.|. Cuore di Elfo .|.

 

Parte Sesta

~

Note: parole fra parentesi è la voce di Meril che cerca di mettersi in contatto con Legolas

Ringraziamenti: grazie Aranel Enedhil e Enys…. La lista s’allunga sempre di più^_^

--

***Doriath***

 

Quando si risvegliò era tutto finito. Si guardò attorno, ma non vide Aragorn. Non avrebbe mai immaginato che il Doriath fosse così pieno di orchetti. Era stata un’amarissima sorpresa. Erano stati attaccati di sorpresa in una strada sterrata. Non aveva mai visto così tanti orchetti assieme e per due guerrieri, anche se erano forti, non ci sarebbe stato scampo.

Non si ricordava come e quando era stato tramortito. Per fortuna non avevano controllato se era morto o meno.

Legolas cercò di farsi strada tra i corpi degli orchetti. Ne avevano uccisi molti, ma non era bastato. Aveva perso di vista Aragorn e non l’aveva più visto. Era molto preoccupato, o meglio terrorizzato.

Improvvisamente lo vide steso a terra immobile. C’era una macchia di sangue. Sperò ardentemente che non fosse di Aragorn. Si avvicinò lentamente, timoroso. S’inginocchiò. Passarono alcuni minuti prima di avere il coraggio di toccarlo. Gli sfiorò la fronte, ma Aragorn non si mosse. Lo sollevò delicatamente prendendolo fra le sue braccia, ma non ebbe alcuna reazione. Toccò il corpo dell’uomo scoprendo con angoscia che il sangue che aveva visto era quello del Ramingo.

“A… Aragorn…. Ti prego rispondimi”.

Legolas si sentì crollare il mondo addosso. Sembrava che ogni persona che amava facesse una brutta fine. Prima la sua famiglia, poi Aragorn.

Cercò di calmarsi. Il corpo di Aragorn era ancora caldo. Quando sentì il polso del Ramingo notò che le sue mani tremavano.

Le lacrime iniziarono a salirgli. Non riusciva a fermarle. Gli facevano molto male, erano le più amare che avesse versato da molto tempo.

Sollevò il corpo del suo amante dopo aver raccolto le loro cose e si allontanò con le gambe tremanti. Il dolore lo stava distruggendo.

Aveva voglia di urlare, ma la voce non gli usciva.

Riuscì a trovare un luogo appartato e tranquillo. Sistemò il suo mantello in modo che potesse servire da cuscino al Ramingo e lo coprì con l’altro. Prese la borraccia per poter bagnare un fazzoletto. Pulì la ferita che non sembrava essere molto profonda. Sapeva che l’athelas non cresceva nel Doriath. Avrebbe dovuto trovare qualcosa d’altro per curare il Ramingo.

Quando fini di medicare la ferita con ciò che possedeva si sedette appoggiando la schiena contro un albero.

Non avrebbe mai dovuto coinvolgere Aragorn in quell’avventura…. No non avrebbe mai dovuto lasciarsi convincere che sua sorella era ancora viva. Non avrebbe mai dovuto. Perché era stato così stupido?

Si odiava dal suo più profondo del cuore. Non avrebbe mai dovuto farsi coinvolgere così tanto da una persona, soprattutto a livello sentimentale. Era meglio che sparisse. Per sempre. Nessuno avrebbe sofferto, o forse sì, ma almeno Aragorn sarebbe rimasto al sicuro lontano da lui. Era la cosa migliore sa fare. Andarsene per sempre. Sparire.

Cambiò la benda a Aragorn e lo guardò. Gli occhi del Ramingo erano chiusi, il suo respiro regolare. Sarebbe stato solo questione di alcune ore prima che Aragorn si svegliasse, ma almeno era fuori pericolo. Aveva messo a frutto ciò che Lord Elrond gli aveva insegnato alcuni anni prima ed era contento che fosse servito a qualcosa.

Sfiorò le labbra del Ramingo per l’ultima volta. Si sarebbe ricordato per sempre quel dolce sapore.

Non sapeva se avesse continuato le ricerche di sua sorella. No se lei fosse stata viva era più sicura lontano da lui. Aveva deciso. Ormai nessuno l’avrebbe più convinto a fare o non fare qualcosa.

