.|. Otherside .|.

2. Day 2

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13:05 p.m. – awake

 

Mi sveglio e la prima cosa che faccio è stupirmi di non avere un mal di testa letale.

La seconda è rendermi conto che invece ce l’ho.

Rimango qualche minuto in animazione sospesa, gli occhi chiusi, le orecchie spente, e il cervello che si riavvia lentamente dopo il crack di sistema di stanotte.

Jesus. Sono stravolto…ho mal di testa, mal di stomaco, la bocca che sembra una fogna, devo vomitare. Anzi no. Ho già vomitato ieri sera tutto quello che c’era da vomitare, e oltre. Questi sono crampi. Ho i crampi dalla fame. Saranno più di quindici ore che non ingerisco altro che alcolici. Ma non ho la minima voglia di alzarmi… cazzo. Questo è il brutto di stare da soli. Nessuno bada a te. Ti devi arrangiare, potresti anche affogarti nella bacinella per i piatti o restare sepolto dai vestiti non stirati che tanto nessuno se ne accorgerebbe.

Starnutisco. Una volta, due volte. Mitico. Devo essermi beccato il raffreddore, ieri sera. Certo, correre in jeans mentre minaccia bufera non è una mossa astuta.

Devo soffiarmi il naso. E ho voglia di un bagno caldo. Odio vivere da solo, in questi momenti.

Quanto mi farebbe piacere che Orli comparisse all’improvviso con qualcosa da mangiare… anche se non sarei molto felice che mi vedesse conciato così. Fa niente. Ho fame… okay…ora mi alzo. Tre… due… uno… okay, sono in piedi, barcollo un attimo ma rimango in equilibrio. Bagno. Va bene. Annotazione mentale: appuntamento con il mio cervello fra mezz’ora nella sala di sotto, in compagnia della signora di colore che sembra mia nonna e, possibilmente, di un paio di frittelle ed un bel cappuccino.

 

 

13:38 p.m. – discovery

 

 “Allora… vorrei tre di quelle frittelle… si quelle lì, a sinistra, ed un cappuccino… con cacao…d’accordo… allora me li porta lei? Bene… la ringrazio.”

Perfetto. Mi guardo intorno in cerca di un buco libero, e scorgo Elijah che agita freneticamente una mano per invitarmi a raggiungerlo. In poche falcate sono da lui e mi accingo ad accomodarmi.

In un istante mi chiedo se è il caso di raccontargli cosa è successo… ma nemmeno io lo so di preciso. Come faccio a spiegarlo a qualcun altro?

Anche se lui, forse, potrebbe aiutarmi. È amico di Orli quanto mio, dopotutto, e ci conosce bene entrambi… ma, se io stesso non mi ero mai accorto di questa parte di me, come pretendere che l’avesse intravista lui? No, non posso dirglielo. Non voglio che Orli venga a sapere di quello che ho fatto… anche se è stato lui a cominciare! E… un momento! E se Orlando si fosse confidato con Elijah? No, impossibile, certo, ma… e se fosse? E se Lij sapesse qualcosa che io non so? Se fosse a conoscenza del motivo per cui Orli si trovava nella mia stanza intento a…

Lo guardo, stringendo impercettibilmente gli occhi.

D’improvviso, l’intero suo atteggiamento mi risulta sospetto. Non può non essersi accorto di nulla. Ma perché continua a sorridere come se niente fosse?

Mi nasconde qualcosa.

Lui sa qualcosa.

O se non lo sa, deve averlo almeno intuito, deve aver notato delle stranezze negli atteggiamenti di Orlando, ascoltato qualche sfogo apparentemente insensato, lui… lui potrebbe aiutarmi a far luce nella mente di quel ragazzo.

Devo assolutamente trovare un modo per incominciare il discorso in modo da orientarlo verso questo argomento, in modo da portarlo su un piano confidenziale. Potrei cominciare con…

Ehi Elijah! Sai, proprio te cercavo… Orli mi sembra un po’ strano ultimamente…

Nah. Troppo diretto. Devo essere più disinteressato. Indifferente.

Sai, sono un po’ preoccupato… temo che Orli stia cedendo alle pressioni di Hollywood…

Ma così vado fuori argomento. Dio, che nervi, vorrei aver già preso quel caffè.

