.|. Il Destino degli Elfi .|.

Capitolo Uno

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Fumo, calore, fuoco…

Dolore, grida, sofferenza…

Orchetti, goblins, morte…

Morte, morte, morte…

Tutt’intorno a lui. Morte. Nulla faceva sperare. La speranza non si sapeva cos’era, era morta da molto tempo.

Il suo sguardo si abbassò. Molti corpi straziati ai suoi piedi.

Sangue. Molto sangue… sangue sul pavimento, sulle sue mani, sul volto, sulla sua armatura…

Si guardò attorno. Non riusciva a muoversi per il terrore. Ma aveva fatto tutto lui? Che cos’era accaduto? Non ricordava nulla, tranne le grida e il dolore. Si sentiva bene però in mezzo a tutto ciò.

Un Anello brillava al suo dito. Una luce sinistra, ma affascinante allo stesso tempo. Sentiva il suo potere che lo chiamava. Si sentiva forte e sicuro di sé.

Silenzio, c’era un silenzio irreale. Alcune persone inginocchiate di fronte a lui che lo acclamavano come il nuovo Signore dell’Anello, come il nuovo padrone della Terra di Mezzo. Un esercito Elfico e uno di orchetti erano allineati di fronte a lui pronti ad eseguire ogni suo desiderio.

I tre custodi degli Anelli Elfici erano di fronte ai due eserciti e lo fissavano anch’essi in attesa di ordini. Lady Galadriel lo fissava affascinata. Sentiva il suo sguardo d’ammirazione su di sé.

“Avvicinati, Galadriel”.

La sua voce. Che cambiamento. Non era più quella dolce di un Elfo, ma quella profonda e cupa del nuovo Signore che comandava ora.

“Mio Signore e padrone, cosa comandi?”

“Trovate gli ultimi ribelli e… portateli qui…. Usate Meril come esca, vedrete che verranno loro da noi”.

Galadriel fece cenno ad una guardia Elfica di portare la prigioniera. La Donna-Elfo aveva le mani legate dietro la schiena. Il volto era contratto dal dolore.

Si avvicinò a lei. La prese a sé stringendola con violenza per la vita. La giovane non gridò, ma guardò il Signore senza abbassare lo sguardo.

La baciò. Quel dolce sapore delle labbra Elfiche lo inebriava ancora. Sentiva la Donna-Elfo tremava dalla paura. Quel terrore gli piaceva. Aveva la vita di Meril nelle sue mani e quel potere gli piaceva moltissimo.

“Elrond, voglio che ti occupi tu di Meril…. Sai quello che devi fare, mi fido di te”.

“Sì, mio Signore, non ti deluderò”.

“Lo spero per te, Elrond”.

Lanciò Meril a Elrond che la prese al volo. Guardò con piacere il volto dell’Elfo e il desiderio che provava nei confronti di quella Donna-Elfo. L’osservò mentre trascinava la giovane fuori dalla stanza.

“Voi potete andare. Galadriel, Gandalf e Celeborn rimanete”.

Lentamente la stanza si svuotò. Il silenziò calò nuovamente. Le tre persone rimaste assieme al Signore dell’Anello erano in paziente attesa che il loro Signore parlasse.

“Gandalf, voglio che tu tenga i contatti con Saruman, ci può essere molto utile”.

“Sarà fatto, mio unico Signore”.

“Tu Galadriel ti occuperai del nostro esercito almeno finché Elrond non tornerà…. Mentre tu, Celeborn, darai piacere al tuo Signore”.

“Per me sarà un vero onore e piacere, mio Signore”.

Sorrise. Congedò Galadriel e Gandalf. Voleva rimanere da solo con Celeborn. Erano sempre stati legati, da un legame insolubile e molto solido. Era stato il suo primo Elfo ed era colui che voleva vicino, almeno finché il Ramingo e Haldir non fossero caduti nelle loro mani. Poi entrambi si sarebbero divertiti con quei due traditori. Celeborn meritava un premio essendo stato sempre il suo servitore più fedele.

“Avvicinati, Celeborn”.