Prima di andarsene si voltò per l’ultima volta ad osservare il Ramingo.

Si guardò attorno. Qualsiasi strada avesse preso non sapeva dove andava o se era una strada sicura, ma in realtà non gli importava più nulla.

 

 

“Legolas, melamin”.

Non ricevette risposta. Cercò di alzarsi, ma il dolore alla spalla lo fece desistere.

“Legolas”.

Anche questa volta non ricevette risposta. Pensò che l’Elfo fosse andato a cercare del cibo, ma dopo alcune ore d’attesa inizi a pensare il contrario. Iniziò a temere il peggio per Legolas.

Appoggiò il gomito per terra. Con uno sforzo riuscì a mettersi a sedere.

Gli unici rumori che udiva erano il canto degli uccelli. Avrebbe voluto sentire il rumore dei passi dell’Elfo, ma le sue speranze furono vane.

Sapeva cosa aveva pensato l’Elfo. Si sentiva così sciocco. Come aveva potuto farsi ferite da un orchetto? Doveva essere stata la goccia che aveva fatto impazzire nuovamente dal dolore l’Elfo.

Doveva trovarlo al più presto. Ma una volta trovato come si sarebbe comportato? Cosa avrebbe fatto? Cosa avrebbe detto? Certamente quello era l’ultimo problema. Non sapeva da quanto tempo Legolas se n’era andato. Un giorno? O solo poche ore? Non ne aveva la minima idea.

Nonostante il dolore riuscì a mettersi in piedi. La preoccupazione per Legolas era più forte di qualsiasi cosa. Prese il mantello di Legolas, lo riconobbe al primo sguardo e si rimise in cammino.

Cercò di immaginare da che parte poteva essersi diretto il principe. Cercare un Elfo non era la cosa più semplice del mondo visto le pochissime tracce che lasciavano, ma non si sarebbe mai dato per vinto.

 

River Sirion[i]. Ne aveva sentito parlare dalla guardia di Meril ed ora era lì. Non pensava che fosse così bello, le descrizioni non gli rendevano giustizia. Decise di percorrerlo fino al Mare. Aveva avuto la possibilità di vederlo una volta e il suo richiamo era diventato ogni giorno più forte ed ora non voleva più resisterci. Arrivato al Mare avrebbe proseguito verso sud fino ai Porti Grigi per prendere una delle barche Elfiche.

Aveva fatto del male a troppa gente. Prima di tutto a sua sorella. Quella maledetta sera non era riuscito a passare a prenderla per portarla con lui. Era colpa sua se le era successo qualcosa. Soltanto sua e di nessun altro.

Avrebbe dovuto prendere questa decisione molto tempo prima, ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Suo fratello aveva ragione: era un codardo e lo sarebbe sempre stato. Nulla e nessuno avrebbe mai potuto cambiare questa realtà. Codardo… era una parola che gli faceva male, ma se la meritava era ciò che era.

Si domandava perché il destino avesse deciso di farlo vivere quella terribile notte. No, che sciocco lo sapeva, per punirlo di ciò che era stato e che aveva fatto, cioè nulla per il suo popolo.

Ora si immaginava suo fratello Galdor che rideva dalle Aule di Mendos, che rideva di lui e provava compassione per quel fratello di cui era sempre stato geloso. Sicuramente anche Meril era con lui e con i suoi genitori. La piccola e dolce Meril.

Legolas si lasciò cadere sopraffatto dal dolore.

Fra qualche ora sarebbero apparse le stelle. Oh le stelle…. Elbereth…. Anche le stelle certamente avrebbero riso di lui…. Quelle splendide e lucenti stelle che lui aveva sempre amato molto…. E il canto del Mare…. Ecco l’altra cosa che aveva sempre bramato di udire nuovamente. Oh il dolce canto del Mare, triste e addolorato, almeno così sembrava. Il suo richiamo era forte, ma non aveva più la forza di continuare ad andare avanti. Nemmeno quell’ultimo desiderio sarebbe stato esaudito. Perché? Perché il destino era così crudele con lui?

Chiuse gli occhi. Il volto sprofondato nell’erba. Che profumo inebriante che avevano i fiori. Il loro colore azzurro era l’unica cosa che ricordava.