Ciao… volevo dirti due paroline a proposito di Orlando. Ecco, ieri…

Più sospetto di così… ci manca solo che tiri fuori registratore e impermeabile, che perfetto investigatore privato che sarei.

Ciao, sai perché Orli viene a masturbarsi in camera mia?

No, decisamente circuire le persone non è il mio forte. Ommerda, ormai sono seduto… devo inventarmi qualcosa. Ora, nel giro di tre secondi avrò di sicuro un lampo di genio… uno… okay, ci sono quasi… due… quasi… due e mezzo… sì, ci sono, ci sono… due e tre quarti…

“… ehm…ciao, Lij… uh… sei, umh…solo, stamattina?”

“Sì, stavolta sì,” ride. Merda. “Gli altri si stanno ancora riprendendo da ieri sera. Io sono rimasto in albergo… me li sono visti tornare alle cinque del mattino, ubriachi fradici…”

Sbuffo. Sai cosa me ne frega dei bagordi di quei quattro scemi. Comunque, almeno in campo Orlando ci siamo. Lo sapevo che era la frase perfetta… sono un genio, io. Sul serio, lo sapevo…

“…e continuavano a cercare di raccontarmi dell’infinità di persone che hanno conosciuto… sai che fra tutti sono l’incarnazione della socialità!”

Ma chissene… quando arrivano le mie frittelle? Non sono ancora pronte?

“Orli, poi… ogni volta che esce, ritorna e per tre giorni gli squilla il cellulare e lui nemmeno si ricorda di quelli con cui ha scambiato il numero…”

Ecco la signora che sembra mia nonna… da questa parte! Bene…

“…anche ieri sera… quell’Owen gli ha mandato almeno sette messaggi…e a giudicare dalle loro risatine – vabbè che erano ciucchi persi, ma…”

Finalmente, le mie frit… ehi. Un attimo. Questo mi interessa.

“Owen?”

Elijah annuisce e si avvicina con fare cospiratorio.

“Owen, già. L’ho visto solo un paio di volte… ma, insomma” mi strizza l’occhio. “È proprio bellino, e poi è allegro, travolgente, sexy… capiscimi” si riappoggia allo schienale. “Musica, un bel ragazzo, alcool… e chissà il nostro Orlando come ci dà..!”

Oi, tiriamo un po’ il freno, qui. Questa storia non mi piace per niente.

Mi allungo verso di lui.

“Come ‘ci dà’..? Vuoi dire che Orli ha… con… cioè…”

Elijah mi guarda. Dritto negli occhi.

“Viggo… c’è qualcosa che non so?”

Mi tiro brutalmente indietro. “Ma figurati. Dicevo così, per fare due chiacchiere.” Agguanto una frittella e la addento rabbiosamente. “Adoro queste frittelle” borbotto, con la bocca piena.

Lij mi guarda sottecchi, ma prima che possa dire alcunché fa il suo ingresso Orlando. Tempismo perfetto. Mi chiedo se se le studi, queste entrate ad hoc…

La metà femminile della sala si volta a guardarlo. Dev’essersi svegliato da qualcosa come cinque minuti, ma, cavolo… fa la sua figura anche così, con quegli occhi assonnati, con quella maglietta da sedicenne e i capelli buttati all’indietro a casaccio…

Anzi, forse è proprio questo il look che gli si addice di più... ricordo quando diventava matto perché PJ insisteva per farlo agghindare e lui non aveva idea di cosa mettersi… in fondo quello non era il vero Orlando. Non ha mai avuto intenzione di mentire, presentandosi come non è in realtà. Così… così paradossalmente puro, da parte di un attore.

Sta veramente bene, stamattina…

Ci ha visti. Cerca di raggiungerci, zigzagando fra i tavoli e tutte le ragazze che hanno scelto proprio il momento del suo passaggio per alzarsi. E lui non si fa pregare, distribuisce sorrisi, caldi e sinceri come solo i suoi sanno essere, e sicuramente quelle ragazze torneranno a sedersi con il cuore che batte veloce e il pensiero di essere state notate, di significare qualcosa per lui, di essere, se non altro, un volto al quale lui ripenserà…

Stupide.

