.|. Il Destino degli Elfi .|.

Capitolo 3

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“Haldir”. Riconobbe immediatamente la voce del ramingo. “finalmente ti sei svegliato. Temevo…”.

Haldir non rispose. Si chiese se Aragorn sapesse chi era stato a ridurlo in quello stato. Il Guardiano cercò nuovamente di alzarsi, ma fu tutto inutile.

“Non sforzarti, mellon, la ferita potrebbe riaprirsi”.

“Da… da quanto tempo…”.

“Una settimana. Ti ho trovato qui agonizzante. Chiamavi Meril e… Legolas… ma chi ti ha ridotto in questo stato? Mi stupisco che tu…”.

“Che io non sia più, vero?”

Aragorn annuì lentamente. Aveva sempre saputo che un Elfo torturato si lasciava morire, gli era capitato di vederne morire più di uno dopo che erano riusciti a fuggire degli orchetti, ma Haldir sembrava diverso.

“Sì”.

Haldir abbassò lo sguardo. Non riusciva a guardare gli occhi di Aragorn, che in quel momento gli ricordavano quello di Dama Galadriel quando era ancora la loro regina.

“Ho resistito per Meril e per Legolas, per non parlare di tutte le persone che amo”.

Il Ramingo si sedette accanto all’Elfo.

“Racconta, Haldir, cos’è accaduto? Come mai sei ridotto in quello stato? Chi ti ha ferito?”

Haldir non aveva il cuore di dire la verità al Ramingo, era certo che ne sarebbe morto. E poi… e poi era ancora troppo vivo il ricordo di Legolas che lo usava come suo strumento di piacere aiutato da Celeborn.

L’Elfo cercò le parole meno dolorose per raccontare cosa gli era accaduto.

“Non so come… ma sono riuscito a fuggire al nuovo Signore dell’Anello…”.

“Legolas”.

Aragorn pronunciò il nome di Legolas con fatica, ma nello stesso tempo con amore.

“Sì…. Ho combattuto con lui e mi ha ferito. Credendomi morto mi ha lasciato dove mi hai trovato, ma ora temo sappia che sono vivo. Ha molte spie”.

Haldir non aveva avuto il coraggio di raccontare a Aragorn cosa gli aveva fatto Legolas.

“E’ stato Legolas… a… a…”.

Haldir non rispose. Sapeva che il Ramingo avrebbe capito perfettamente anche il suo silenzio, e forse così era più facile da dire. No non lo era affatto. Sapeva che quella rivelazione avrebbe spezzato il cuore a Aragorn, e lui non poteva sopportare di vederlo soffrire.

“Aragorn…”.

“Non è colpa tua, Haldir. Sto bene”.

“Elassar… per favore”.

Il Ramingo guardò Haldir che sorrideva debolmente.

“Haldir, io voglio liberare Legolas… voglio togliergli l’Anello”.

“Sono con te, Aragorn”.

Haldir sapeva che una volta che un Elfo era entrato in contatto fisico con l’Anello c’era un’unica soluzione di liberarlo dal suo potere.

L’Elfo non si sentiva bene. La ferita gli doleva parecchio, ma cercò di alzarsi comunque.

“No, Haldir… rimani…”.

“Dobbiamo trovare un altro posto per nasconderci. E’ troppo tempo che siamo qui, è troppo pericoloso per entrambi”.

Aragorn sapeva che Haldir aveva ragione, ma anche farlo muovere poteva essere pericoloso. Il Ramingo sapeva che Haldir gli stava nascondendo qualcosa, sicuramente era qualcosa che lo faceva soffrire moltissimo. Ma non gli chiese nulla, prima o poi glielo avrebbe detto.

“Aragorn… aiutami ad alzarmi”.

“Come vuoi, Haldir”.

Aragorn mise un braccio attorno alla vita dell’Elfo e l’aiutò ad alzarsi. Lo sorresse completamente. Era ancora molto debole.

“Prendiamo il mio cavallo, Haldir, il tuo non c’è”.

Haldir annuì. Il dolore che provava era nulla in confronto a quello che gli lacerava l’anima. Vedere Meril soggiogata da Legolas…. No non doveva pensarci troppo. Già quello che aveva subito fisicamente lo stava uccidendo, non avrebbe dovuto trovare altre motivazioni per le sue sofferenze.

“Haldir, cosa ti fa soffrire così tanto?”

Aragorn non riuscì a stare zitto. Il volto di Haldir gli faceva troppo male.

“Aragorn…. Io… sì c’è qualcosa, ma…”.

Aragorn spronò il cavallo. Aveva sistemato Haldir di fronte a lui che si era accoccolato fra le sue braccia. Aragorn lo guardò con dolcezza.

“Si tratta di Meril…”.

“Cos’è accaduto?”

Haldir chiuse gli occhi.

“E’… è dalla parte di Legolas… è diventata la sua regina”.

