.|. Loss - Neve .|.

4. Echi dal Passato

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Nevica.

Lo sento. Lo vivo. Il freddo.

Sfreccio nella notte, come un'ombra tra le ombre, senza vedere, senza essere visto.

Devo tenere gli occhi quasi chiusi, per quanto, a quella velocità, quei fiocchi sono taglienti. E'il mio cavallo che mi guida.

Ho acquistato tutto degli Uomini... i loro sentimenti, il loro pensiero e la loro fragilità.

Quel freddo mi fa male, quella neve non riesce più ad incantarmi.

Mi domando se è ancora rimasto un poco del sangue degli Elfi dentro di me, oppure se è stato tutto riassorbito da questa nuova vita.

E' passata una settimana da quando ho salutato i miei amici, con la promessa che sarei ritornato da loro appena mi fosse stato possibile... nessuno dei miei compagni ha commentato la mia partenza... mi hanno semplicemente lasciato andar via guardandomi in silenzio.

Forse alcuni sapevano, o forse non gl'importava molto di me.

Mancano ventun giorni al Consiglio, ed io dovrei essere già arrivato a Gran Burrone, ma questo tempo ha rallentato la mia corsa.

Immagino che desterà sorpresa il mio ritorno... si ricorderanno di me? Saranno pronti ad accogliermi ancora dopo essermene andato in quel modo?

Non importa. Voglio tentare comunque.

Sprono ancor di più il mio cavallo e mi lancio sul sentiero che avevo abbandonato otto anni fa.

Tutto mi sembra essere ieri... quella corsa, la terra bruciata, la neve... la neve sempre e comunque... ma stavolta un desiderio diverso dal solito che anima il mio cuore...

Anche se mio padre non mi avesse voluto, io gli sarei rimasto comunque accanto. Ora che ero cosciente degli ultimi infausti avvenimenti nella nostra Terra, non potevo certo farmi da parte.

E forse, Elrond, avrebbe trovato un piccolo ruolo anche per me, un posto nelle sue decisioni.

Una cosa era chiara: sarei tornato da lui dopo anni di esperienza vissuti nel mondo, sarei tornato fiero e orgoglioso del mio sangue Mortale.

 

Presto l'alba si sostituì alla notte.

 

La neve ha quasi cessato di cadere, e il sole, è penetrato sempre più prepotentemente attraverso i fitti rami di questi boschi.

Mi fermo un istante per riposarmi e per far riposare anche il mio cavallo, e una volta appoggiati i piedi a terra, un inaspettato brivido caldo percorre la mia schiena.

"Terra di casa mia..." mormoro, mentre contro la mia volontà, i miei occhi bruciano di un'emozione nuova.

No, non l'ho dimenticato Gran Burrone, e più mi avvicino e più sembra che nulla sia cambiato.

Ieri notte mi sono fermato per qualche ora nella vecchia taverna che mi aveva ospitato anche molti anni fa... anch'essa è rimasta la stessa di sempre... soltanto l'oste ormai risente dei suoi otto anni in più... ho potuto contare le rughe che solcavano il suo viso.

Tutto appare immutato qui... forse è l'aria che proviene dalle Terre degli Elfi, forse hanno donato uno spicchio di luce e d'immortalità anche agli abitanti e alle strade dei vicini confini.

Rimonto a cavallo, ma questa volta non ho bisogno di correre... vado al trotto... senza fretta, i miei occhi già possono intravedere in lontananza gli alti e flessuosi alberi che racchiudono Gran Burrone, ricoprendolo come una nicchia... già mi sembra d'intravedere raggi d'oro oltre l'orizzonte... la luce degli Elfi si estende lontana.

"Dobbiamo andare ora!"

Mi volto e vedo due giovani elfi che si rialzano da terra ed iniziano a correre verso casa.

"Tuo padre si arrabbierà... è da stamattina che siamo fuori!"

Sorrido.

E il mio pensiero corre a Legolas.

Perchè?

Quanti sentimenti contrastanti porto nel cuore.