Devo dirvelo io che non è così? Che non vi ha neanche viste? Devo alzarmi in piedi e urlarvelo che lui è gentile per natura, che fa così anche con le vecchiette, che voi non siete niente, non siete assolutamente niente e fareste bene a starvene alla larga, a non girargli intorno perché gli dareste… gli dareste solo fastidio… dareste fastidio… a me…

Finalmente conclusa la gimkana, Orli si lascia andare su una sedia, sbadigliando sonoramente.

“Orli… già ripreso?” fa Elijah.

L’unica risposta che ottiene è un altro sbadiglio.

Orlando osserva per un attimo il menù, chiuso di fronte a lui, poi allunga la mano e ruba una delle mie frittelle, annusandola prima di cacciarsene metà in bocca.

“Mavhmellafa vhi alvhicocche” commenta, masticando con calma. “Mmmmh… deliffhiosa.”

Non riesco a trattenere un sospiro. “Ma certo, serviti pure” butto lì. “In fondo, è solo la *mia* colazione.”

Orli manda giù il boccone. “Grazie,” mi dice, prima di prenderne un secondo, apparentemente ignaro del sarcasmo che straripa dalle mie parole.

BE-BEEP-BE-BEEP…

Orlando sbuffa, alzando gli occhi al cielo, poi si fruga in tasca ed estrae il cellulare. Tasteggia. Vedo la sua fronte corrugarsi mentre scruta con attenzione lo schermo. Poi si mette a ridere e butta il telefono sul tavolo. In breve, le risate degenerano, portandolo alla soglia delle convulsioni.

Lij ed io lo guardiamo un po’ sconcertati.

“Non ci posso credere…” riesce a dire Orli, ansimando dal ridere. “Lij… il fratello di Owen si è fatto Dom… e lui nemmeno se lo ricorda… uah ah ah ah ah!!!”

Lij sbarra gli occhi e poi scoppia a ridere… io stiracchio un sorriso di circostanza. Se Dom era talmente ubriaco da… considerando che Orli non è da meno, nel bere…

Elijah afferra il cellulare, ancora scosso da risolini. “Madonna, sentite qua: ‘…Steve non vede l’ora di rientrare nel suo dolce tunnel’… santo Dio… eccetera, eccetera…”

Si blocca.

“Ma guarda un po’. Orlando, cosa vorrebbe dire: ‘a me hai *dato* tanto, sai di cosa parlo, e spero sia piaciuto anche a te’???”

Orlando, ancora scosso da qualche risata convulsa, si asciuga le lacrime che gli rigano le guance. “C… cosa?” riesce ad articolare. Prende un respiro profondo, cercando di calmarsi. Poi sbianca. “Io… io non so di cosa stia parlando…!”

Lij ridacchia. “Andiamoooo, non farti pregare, dai…”

“Sul serio, non lo so!” insiste Orli. Lo fisso.

Fammi vedere gli occhi, Orli, fammeli vedere. Guardami…

Lo fa. E leggo stupore nei suoi occhi, insieme ad una scintilla di terrore. Cristo.

Possibilità uno: Orlando è davvero un grande attore. E questo grande attore le prenderà di santa ragione fra breve.

Possibilità due: Orlando è davvero uno stupido. E un certo Owen farà meglio a pregare di non incontrarmi mai sulla sua strada.

 

 

18:23 p.m. – imagination

 

Gesummaria. Non riesco a credere che Orlando sia così deficiente. Ma insomma… allora, lo saprà di non essere esattamente un cesso, o no? Bene. E allora, ci arriverà che la gente non fa esattamente pensieri casti e puri su di lui… o no? E io ne so qualcosa, mi pare…

Ergo. Perché non si sveglia e sta un po’ attento a chi gli ronza attorno? Voglio dire, le intenzioni di questo pisquano, Owen, non saranno state certo un mistero, per nessuno dei due.

Sono furibondo, fuori dai gangheri. Sbatto la porta del bagno mentre entro, quindi apro a manetta il rubinetto dell’acqua fredda, gelida, ficcandoci sotto la testa, infradiciandomi nel giro di un millisecondo, tentando di far sbollire la rabbia che si agita nel mio teschio. Invano.