L’elfo più anziano si avvicinò. S’inginocchiò accanto al suo Signore che nel frattempo si era seduto sul suo trono.

“Mio Signore, cosa posso fare per renderti felice?”

“Oh, Celeborn, non ne hai bisogno. La tua semplice presenza mi rende felice. Mi sei sempre stato fedele e quando i due traditori saranno catturati tu ti divertirai con me…”. Legolas baciò appassionatamente Celeborn. “Meriti un premio, mio fedele servitore”.

“Grazie, ma mi basta stare con te, mio Signore, non ho bisogno di altri premi”.

Legolas sorrise. Accarezzò il capo dell’Elfo.

“Spero che i miei uomini catturino presto quei due traditori”.

“Vedrai, mio Signore, presto saranno nostri”.

“Pregusto già la loro presenza e ciò che farò a loro…. Quel maledetto Ramingo…. Mi ha umiliato per anni, facendomi passare come un pezzente. La pagherà cara…. E quel tuo Guardiano”.

“Mio Signore…”.

“Non è colpa tua…. Mi ha portato via mia sorella e il suo amore”.

“Per me sarà un piacere punirlo per te, mio Signore”.

“Lo so e te lo lascerò fare. Lo sai che sei il mio Elfo prediletto”.

Celeborn sorrise. Sapeva ciò che il suo padrone provava per lui e avrebbe ucciso chiunque si fosse messo in mezzo a loro. Non avrebbe avuto alcuna pietà, per nessuno.

“Mio Signore, mi spiace disturbarti”.

“Dimmi, Rumil”.

“Abbiamo trovato gli ultimi Hobbits che ci erano scappati: Frodo e Sam”.

“Molto bene. Portateli qui”.

I due Hobbits erano sporchi di sangue. A quanto pare avevano combattuto prima di lasciarsi catturare. Due guardie Elfiche li trascinarono dentro e li fecero inginocchiare di fronte al loro Signore.

“Benvenuti, miei amati Hobbits. Era molto tempo che desideravo rivedervi”.

“Legolas…”.

“Vedo che siete sorpresi di vedermi”. I due Hobbits non risposero. “Come osate mancarmi così tanto di rispetto? Orophin, Rumil, pensateci voi e riportatemeli quando si sono decisi di parlare. Voglio sapere dove si trovano i loro amici…. Usate qualunque mezzo. Poi mandate nella Contea una legione e prendetene definitivamente il controllo”.

“No, la Contea, no”.

Orophin diede uno schiaffo a Frodo che aveva parlato.

“Non ci si rivolge così al nostro Signore…. Te lo insegnerò io come ci si rivolge a lui”.

“Poi fate distruggere i porti grigi, gli Elfi non lasceranno mai più la Terra di Mezzo, ma ne saranno i padroni incontrastati”.

“Sì, mio Signore”.

“Andate”.

Quando furono soli, Legolas si voltò verso Celeborn.

“E’ ora che tu dia piacere al tuo Signore”.

Legolas si alzò dal trono. Si guardò in giro soddisfatto. I suoi uomini eseguivano gli ordini alla lettera, avevano paura di essere puniti. Sentiva Celeborn che camminava dietro di lui. Ogni persona che passava si fermava e s’inchinava con reverenza. Gli piaceva, gli piaceva molto essere riverito così.

La sua stanza era immensa. Il letto al baldacchino era al centro. Era ricoperto di cuscini rossi come aveva richiesto. Gli piaceva il rosso, il colore del sangue e dell’odio…. Gli piaceva…. Gli ricordava quando aveva massacrato con le sue mani gli uomini di Gondor. Si era divertito moltissimo quel giorno. Faramir aveva chiesto che risparmiasse Eowin, ma non aveva avuto pietà. Aveva ucciso prima lei e poi lui. Come si era divertito.

