.|. Elen nìn, Estel nìn .|.

Capitolo Tre

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Era appena l’alba quando Legolas riacquistò la lucidità dopo la nottata di meditazione, e una leggera brezza muoveva le tende appese alle finestre. Elen sembrava sul punto di destarsi, le sue piccole mani erano ancora impigliate morbidamente nei capelli dell’Elfo si mossero. qualche secondo più tardi la piccola sbatté gli occhi e si mise seduta sul materasso:

- E’ mattina…Estel è gia qui?

- Oh, no Elen, albeggia appena.Tu continua pure a riposarti oggi sarà una giornata lunga

- E tu dove vai?

Domandò sbadigliando. Era incredibilmente buffa quando lo faceva:

- Io vado a fare una passeggiata

La lasciò mentre si sistemava tra i guanciali e scese le scale di corsa. Era una mattina limpidissima. Talmente limpida che gli occhi di Legolas riuscirono a scorgere una figura ai confini del bosco, luogo che di solito non riusciva a scorgere. Man mano che si avvicinava, la “cosa” prendeva forma:

Un uomo su un cavallo che galoppava nella sua direzione. Estel?

 

 

Dagli appunti di Aragorn:

 

Non ho chiuso occhio quella notte. Trepidavo al solo pensiero di vederlo. Erano passati anni dall’ultima volta e non eravamo mai stati tanto tempo distanti. Il mio migliore amico, il mio confidente…

Arrivai al confine con Bosco Atro allo spuntar del sole. Era bello come sempre, come lo ricordavo, con gli alberi rigogliosi e fitti e l’odore dell’erba fresca nell’aria. Ad un tratto mi sono sentito come a casa, più di quanto mi era accaduto al ritorno a Rivendel. Una parte di me si sentiva in colpa per aver abbandonato subito quel luogo dove si trovava quella che si poteva definire la mia famiglia, l’altra mi spingeva spronare il cavallo, gia lanciato al galoppo:

- Corri Mellon nìn…portami da lui

E più mi avvicinavo, più queste due parti di me entravano in conflitto, lottando, finché non trovai una scusa abbastanza buona da potermi tranquillizzare: finalmente potevo rivedere la bambina che avevo salvato tanti anni prima. Si era per quello che ero così impaziente. Certo, cercare di autoconvincermi era davvero penoso. Ma che altro potevo fare?

Smisi di scervellarmi con quelle faccende quando intravidi le scale del palazzo di Re Thranduil tra la boscaglia e davanti a loro la sua figura. Anche dopo così tanto tempo la sua postura fiera, il suo modo di alzare la testa per scrutare il cielo, era inconfondibile. Repressi l’istinto di gridare il suo nome poiché era ancora presto, e perché sapevo che mi aveva gia visto. Stava avanzando lentamente verso gli alberi più giovani, in direzione delle scuderie dove mi fermai qualche momento più tardi. Non attesi nemmeno che il mio destriero si fosse completamente fermato, ma scesi con un balzo incredibilmente agile per una persona che ha cavalcato per ore, e rimasi lì a fissarlo. Senza riuscire a proferire parola. Era tale e quale a quando lo avevo lasciato, alla prima volta che lo avevo visto quando non ero altro che un bambino, e come avrebbe fatto un bambino, mi avvicinai e l’abbracciai. Fu un gesto avventato che mi pentii quasi subito di aver fatto. Mi allontanai un po’ e lo guardai in viso sorridendo:

- Finalmente sei tornato…

Esclamò s rompendo il silenzio. La sua voce…temevo di non ricordarla.
- Si, sono tornato Mellon nìn. E la cosa mi rende immensamente felice. Non ho fatto in tempo a giungere a Gran Burrone per dare mie notizie, che gia ero risalito a cavallo per raggiungerti!

- Immagino che sarai stanco allora…

Disse porgendo le redini del mio cavallo ad un giovane che stava accudendo gli altri animali nella scuderia. Quando tornò a guardarmi un raggio di sole gli batté negli occhi costringendolo a socchiuderli:

- No, non sono abbastanza stanco da lasciarti adesso. Ho talmente tante cose da raccontarti

- Parli come un bambino ansioso Estel. E io che pensavo che fossi cresciuto!

Sorrise scuotendo la testa e poi cambiò espressione. I suoi occhi si spostarono a terra e il sorriso si fece più aperto, come se qualcosa gli fosse appena balenato in mente. Alzò lo sguardo verso quella che ricordavo essere la sua stanza e alzò una mano:

- Chi saluti?

