stata assegnata prima della sua partenza. Vi entrò e si chiuse la porta alle spalle. La tranquillità regnava intorno e dentro di lui, mista ad una strana gioia e a tanta stanchezza. Era raro per un Elfo trovarsi nelle sue condizioni ma, dato che dal suo ritorno non si era mai concesso del vero riposo, sia mentale sia fisico, la faccenda era diventata comprensibile. Così, si sedette sul letto socchiudendo gli occhi, si slacciò la camicia e si lasciò cadere, con le braccia dietro la testa, disteso sulle coperte. In quel preciso istante, non appena il suo corpo si fu completamente rilassato bussarono alla porta. L’Elfo scattò a sedere, quasi allarmato:

- Legolas?

Scosse la testa, passandosi una mano sugli occhi, chiudendoli e sospirando sollevato:

- Legolas posso entrare?

- Sì Estel…entra

L’uomo fece capolino da dietro lo stipite e cercò con gli occhi l’amico:

- Bel tempismo…mi ero appena disteso

Aragorn si bloccò:

- Se preferisci che me né vada…

 Ma Legolas sorrise, mostrando il viso stanco ma sereno:

- Sono andato a cercarti da Elen e l’ho trovata sveglia. Mi hanno detto che eri andato a riposarti e così ti sono venuto a cercare. Volevo vedere come stavi

L’uomo, passo dopo passo si avvicinava al letto:

- Sto bene, grazie

I toni erano freddi, come i colori dell’Elfo. Aragorn, riconquistata la tranquillità, voleva riconquistare anche la sua fiducia, il suo amore. Se di amore si poteva parlare, poi…in ogni caso avrebbe dovuto darsi prova di poter tener testa a quella situazione, man mano che il suo futuro si avvicinava. Ma non lì e non in quel momento. Voleva solo godersi qualche attimo felice con il suo compagno:

- Come…come va la mano?

Legolas alzò la testa stupefatto e si accorse di aver Aragorn più vicino di quanto pensava. Ormai se ne stava davanti al letto, con le mani nelle tasche, in modo da tener i lembi della camici rossa leggermente alzati. Aveva tirato indietro i capelli e il viso era molto più rilassato del suo,senza dubbio:

- Ah, la mano? Beh…

Si osservò le dita e le mosse. Non sentiva che un leggero fastidio, ma la pelle non era più bianca, bensì violacea:

- Hai tirato un pugno davvero notevole

Esclamò Aragorn sorridendo:

- Era un momentaccio

- Ma ora è passato, no?

Gli si sedette a fianco e gli prese la mano, sfiorando i lividi con molta delicatezza:

- Ti fa male?

- No…non sono delicato come sembro

- A me ora sembri solo molto stanco

Eccoci…stavano rientrando nella consuetudine, le voci si facevano calde e basse, gli occhi di Legolas avevano ripreso a fissarlo:

- Ascoltami Legolas, io-

- Non dire nulla…è tutto a posto, sta tranquillo

In quel momento gli occhi s’incontrarono e quelli di Legolas, dopo un secondo d’esitazione, si fecero simili a due mezze lune brillanti. Gli zigomi si erano alzati e le labbra distese…sorrideva, sorrideva a lui. E lui, Aragorn, fece lo stesso consapevole di voler quel momento quanto Legolas:

- In questi giorni ho temuto di averti allontanato troppo

Disse lentamente accarezzando il bordo della camicia aperta dell’Elfo:

- E che hai fatto in questi giorni? Intendo…senza di me

Un’espressione maliziosa gli dipinse il volto, mentre si faceva avanti, fino ad arrivare a sfiorare le gambe di Aragorn con le proprie:

- Ho…dormito…molto e…ti ho sognato. Ho sognato i tuoi baci e le tue carezze e…

Legolas gli mise un dito sulle labbra, poi fece in modo di scavalcarlo con una gamba fino a trovarsi a cavalcioni su di lui. Gli puntò una mano al petto e lo costrinse a sdraiarsi:

- Smettila di parlare…so quello che hai sognato

Cosa gli succedeva? Che cosa stava accadendo all’Elfo pacato che di solito aspettava, che di solito protraeva i momenti iniziali tra baci e carezze dolcissime?

- Che ti prende Legolas? Come mai così…sveglio stasera?

