.|. Cuore di Elfo .|.

 

Parte Quarta

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Ringraziamenti: grazie Enedhil e Aranel

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***Bosco Atro***

 

Non un uccello, uno scoiattolo o un coniglio... non un fiore sbocciava attorno a quello che era stato uno dei palazzi più meravigliosi della Terra di Mezzo. I lamenti degli alberi risuonavano per tutta la foresta. La luce del sole e degli astri sembrava aver abbandonato quel luogo. Un odore di morte e sangue aleggiava nell'aria, entrando nei polmoni e intossicando i cuori come veleno.

Erano mesi che nessuna creatura, mortale o eterna, metteva piede nei dintorni della reggia di Mirkwood, men che meno al suo interno. Da quando gli Orchetti l'avevano assalita, distruggendo e violando qualsiasi cosa al loro passaggio, il palazzo si era trasformato in un'orrenda fossa comune per quelle putride creature. Sui maestosi pavimenti giacevano ora i cadaveri putrefatti delle abominazioni di Sauron e i mosaici, un tempo riccamente colorati, erano intrisi del loro sangue nero.

L'alto palazzo era stato costruito dagli Elfi Silvani in armonia con la natura circostante, così che le pareti sembrassero parte stessa della corteccia degli alberi. Grande cura era sempre stata portata ai magnifici giardini intorno alla costruzione. Le vetrate, che occupavano gran parte delle pareti delle stanze per permettere alla luce del sole o della luna di illuminare il loro interno, erano il risultato del lavoro dei più grandi costruttori elfici che avessero posato piede sulla Terra di Mezzo.

Adesso invece...

Nessuno si era più preso cura dei giardini, che giacevano abbandonati a se stessi, morti o agonizzanti. Le finestre erano in frantumi, e le pareti mostravano ancora i segni delle asce e delle fiamme.

I colori sembravano essersi spenti, e la luce svanita.

A rendere quello spettacolo ancora più struggente era la totale assenza dei corpi degli Elfi, che fortunatamente non avevano dovuto condividere la sacra tomba eterna con i loro massacratori.

All'interno la vista non era certamente migliore. Gli immobili erano stati fatti a pezzi dalle armi degli Orchetti, e i corridoi erano quasi impraticabili a causa delle macerie. Gli arazzi giacevano a terra strappati, e su tutto si era posato un dito di polvere. L'oro dei candelabri era annerito e tutto ciò che d'acciaio era stato forgiato, era ora preda della ruggine.

All'interno di ogni stanza, la scena si ripeteva: il sangue nero degli Orchetti imbrattava tutto, pavimenti, armadi, letti e tappeti. Tutte le stanze... nessuna era stata risparmiata... nessuna...

 

“Legolas?”

Il principe si voltò. Il triste sguardo dell’Elfo colpì al cuore il Ramingo che si avvicinò per andare ad inginocchiarsi accanto a lui. Legolas non si mosse.

“Questa era la stanza di mia madre. Si chiamava Menel, ed era la Donna-Elfo più bella che avessi mai conosciuto, senza nulla togliere a Galadriel. Sono sempre rimasto ammaliato dalla sua eleganza e dalla sua allegria anche nei momenti difficili. Forse non voleva farci pesare di più la tensione e la preoccupazione che avevamo per lei e Meril. E’ sempre stata il mio campione…”.

Legolas non riuscì più a parlare. L’emozione e il dolore erano talmente forti da travolgerlo. Si alzò lentamente mentre Aragorn lo fissava preoccupato.

L’Elfo con esitazione si diresse verso la cameretta di Meril. Anche in quella stanza era arrivato l’orrore della battaglia. Nemmeno il lettino era rimasto intatto. La furia degli orchetti era stata implacabile.

Legolas si avvicinò a quello che rimaneva del lettino. La rabbia prese il sopravvento su di lui.

“Maledetti orchetti, che siate tutti maledetti. Come avete osato a entrare in questa stanza. Non avreste mai dovuto! Giuro che ve la farò pagare fosse l’ultima cosa faccio nella mia vita”.

Aragorn l’abbracciò da dietro e lo tenne fermo. L’Elfo tremava. Se avesse potuto avere un orchetto sotto mano, certamente non sarebbe sopravvissuto più di qualche istante.

“Lasciami, Aragorn!”

Legolas cercò di divincolarsi dalla presa del Ramingo, ma non ci riuscì.

“Ti ho detto di lasciarmi”.

“No, Legolas, non ti lascio. In questo momento non sei in te e…”.

“Chiudi la bocca. N… non puoi nemmeno immaginare come io mi senta”.

“E’ vero non posso, ma mi preoccupo per te, meleth-nín”.

Aragorn strinse con più forza l’Elfo.

“Lasciami… ti prego”.

Aragorn rimase colpito da quella richiesta sommessa di Legolas e lo lasciò andare. L’Elfo andò alla finestra. Rimase a guardare il Bosco per alcuni minuti prima di parlare.