-Qualcuno di cui c’eravamo momentaneamente dimenticati.

Dopo un attimo di perplessità ho capito: Elen! In teoria dovevo essere lì per lei, invece mi ero…distratto:
- Aspetta qui Estel, la faccio scendere

Lo guardai mentre saliva le scale che conducevano al palazzo e mi sorpresi ad osservare i movimenti lenti delle sue gambe inguainate nella calzamaglia scura. Come potevo soffermarmi su certi particolari? In quel la cosa mi lasciò piuttosto sconcertato. L’unica salvezza poteva trovarsi nella piccola Elen. Una volta arrivata avrei avuto qualche altra cosa su cui concentrarmi. Almeno speravo.

 

 

Dagli Appunti di Legolas:

 

(…) Sapevo che Elen attendeva da tantissimo tempo quel momento ma non mi sarei mai aspettato una simile reazione, da nessuno dei due. Quando varcai la soglia del palazzo sentii la mano di Elen stringere la mia ancora più forte, e man mano che ci avvicinavamo al mio amico potevo avvertire il suo piccolo cuore battere forte:

- Elen, questo è Estel…ti ricordi di lui adesso?

Elen annuì con forza e sfoggiò il suo più grande sorriso per poi gettarsi tra le braccia di Estel:

- Finalmente Estel! Ti ho aspettato tanto! Sei proprio come ti avevo immaginato e come mi aveva raccontato Legolas!

Si girò verso di me, come per cercare un consenso e io riuscii solo a sorriderle, mentre Estel continuava a fissarmi. C’era qualcosa nell’aria, un imbarazzo quasi palpabile, da cui ci liberammo solo quando Estel fece allontanare la bimba per osservarla bene. Con fare vezzoso lei si esibì in una graziosa piroetta, e poi in una riverenza :

- Ah, l’ho detto fin dal primo momento che eri stupenda! E Legolas che non ne era convinto

- Cosa?

Il mio amico strizzò l’occhio. Cercava un appiglio e la cosa mi fece sorridere. Era cambiato in qualche modo. Sembrava un uomo, ma dentro di lui c’era ancora qualcosa di infantile, o che in ogni caso lo rendeva più impacciato del solito.Che gli succedeva?

Quello fu il via al fiume di domande che Elen voleva rivolgere al povero Estel, che pazientemente le teneva la mano durante la lunga passeggiata che ci concedemmo. Gli chiese qualsiasi cosa, da com’era la vita del ramingo, a come era vivere a Gran Burrone. Fu incredibile. Ad ogni risposta rimaneva ad osservarlo con la bocca semi aperta e le sopracciglia alzate, e seguiva per filo e per segno ogni suo gesto o movimento.

Ed io, intanto, me ne restavo in disparte ad osservarli, le braccia conserte sul petto. Mi tornarono in mente le immagini di Estel da piccolo, seduto nello stesso modo, che mi guardava tirare con l’arco e ascoltava i miei racconti, quando non era altro che un bambino. Ora invece se ne stava lì a parlare alla mia protetta come un uomo maturo. La cosa mi risultava incredibilmente strana, tanto da farmi sfuggire un sorriso:

- Cos’hai da ridere Legolas?

Estel e Elen mi guardarono per un lungo momento. Dovevo aver interrotto un discorso incredibilmente serio:
- No, niente…continuate pure, non vi darò fastidio

 

 

 

I tre passarono l’intera mattinata insieme, passeggiando, parlando e sedendosi di tanto in tanto. Ogni tanto Estel lanciava un occhiata a Legolas che, magari, si era appostato su un ramo di un albero poco distante da loro o gli camminava a distanza, con le mani dietro la schiena. L’Elfo intervenne molto di rado nella loro conversazione. L’uomo non poteva permettersi di distrarsi comunque, perché Elen riusciva ad ottenere tutta la sua attenzione.

Col passare delle ore però si trovarono a corto di argomenti e molto stanchi, soprattutto Estel:

- Io direi di lasciare andare il nostro amico elen nìn. Credo sia stanco e poi l’hai gia tormentato con abbastanza domande

- Non mi ha tormentato, ha soddisfatto la sua curiosità, come deve essere. In ogni caso un po’ di riposo mi gioverebbe davvero adesso

Esclamò l’uomo portandosi una mano al collo e sorridendo alla bambina che, con uno sguardo molto comprensivo, tornò a dare la mano a Legolas che esclamò con tono eloquente:

- Prenditi tutto il tempo che vuoi. Elen sarà molto occupata oggi pomeriggio

- Io? Perché?

