.|. Elen nìn, Estel nìn .|.

Capitolo Sette

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Dagli appunti di Aragorn:

Non c’ è concesso un attimo di pace. Abbiamo tentato di fermarci durante il tragitto che ci avrebbe portato diretti ad un passaggio che conduceva a Mordor. Facile a dirsi! Mentre sostavamo per dare riposo agli hobbit siamo stati quasi scorti dalle spie di Saruman, grossi corvi neri che si sono fiondati addosso a noi. Se non fosse stato per la vista prodigiosa di Legolas avrebbero rivelato la nostra presenza al nemico. Sarà di grande aiuto alla Compagnia, questo è sicuro.

 

Dagli appunti di Legolas:

Caradhras. Il valico tra le montagne è una delle poche vie che ci rimanevano da scegliere. Via insidiosa, molto. Gli hobbit rischiavano di sprofondare completamente nella neve e sono stati presi in spalla da Boromir e Aragorn. Di tanto in tanto gettavo un’occhiata ai volti lividi di freddo dei miei compagni, sapendo di poter fare comunque poco per loro. L’unico ad accorgersi del mio affanno sembrava essere Estel, che con stanchezza rispondeva alle mie occhiate con un debole sorriso. Stava appunto guardandomi quando, sotto un incantesimo di Saruman, blocchi di neve gelata hanno iniziato a franarci addosso.

Buio. Non ho visto niente per qualche attimo, finché non sono riuscito a riemergere. Pessima esperienza per tutti, soprattutto per Frodo che, spaventato e completamente congelato ha scelto come strada alternativa le Miniere di Moria. L’ultimo posto che mi aspettavo di visitare. Sinceramente il pensiero di orde di Nani non mi sconvolgeva. Estel lo sapeva benissimo e, scrollatosi la neve di dosso mi guardava con una strana aria tra il divertito e il preoccupato.

 

 

Dagli appunti di Aragorn:

Quattro giorni di cammino nelle miniere, ormai disabitate. E’ stato molto doloroso scoprire che tutti gli abitanti hanno trovato la morte a causa di un attacco degli archetti.

Sempre meglio del sentiero che ci avrebbe portato dritti alla Breccia di Rohan, in ogni modo. Almeno abbiamo un riparo e un posto in cui fermarci mentre il vecchio Gandalf cerca di rammentare la strada da prendere. Infatti, i piccoli hobbit sembravano rincuorati e scherzavano tranquilli insieme a Boromir alla luce fioca del bastone dello stregone nel tentativo di tirar su il morale al povero Gimli. L’unico a starsene in disparte, appoggiato ad una roccia, era Legolas:
- Come mai non ti unisci agli altri?

Non ha alzato lo sguardo dalla freccia con cui stava giocherellando con aria assorta. Aveva le gambe accavallate in una posa rilassata, inguainate nei soliti pantaloni da viaggio e una ciocca dei capelli chiarissimi gli ricadeva morbida sul petto che si muoveva aritmicamente:

- Quest’odore di morte…mi inquieta, mi rende nervoso

Mi accorsi in quel momento che i respiri si erano fatti più profondi. Era davvero bello, l’espressione inquieta del suo volto lo rendeva ancora più affascinante mentre il suo aspetto, la sua chioma brillante e la candida carnagione lo rendevano la creatura meno adatta ad un luogo come quello. Cosa potevo fare se avvicinarmi a lui?Non avevo nulla da dirgli, come spesso accadeva, volevo solo guardarlo, per imprimermi nella mente la sua immagine, per poterla ricordare nei momenti peggiori. Momenti che senza voler, Legolas aveva sentito avvicinarsi.