“Mi spiace, Aragorn… ma vedere la stanza di Meril ridotta in questo stato…. Quando sono venuto qui la prima volta quella sera era ancora intatta”.

“Forse è un buon segno, Legolas. Se sono tornati probabilmente è un buon segno. Forse Meril è ancora viva, altrimenti che senso aveva tornare qui? Non hai mai pensato che abbiano attaccato Bosco Atro perché sapevano che tua madre era incinta? In fondo hanno attaccato quando Bosco Atro tua sorella aveva qualche mese”.

Legolas si voltò lentamente.

“Da quanto tempo era che non si vedeva un Elfo appena nato?”

“Da almeno un’era”.

“Appunto…. Sono quasi certo che gli orchetti cercassero tua sorella… ma sono anche certo che sia ancora viva”.

“Ne sei così certo? E se tu avessi ragione? E se gli orchetti l’avessero già trovata?”

“Non sapevo fossi così pessimista”.

“Hai ragione, come sempre del resto”.

Legolas si avvicinò al Ramingo e gli prese una mano per portarla alle sue labbra e baciargliela.

“Sono molto fortunato, Elassar…. Se riusciremo a trovare mia sorella sono sicuro che anche lei si innamorerebbe di te”.

Aragorn sorrise.

Legolas si allontanò e riprese a guardare se trovava qualcosa appartenente a sua sorella. Un piccolo luccichio attirò la sua attenzione. Legolas spostò i vestiti e trovò il pendente di sua sorella. Legolas lo prese in mano con delicatezza, come prendesse in mano una cosa che potesse rompersi da un momento all’altro.

“Evenstar”.

Aragorn guardò da sopra le spalle il ciondolo che Legolas teneva in mano.

“E’ la cosa più preziosa che voi Elfi avete, non è vero?”

Legolas annuì col capo senza avere il coraggio di voltarsi verso Aragorn.

“Sì e non ce ne separiamo mai, lo sai benissimo cosa rappresenta”.

Aragorn non rispose subito.

“Dammelo che te lo metto su”.

Legolas, senza voltarsi passò Evenstar a Aragorn. Il Ramingo spostò i capelli dell’Elfo con dolcezza e gli mise al collo il pendente.

Legolas l’osservò attentamente. Lo aveva regalato lui stesso a Meril. Era stato il giorno più bello, anche se certamente sua sorella non si ricordava nulla. Si ricordava quel giorno con dovizia di particolari, ma soprattutto si ricordava il sorriso di Meril e le feste che gli aveva fatto.

“Meril”, la voce di Legolas era appena udibile.

“lo so che è difficile per te, Legolas, ma dobbiamo andare”.

“Vorrei rimanere da solo, se non ti dispiace”.

“Come vuoi, ti aspetto fuori”.

Legolas aspettò di rimanere da solo prima di accasciarsi a terra e prendere le gambe fra le braccia. Doveva assolutamente riuscire a lenire il dolore che provava e avrebbe dovuto farlo da solo, non voleva pesare troppo su Aragorn e passare come un debole. Non pianse, ma ne aveva voglia, una voglia tremenda.

 

***

 

“Questa era la sala delle feste. Era magnifica, da mozzare il fiato. In alto c’erano dei magnifici dipinti che ricordavano la nostra storia, soprattutto storie sull’Ultima Alleanza. Mi padre aveva partecipato a quella battaglia. In quell’angolo invece c’era una splendida statua, la mia preferita. Non so chi fosse raffigurato, ma ogni volta che la guardava rimanevo ore. Il salone era per lo più vuoto e ci venivo a giocare con Meril e anche lei rimaneva assieme a me a guardare la statua in silenzio, era una delle rare volte che stava tranquilla invece di giocare”.

Un debole sorriso apparve sul volto dell’Elfo.

“Perché sorridi?”

“Bè… e’ imbarazzante…”.

“Un bel ricordo immagino”.

“Sì molto…. Direi anche molto piacevole, anzi estremamente piacevole. E’ qui, dietro a questa statua, che ho dato il mio primo bacio. Era una Donna-Elfo, molto bella…. Il suo dolce profumo mi avvolgeva e inebriava. Le sue labbra erano vellutate…”.

“Sì… sì… ho capito…”.

Legolas si voltò verso Aragorn.

“Sbaglio o leggo una nota di gelosia?”

“Forse…. Ma dimmi di più, ti sei fermato al semplice bacio?”

“No, a dire il vero no”.

“Come immaginavo”.

Legolas non disse più nulla, ma mise un braccio attorno alla vita di Aragorn.

“Ma, tu sei stato l’unico a farmi sentire speciale”.

“Lo spero perché altrimenti incorreresti nella mia ira”.

“Non succederà, Aragorn, ne sono sicuro”, Legolas fece una piccola pausa. “Guarda che scherzavo…. Io… bè… non…”.