L’Elfo, che gia stava sganciando i lacci della camicia bordeaux dell’Uomo, alzò il capo e, avvicinate le labbra fino ad arrivare a quelle del compagno, gli sussurrò:

- Mi manchi…ho bisogno di rilassarmi

- Ed è così che intendi farlo?

- Diciamo che prima finisco di stancarmi…

Iniziarono a ridere e, con un minimo sforzo, approfittando delle risa, Aragorn si tirò a sedere e ribaltò le posizioni. Pian piano le risate divennero sospiri, mentre le labbra si sfioravano delicatamente. Le mani di Aragorn scostarono i lembi della camicia e le mani sfiorarono il petto diafano, scolpito dai muscoli perfetti. Dolci baci gli percorsero lo sterno, mentre una mano gli scivolava verso la schiena, nel tentativo di aumentare quel contatto. Legolas, intanto, continuava ad accarezzare le spalle forti di Aragorn, tentando di non cedere al leggero solletico provocatogli dalla rada barba del compagno. Quando poi si decise ad arrivare al laccio dei pantaloni, sentì le mani di Aragorn fermarlo. L’Elfo spalancò gli occhi e piegò la testa da un lato:

- Perché non vuoi?

Aragorn gli sorrise sensualmente:

- Perché…

Gli dette un bacio sul petto

- Sei…

Un altro sulla base del collo:

- Troppo…

L’ultimo sulle labbra:

- Stanco. Devi riposare…sei ridotto ad una specie di spettro, non ti ho mai visto così…io starò qui e ti aiuterò a rilassarti

- Allora smetti di fare ciò che stai facendo. Così non mi rilassi per niente

Legolas si divincolò dalla sua presa e si sdraiò su un fianco. Lo stava sfidando, non riusciva a capire il perché di quel comportamento, come mai Aragorn, gli occhi illuminati da una piccola ma vivace fiamma di passione, gli stava negando una cosa simile. Non lo aveva mai fatto:
- Dunque, come intendi aiutare questa specie di spettro…?

L’uomo si accomodò davanti a lui seduto a gambe incrociate, appoggiato alla spalliera, poi gli indicò un punto del materasso di fronte a lui:

- Siediti qui

Legolas obbedì. Sentì le braccia di Aragorn guidarlo, tirarlo delicatamente per farlo appoggiare al suo corpo. Con una mano gli percorse il braccio, arrivando fino al collo, avvicinando il volto al suo, per sussurrargli all’orecchio:

- Appoggiati ancora di più

Lo guidò, facendo in modo che Legolas potesse appoggiare la testa alla sua spalla e sorrise nel sentirlo rabbrividire. Era magnifico. Dalla sua posizione poteva vedere il petto che si alzava lentissimamente, sfiorato dai capelli biondi e i grandi occhi azzurri che lo fissavano. Lentamente le mani dell’elfo cercarono quelle dell’uomo. Non appena riuscì a trovarle, Legolas intrecciò le dita con le sue e se le mise sul petto. Aragorn, come preso da un riflesso condizionato, incominciò ad accarezzarlo lentamente:

- Non avevi detto che mi dovevo rilassare? Forse dovresti smetterla

- Quanto pensi che possa resistere in questa posizione, Legolas?

- E’ un problema tuo…sono io quello che deve riposarsi e tu quello che si è offerto di aiutarmi.

 

Dagli appunti di Elen:

 

Finalmente l’incubo è finito! L’ho rivisto, ho incrociato ancora i suoi occhi blu. Tutti i miei timori, covati nel silenzio per quasi un anno, sono svaniti in un filo di fumo. Non mi sento nemmeno poi tanto debole. La ferita si sta rimarginando, da qualche fastidio ma nulla di più. Sono felice!

Ho anche ricevuto la visita di sue di quei deliziosi Hobbit che erano partiti con Legolas e la Compagnia e di Aragorn. Volevo rimanere scostante, consapevole di quello che poteva essere successo tra loro due in tutto quel tempo ma non ci sono riuscita. In fondo è il mio salvatore, senza di lui non avrei mai conosciuto Legolas. Quando è entrato in camera aveva gli occhi lucidi, mi sorrideva e io ho ceduto. Peccato che una parte di me lo veda come una barriera. La barriera che mi divide da quello che anche Estel ha definito un eroe. Il mio eroe…l’eroe che mi ha accompagnata in tutta la mia breve vita, che mi ha cresciuta. Quell’eroe che devo avvicinare a tutti i costi. Intendo dire: Legolas non può provare qualcosa di serio per Aragorn o comunque sia lui prima o poi dovrà salire al trono e lasciarlo. Quindi perché non offrirgli una via d’uscita?