 

 

Dagli appunti di Legolas

Un’orribile stretta al cuore. Qualcosa che mi attanaglia e che m’impedisce di respirare, che mi fa tremare le mani e la voce, qualcosa che non ho mai provato. Mai mi sono trovato di fronte alla morte di una persona cara e ora…abbiamo perduto Gandalf durante uno scontro con il Barlog che si nascondeva nelle profondità delle miniere e io non riesco a capacitarmene. A sconcertarmi non era tanto il mio dolore ma quello degli altri. Merry e Pipino che si abbracciavano, Boromir che tentava di aiutare Gimli e Frodo che, lontano dagli altri, guardava l’orizzonte con una lacrima che gli scorreva sul viso pallido e sporco. L’unico che non sembrava essere colpito era Estel. Una rapida lucidata alla lama della fedele spada e poi l’ordine di alzarsi e di proseguire. Verso i boschi di Lorien, unico posto che ci avrebbe offerto ristoro e sicurezza. E di quello avevamo di sicuro bisogno tutti quanti. Durante il tragitto continuavo ad osservare Aragorn che camminava davanti a noi. Non era lo stesso. Non capivo perché si ostinasse a tenersi tutto dentro. Quando mi passava a fianco quasi percepivo il suo dolore, il peso che gli gravava addosso. Sapevo che non voleva cedere, dimostrarsi debole ma…in alcuni momenti c’è bisogno di uno sfogo. Non sopportavo di vederlo così, col viso scavato dalle preoccupazioni, le labbra serrate. La severità del Ramingo che cercava di reprimere i naturali sentimenti dell’uomo. Non lo sopportavo.

 

 

Dagli appunti di Aragorn:

Gli Elfi erano restii a far arrivare l’Anello, col suo enorme potere maligno, dentro i propri confini. Il timore di tirarsi addosso l’attenzione del grande Occhio era giustificabile. Ci hanno fatti entrare a Lothlorien solo dopo un paio di lunghi discorsi e poi ci hanno condotti dalla Dama, la regina degli Elfi Galadriel. Non ricordavo quanto fossero inquietanti i suoi occhi e il modo in cui ti parla, con la voce monotona e greve. Non tutti riescono a sostenere il suo sguardo in fatti, come fece Boromir. Crollò, colpito da paure e dubbi e io, nel tentativo di aiutarlo mi trovai quasi nella stessa situazione, spaventato, frustrato e molto, molto stanco, anche e soprattutto dei miei e dei suoi problemi. Mi era gia successo in passato di avere dei momenti di debolezza, in cui tutto sembrava schiacciarmi od opporsi alle mie volontà. Divento estremamente malinconico, anche senza volerlo.

Ero appunto in preda a questa malinconia quando la nenia che gli Elfi continuavano a sussurrare a Lorien in onore di Gandalf, smise di risuonare tra gli alberi. Non fui io ad accorgermene, ormai abituato a quel lamento leggero, ma fu Legolas, che se ne stava seduto poco più in là e guardava divertito Gimli che se la dormiva della grossa. Avrei continuato ad osservarlo in eterno, se solo non si fosse accorto del mio sguardo e non avesse iniziato a scrutarmi, le sopracciglia aggrottate e le labbra serrate:
- Cos’è quell’espressione severa adesso?

- Non puoi andare avanti così…

- Quante volte me lo avrei detto, da quando ci siamo conosciuti?

“ Innumerevoli, eppure ogni volta sono contento delle tue attenzioni, dal comportamento da bravo fratello. Mi squadri cercando di tirarmi le parole fuori di bocca e spesso per ripicca non ti ascolto. Ma come posso, ora che mi trovo come sull’orlo di un baratro?”

Sapevo benissimo che in quel momento era in grado di leggere nella mia mente come in uno dei suoi libri, può darsi che inconsciamente volessi fargli sapere tutto.Forse il mio cuore cercava qualcuno con cui dividere il suo peso, indipendentemente dal mio volere. Legolas, infatti, riuscì ad intendermi e non ci mise molto a farmi capire che aveva in mente qualcosa. Mantenendo la sua aria crucciata si mise in piedi, iniziò a camminare. Pensavo che si sarebbe fermato davanti a me e invece proseguì per poi fermarsi solo una decina di passi più in là:

- Vieni Estel…andiamo a parlare da un’altra parte

Sussurrò accennando una direzione col capo. Io diedi solo un rapido sguardo agli hobbit addormentati e lo seguii.