Cristo, non ci posso credere. Orlando che si fa rimorchiare e trombare da uno sconosciuto raccattato in un locale. Peggio! È capacissimo di averlo rimorchiato lui, il rotto in culo! Lo stronzo, che sicuramente ci ha gongolato come un porco a vedere un figo come Orlando pronto a farsi fare di tutto da lui sul sedile posteriore della coupè che gli ha comprato papino! E sicuramente ci si è lustrato gli occhi per mezz’ora, su Orlando in fase rimorchio, che dev’essere qualcosa di spettacolare… dio cristo, mi vedo già la scena...

Sicuramente Orlando era in pista, brillo perso, a ballare e ridere e fare il cazzone come suo solito. Chissà cosa indossava, se si era messo quel suo fottutissima cappello da cowboy… mi sembra quasi di vedermelo, davanti. Dio mio, mi sembra di essere lì mentre succede…

Orlie ha il fottuto cappello, e sta ancheggiando sinuosamente in pista, le luci rossastre che lo colorano a sprazzi. Ancheggia. E ancheggia. Getta la testa all’indietro, ridendo, prima di abbassarla, osservando sottecchi la gente che gli si raduna intorno, ammirandolo, desiderandolo.

Ancheggia. Uno, due, uno, ritmo.

Porta una mano al cappello, tenendolo, fa una mezza giravolta, sorridendo sensualmente ad un ragazzo dietro di lui, senza notarlo nemmeno. La musica gli rotea nelle vene, lo avviluppa, lo abbraccia e lo accompagna, danzando con lui, concentrandosi intorno alla sua figura.

Uno, due, uno, ritmo.

Poi, dalla folla emerge una figura. Un ragazzo… sta prendendo una piega che non mi piace, questa fantasia. Il ragazzo si avvicina ad Orlando, fa scivolare un braccio attorno alla sua vita, da dietro, poggia il volto sulla sua spalla nuda, deponendovi un bacio. Poi un altro, ed un terzo, ed ancora uno, risalendo verso il collo teso, ondeggiando anche lui, seguendo la canzone ed i movimenti di Orlie, premendosi leggermente contro il suo corpo…

Mi piace sempre meno, questa visione. Ora che ci rifletto, non mi va di vedere che cosa è successo. Ma ormai sono succube dell’immagine di Orlando danzante, mi ha ipnotizzato, come fossi un cobra davanti all’incantatore di serpenti, e non credo di avere la forza di staccarmene…

Oh, beh. In effetti, mi basta apportare qualche modifica sostanziale alla mia fantasia. Fatto.

Riprendiamo.

Orlando seguita a danzare, poggiando una mano sul suo ventre, a toccare il braccio che lo circonda, mentre fa scivolare l’altra all’indietro, fino a sfiorare un volto, tracciare la linea di labbra socchiuse. Fa per voltarsi, ma io lo trattengo, mentre lambisco le sue dita con la punta della lingua, prima di lasciarle proseguire nella loro carezza. Poi, io abbasso la testa, respirando contro la pelle sensibile proprio sotto il suo orecchio, prima di baciargli il collo, leccandolo, godendo del basso gemito che il mio gesto trae dalle sue labbra…

Oh, sì. Questo sì. Tremo, mentre la fantasia si fa più dettagliata, la mia immaginazione che ricrea il locale intorno a me, ricrea la consistenza della pelle di Orlie sotto le mie mani… ma questa è la realtà, invece, e le mie mani sono libere. Libere di vagare lungo il mio torso, come potrebbero fare quelle di Orlando, libere di abbassare la zip dei miei jeans, di farsi strada oltre l’elastico dei miei boxer, oltrepassando il primo triangolo di peli in una lenta, elettrizzante carezza…

Seguitiamo a danzare, allacciati. La gente ci guarda, ci osserva, si eccita guardandoci – e noi lo sappiamo, e diamo spettacolo. Orlando gira il volto verso di me, portando una mano alla mia guancia, ed io afferro il suo mento, costringendolo verso l’alto, verso di me, mentre mi avvento sulla sua bocca, forzandola… no, non ho bisogno di forzarla, perché Orlando la schiude più che volentieri per me, accogliendomi, la sua lingua si fa prepotente, strisciando contro la mia, quindi sfuggendomi, scivolando lungo le mie labbra con esasperante lentezza… ed io cerco di catturarla, allora, ma lei seguita a sfuggirmi, ed allora perdo la calma e serro Orlando a me in una morsa feroce, fondendo la mia bocca alla sua, prendendone possesso con la violenza. E lui cede, finalmente, e beviamo a grandi sorsi l’uno dall’altro, come a cercare di divorarci  vicenda, mentre lo strattono contro di me, muovendomi al ritmo di una musica che si fa sempre più selvaggia, sfregandomi senza pietà contro il suo inguine, che percepisco ora bollente contro di me…