- Perché Melyanna vuole che continui i tuoi lavoretti

Legolas rivolse un cenno all’amico, iniziando ad avviarsi verso il palazzo, mentre Estel si dirigeva alla camera che gli era data di solito, sorridendo alle lontane lamentele della piccola Elen.

 

 

Finalmente solo, Estel, trovò il tempo per riflettere. Aveva passato una buona parte del pomeriggio a riposare, poi aveva fatto visita a Re Thranduil e solo verso il calar della sera si concesse una passeggiata tra i boschi, tanto per rilassare anche la mente. Nemmeno nei sogni i pensieri che lo assillavano da qualche giorno a quella parte, l’ avevano abbandonato:

- Che stai combinando?

Si chiese accarezzando la corteccia scura di un albero, umida e calda. Ricordava bene quel punto del bosco, dove la luce penetrava a stento anche nelle ore centrali della giornata e l’aria rimaneva fresca a causa delle cascate poco distanti. Era il luogo dove Legolas lo portava ad esercitarsi con l’arco quando era ancora un ragazzo:

- Legolas…

A mala pena sussurrò il nome dell’amico e subito le sopracciglia si aggrottarono e la linea delle labbra si assottigliò. Cos’era cambiato? Vedeva il suo amico in maniera talmente diversa dalle ultime volte da fargli dubitare di se stesso?

Un suono estraneo lo fece fermare. Era a mala pena riconoscibile, coperto dal costante scrosciare dell’acqua, eppure familiare. Con passo lento il ramingo, spinto dalla curiosità, si diresse verso i salici che circondavano il laghetto. E più si avvicinava, più il suono diveniva distinto, prendeva forma. Erano parole, parole elfiche canticchiate a voce bassa. E quella voce…la conosceva forse?

- Legolas?

La domanda trovò risposta quando scostò i rami di un salice e riuscì a vedere lo specchio d’acqua. Doveva tornare subito indietro a nascondersi tra le frasche, ma qualcosa glielo impediva, lo costringeva a tenere gli occhi incollati ad al personaggio immerso fino alla vita. Legolas se ne stava sotto la piccola cascata e gli dava la schiena nuda e semi coperta dai capelli sciolti e bagnati. Estel si passò una mano sugli occhi e si sedette ben nascosto, costringendosi a non guardare l’Elfo e vergognandosi di se stesso. Incredibilmente la sua testa aveva confermato i suoi dubbi. Vedeva davvero il suo amico diversamente, lo vedeva attraente e…:

- Perché ti nascondi Estel? Puoi avvicinarti

La chiara voce di Legolas lo fece trasalire. Non aveva tenuto conto degli eccezionali sensi della sua razza e ora si trovava nei guai:

- Emh…io non volevo disturbarti…

Balbettò alzandosi e uscendo dalla boscaglia. Voleva tenere gli occhi bassi, doveva farlo:
- Perché non vieni anche tu?

Domandò l’Elfo voltandosi e immergendosi fino alle spalle nell’acqua cristallina. Sorrideva, sembrava non accorgersi dell’imbarazzo di cui era preda il giovane:
- E dai Estel! E’ tantissimo che non fai il bagno qui, e domani probabilmente Elen non ti lascerà un attimo di pace!
 

Dagli appunti di Aragorn:

Non so come ma il mio corpo agiva da solo. Senza volerlo iniziai a togliermi la camicia con movimenti leggeri e precisi. Avevo perso il controllo di me stesso? Perché?

Non mi lasciai il tempo di rispondere che gia stavo entrando in acqua con indosso solo i pantaloni continuando a guardare il corpo di Legolas sotto la cascata, attraversato da minuscole gocce. Sembrava concentrato solo su se stesso ma sapevo che si accorgeva dei miei pensieri:

- C’è qualcosa che ti preoccupa Estel?

Si avvicinò di un paio di passi domandandomelo. Teneva le mani sotto il pelo dell’acqua cristallina e le muoveva in circolo formando delle minuscole onde.Non sbatteva le palpebre ma teneva i suoi occhi limpidi fissi nei miei Cercavo di non tremare per il nervosismo, ma era difficile con lui che se ne stava davanti a me bagnato e mezzo nudo:

- Qualcosa…si….