Le parole di Haldir erano appena udibili. Vedeva ancora la sua amata Meril accanto a Legolas. Gli si stringeva il cuore. Quando con le sue delicate mani gli aveva sfiorato il petto nudo e l’aveva guardato con uno sguardo vacuo e assente.

Aragorn guardò l’Elfo col volto contratto dal dolore. Non avrebbe mai immaginato che il suo amore per Meril fosse così profondo.

“Haldir, vedrai che la salveremo, te lo prometto, fosse l’ultima cosa che farò nella mia vita”.

“Aragorn…”.

“E’ una promessa che ti faccio, Haldir, non voglio che tu soffra di più di quello che hai sofferto. Il cuore di voi Elfi non sopporta il dolore e… e… se dovesse succederti qualcosa… non me lo perdonerei mai”.

Haldir non disse nulla. Rimase immobile fra le braccia del Ramingo. Ogni più piccolo movimento lo faceva fremere dal dolore. Sentiva ancora la fredda lama della spada di Legolas che lentamente lo trafiggeva. Chiuse gli occhi. Lentamente si lasciò andare ascoltando la dolce voce di Estel che cantava in Elfico. I suoi ricordi tornarono a quando era felice, a quando tutto non era cambiato… a quando lui pensava alla dolce Meril e non trovava il coraggio di dichiararsi. Quanto sciocco era stato, e quanto tempo aveva fatto passare, forse troppo. Ora si rammaricava con sé stesso. Forse non sarebbe cambiato nulla… ma ora cosa serviva? Ormai non poteva cambiare ciò che era stato.

Aragorn guardò Haldir preoccupato, ma non poteva ancora fermarsi. Erano partiti da poco tempo. Sentiva il fiato sul collo degli inseguitori. Se li avessero presi…. Tremava solo al pensiero. Se Legolas aveva ridotto in quello stato Haldir, non riusciva ad immaginare cosa avrebbe potuto fare a lui che dal suo punto di vista l’aveva umiliato. Immaginava come Legolas doveva sentirsi in quel momento. Non riusciva però a capire quando Legolas aveva trovato l’Anello. Erano sempre stati assieme, durante la ricerca di uno dei Sette. Forse ne era sempre rimasto in possesso? Come aveva fatto a non accorgersene se fosse stato realmente così?

Eppure Legolas fino a qualche settimana prima era sembrato sempre lo stesso. Non aveva dato segni di essere in possesso dell’Unico, ma gli Elfi sapevano resistere al suo potere, o almeno aveva sempre creduto così. Sì sentiva sconfitto. Aveva promesso a sé stesso di proteggere Legolas, ma non ci era riuscito. Cosa era successo a Legolas per fargli scatenare tutto l’odio che aveva dentro di sé? Forse era stato l’aver capito l’amore che provavano Haldir e Meril? Aveva forse paura che Haldir gliela portasse via per sempre? No, non poteva essere così. Doveva esserci qualche altro motivo che lui non capiva.

L’unica cosa strana che aveva fatto Legolas, era stato quello di arrabbiarsi con sé stesso perché aveva sbagliato un tiro durante un allenamento assieme a lui. Non poteva essere un motivo così futile. No doveva esserci qualcosa che l’aveva turbato. Legolas era stato via alcune settimane, forse era successo qualcosa quando lui non c’era. Doveva essere per forza così, non c’era altra spiegazione. Ne avrebbe parlato con Haldir quando si fosse rimesso un po’.

Guardò Haldir. Sembrava stare molto male. Gli posò una mano sulla fronte. Scottava. Non avrebbe mai dovuto far correre un pericolo così all’Elfo.

Iniziavano a cadere le prime gocce di pioggia. Doveva assolutamente trovare un riparo al più presto altrimenti Haldir non sarebbe vissuto a lungo.

Il corpo dell’Elfo era scosso da violenti fremiti. Aprì gli occhi. Vedeva tutto offuscato. Non riusciva a capire dove fossero o da quanto tempo stessero cavalcando, ma a lui sembrava un eternità. Non voleva certo essere un peso per Aragorn, doveva in qualche modo convincerlo a lasciarlo lì. Ma non riusciva a muoversi. Si sentiva estremamente debole. Non sapeva quando si sarebbero fermati, ma soprattutto non sapeva quanto a lungo avrebbe resistito. Ogni respiro gli sembrava come se qualcuno gli lacerasse il petto. Sentiva il battito del cuore del Ramingo e il suo sguardo, ma non riuscì a muoversi per rassicurarlo.

“Haldir”.

Chi era che lo chiamava? Era forse Estel? La voce gli sembrava estremamente lontana, come trasportata dal vento.

“Haldir, rispondimi”.

Ancora, quella dolce voce che gli chiedeva di destarsi dal suo tepore, ma non ci riusciva. Chiuse gli occhi. Cercò di respirare, ma stava diventando sempre più difficoltoso. Sentiva la vita scivolargli via lentamente.