Cercò di rialzarsi, ma il suo corpo pareva non rispondere più ai suoi ordini. Sentiva le braccia e le gambe pesanti. Gli occhi si rifiutarono di aprirsi.

Era così dunque che doveva finire? Lontano da casa…. No non aveva mai avuto realmente una casa. Lord Celeborn e Lady Galadriel lo avevano accolto per curarlo, non per altro motivo. Non aveva mai avuto amici…. Haldir ed i suoi fratelli avevano sicuramente avuto pietà di lui, ma non certo amicizia. Amore…. Aveva avuto l’amore di tre persone, ma….

Stava sempre diventando più difficile pensare. I pensieri andavano e venivano con una tale velocità. Non riusciva più ad afferrarli. I ricordi si accavallavano. I primi anni di vita, i litigi col fratello, il profumo di sua madre…. Dolci ricordi e ricordi dolorosi. L’unico ricordo, il più caro forse, il volto di sua sorella, era il più sfuggevole. Non riusciva ad afferrarlo. Andava e veniva. Il volto era circondato da una fitta nebbia. Accanto a lei c’era un Elfo ferito e sofferente, la sua guardia del corpo. Meril aveva imparato a camminare…. No questo non era un ricordo, ma una cosa che non sarebbe mai avvenuta. La sua fragile vita se n’era andata per sempre. Era certamente meglio così, almeno non avrebbe conosciuto la sofferenza e la cattiveria che c’erano nel mondo. Ancora quell’immagine…. Sua sorella…. La guardia…. Entrambi si voltavano verso di lui e gli sorridevano.

“Tua amin[ii], Legolas. Tua amin, muindor[iii]”.

La voce melodiosa di sua sorella gli sembrava reale, ma non poteva esserlo. Faceva parte anche quello dei sogni….

Aveva deciso di smettere di combattere, era troppo stanco, non ce la faceva più. La sua forza di volontà stava venendo meno.

Non ci sarebbe voluto molto. Sarebbe stato veloce e indolore ne era convinto.

 

Aragorn era disperato. Ormai erano due giorni che cercava Legolas, ma non era riuscito a trovarlo. Non pensava che l’Elfo avesse potuto percorrere un tratto così lungo. L’unica cosa di cui era certo era che Legolas si sarebbe diretto verso il Mare. Era la cosa più naturale per un Elfo e Legolas non era diverso.

Stava seguendo quel fiume da molte ore. Non ne conosceva il nome e in realtà non gli interessava.  La foresta era ormai alle sue spalle. Era molto diverso da quella in cui si era risvegliato. Lì si poteva percepire il profumo salmastro del mare e questo gli aveva dato speranza.

Riprese a correre dopo alcuni minuti di sosta. La spalla continuava a dolergli, ma non si sarebbe mai fermato. Doveva ritrovare assolutamente il suo amante. Gli aveva fatto una promessa e l’avrebbe mantenuta.

In lontananza gli parve di vedere una figura distesa a terra immobile.

Con un ultimo sforzo raggiunse quella figura. Era Legolas, finalmente l’aveva ritrovato. Lo girò. I suoi occhi chiusi e il respiro regolare gli fecero ben sperare.

“Meril”.

La voce dell’Elfo era appena udibile. Aragorn non riuscì a capire cosa diceva. Sembrava quasi che Legolas stesse sognando.

“Tula sinome[iv], Meril”.

Legolas urlò. Il terrore che Aragorn aveva percepito nella voce dell’Elfo gli fece venire i brividi alla schiena.

“Melamin, svegliati”.

Gocce d sudore scendevano dalla fronte dell’Elfo che non riusciva a svegliarsi.

Aragorn iniziava a temere per il peggio; come se Legolas avesse deciso di lasciarsi andare. Nonostante il dolore alla spalla lo prese in braccio e lo immerse nell’acqua. La corrente del fiume per fortuna non era molto forte.

Il corpo di Legolas tremò. Acqua gelata. Era dunque così? No sentiva anche del calore sulla sua schiena, un dolce tocco, premuroso che lo sosteneva e che non lo voleva lasciare andare. Gli piaceva la sensazione dell’acqua sul suo corpo nudo, gli era sempre piaciuta.