Tenevo gli occhi bassi per non mostrare il rossore delle guance e per evitare che scorgesse nella mia menta qualcosa di pericoloso.Pericoloso ma che non potevo nascondere anche a me stesso: ero attratto da lui, il mio amico di sempre, che mi aveva aiutato a crescere. A quel punto dubitai addirittura di essere sempre stato affascinato dal suo modo di fare, dal suo aspetto angelico, e forse dopo tanta lontananza avevo bisogno di esternare qualcosa…ma cosa? E soprattutto…come?

Dovevo pensare ad altro in ogni modo, così m’immersi fino alle spalle nell’acqua fredda e reclinai la testa per bagnarmi i capelli mentre attendevo la sua domanda:

- Posso sapere di che si tratta?

Mi tirai su lentamente, sorpreso dal suo tono noncurante e lo vidi, di nuovo sotto l’acqua della cascata, che mi dava la schiena. Mosse le spalle indietro facendo vibrare ogni muscolo fino alla cintura della calzamaglia e si passò una mano tra i capelli biondissimi. Allora sì che non riuscii a trattenermi.

 Mi avvicinai a lui senza dire nulla, lasciando solo una spanna di distanza tra i nostri corpi e aspettai, afferrando con entrambe le mani tutto il mio coraggio, che si girasse. Quando ci trovammo faccia a faccia mossi lo sguardo su ogni particolare del suo volto soffermandomi sulle labbra. Poi, senza pensarci troppo gli passai una mano dietro un gomito, lo tirai a me:

- Estel…

Non gli diedi il tempo di finire il suo sussurro stupito e lo baciai. La sorpresa più grande la ebbi quando mi accorsi che non mi avrebbe respinto.

 

Dagli appunti di Legolas:

(…) Durò solo pochi secondi, poi sentì le sue labbra lasciare le mie.Erano state leggerissime, un bacio intriso di un timore quasi reverenziale che non mi aveva sorpreso più di tanto. Avevo capito che qualcosa era cambiato, maturato, nel cuore del mio giovane amico. Era stata la sua natura di Mortale a portarlo a quel gesto. Io non ci sarei mai riuscito di mia spontanea volontà, eppure in quel momento, mentre osservavo le sfumature dei suoi profondi occhi blu, avrei voluto di nuovo quel contatto. Ma sapevo che era sbagliato, per certi versi:

- Estel…

Provai a parlare mentre cercavo di mettere ordine nella mia testa. Volevo dire talmente tante cose che fu lui a prendere la parola per primo:

- Legolas mi dispiace…se vuoi dirmi che sono pazzo non importa, me ne sono reso conto da solo

Sorrisi. Era ancora talmente infantile e insicuro:

- Allora devo essere pazzo anche io…

Alzò di scatto gli occhi aggrottando le sopracciglia scure:

- Non devi pensare che questo sia sbagliato, perché non lo è. Almeno per certi versi intendo…capisci?

- No.

Se ci fosse arrivato da solo sarebbe stato tutto più facile ma ora era troppo confuso per capire. E in ogni modo dubitavo che avrebbe accettato il discorso alla prima occasione:

- Vedi Estel, tu sei ancora molto giovane, devi iniziare a costruire le basi della tua vita. So a cosa stai pensando e voglio dissuaderti. Non puoi rimaner qui, non puoi spingerti oltre a ciò che hai appena fatto. Io devo seguire la piccola Elen e tu devi trovare la tua via

Tornai a voltarmi verso l’acqua che scorreva. Sentivo che si avvicinava, mi sembrava di percepire il battito accelerato del suo cuore:

- Legolas…temevo che avresti detto questo

- Sai che ho ragione Estel…

- Tu hai sempre avuto ragione…

Mi mise una mano sulla spalla. Se non avessi frenato il mio istinto…sentivo il mio corpo bramare ancora le sue labbra sulle mie:

- E’ meglio che vada adesso. A questo punto non posso far altro che rimanere qui il tempo necessario per salutare Elen, poi riprenderò la mia strada.

- Hai preso una saggia decisione.

Gli toccai la mano e in un attimo di indecisione lo vidi accostarsi a me, forse avrebbe voluto baciarmi ma non lo fece. Mi regalò solo un sorriso e un’occhiata consapevole. Stava facendo la cosa giusta, anche se un nuovo distacco rendeva entrambi malinconici.

Lo guardai uscire dall’acqua scuotendo i riccioli scuri e poi rivestirsi e allontanarsi. Non si voltò, ma fu meglio così.Non avevo nulla da dirgli, sapeva tutto. Sapeva che le situazioni difficili sono passeggere e che io sarei stato sempre lì ad aspettarlo.