Meril…. Dolce Meril…. Mi spiace non potrò venire a salvarti…. Non resisto…. Meril…. Meleth…

Aragorn sentì il corpo di Haldir afflosciarsi contro il suo. Arrestò immediatamente il cavallo. Prese l’Elfo fra le sue braccia e lo fece scendere. S’inginocchiò. Gli occhi dell’Elfo erano chiusi, il suo respiro era molto debole quasi impercettibile. La sua luce si stava lentamente spegnendo.

“Haldir ti prego, non puoi…. Meril…. Pensa a lei”.

Aragorn si guardò attorno disperato. Non aveva più medicamenti per curare Haldir. Non sapeva cosa fare. Sentiva la sua vita scivolare via lentamente e lui non poteva fare nulla. Lo strinse a sé.

“Meril”, la voce dell’Elfo era appena udibile.

“Haldir… no… non lasciarti andare”.

“Meleth…”.

“No, non sono Meril”.

Haldir guardò il volto che lo fissava preoccupato. Il dolce volto di Meril che lo guardava. Rimase in silenzio a lungo. Stava cercando di mettere a fuoco il più possibile il viso che aveva amato più di sé stesso. La dolce Meril stava sorridendo. Si vedeva che era serena.

“Meril… sei salva…”. Aragorn sorrise, ma non disse nulla.

“Haldir…”, Aragorn accarezzò il volto dell’Elfo. Scottava. La ferita si era nuovamente aperta e perdeva molto sangue. Cercò di tamponarla, ma invano. Le mani gli tremavano come non gli era mai successo. Che gli succedeva? Non poteva lasciarlo andare. Quando tutto sarebbe tornato a posto, Meril ne sarebbe morta, e forse non solo lei.

Cosa poteva fare? La pioggia ormai scendeva copiosa e la legna era completamente bagnata e inservibile. Doveva accendere il fuoco, ma non sapeva come fare.

Si guardò attorno. Non molto lontano vide una piccola caverna che forse poteva essere loro utile. Prese in braccio l’Elfo e lo portò all’asciutto. Lo adagiò sul pavimento e utilizzò il suo mantello come cuscino.

“Haldir, stai tranquillo… vado a cercare della legna”.

L’Elfo voltò il capo verso il Ramingo e lo prese per un braccio bloccandolo.

“Meril, non lasciarmi solo per favore… non… lasciarmi”.

Aragorn lo guardò. L’Elfo aveva le lacrime agli occhi. Non vide più le stelle che aveva sempre amato guardare negli occhi dell’Elfo… erano spente, assenti… c’era solo il vuoto… il vuoto più assoluto.

“Lasciami, Haldir, torno subito”.

Haldir non lasciò andare la presa. Lo tirò a sé e lo guardò. I loro occhi s’incrociarono. Si fissarono a lungo.

Aragorn si sentì in imbarazzo. Lo sguardo dell’Elfo lo rendeva nervoso, li aveva sempre amati e vederli così…. Non riusciva a sopportarlo.

“Meril… tu… tu… non mi ami ?”

Aragorn non lo riconosceva più. Guardò Haldir. Era in attesa di una risposta. Estel rimase silenzioso.

“Certo, Haldir… ti amo”.

L’Elfo biondo sorrise debolmente. Il cuore gli batteva forte, anche se il dolore di lasciare la sua amata era insopportabile, ma sapeva che ormai gli rimaneva ancora poco. Prese la mano del Ramingo e la strinse forte.

“Meleth”, disse dolcemente Aragorn. Voleva che Haldir fosse felice almeno negli ultimi istanti della sua vita.

“Meleth… vedrai che sarai felice”.

“Non senza di te. Ti prego non lasciarmi”.

Haldir chiuse gli occhi. Una fitta sul fianco gli spezzò il fiato. Strinse la mano del Ramingo con forza.

“Haldir”.

“Sto…sto… bene…Meril… non ti preoccupare…”.

Il rumore della pioggia era l’unico che si udiva a parte il respiro affannoso di Haldir.

Le ore passavano. Haldir non migliorava. Un giorno intero era passato e la pioggia era finalmente terminata. Il profumo dell’erba bagnata stuzzico il naso dell’Elfo che si destò.

“Le stelle… fammi vedere le stelle per l’ultima volta, meleth”.

“Certo, lo farò”.

Aragorn aiutò Haldir ad alzarsi.

L’Elfo mise un braccio attorno il collo del Ramingo. Camminava a fatica. Non sentiva più dolore, almeno quello era una buona cosa.

Aragorn tolse gli stivali all’Elfo.

L’erba sembrava un tappeto sotto i suoi piedi. Gli piaceva quella sensazione. Le stelle, le sue amate stelle. La dolce voce dell’Elfo intonò:

 

A Elbereth Gilthoniel o menel palan-diriel, le nallon sí di-nguruthos! A tiro

nin, Fanuilos![i]


 

[i] O Elbereth Star-kindler, from heaven gazing afar, to thee I cry now in [lit.

beneath] the shadow of death. O look towards me, Everwhite! [Sam's inspired

cry in Cirith Ungol]