Bollente, sì. Come bollente è ciò che stringo in mano in questo momento, bollente e gonfio, e sensibile alla soglia della follia… vorrei prolungare tutto questo, davvero, vorrei prendermi tempo, darmi piacere con calma, senza fretta, sprofondando nelle immagini di Orlando, nella sensazione di Orlando stretto a me, la sua lingua nella mia bocca, le sue mani che scivolano lungo le mie cosce… ma non ci riesco, potrei farlo, ma non so resistere, voglio venire, maledizione, voglio venire adesso…

E la fantasia è cambiata, la danza sensuale di corpi continua, ma non ci sono vestiti a separarci, ora, a malapena il velo d’acqua tiepida che dalla doccia scorre sui nostri corpi in fiamme… Orlando, contro di me, duro ed eccitato, mentre spinge contro di me, mentre mi tocca, mentre geme, mentre mi implora di toccarlo, di farlo godere… si appoggia lascivo alla parete di fredde piastrelle, gli occhi chiusi, mentre mi prendo cura di lui… mi premo contro la sua schiena, lasciando fioccare baci fra le sue scapole, sulla sua nuca, mentre geme più forte e mi supplica di smettere di tormentarlo… lascio che il mio pene scivoli fra le sue natiche, ora, gonfio e duro come il marmo… lo strofino, con la punta bollente, godendo delle sue reazioni, osservandolo mentre protesta, spingendosi indietro… Ed Orlando,  poi, si abbandona al gioco, inarcandosi sensualmente, prima di lasciar scivolare una mano a sfiorare la sua apertura, toccandola con delicatezza prima e con insistenza poi… ed è stupendo, osservarlo mentre si dà piacere in questo modo… vedo la sua falange scivolare lentamente oltre il piccolo garofanino plissettato, seguita presto dal resto del dito… vedo i muscoli del suo braccio tendersi mentre muove la mano avanti, poi indietro, in una lenta carezza, che mi fa rabbrividire colla potenza di una scarica elettrica… gli concedo qualche altro momento, ma mentre sta per aggiungere un secondo dito, gli afferro il polso, scostandolo con la poca delicatezza che riesco a racimolare tramite i miei nervi frementi, vibranti…

Lo vedo poggiare le mani contro il muro, mentre attende la mia mossa, ed io non ho certo intenzione di farlo attendere… e ripercorro con la mia mano il percorso che la sua ha già tracciato, forzando il medio dentro di lui, mentre mi strofino lentamente, incapace di smettere…

Dio, sì. Mi strofino ancora, la schiena contro la porta, il mio pollice che sfiora l’apertura sulla punta, mandando tante piccole scariche elettrice a trafiggere i miei nervi, mentre mi tocco, mi massaggio i coglioni per poi tornare a chiudere il pugno su di me, su, giù, su, giù,su, giù, su, giù, su…

“Viggo? Viggo, ci sei?”

Su, giù, su, giù, circolo del pollice, carezza, e poi ancora, su, giù, su, giù…

“Viggo? Sei in bagno?”

Un colpo alla porta, ed una vampata di corrente a tremila volt mi trapassa in un lampo… con gesto fulmineo afferro la maniglia, bloccandola, mentre brancolo alla cieca per trovare la chiave e girarla, dove cazzo sta quella troia di una serratura?! Eccola, okay, click, grazie dio, allah, jahvè, ce l’ho fatta, okay.

“Vig? Allora, ci sei? Sono Elijah!”

“Sì,” riesco in qualche modo a grugnire, mentre mi accascio contro la parete opposta. Cristo di Dio, proprio adesso?!