Legolas mosse una mano e la portò sul volto, o almeno così gli sembrava. Aprì lentamente gli occhi, ma la nebbia non se n’era andata. Vide un volto.

“Meril”.

“No, Legolas. Sono Aragorn”.

Aragorn? Era certamente un sogno. Lo aveva lasciato giorni fa, ferito, ma non in pericolo di vita. Lo aveva lasciato ne era certo. Se lo ricordava bene. Ora il Ramingo non poteva essere lì. Sorrise debolmente a quel volto che non riconosceva.

“Meril”, disse nuovamente.

Aragorn asciugò col proprio mantello il corpo dell’Elfo. Lo coprì visto che ormai la notte era vicina.

Le prime stelle avevano cominciato ad apparire. Gli occhi dell’Elfo erano incatenati a quello spettacolo che levava il fiato. Non riusciva a vedere distintamente, ma sapeva che erano lì a proteggerlo.

“Amin harmuva onalle e' cormamin[v]”.

Aragorn non riusciva a capire a chi o cosa si riferisse. Forse stava sognando. Il Ramingo doveva trovare qualcosa da mangiare. Si guardò attorno, ma non trovò nulla. Non voleva allontanarsi troppo dall’Elfo. Si avvicinò al fiume pieno di pesci. Con abilità ne catturò un paio.

Mentre la sua cena si cucinava, sciacquò la benda e pulì nuovamente la ferita. Non era certo facile bendarsi da solo, ma per ora non poteva fare diversamente. Tornò accanto all’Elfo che sembrava essersi calmato un po’. Doveva assolutamente trovare il modo di destare Legolas dal suo stato comatoso. Sapeva anche che una cosa più difficile non c’era, visto che una volta che gli Elfi avevano deciso di lasciarsi andare non c’era più modo di fare cambiare loro idea.

“Mankoi naa lle sinome?[vi]

La dolce voce dell’Elfo lo destò dai suoi pensieri. A felicità di vederlo sveglio gli tolse le parole. Si mise accanto a lui. Gli accarezzò i capelli dorati e gli baciò la fronte.

“Mankoi naa lle sinome?”

“Ma come perché?”

“Perché? Non capisco…. Quando ti ho visto ferito mi sono sentito morire…. Sono scappato ho avuto paura…. Ho fatto del male a molta gente… i…”.

“Smettila, Legolas, smettila. Tu non hai fatto del male a nessuno”.

“Sì a molta gente, non ultimo tu. Sarebbe meglio per tutti se io non fossi più”.

“Non dire sciocchezze, Legolas”.

“Ho fatto del male, ho suscitato pietà…. Perché credi che Celeborn e Galadriel mi abbiano accettato a Lórien?”

“Perché fin da quando eri piccolo ti hanno sempre considerato come loro figlio”.

Legolas scosse il capo. Non riusciva a capire perché Aragorn volesse convincerlo a fare qualcosa che lui non desiderava.

“Aragorn…. Ora sei tu che dici sciocchezze. Compassione e pietà sono i due sentimenti che ho sempre suscitato negli altri, a partire da mio fratello”.

Aragorn iniziava a capire. Legolas non aveva mai avuto fiducia in sé a causa di suo fratello Galdor. Non riusciva però a comprendere come un Elfo avesse potuto essere così crudele con un suo simile, con suo fratello.

“Tuo fratello? Cosa c’entra lui?”

“Sai avrei dovuto dargli ascolto molto tempo fa quando mi diceva di andare ai Porti Grigi e lasciare la Terra di Mezzo. Mio padre non era mai contento di me…. Lo sapevo non occorreva che me lo dicesse. Si vedeva in ogni piccolo gesto e atteggiamento nei miei confronti”.

“Legolas…. Adesso smettila. Tutto ciò che non è accaduto non è colpa tua”.

“No? E di chi altrimenti? Mi ero ripromesso di proteggerti, ma non ci sono riuscito. Sono più debole di un orchetto…. Ecco cosa sono”.

Aragorn diede uno schiaffo all’Elfo. Era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, ma per farlo tornare in sé era l’unico modo.