 

Finalmente, dopo aver camminato per un'altra ora, posso vedere il grande arco di pietra e di foglie aprirsi dinanzi a me... il varco per accedere ai giardini, e più avanti, il palazzo d'oro di Elrond... ricoperto ora di neve...

Chiudo per un istante gli occhi, esalando gli intensi profumi di fresco che avviluppano i miei sensi... il rumore delle piccole cascate mi fa battere il cuore, il cinguettio degli uccelli, che nonostante l'inverno non smettono di volare, mi provoca una forte emozione.

Nulla è cambiato. Tutto sembra essere rimasto lì in attesa... in attesa del mio ritorno.

Oltrepasso il grande arco, e senza smettere di guardarmi intorno, m'incammino verso il palazzo reale.

Ma prima di raggiungere il suo ingresso, mi dirigo verso la piccola radura dove gli Elfi tengono i loro cavalli, il luogo che noi Uomini chiamiamo stalla.

Ed è ancora là, ricoperta con i consueti cespugli e rami alti per proteggere gli animali dal freddo e dalla neve.

Conduco il mio cavallo al suo interno, il quale pare ringraziarmi muovendo il muso contro la mia testa, lo lascio libero dalle briglie e... basta un istante per comprendere che la fuga di otto anni prima è ormai solo un ricordo.

Carezzo un'ultima volta la criniera dell'animale, ed esco dalla stalla (ormai mi sono abituato ad usare il linguaggio di noi Mortali).

Ma non faccio in tempo a muovere un passo che qualcosa attira la mia attenzione... un lembo viola di un vestito mi passa davanti agli occhi, ed io non posso che seguire con lo sguardo il suo movimento.

Mi sento mancare il respiro. Rimango immobile, di sasso a guardare dinanzi a me, esattamente come la creatura che si è fermata ad osservarmi.

Stenta per un istante a riconoscermi, così come del resto faccio io... è passato così tanto tempo.

Poi il suo dolce sorriso, ed infine, la sua voce...

"Estel..."

Il resto delle parole sembrano morire sulle sue labbra, non riesce a smettere di fissarmi... posso notare l'emozione nei suoi occhi.

Poi qualcosa scioglie il gelo che si era creato nel mio corpo, e corro verso di lei, prendendola fra le braccia...

"Arwen... sono... sono così felice di rivederti..." mormoro, stringendola forte a me "Rivedere te per prima..."

"Sei tornato..."

Sento il suo corpo spingersi con forza contro il mio, come se avesse atteso per anni quel momento.

La scosto un po' da me per guardarla meglio... non ho parole per descrivere quanto sia diventata bella.

Lunghi capelli neri le ricadono morbidamente sulle spalle, i suoi occhi azzurri trasudano qualcosa di nuovo, non più lo sguardo di una ragazza, ma di donna ormai.

"Sei... sei... cambiata..." sussurro, colto anch'io da un'emozione profonda.

"Noi Elfi non cambiamo mai, Estel..." risponde lei, sorridendomi raggiante.

"Oh si invece... quando ti ho lasciata eri poco più di una bambina... ora invece... " e qui le parole mi muoiono in gola "...sei una donna, splendida, splendida donna..."

Arwen sorride ancora e mi guarda profondamente.

"Sei tu ad essere cambiato, mellon nin... sono i tuoi occhi che adesso vedono diversamente ..."

E d'un tratto, senza una ragione precisa, noto le sue guance colorirsi di rosso.

"Ho... ho tante cose da raccontarti, ho viaggiato molto in questi anni e..."

"Sssht... troveremo il tempo per tutto..." m'interrompe lei, poggiandomi due dita sulle labbra "Dimmi piuttosto, perchè sei qui?"

"Per il Consiglio, Arwen..." tiro un profondo sospiro "Sono stato a Minas Tirith... la mia città, l'ho vista in decadenza... ho saputo di Sauron, dell'Anello e..."

"Del tuo passato... non è così?" m'interrompe nuovamente, e noto che i suoi occhi vengono attraversati da una lieve ombra di malinconia.

"Si..." mormoro, abbassando la testa.

D'un tratto, dopo una breve pausa in cui rimaniamo in silenzio, Arwen mi prende per mano (è dolce quel contatto) ed iniziamo a camminare.