Di questo discorso fa parte anche una briciola di egoismo? Forse…ma ho capito, nel momento in cui ho rivisto la sua figura, che posso parlare d’amore, nei suoi confronti. E so che anche lui prova qualcosa per me. “Come posso vivere senza il mio cuore?” lo ha detto lui. Quindi come mai dovrei pensare di non potercela fare? Cosa ho io di inferiore rispetto ad Aragorn? (non siate maliziose…nd autrice)

 

CAPITOLO DIECI: l’errore

 

Quando Legolas si svegliò si rese conto di stare ancora appoggiato al petto di Aragorn, che però adesso dormiva tranquillamente:

- Menomale che ero io quello stanco…

Disse sottovoce sorridendo alla vista del viso rilassato dell’uomo. Gli scostò i capelli dalla fronte, scossa il capo e cominciò a riabbottonarsi la camicia. Voleva tornare da Elen. L’aveva promesso e aveva perso gia molto tempo. Rischiavano di essere sospetti.

Per la prima volta da quando era tornato, trovò nella stanza solo la giovane Elfa, seduta sul letto, intenta a spazzolarsi i capelli:

- Elen, posso entrare?

- Legolas! Temevo che non saresti tornato, entra!

C’era qualcosa di strano nella sua voce, di artificioso, ma di cui Legolas non si curò particolarmente. A colpirlo fu la luce che brillava nei suoi occhi color del ghiaccio. Ormai avevano perso quasi del tutto il contorno rossastro dovuto al lungo sonno dei giorno precedenti ed erano illuminati di…furbizia?Fu solo un lampo però…quando lei gli indicò la bella sedia di fianco al letto aveva riacquistato l’espressione dolce di sempre:

- L’ho fatta portare per te, dopo che mi hanno detto che sei rimasto sempre sul panchetto!

L’Elfo si sedette e rimasero in silenzio, mentre la osservava passarsi tra i capelli il piccolo pettine bianco decorato con minuti fiori azzurri:

- Posso?

Domandò Legolas accennando al piccolo arnese. Elen sorrise e glielo porse sorridendo:

- Come quando ero piccola…

- Gia…fammi spazio!

Elen si spostò sul lato del letto facendo posto a Legolas che gli si sedette alle spalle. Con le mani raccolse tutti i capelli, affondandoci le dita. Erano morbidi e segosi, di un biondo cenere che non aveva mai visto, leggermente ondulati. Aveva sempre adorato pettinarla, lasciarsi inebriare del profumo che sprigionavano:

- Era così tanto che non lo facevamo, vero?

Gli chiese mentre si dedicava attentamente ad ogni ciocca della lunga chioma:

- Vediamo…da prima che partissi…settimane prima.

- Mi mancava.

Non parlarono quasi mai, ma entrambi si lasciarono cullare dalla tranquillità del momento, che sembrò interminabile:

- Legolas?

Domandò lei con voce flebile, quando oramai i suoi capelli erano perfettamente pettinati:

- Dimmi elen nìn

- Posso…pettinare io i tuoi?

 

Dagli Appunti di Elen:

 

Lo lasciai molto sorpreso, di sicuro. Ma dovevo fare la mia mossa. Mentre mi stava dietro, mentre sentivo le sue mani sfiorarmi accidentalmente il collo…facevo capo ai mille sogni ad occhi aperti che avevo fatto durante la sua assenza.In quei momenti sentivo qualcosa di strano crescermi dentro, che non avevo mai provato:

- Certamente. Attenta però..non muoverti troppo, potresti nuocere alla ferita

La sua premura, la sua voce che mi scaldava il cuore…

- No…ormai non fa più male.

Osservai per alcuni secondi la sua chioma biondissima, poi ci passai le mani chiudendo gli occhi. I capelli erano morbidi, fini e lisci come la seta e mi scivolavano tra le dita facendomi il solletico.