“Tu cosa?”

“Bè…. Non mi sono mai concesso a nessuno, anche se le voci che circolano dicono il contrario…. Sembro un dongiovanni”.

Aragorn guardò stupito l’Elfo. Non poteva credere a ciò che aveva appena sentito. Si voltò verso l’Elfo e attese con pazienza che riprendesse a parlare.

“Tu sei stato il mio primo amante…. Tu mi hai dato il primo bacio…. Mi hai fatto sentire speciale”.

“Legolas… io…”.

“Non devi dire nulla…”. Legolas voltò le spalle a Aragorn. “Se mi sono dato a te perché lo desideravo fino in fondo all’anima”.

Legolas riprese a camminare prima che Aragorn avesse la possibilità di replicare. L’Elfo continuò a esplorare in silenzio il palazzo che in quel momento gli sembrava ancora più silenzioso del solito, ma era la sua impressione.

Aragorn non lo seguì subito. Osservò l’Elfo con felicità. Non avrebbe mai pensato di essere stato oggetto di tale dono. Si domandava però perché avesse atteso così tanto tempo per concedersi realmente ad una persona, ma perché lui?

“Legolas”.

La voce del Ramingo fece fermare l’Elfo che si voltò sorridendo e attese di essere raggiunto.

“Meleth-nín…. Ma perché io?”

“Ci deve essere per forza una spiegazione? E’ così importante capire per te?”

“Sì, molto…”.

Legolas fece cenno al Ramingo di seguirlo. I due camminarono in silenzio per alcun minuti. Si stavano dirigendo verso il lato opposto del palazzo, ma Aragorn non aveva idea cosa ci potesse essere in quella direzione. Non chiese nulla anche se la sua curiosità era stuzzicata.

Entrarono in un’altra camera da letto.

“Questa era la mia stanza. C’era anche una culla dove molto spesso dormiva Meril…. A dire il vero dormiva più nel mio letto che nelle sue due culle. Quella che c’era qui mi ero divertita a farla io…. Non guardarmi così…. Per mia sorella farei di tutto…. Ma questo non c’entra…. Da quando sei nato ho sempre sentito parlare molto di te. Mio padre, tu l’ hai anche conosciuto, mi teneva sempre aggiornato sulle tue avventure… e sul tuo amore…. Un giorno gli chiesi di descriverti fisicamente e mi fece una descrizione veramente perfetta…. Sembrerà assurdo, ma mi sono innamorato di te già da molto tempo…. Quando seppi però che ti eri innamorato di lei… fui molto geloso. Lo so ero stupido. Geloso di una persona che non avevo mai conosciuto. Sciocco…. Bè di termini ce ne sono moltissimi per descrivermi…”.

“Non lo sei stato…”.

“Chissà perché ma non mi sento così…”.

“E così tuoi padre ti parlava di me?”

“Certo…. Qualunque persona mi parlasse di te tesseva le tue lodi…. Ricordo che mia madre era rimasta affascinata da te”.

“Immagino come sia stato semplice innamorarti di un’ideale, ma perché?”

“Vedi…. Qui a Bosco Atro non erano tutte rose e fiori. Con mio fratello Galdor avevo un rapporto pessimo. Non facevamo che litigare per ogni stupidaggine. Una volta i nostri uomini dovettero dividerci. Qualunque cosa facessi a lui non andava bene, ero un peso. In te avevo trovato un non so che…. E sono felice di aver scoperto che ciò che pensavo era reale”.

“Mi consideri un fratello maggiore?”

“Non solo…. Per me sei una persona molto speciale. Ti avevo sempre immaginato accanto a me, che mi consolavi e mi coccolavi… e…”.

“E?”

“Niente…. Non c’è altro”.

“Come vuoi…”.

“Ero qui a riposarmi la notte in cui fummo attaccati…. Te l’ ho già detto…. Vedessi che bella che era la mia camera…. Mi manca moltissimo questa stanza. Qui ho passato i miei momenti più belli e felici… e tu tormentavi i miei sogni, ogni notte… tutte le notti…. Sai mi alzavo e osservavo per ore la luna e cercavo di immaginarti, ma mi è sempre stato molto difficile. Quando ti ho visto arrivare a Lórien… bè immagini il resto, meleth-nín”.

“Lo immagino…. Eri da solo. Nessuno nella tua camera…. La solitudine e la voglia di consolarti ed avermi qui accanto a te”.

“C… cosa vuoi dire?”

“Credi che io possa credere che tu non abbia cercato il modo di consolarti?”

“Sbaglio o mi sembri imbarazzato?”

“Non lo sono, ti sbagli”.

“Certo, certo…. Meglio sorvolare”.

Legolas non rispose alle insinuazioni di Aragorn, si voltò e se ne andò.

 

Fine Quarta Parte

( haldir_of_lorien@email.it )