"Andiamo da mio padre." conclude.

Così, finalmente, dopo otto anni, varco nuovamente la grande porta del palazzo reale.

 

Il percorso lungo il corridoio mi sembra interminabile. Gli Uomini mi hanno insegnato a non controllare le mie emozioni, ho il cuore che mi batte all'impazzata.

Soltanto il contatto con la mano della mia amica m'infonde un po' di sicurezza.

Il pensiero d'incontrare mio padre m'incute un forte timore.

Ciò che ricordo di lui sono i suoi occhi austeri che mi avevano guardato andar via senza battere ciglio.

L'avevo odiato in quel momento... soltanto più tardi avevo compreso quanto quegli occhi mi mancassero.

Di tanto in tanto mi volto a guardare Arwen e non posso non notare la sua bellezza, la perfezione che trasuda ogni parte del suo corpo.

A volte i miei occhi cadono sul profilo del suo volto, oppure sulle sue labbra che pulsano carnose ed invitanti, e infine, devo ammetterlo, sui suoi seni, che forse è la cosa che mi stravolge di più.

Ormai sono abituato ad abbracci e al calore che sa trasmettere un corpo stretto al mio... e sento il desiderio di stringerla, abbracciarla, forse baciarla per farle capire quanto bene le voglio.

Così faccio. Mi fermo di colpo lungo il corridoio e senza dire una parola la prendo ancora una volta fra le braccia, portandola ad appoggiare la schiena contro il muro.

Sento un debole gemito di sorpresa uscire dalle sue labbra, ma non oppone resistenza... forse quel mio gesto l'ha stupita, ma non l'ha disturbata... dopo un istante sento le sue mani cingermi il collo e rispondere a quell'abbraccio con tenerezza.

Restiamo così per un lungo istante, in silenzio, ad assaporare l'uno i profumi dell'altra... io... fragranze a me familiari, che provengono dal suo corpo, dai suoi capelli, lei... fragranze sconosciute... forse un po' selvagge.

Dopo un po' si stacca da me, mi sorride, mi riprende per mano e c'incamminiamo nuovamente verso la Sala del Trono.

"Andiamo ora..." sussurra, accompagnandomi fino alla porta d'ingresso.

Indugio un attimo, timoroso.

"Entro con te, Estel... non temere..."

Le sue parole mi rincuorano, così mi faccio coraggio ed apro l'uscio.

I miei occhi esplorano rapidamente tutta la stanza e finalmente lo vedono... in fondo ad essa, seduto sul trono.

Mi fissa senza batter ciglio, con le dita appoggiate alle labbra e gli occhi nei miei.

Arwen mi spinge un po' in avanti, accompagnandomi da lui.

Quando gli sono davanti non posso fare a meno di abbassare la testa ed inchinarmi al suo cospetto.

Trascorre ancora qualche istante che a me sembra interminabile, finché non avverto un lieve rumore sopra di me.

Alzo un poco la testa... ed intravedo il suo sorriso.

"Bentornato a casa... Aragorn!"

A quelle parole, a quel nome spalanco gli occhi, ma non riesco a rispondere.

"Alzati ora, non è necessario che tu t'inchini ai piedi di tuo padre..."

Un intenso calore sembra invadermi in quel momento... tutti i rimanenti frammenti di ghiaccio e di paura che avevano avvolto il mio cuore si sciolgono all'istante... la gioia di rivedere Elrond è più forte di tutto.

"So..sono felice di essere a casa..."

"Sono felice che sei ritornato a casa dopo aver visto quella che ti spetta!"

La mia sorpresa è ancora più grande.

"Tu... tu hai visto... Minas Tirith?"

"Si, e ho visto te, figlio mio... forse mi ero sbagliato, forse otto anni fa era davvero giunto il momento che io ti svelassi la verità, ma hai cercato e scoperto da solo... dunque, ogni cosa va oltre ogni mia aspettativa..." si alza in piedi, mettendosi davanti a me "Vedo il sangue degli Uomini scorrere nel tuo corpo vigoroso, la luce dei Dunedain nei tuoi occhi non più di ragazzo... e ora... lasciati abbracciare!"