Camminava davanti a me e le luci e le ombre che si alternavano giocavano con la stoffa lucida della sua casacca, coi suoi capelli, e io mi divertivo come un bambino ad osservare ogni suo minimo movimento delle gambe, mentre proseguiva a passo svelto:
- Dove hai intenzione di portarmi?

Dovetti fermarlo altrimenti sarebbe andato avanti per chi sa quanto. Lo conosco bene e vedevo che si stava lasciando distrarre dell’ambiente, che lo faceva sentire molto vicino a casa:

- Possiamo fermarci anche qui…allora, parla

- E di cosa?

Mi uscì una risata nervosa. Mi puntava i suoi occhi indagatori addosso:
- Forza Estel! Qui non c’è nessuno ad ascoltarci! Penso ti farebbe bene aprirti un po’…

La voce suadente che di solito non ti lascia scampo e che io ho sempre amato e detestato. Volevo ribellarmi ma…

“ Sai benissimo che non trovo la forza di reagirti, che ora ti dirò tutto…”

- Credo ti sarebbe d’aiuto e sarebbe d’aiuto anche a tutti gli altri. Anche se loro non lo vedono riescono a percepire la tua ansia e la tua tristezza.

Mi si mise davanti dando gia per scontata la mia rinuncia a combattere. Aveva regione ma io non sapevo da dove cominciare e, quando finalmente giunsi ad un discorso, ad aprir bocca, mi si appannarono gli occhi e un qualcosa mi strinse la gola. La mia emotività, che raramente si mostrava, saltò fuori con prepotenza e io mi lasciai cadere seduto per terra.

Gli dissi tutto riuscendo a non versare nemmeno una lacrima ma senza guardarlo mai negli occhi. Dopo un lungo discorso in cui mischiai talmente tante cose da renderlo privo di senso e noioso mi decisi a cercare il suo viso. Lo vidi innanzi a me, visto che era accoccolato a pochi centimetri dalle mie ginocchia, che teneva le sopracciglia alzate in una posa che dava al suo viso la dolcezza e la tristezza di quello di un bambino e sorrideva in maniera quasi invisibile. Non proferì parola ma, con mio grande stupore, si limitò a mettersi accanto a me, col braccio sinistro che premeva contro il mio:

- Non è che anche tu hai qualcosa che ti grava su cuore Legolas?

- Come mai questa domanda?

- Non so, ti vedo abbattuto

Gli guardavo il profilo illuminato dalla luna. Un soffio di vento leggero gli mosse i capelli facendo sì che alcuni gli sfiorassero le gote. Irresistibile. E’ l’unica parola che ora m’ispira il ricordo di quell’immagine. D’improvviso mi sentii in debito con lui per il suo aiuto.

Non so, forse fu questa smania a farmi muovere, o forse solo l’incessante voglia che avevo di sentirlo più vicino…in ogni caso gli passai un braccio intorno alle spalle e lo strinsi appena. Insicuro come sempre pensai che si sarebbe scostato, invece rimase fermo, il corpo rilassato contro il mio:
- Che si prova ad essere un Elfo?

- Che domanda, lo sono sempre stato!

- Seriamente. Che cosa senti dentro di te? Sei sempre così silenzioso e assorto…

Gli accarezzai scostai dal viso i capelli che continuavano a lambirglielo e attesi la risposta. Tenevo la mia mano appoggiata poco sotto la sua spalla e sentii il suo profondo respiro, prima dell’inizio del discorso:

- Non so, è strano. In alcuni momenti hai delle certezze, in altri tutto sembra inconsistente. Sai di avere l’eternità davanti a te e tutto scorre lento, ma quando sei in battaglia…-

Fece forza sulle braccia e si riposizionò davanti a me. Mi guardava con gli occhi brillanti, tristi e arrabbiati:
- Lì tutto sembra sfocato. Ti domandi se ne uscirai fuori, e credo che questo succeda anche a te ma…- Deglutì per poi riprendere a parlare, calcando ogni accento sulle parole, che chi sa da quanto pesavano gravose sul suo cuore:

- Soprattutto ti domandi se ne usciranno gli altri. Allora diventi in parte egoista, ti chiedi cosa ne sarà di te senza quelle persone che ami -

- E che non hanno la fortuna dell’immortalità?