Legolas portò la mano sulla guancia. Guardò Aragorn stupito come avesse un fantasma di fronte a sé.

“Mi spiace, Legolas”.

Legolas voltò lo sguardo. Non riusciva a fissare il Ramingo.

“Chiunque avrebbe avuto la tua stessa reazione, Legolas, dopo tutto quello che hai passato”.

“No non chiunque, Aragorn. Tu no”.

“Non dire così…. Hai passato dei momenti terribili…. Quando mi hai visto ferito hai perso la testa. Sarebbe successo anche a me, te l’assicuro”.

Aragorn mise una mano sotto il mento di Legolas e gli girò delicatamente il volto. Il Ramingo si perse negli occhi dell’Elfo.

“Legolas…”. Le loro labbra si sfiorarono. “Facciamo un patto”.

“Cosa hai in mente?”

Aragorn cercò la forza di parlare.

“Continuiamo la ricerca di Meril…. Se… se non la troviamo potrai fare ciò che vuoi. Se vorrai ti accompagnerò ai Porti Grigi se vorrai lasciare la Terra di Mezzo. Accetterò qualsiasi decisione che tu vorrai prendere, ma dammi la possibilità di aiutarti”.

Legolas annuì.

“Mi devo però prima scusare con te, Aragorn. Ti ho abbandonato…. Non avrei mai dovuto farlo…. Ma accetto la tua proposta. Non so come andrà a finire, ma spero per il bene…. Ti ammiro molto. Hai il coraggio che io ho sempre desiderato. So che per te, se decidessi di andarmene, sarà molto difficile e lo sarà anche per me…. Ma accetto il tuo aiuto per l’ennesima volta”.

“Una cosa ancora”.

“Cosa?”

“Non ti conviene di dire a Haldir che ti ha salvato perché provava pietà e compassione per te…. Temo che te la farà pagare”.

“Dici?”

“Quando incontravo Haldir in giro mi ha sempre parlato benissimo di te…. Mi ha detto che ti considera il suo migliore amico”.

“Non ci credo”.

“Non credi a me?”

“Certo ti credo. Ma sai essere considerato il migliore amico da Haldir è un grande onore…”.

“Lo è…. Quindi spero che tu inizi a capire cosa voglio dirti, melamin”.

“Sì…”.

“Non lasciare che Galdor condizioni la tua vita ancora. Ormai lui non è più…. Hai la fiducia e la stima di moltissimi Elfi, e non solo Elfi. Galdor forse era geloso di te, del tuo rapporto con vostra madre e poi con vostra sorella e invece di prendere esempio da te ti ha distrutto psicologicamente”.

“Sì credo tu abbia ragione. Ogni volta che mi vedeva con Meril…”.

(Legolas, tua amin, muindor).

“Meril”. Legolas si alzò in piedi.

“Cosa succede?”

“Quando ero non cosciente mi era sembrato di udire la vocina di Meril, ma pensavo fosse un sogno e invece…”.

(Legolas, tua amin, muindor).

“… continuo a sentirla, anche ora. Forse non è un sogno”.

“Forse no, Legolas. Anzi sono sicuro che sia lei. Senti solo la voce?”

Legolas non rispose. Cercava di ricordarsi qualcosa di ciò che aveva visto, ma i ricordi erano estremamente confusi.

“Mi ricordo ben poco. Mi ricordo di Meril seduta vicino ad un Elfo ferito gravemente e lei che mi guarda con occhi supplichevoli. Ma non vedo altro…. Non vedo altro che lei. Non riconosco alcun luogo”.

“Certo è che siamo vicini. Tua sorella è ancora piccola ed i suoi poteri non sono molto sviluppati. Quindi non siamo molto lontano, ne sono certo”.

(Legolas, tua amin, muindor).

 

Fine Sesta Parte

( haldir_of_lorien@email.it )

~

[i] River Sirion: Fiume Sirion ad nel Beleriand dell’Est ed a sud del Doriath.

[ii] Tua amin: aiutami

[iii] Muindor: fratello.

[iv] Tula sinome: vieni qui

[v] Amin harmuva onalle e' cormamin: devo far tesoro del tuo regalo nel mio cuore

[vi] Mankoi naa lle sinome?: perché sei qui?