Legolas fece cenno a Celeborn di avvicinarsi. Lo fece sdraiare. Iniziò a togliergli la casacca. Gli piaceva molto il petto muscoloso dell’Elfo. Gli piaceva accarezzarlo con entrambe le mani. Aveva la pelle di velluto. Gli piacevano anche le spalle. Cominciò a baciarlo partendo dalle spalle scendendo fino al petto. Prese un capezzolo fra le sue labbra. Lo mordicchiò e lo leccò. Lentamente scese fino alla cintura. Sentiva fremere Celeborn sotto il suo tocco.

“Mio… Signore”.

Legolas amava sentire la voce sensuale di Celeborn piena di desiderio. Si sdraiò su di lui. Prese un lobo di un orecchio fra le sue labbra e lo succhio.

“Mio.. Signore… Padrone…”.

“Dimmi, Celeborn”, gli sussurrò nell’orecchio. “Cosa vuoi?”

“Voglio… voglio…”.

Legolas continuò a giocare col lobo dell’orecchio dell’Elfo che non riusciva più a parlare. Il Signore dell’Anello iniziò ad accarezzare le gambe di Celeborn. Gli piaceva torturare Celeborn portandolo fino al limite della sopportazione. Sapeva che all’Elfo piaceva, o eccome se gli piaceva.

“Metti le braccia sopra la testa, Celeborn”.

Celeborn ubbidì. Sentì le mani di Legolas che gli accarezzavano le braccia. Sentì scorrere un laccio sotto i suoi polsi e stringesi con forza. Celeborn fece una smorfia di dolore. Quella volta il suo Signore aveva stretto più del solito.

“Ammetti che ti piace, Celeborn”.

“Mio Signore… io… sì… sì… mi piace… mi piace molto… mio Padrone…”.

“L’avevo capito subito…. Dalla prima volta che siamo stati assieme, ma non ho mai voluto approfondire. Ma ora, Celeborn, tu esaudirai ogni mio piacere ed io, per premio della tua fedeltà, esaudirò i tuoi”.

“Non mi merito ciò, mio Padrone”.

Legolas si allontanò da Celeborn. Lo osservò con piacere. Quella sua pelle, quel suo profumo quando aveva paura…. Gli tolse i pantaloni. L’eccitazione del suo amante era più che evidente. Prese un’altra corda e gli legò i piedi.

“Lo sai che potrai venire quando te lo dico io…”.

“Lo so…”.

“E sai anche quale sarà la punizione vero?”

“Sì… mio Signore… non ti deluderò”.

“Lo spero per te, Celeborn”.

 

Celeborn si risvegliò fra le braccia del suo signore. Le braccia e le gambe gli dolevano. Un segno rosso era più che evidente sui suoi polsi. Stava tremando. Si ricordava ogni istante di ciò che era successo. Legolas aveva sfogato tutta la sua rabbia su di lui per l’inutile ricerca di Aragorn e Haldir. Ma a Celeborn non importava, la cosa più importante per lui era rendere felice il suo Signore qualsiasi fosse stato il prezzo da pagare seppur doloroso.

Legolas guardò Celeborn. Si era reso conto che si era svegliato. Lo aveva preso con rabbia e violenza, senza prestare orecchio alle sue richieste di fermarsi, ma non l’aveva fatto. Ne era innamorato follemente. Era la prima volta che trattava in quel modo Celeborn.

“Mi spiace, Celeborn”.

“Non ti devi scusare, mio Signore. Lo sai che se tu sei contento lo sono anche io”.

Legolas lo baciò sulla fronte. Prese un polso dell’Elfo fra le sue mani e lo baciò dolcemente.

“Rimani qui, riposati”.

“Voglio starti accanto, mio Signore”.

Legolas lo guardò. Sapeva che Celeborn non sarebbe riuscito a rimanere in piedi a lungo. Non voleva che si umiliasse di fronte ad altre persone, davanti a lui sì, ma non davanti a nessun altro.

“No, rimarrai qui ad aspettarmi”.

La voce di Legolas non ammetteva repliche ed a Celeborn non rimase che annuire. Legolas gli diede un ultimo bacio prima di allontanarsi. Sapeva che probabilmente Celeborn quella notte avrebbe dovuto nuovamente subire la sua ira e lo voleva pronto.