Scosse la testa:

-Fortuna? Ricorda che è sempre una semi immortalità e che se perdessi te, se perdessi Elen…l’immortalità non sarebbe che una tortura

Non mi guardava più in faccia mentre io continuavo a farlo. Avevo adorato in quegli attimi la sua espressione sdegnata, la sua fragilità che inaspettatamente si era mostrata. Gli posai una mano sul viso fino a spostare le dita e farle arrivare ad accarezzargli la nuca, poi lo tirai a me e lo baciai. Lo avevo fatto molte altre volte ma mai era accaduta una cosa simile. Man mano che il bacio andava avanti, si faceva strada in me una voglia irrefrenabile di sfiorarlo, che mi faceva aumentare il battito del cuore e il ritmo del respiro. E lui la percepiva eccome! Lo sapevo perché anche con Arwen, agli inizi, era lo stesso. Solo che lei non si era mai comportata come lui che, senza interrompere il bacio, guidò le mie mani fino al suo petto:

- Legolas io…

- Sssshhh…stai zitto per una volta

Disse sorridendo. Non l’avevo mai visto così e mi sorpresi. Gli occhi velati e di un azzurro intensissimo spiccavano sul viso appena colorito, accesi da una luce maliziosa che non avrei mai immaginato. Mi voleva? Se mi desiderava almeno la metà di quanto lo desideravo io, era ormai troppo tardi per tornare indietro. Così presi a sbottonargli la casacca azzurra con una lentezza quasi assurda. Sfioravo ogni ricamo, nel tentativo di prolungare quel momento così strano, guerreggiando con l’incessante spinta che il mio istinto continuava a darmi. Volevo lasciare spazio alla dolcezza della situazione e lui mi aiutava da morire. Mentre gli sbottonavo la camicia teneva la testa china e solo ogni tanto mi lanciava un’occhiata furtiva e uno dei suoi sorrisi. Poi iniziò a giocherellare con i lembi della mia, di camice:
- Mi stai dando il tormento…mi è gia abbastanza difficile concentrarmi su questi stupidi bottoni

Erano davvero difficili da aprire, soprattutto con le mani tremanti, ma quando il lavoro fu finito inizia i sfiorargli il petto. Era fresco, liscio e diafano come il suo viso, che la luce magica di Lorien poi faceva brillare quasi sovrannaturale:

- Siamo in una posizione impari Estel, non credi?

– Cosa?

Ero terribilmente distratto, lo ammetto, ma mi ripresi quando mi fece cenno di togliermi la giacca:
- Ora siamo pari…

Riprendemmo a baciarci, sempre con ardore crescente. Ad ogni tocco delle sue mani rabbrividivo e mi sorprendevo del nuovo Legolas che avevo davanti, a tratti disinibito e molto malizioso, che però si lasciava trasportare dell’onda di sentimenti che ci investiva entrambi. Se io faticavo per mantenere il controllo durante quei baci dolci e passionali, lui andava avanti con tranquillità, senza scomporsi mai troppo. In un momento di smarrimento mi staccai dal suo bacio e lo guardai:

- Che stai facendo?

- Ti guardo…sei talmente perfetto…

I miei occhi scorrevano su suo corpo, sul filo della calzamaglia, sulle braccia, sul fisico muscoloso ma asciutto esile all’apparenza. Mi soffermai sull’incavo del suo collo, mi avvicinai ed inizia a baciarlo, respirando il suo profumo. Sentivo che si aggrappava alle mie braccia, che muoveva le dita precise sulla mia schiena. Sentivo che era il nostro momento.