Non attendo altro, mi getto tra le sue braccia e per un istante ritorno ad essere il bambino che aveva cresciuto.

Mi era mancato il suo abbraccio.

Mi stringe forte, anche se all'inizio percepisco quella distanza che avevo provato anche con Arwen... ma desidero fargli sentire cos'è che ho imparato dagli Uomini.

Ricambia il mio calore, ma dopo poco mi allontana, andandosi a rimettere seduto sul trono.

"Sei qui per il Consiglio, non è così Aragorn?"

Improvvisamente il tono della sua voce è mutato. Ora mi parla come se fossi uno dei suoi alleati o consiglieri.

"Si, padre..."

"Bene..."

"Ho... ho saputo dell'Anello, della guerra che si sta per scatenare contro Sauron..."

"Lo so..."

"Cosa devo fare?"

"Non ho una risposta per questo, Aragorn, ho il dono della preveggenza, ma non posso sapere cosa accadrà il giorno in cui ci riuniremo tutti. Il corso del destino questa volta non dipende da me, ma dalla scelta di un piccolo Hobbit, un Mezzuomo della Contea, colui che ha trovato e preservato l'Anello dell'Oscuro Signore, l'unico a quanto pare che ne sia uscito indenne..."

"Un Hobbit?" esclamo meravigliato "Ho conosciuto degli Hobbit, e... non sono più alti di una gamba, è gente pacifica, non credo che..."

"Se i Valar hanno scelto un Mezzuomo per compiere questa Missione c'è senza dubbio un motivo... prima mi hai chiesto cosa dovevi fare..." mi scruta seriamente "Non posso dirti io quale sarà il tuo ruolo in tutto questo, Aragorn, sarai tu a doverlo scegliere... scegliere se salire al trono in una nuova gloria, o se cadere nell'oblio con il resto della tua stirpe... scegliere se giurare fedeltà al piccolo Hobbit, o se dimenticare e andartene affinché tutto  non sarà compiuto, nel bene o nel male."

Le parole di Elrond mi penetrano dentro... ora la mia strada è ancora più chiara...

"Padre io..."

"Non devi decidere ora... se è tuo destino stare accanto a Frodo, i Valar faranno in modo che tutto si congiunga, affinché imboccherai questa via... mancano ancora tre settimane al Consiglio... sfruttale per pensare, ma adesso... va a riposarti, figlio mio!"

Mi avvicino ancora una volta a lui per abbracciarlo, poi chino la testa e mi avvio verso l'uscita.

"Arwen!" esclama Elrond nuovamente "Accompagnalo nella sua stanza!"

 

Mentre ripercorro il corridoio a ritroso, le parole di mio padre mi rimbombano nella mente... egli dice che non devo decidere ora, eppure, in cuor mio, io ho già deciso... forse mi manca l'ultimo motivo per cui la mia decisione sarà definitiva... mi manca l'appoggio e il sostegno di qualcuno.

Lancio un'occhiata ad Arwen, ma come posso chiederlo a lei? Per quanto valorosa non potrebbe sopportare un viaggio del genere.

Sembra sentirmi... si volta verso di me e mi guarda a lungo negli occhi, senza lasciare la mia mano.

"Troverai il tuo sostegno!" mormora, prima di farmi entrare nella stanza, che ha fatto preparare per me. La stessa di otto anni fa.

Anche qui nulla è cambiato.

Inizio a camminare lentamente verso l'interno, respiro ogni profumo, tocco ogni cosa che trovo davanti, o accanto, finché non raggiungo il grande balcone.

Non attendo ancora. Spalanco le finestre e subito il fresco vento dell'inverno mi pizzica il volto, lasciando volare in aria i miei capelli.

"L'hai sempre amata, non è vero?"

Mi giro verso Arwen che se ne sta in piedi sull'uscio a guardarmi.

"Si... è... è meravigliosa..." sussurro, prendendo qualche fiocco di neve sulle mani.

"E' raro per uno della tua razza sentire così intensamente le cose..."