“Senti, ora me ne vado… ” Ottimo, vai pure –  “Ma prima volevo…”

Mentre lo shock inizia a sfumare, mi rendo conto che c’è una parte del mio corpo che grida, indignata, e che è tuttora sul punto di esplodere… la botta di tensione mi si rovescia addosso come il ritorno di un’onda, scaricandosi direttamente nel mio inguine, e chi sono io per oppormi al suo richiamo? Le mie mani tornano al lavoro, frenetiche, quasi, sono sommerso da un bisogno insopprimibile, inarrestabile, dimentico di qualunque altra cosa al mondo eccetto Orlando, Orlando, la fantasia esplode di nuovo nella mia mente in un viluppo incomprensibile di immagini, suoni, sensazioni, percezioni, Orlando, la sua pelle, un gemito strozzato, un ricciolo scuro, ed è stretto, caldo, dannatamente stretto, dio, sì, dio, dio…

“Allora... ci stai? Sei d’accordo?”

“Mmmmh… Sì…!”

Ed è l’ultima cosa che mi sfugge dalle labbra, soffocata, alterata mentre la mia voce si distorce in un ansito, prima che io mi pianti i denti in un braccio, per impedirmi di gemere, mentre vengo, soffocando il grido gutturale che cerca di sbocciare nella mia gola, e che risuona solo nella mia mente, annullando l’intero mondo solo per concentrarlo in sé…

‘… Orlando…!’

 

 

22:56 p.m. –  envy

 

La musica mi rimbomba nelle orecchie, mi rintrona, ondeggia e pulsa nel mio cervello, qui qualcuno non sa regolare gli amplificatori, maledizione… chi cazzo è che ulula a questa maniera sul palco, laggiù in fondo?

Ma guarda là, che cazzo sta facendo? Avrà sì e no quattordici anni, e ha la faccia così impiombata che pare un residuato bellico… ma che razza di masochista si farebbe bucherellare a quel modo? Mi domando se non sembri uno scolapasta quando cerca di bere…

Dio, quanto mi sento vecchio in questo momento. Il mio istinto di padre ha dato una bella scrollata alle briglie. Se mio figlio tentasse mai di uscire di casa con pantaloni di quel genere, lo murerei in uno sgabuzzino, giuro… per non parlare di quel… coso… quella sottospecie di, di… panciotto… in… ma che è? In… cuoio…

Gesù… ma che ci faccio io qui?

Ah, già… mentre ero annichilato dalla sega mostruosa che mi stavo tirando, ho accettato come un coglione l’invito di Lij ad una serata al night con lui e gli hobbit… nonché con Orlie. E con il beneamato Owen, of course.

Già. Ecco cosa mi aveva chiesto, esulterete voi. Ma io non esulto proprio per un cazzo.

Anche perché ora sono qui solo come una merda in un campo di grano, ad aspettare che il sacco di fango che risponde allo stramaledetto nome di Owen arrivi. Non so bene come lo riconoscerò, e non penso che mi si presenterà davanti esclamando: ‘ehi, lo sai che mi sbatto Orlando Bloom?’… ma in qualche maniera farò, me lo suggerirà l’istinto, o apparirà un arcangelo ad indicarmelo, qualcosa del genere.

Intendiamoci, non è che io muoia dalla voglia di conoscere uno stronzo che con ogni probabilità si è fottuto Orlando, per carità. Sono solo… curioso. Non mi interessa realmente, dopotutto. È che sembra una persona… beh, interessante. Già.

Anche se non riesco a levarmi dalla mente il fatto che Orlando abbia… si sia lasciato… insomma, non riesco a non pensare alle mani di quel tizio su Orlando, alle sue luride manacce sul mio…

Sul mio cosa?

Okay, sto straparlando. Mi ero soltanto lasciato trascinare dal discorso, eccheccazzo, non siate così fiscali! Maledizione, con voi non si può parlare. Basta, allora non parlerò più, va bene? Ora mi siederò a questo bel tavolino, su questo bel divanetto rotondo, mi trincherò la bella birretta che ho in mano. Il tutto in totale, perfetto, assoluto silenzio.