Mentre continuavo Legolas mosse la testa di lato, come se si sentisse il collo intorpidito. Era il mio momento. Lentamente passai la mia mano sulla sua spalla, risalendo sul collo, accarezzandogli la pelle calda e liscia.

 

Dagli Appunti di Legolas:

 

Era strano ma piacevole. Oppure piacevolmente strano, chi lo sa. In ogni modo me ne stavo lì a farmi massaggiare le spalle dalla mia piccola Elen senza saperne il motivo, ma sentendo solo che c’era qualcosa che non andava:

- Elen…

Le bloccai le mani, piegai la testa e feci in modo di trovarmi di fronte a lei. Mi guardava con la piccola bocca imbronciata e gli occhi aperti. Probabilmente aveva la stessa espressione che avevo usato poco prima con Aragorn:

- Ti davo fastidio?

- Certo che no…

Le accarezzai il viso e per la prima volta la guardai con occhi…diversi? Ci fu come un lampo e mi trovai davanti ad una figura diversa, bellissima. Non la vedevo più come la mia piccola stella, ma come una magnifica Elfa, con negli occhi la malizia della sua giovane età. Iniziavo ad avere un brutto presentimento, ma ero incapace di reagire, come sotto un incantesimo.In quel momento feci il primo passo falso. Mi mossi e le strinsi la mano, tirandola a me, cercando il contatto che per mesi temevo i aver perso.Quando la sentii allontanarsi la guardai. Mi osservava intensamente. Era seria, come mai l’avevo vista, con la bella bocca serrata e gli occhi di ghiaccio puntati nei miei. Non disse nulla, si avvicinò lentamente senza dire nulla e…

 

Lo baciò. Si decise a farlo senza pensarci troppo su. Quando avvenne si concentrò completamente sulla sensazione. Tantissime volte lui l’aveva baciata sulle labbra ma mai il loro contatto era stato di quel tipo. Elen tremava, l’emozione le faceva battere il cuore come un tamburo. Lo sentiva rimbombare nella sua testa.

 

 

Dagli appunti di Legolas:

 

Avrei dovuto allontanarla, posare le mani sulle sue spalle per allontanarla, non accarezzarle. Le mie mani non dovevano sfiorarle la schiena, le mie labbra non dovevano muoversi sulle sue, assolutamente. Allora perché lo facevo?Stavo baciando quella che poteva essere mia figlia. Peccato che il mio corpo, a differenza del mio cervello o della parte che pareva essere rimasta lucida, non fosse interessato alla cosa. Milioni di pensieri vagavano nella mia testa senza ordine, mentre sentivo Elen che cercava di aumentare il contatto, trasformando il suo casto bacio in qualcosa che cominciava a bruciare. Stringevo il  suo piccolo corpo e rispondevo alle sue mosse, vedendo tutto come dall’esterno, come se non ci fossi stato io su quel letto, a spingerla sulle coperte fino a trovarmi sotto di lei. Sentivo come il cervello annebbiato, tutto era come una specie di sogno nebuloso, lei era bellissima, come mai l’avevo vista, con le gote arrossate e il piccolo corpo perfetto che fremeva. Le sue mani mi accarezzavano le spalle e io…pensavo o cercavo di farlo, non lo so. Non so cosa mi stesse accadendo, né per quanto continuammo, senza parlare. La baciai sempre con più convinzione fino a quando…un lampo nella mia testa. Aragorn.

 

Dagli appunti di Elen:

 

Respiravo a fatica, vedendomelo tanto vicino. Tremavo, sorridevo, avrei lasciato che mi facesse qualunque cosa desiderasse. Le sue labbra morbide sul mio collo, le mani che mi accarezzavano dolcemente…un sogno. Lui così bello, che in quel momento vedevo più splendido che in ogni altra situazione della mia vita. Avevo pensato di tenerlo in pugno e invece…era lui che stava manovrando me. Fin che accadde qualcosa. Si bloccò, sbatté le palpebre incredulo e, alzando il volto, bisbigliò qualcosa:

- Arag---

Respirava quasi a fatica:

- Che cosa hai detto?

 Gli sorrise ma una strana sensazione mi pervase. Era cambiato, i suoi occhi avevano mutato espressione:

- Cosa sto facendo?

No,pensai. No, non doveva accadere.