"Io... mi affascina... non so, in un certo senso, ha sempre scandito la mia vita, e poi l'amo perchè..." m'interrompo un attimo, indeciso se dire quelle parole "...sotto il suo manto di ghiaccio c'è qualcosa che brucia, terra riarsa, protetta  e tenuta al caldo dal suo opposto..." sorrido "Io lo trovo meraviglioso..."

Vedo Arwen osservarmi senza rispondere. Noto che ha dischiuso un poco le labbra, e il suo respiro si è fatto più rapido.

"Credi davvero che il ghiaccio possa nascondere il fuoco...?"

"Si, allo stesso modo della notte che nasconde il giorno... non ci sarebbe vita senza gli opposti..."

Abbassa gli occhi. Forse ho detto qualcosa che l'ha colpita.

"Parli intensamente, Estel... con un'intensità a me sconosciuta..." rialza il volto e mi guarda "Ti hanno insegnato davvero tanto gli Uomini..."

Le sorrido, lei si avvicina a me e mi posa un bacio sulla fronte.

"Quando vorrai parlarmi di questi anni, sai dove trovarmi..."

Quindi, ritorna verso la porta, ed esce senza far rumore.

Mi avvio verso il balcone e mi accoccolo contro il davanzale, come facevo sempre da ragazzo.

Percepisco lo stesso silenzio, la stessa quiete, la dolce musica che soltanto nelle notti di neve si può ascoltare.

Ripenso ad Arwen, ripenso alla sua bellezza, al suo corpo, alla sua voce, e scopro che un'onda di calore attraversa la mia schiena.

Guardo la neve e immagino che le assomigli... eppure, non è la stessa cosa... non riesco a capire cosa le possa mancare.

Mai come in quel momento desidero una profonda unione tra le due cose che ritengo più pure... una profonda unione... spalanco gli occhi... cerco di cacciare indietro quel pensiero, ma esso si fa sempre più incalzante, come i fiocchi che iniziano a cadere più velocemente... una profonda unione...

"Arwen..." sussurro.

Faccio per alzarmi ed andare da lei, ma d'improvviso, qualcosa attira la mia attenzione e mi blocca.

"Ma cosa..."

Intravedo una sagoma coperta di nero muoversi rapidamente verso i giardini... non riesco a distinguere bene...

Incuriosito decido di seguirla.

Esco dalla mia stanza e mi avvio verso il grande parco. In mezzo all'oscurità e ai fiocchi bianchi è un'impresa un po' difficile trovare quella figura, ma voglio indagare comunque.

Inizio a camminare, cercando di fare il minor rumore possibile, oltrepasso il grande arco d'entrata, e d'un tratto mi ritrovo su un sentiero completamente coperto di bianco.

Mi guardo intorno, ma non scorgo nessuno.

La notte nasconde le ombre, e la neve illude i miei occhi.

Decido di ritornare indietro, quando percepisco un rumore alle mie spalle, ma non faccio in tempo a voltarmi che una voce familiare mi blocca.

"Assieme agli Uomini hai dimenticato le buone maniere, a quanto pare..."

Sgrano gli occhi. Non può essere.

Il mantello ricopre il suo corpo e il suo volto, ma quella voce... quella voce è la sua, ne sono certo.

"Non si salutano più i vecchi nemici...?"

"Legolas...?"

"In persona..."

Vedo la sua sagoma avvicinarsi a me... sento i suoi passi sulla neve.

Inspiegabilmente il mio cuore accelera i suoi battiti... desidero vederlo... desidero rivedere quel volto impertinente che, a quanto sembrava, non ero mai riuscito a dimenticare.

Si ferma dinanzi a me, in silenzio.

"Quando sei tornato...?"

La sua voce sembra nascondere una strana emozione.

"Oggi stesso..."

"Anch'io..."

"Fatti vedere, togliti quel cappuccio..."

Indugia.

"Non mi tirerai palle di neve addosso...?"

"Non te le tirerò!"

"Promettimelo!"

"Te lo prometto!"

Mi viene da sorridere... dov’è finito l’antico rancore?