Lascio che la musica mi rintroni, mescolandosi all’alcool che ho già ingerito ed a quello che continuo a tracannare, bicchiere dopo bicchiere. Non so quanto tempo sia passato, ormai. Qualcuno mi porge una caramella rosata, non ho idea di cosa sia ma la butto giù ugualmente, innaffiandola con una buona sorsata di vodka gelata. Da qualche parte, so che non dovrei farlo, so che non si deve fare. Non accettare caramelle dagli sconosciuti. Non impasticcarsi. Ma che diamine, devo stordirmi nel minor tempo possibile se voglio sperare di poter sopravvivere ad una serata del genere. Degli Hobbit nessuna traccia, si saranno già infrattati in qualche angolo a trombare, o a farsi trombare. Era iniziata di merda, questa serata, e di merda sta continuando…

Ma anzi, non è merda, è peggio della merda, è merda che fa cagare. Perché? Perché ho appena intravisto Orlando, allacciato ad un biondino palestrato, che attraversa con passo malfermo la pista. Il biondo – che, realizzo con un moto di rabbia omicida, dev’essere Owen – e si trascina dietro il mio Orlando, ubriaco marcio ed intento a drappeggiarsi sulla sua spalla, facendo le fusa come un gatto, toccandolo in zone intime con indecente evidenza…

Orlando. Orlando ubriaco. Orlando che palpa il cazzo di Owen attraverso i suoi jeans, stretti da schiattare. Dove stanno andando, quei due?!

Non dovrei farlo. So che non dovrei. Ma la coppia è già scomparsa dalla mia vista, e questo non mi piace affatto. Mi alzo, la vista vagamente annebbiata dall’alcool, la musica e le luci e il calore e l’odore della gente che mi fanno ciondolare pericolosamente la testa, e, barcollante, appoggiandomi ad ogni oggetto stabile che mi capita a tiro, prendo quella che era a grandi linee la loro direzione, addentrandomi nelle viscere del locale.

 

 

23:42 p.m. –  fucked up

 

Oh mio… Oh mio… Dio…

Lì... Orlando, contro il muro, la testa gettata indietro.. li occhi chiusi, le spalle che sussultano… uno scintillio, ora viola, ora fuxia, ora blu, sul suo volto, sulla sua gola, dove il sudore lo imperla.

E ai suoi piedi…

Ai suoi piedi sta Owen, inginocchiato a terra. Gli stringe un fianco con una mano, mentre con l’altra gli stringe… gli stringe… lo vedo… mentre muove la testa, avanti e indietro, per poi fermarsi, sento… sento i gemiti di Orlie… sento i suoni bagnati che vengono dalla bocca di Owen, quel figlio di puttana, sento la sua saliva sciacquare, mentre succhia il cazzo di Orlando… lo vedo, come lo stringe, subito oltre la zip abbassata dei pantaloni … lo vedo rallentare, alzare gli occhi… ma Orlando gli afferra la testa, gli stringe la nuca, tirandolo verso di se… la musica mi stordisce, martella nella mia testa, un ritmo feroce, sordo e primordiale, soffoca gli ansiti di Orlando, che vedo, lì, mentre fa ondeggiare i fianchi, avanti, indietro, i ricci bagnati che gli si appiccicano alla fronte, riflettendo le luci allucinate di questo posto… riesco a immaginare, cristo, immagino fin troppo bene cosa sfreccia per i nervi di Orlie in questo momento… mi sembra di sentirla con lui, la lingua di quel figlio di troia che lo sfrega, lo strofina, scivola nella fessura rigonfia… ma dovrei essere io… io a sentire il suo sapore… io a stringerlo, sentirlo vibrare e pulsare nella mia mano… nella mia bocca… io a rilassare la gola per prenderlo più a fondo… io a sentire le sue mani serrarsi sulle mie spalle, tremanti, bollenti –

E lo vedo, ora, stringere le mani fra i capelli di Owen, fremere, intimargli di fermarsi, di spostarsi… obbediente Owen si scansa, passandosi il dorso della mano sulla bocca, si alza, senza mollare la presa, e con avidità si incolla alla bocca di Orlando, che essendo Orlando è più che pronto ad accettare la sua richiesta… lo stringe in un bacio, caotico, lungo, bagnato, posso perfino vedere la saliva che scivola agli angoli delle loro bocche, catturando scintillii di luce ora rossa, ora viola, ora gialla…

Poi me ne accorgo. I muscoli del braccio di Orlie, bruniti, lucidi di sudore, si muovono. Ha afferrato la mano del biondo, e la sta muovendo, con lentezza, avanti e indietro lungo il suo uccello pulsante, mentre si limona quel patetico figlio di una zoccola come se cercasse di divorarlo, come se –

Christ.