 

 

Con il cuore che sembrava impazzito, la vista ancora confusa, l’Elfo si alzò e si allontanò dalla giovane, ancora distesa. Si portò le mani al volto. Gli tremavano le belle mani quando si alzò, il petto si alzava e abbassava notevolmente mentre camminava nervoso per la stanza:

- Legolas…cosa c’è che non va?

Cosa non andava? Se lo chiese anche lui per un attimo, poi si portò una mano alla fronte:

- Cosa non va…hai visto quello che ti stavo facendo!

L’imbarazzo che cresceva nella stanza stava diventando un peso insostenibile:

- Non dovevo farlo…Elen perdonami…

Si fermò in mezzo alla stanza e la guardò. Aveva i capelli scompigliati che le incorniciavano il viso dolcissimo. Legolas fu molto sorpreso di vederla sorride:

- Se io ti dicessi che non c’è nulla di cui dispiacersi?

Si stava avvicinando. Cosa stava facendo? Perché lo faceva? Perché ricominciava a guardarlo con occhi maliziosi? L’Elfo la osservò per qualche secondo mentre le lasciava percorrere il profilo del suo viso con un dito, poi capì di un tratto. Alzò la testa e spostò lo sguardo dalle sue mani per arrivare a guardarla negli occhi, con un misto di rabbia, stupore e colpevolezza:

- Tu…tu lo volevi…

Si scostò bruscamente portandosi una all’apertura della camicia:

- Tu hai cercato di sedurmi e io ci sono caduto…

Silenzio. Elen guardava costernata il bellissimo Elfo, che aveva assunto un colorito stranamente pallido, diverso dal solito. Riflettevano entrambi, ma su idee diversissime:

- Devo andarmene di qui…

Bisbigliò lui cercando intorno qualcosa di inesistente. Non fece però in tempo a muovere un passo verso la porta che Elen lo bloccò, con voce chiara e ferma:

- Scappi cosi? Ti disgusto a tal punto? Cosa è successo?

- Elen io…

Cosa dire in quel momento? Legolas si trovava in una delle rarissime situazioni in cui le parole sembravano cose inafferrabili. Non sapeva che dire, probabilmente non stava nemmeno pensando:

- E’ così…io non ti piaccio…ti ho visto sai? Hai pronunciato il suo nome!

Legolas tornò alla realtà, come quando d’improvviso si viene riportati alla luce. Fu la crudeltà del tono della voce di Elen a destarlo:

- Elen…io ti ho cresciuta. Non posso darti quello…che cerchi

- Ma a lui si?

- Ti ho tenuta con me, ti ho voluto bene ma…

- MA COSA? Stai evitando il discorso! Io lo so! Tu non vuoi me, vuoi LUI!

A quel punto aveva senso continuare a nascondersi?

- Io lo so Legolas. Ho sperato fino all’ultimo ma tu non hai voluto. Ha imboccato la strada sbagliata.

- Aspetta? La strada sbagliata? Questo non ha senso!

Legolas guardava dritto negli occhi di ghiaccio della sua protetta, che tutto in quel momento sembrava, tranne la dolce Elfa di sempre:

- Ha senso Legolas, lo ha. Tu non capisci, ti ha reso forse cieco la vostra…lussuria? Perché è di questo che si tratta no?

Da dove venivano quelle parole? Cosa l’aveva mutata così, in così poco tempo? Legolas aveva le mani che tremavano, la fronte imperlata d’acqua gelata:

- Elen, non voglio continuare ad ascoltarti. Quando avrai ritrovato la ragione forse potremo discutere

Lei, per risposta, batté un piede per terra per richiamare la sua attenzione e, quasi ghignando gli disse delle fredde parole:
- Scappa, si scappa. Alla fine dovrai trovarti davanti a qualcun che vorrà delle risposte. Allora non potrai scappare. Non sono io quella sbagliata. Siete voi, contro la natura

Era troppo. Legolas fece qualche passo verso di lei, e senza nemmeno pensarci, la colpì con un man rovescio in pieno volto. Non se ne pentì, in quel momento non era la sua Elen quella che aveva davanti. Quella che lasciò lì, al centro della stanza dopo aver sbattuto la porta era…cos’èra? Una creatura intelligente, certo, resa improvvisamente perfida da chi sa cosa.