Vedo che porta le sue mani sulla nuca... mani che si sposano perfettamente con il colore della neve, dita simili ai fiocchi stessi...

E lascia scivolare il cappuccio sulla schiena.

Mi sento debole, improvvisamente, tremendamente debole...

Colui che ho davanti non è più il ragazzino presuntuoso che conoscevo, una rara dolcezza sembra aver ridipinto le fattezze del suo volto... i fiocchi bianchi ricoprono i suoi capelli d'oro, e scivolano via su di essi, come se stessero sfiorando la seta...

Entrambi ci guardiamo. Entrambi non parliamo.

Attenti nello studiare l'uno lo sguardo dell'altro. Diffidenti, forse. Ammaliati, senza dubbio.

E i suoi occhi... due cristalli chiari, sfumati d'azzurro... anche i suoi occhi sembrano aver perduto la freddezza di un tempo... pare che un'emozione a fatica trattenuta li stia attraversando.

E' davvero quella la creatura che ho odiato per così tanto tempo?

Riesco a vederlo, nonostante l'oscurità che ci avvolge, riesco a guardarlo distintamente.

Da dove proviene quella luce? Dalla neve, o da lui stesso?

Si dice che gli Elfi brillino di luce propria quando sono felici... poteva essere Legolas felice del mio ritorno...?

"Ero sicuro che ti avrei rivisto..." mormora dopo un lungo istante.

"Io credevo che sarei riuscito a dimenticarti invece..."

"Alla maniera degli Uomini, Estel...?", risponde, inclinando un poco la testa verso destra "Forse mi sbagliavo un tempo... tu hai qualcosa di noi dentro di te, tu..."

"Ho riscoperto me stesso in questi anni... sono orgoglioso di quel che sono!" l'interrompo, forse per un leggero senso di vendetta, o forse per difesa.

"Lo so... lo sei sempre stato!"

"Lo devo a te!" dico impulsivamente

Sgrana gli occhi.

"Lo devo a quella notte, quando ci siamo quasi picchiati e mi hai rivelato la verità sul mio passato..."

"Non... non avrei dovuto..." mi fissa profondamente "Non avrei mai voluto farlo..."

"Ho conosciuto la mia terra, la mia città... ho compreso qual'è il mio destino..." sospiro "Sono un Uomo, Legolas... sono felice di questo e non ho paura..."

"Aragorn... non è così? E' questo il tuo nome ora...?" mormora, con una leggera malinconia nella voce.

"Si..."

"E questo... rende tutto diverso, vero...?"

"Come?"

"Tu sei un Uomo ed io sono un Elfo... tu non sei più l'Estel di una volta... sei l'erede al Trono di Gondor, ora!"
"Legolas, ma questo non cambia le cose fra di noi!" esclamo, senza nemmeno rendermi conto di ciò che ho appena detto.

Mi fissa con una strana tristezza negli occhi, una dolcezza che lo rende ancora più bello, quasi irreale.

Si tira su il cappuccio sulla testa, e si volta, incamminandosi verso l'arco.

Una volta varcata la soglia, si volta nuovamente verso di me.

Mi guarda a lungo, esplorando ogni parte del mio corpo, mi sorride amaramente.

"E' la distanza... parliamo due linguaggi diversi, Estel... tu Uomo ed io Elfo, è questo che cambia le cose fra di noi..."

Scompare.

Provo il forte impulso di corrergli dietro, di fermarlo, di dirgli che si sta sbagliando, che la differenza tra le nostre due razze non conta... ho voglia di raggiungerlo e tirargli qualche palla di neve sui suoi capelli d'oro... ho voglia di rincorrerlo fino a perdere fiato... ho voglia di litigare con lui, gridare e ruzzolare a terra.

Ho voglia che mi rubi libri dalle mani e mi distolga dalla mia quiete... ho voglia del suo tormento... ho voglia di tutto di lui...

Improvvisamente, terribilmente.

Ma le mie gambe non si muovono, i miei occhi restano fissi sulla scia di luce che ha lasciato nell'andar via.

"Legolas..." sussurro nella notte.

Mai quel sussurro è stato più dolce.