Ora capisco. Ora ho capito dove va a parare tutto questo. Ora ho…

Ed Orlando, bruscamente, si stacca. Afferra Owen per le spalle ed in un istante lo sta premendo faccia al muro, serrandogli un braccio dietro la schiena, con violenza.

“È così che ti piace?”

Intuisco, più che propriamente sentire, il suo ringhio, basso, rauco, mentre con una scrollata della testa getta indietro i suoi riccioli fradici, mentre afferra i jeans di Owen, strattonandoli verso il basso.

“È questo che vuoi?”

Un sibilo, feroce, rabbioso, mentre avvicina il volto alla nuca del biondo, prima di piantare i denti nella giuntura fra il suo collo e la spalla, in un morso selvaggio, spietato, e Cristo, dannatamente eccitante. Capto vagamente il gemito affermativo di Owen, mentre si spinge indietro, iniziando a premere contro l’inguine di Orlando, voglioso, cazzo, ed un pulsare violento in mezzo alle mie gambe reclama prepotentemente attenzione – un’attenzione che non posso dargli, ora, perché è interamente dedicata a quanto sta accadendo di fronte ai miei occhi, che scavano nella penombra, fra i continui sbalzi di luce, per assorbire quanto più possibile di questo spettacolo, con avida sete…

Orlando ha abbassato i pantaloni di Owen, ora. Fa scivolare una mano fra le sue natiche, non riesco a vedere cosa stia facendo – ma lo intuisco, oh se lo intuisco, mentre vedo le labbra di Orlando incurvarsi con perfidia verso l’alto, mentre vedo come Owen si tende, la sua bocca che si spalanca in un gemito…

E d’improvviso la mano è scomparsa ed Orlando aderisce alla schiena d Owen, ed Owen sta gridando qualcosa contro la mano che si morde, ed il volto di Orlando è qualcosa di talmente erotico da non conoscere eguale… la sua testa crolla all’indietro, gli occhi semichiusi, estasi, che si dipinge sul suo volto, e poi fame, avidità, ed è allora che inizia a muoversi, premendo l’altro contro il muro, il delirio del momento accentuato alla follia dalle luci stroboscopiche, che non concedono tregua, tendendo allo spasmo i suoi sensi già sovraccarichi… ed è qualcosa che non si può descrivere, dio, il modo in cui lo prende, disperato, famelico, e così completamente e meravigliosamente egoista, preoccupandosi soltanto del proprio piacere… Owen geme, miagola con suoni inarticolati, combatte, si spinge all’indietro, si strofina in avanti, cercando un contatto, una mano saldamente fra le gambe, mentre si spara una sega a tempo con le spinte di Orlie, ma Orlando se ne sbatte, gli afferra i fianchi, spingendosi dentro di lui una volta, un’altra, poi le sue spinte perdono ritmo, abbassa il volto, gli occhi chiusi, la fronte aggrottata, un ansito che sfugge alle sue labbra, poi un altro…

“Ah…”

Le sue mani si serrano spasmodicamente, mentre lotta con se stesso per non lasciarsi andare, mentre sente l’orgasmo incombere su di lui, graffiandolo, attirandolo irresistibilmente…

Non ha più respiro, i suoi fianchi sobbalzano disordinatamente, con violenza… ed è oltre, è al di là del confine, si sta perdendo, e precipita, nelle viscere di Owen, oltre se stesso, la sua coscienza e la sua realtà, fra ansiti spezzati, frenetici…

“Ah…”

Ancora…

“Ah… sto… ah…st… unnnnh…”

…prima di stringersi ad Owen, con forza, aggrappandosi a lui come ad impedirsi di essere spazzato via, prima di abbandonarsi, lasciarsi travolgere, lasciare che tutto gli si riversi addosso, con la sua furia, la sua terribile intensità…

“…ah!”

Ed una voce, metallica, inumana, rimbomba nella musica, come proveniente da un altro mondo, una esistenza che non conosco, infiltrandosi nella mia mente, riancorandola alla realtà, e lo speaker non ha idea di quanto appropriate siano le sue parole, per me… 

‘Suona, suona la mezzanotte dei demoni. Un altro giorno inizia, ma rimanete. Perdetevi, per questa notte, nella nostra follia.’