.|. Crucify My Love .|.

by Leia

Attesa, nel buio della notte. Attesa per qualcosa di inevitabile, a cui solo il silenzio e la luna potranno assistere. Un appuntamento di passione e lacrime, piacere e dolore, per intonare l'ultimo addio a chi si amerà per l'eternità insieme ad una preghiera, disperata, rivolta ad un fato spietato...  

Drammatico/Sentimentale | Slash/Songfic | Rating NC-17 | One Piece

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Sapevo che sarebbe arrivato.

Come ogni notte, ho aspettato pazientemente che si trasformasse nella sua essenza più pura, nitida, e dolorosamente concreta. Ho atteso che il suo ronzio fatto d’aria e di nulla si spandesse senza fretta tra le pareti, in ogni anfratto di roccia e terra, e che si adagiasse come un manto scuro sui corpi dei dormienti, intorno all’immobilità fredda e statuaria delle guardie alle mura della città, sulle increspature degli specchi d’acqua che guardano alla volta stellata, fra le fronde delle querce avvolte dalle ombre…

Ho aspettato che rimbombasse nella mia testa, in un grido sordo ma muto, per aprire gli occhi ad un soffitto indifferente.

E’ il silenzio, sceso su Minas Tirith simile a neve fitta ma non fredda, che mi avverte, puntuale, che l’ora è arrivata.

 

Non ho sonno. Non ho più sonno da molto tempo, ormai. Dormo solo poche ore, costringendo me stesso a farlo unicamente per non gettare in allarme i consiglieri, già preoccupati per la mia salute da parecchie settimane. Non vorrei… no, non vorrei dormire, mai, nemmeno per pochi istanti… nemmeno per qualche, fugace minuto.

Forse perché so che, un giorno, sarò costretto a farlo per il resto dell’eternità.

E ciò che più mi terrorizza… è che dovrò scegliere io stesso quel momento.

Il momento in cui dovrò abbandonare questa terra, per sempre.

 

Mi metto a sedere sul bordo del letto e, lentamente, mi volto. Il silenzio accompagna ancora i miei movimenti, lui, discreto fratello, mi guida fra le ombre vaghe di una notte piacevolmente tiepida. I miei occhi indugiano un poco sulle pieghe scure della coperta, create dal mio peso, per poi correre sul suo corpo sinuoso e diafano, semiavvolto dalla seta color avorio delle lenzuola. Le lunghe ciocche d’ebano sono sparse sul cuscino, le dita sottili di una mano pallidamente lunare piegate accanto alle linee morbide e piene delle labbra, in un modo teneramente infantile. Le ciglia, immobili, adornano infine palpebre abbassate sul sonno degli uomini, che con gli anni ha imparato a conoscere abbandonandosi ai suoi sogni, labili e fragili ma traboccanti di passione struggente. Umana, mortale.

 

Arwen. Continuo ad osservarla, senza però riuscire ad ignorare la sensazione che mi assale ogni volta che la guardo dormire. Qualcosa di soffocante, opprimente, ma talmente chiaro e ingiustamente semplice da riconoscere…

Allora chiudo gli occhi. Li chiudo con forza, provando un dolore quasi fisico, ma il senso di colpa non ha purtroppo bisogno che tu lo veda in viso perché ti attanagli l’anima. Si fa strada con poco, e ti ghermisce senza avvertire. Ti afferra alle spalle con ancor più vigore soprattutto alla luce del sole, ogni giorno, mentre lei ti viene incontro e lacrime amare iniziano a pungerti gli occhi. E quando poi ti sorride, ti bacia, quando si stringe a te, quelle lacrime scendono inesorabilmente nella tua anima tramutandosi in rivoli inesauribili.

Arwen…

Cullata da sogni terreni ma così innocente e splendida, come se la luce dell’immortalità le appartenesse ancora.

Come se la promessa del ritorno a Valinor fosse ancora custodita nel suo cuore, e nel suo futuro...

 

Ma eccolo, di nuovo, il silenzio. Il silenzio, che porta la sua voce senza suono nel cielo di Gondor, tendendomi la mano. Sento una corrente lieve sulla pelle, e attirato dal chiarore soffuso del bianco satellite sul marmo opalescente del colonnato supero le tende trasparenti del balcone aperto le quali, gonfie e minacciose come teli che veleggiano sul mare dell’oblio, ritornano improvvisamente miti, segnate da linee rette e prevedibili nel momento in cui le scosto.

 

La mia mano si solleva, e taglia l’aria calda della sera. Si posa sulla superficie liscia del davanzale, prendendo a scorrervi sopra impercettibilmente, in un’attesa calcolata ma dolcemente sofferta.

I miei battiti accelerano, come se fosse la prima volta. E sorrido.

Perché, ancora una volta, la barriera è stata spezzata.

Ho varcato quella soglia che, ogni notte, mi riporta da te.

Nel tuo mondo, nel nostro mondo. Che nessun altro può raggiungere.

 

Non mi è difficile vederti. Non sono un elfo, ma dopo tutti questi mesi riconoscerei la tua sagoma d’oro e d’argento anche tra mille tesori ugualmente lucenti. Sei accostato alla corteccia scura del terzo albero oltre la fontana, come sempre. Le braccia esili sono incrociate al petto, i lineamenti delicati del tuo volto rivolti alla luna, alla notte, a me. Come sempre.

Basta un momento per capirci. Pare quasi inutile, talmente scontato questo rito, questa cerimonia di passi e sguardi cadenzata dalla crudeltà inarrestabile del tempo, ma muti e già nostalgici di un divenire che speravamo fino all’ultimo di non vedere mai, non abbiamo mai voluto cancellarla, né rinnegarla. Nemmeno questa notte.

 

Arwen non si è mossa. Attraverso la stanza gettandogli una breve occhiata, ma non per assicurarmi che dorma. E’ vero, paio ipocrita… e forse lo sono. Ma i miei occhi su di lei son sempre stati solamente occhi malinconici, silenziosi. Benevoli… protettivi.

E’ proprio ciò che sto facendo anche adesso. La sto… la sto proteggendo, sì. Non vorrei mai vederla soffrire, ed il solo pensiero che un giorno possa scoprire ciò che le ho fatto, a lei… lei, che ha rinunciato a tutto per me, mi tormenta. Un incubo ricorrente, che non mi dà pace.

Non la amo più, questo no. Anzi, più probabilmente non l’ho mai amata davvero, o perlomeno non nel modo in cui ha sempre meritato di esserlo. Però… nonostante tutto, lei continua ad essere una delle poche luci, anche se fioche, della mia vita. Ed io le devo tante, troppe cose per non regalarle almeno l’illusione di essere felice per il tempo che le resta. Anni, settimane… ore e minuti, che io scandisco. Che un mio giuramento menzognero le ha imposto.

Lei, la Stella del Vespro, legata a me da qualcosa di più grande di quel mare lontano che non potrà mai attraversare, si tramuterà soltanto in un barlume debole e tremolante, ma che rimarrà acceso fino alla fine, mentre le stelle più fulgide del resto del mondo, ad una ad una, si spegneranno.

 

Cammino sotto le arcate del corridoio, e sento i secondi scorrermi accanto. Scivolarmi fra le pieghe della camicia appena abbottonata, come le gocce d’acqua fanno sui vetri nelle giornate invernali. Come facevano sulla mia pelle fredda, quando rimanevo immobile, per ore, sotto ad un cielo plumbeo e grigio a chiedermi cosa avrei fatto se avessi avuto la possibilità di tornare indietro. Se avessi potuto ricominciare da capo, lontano da obblighi, discendenze e corone… ma vicino a te.

Senza preoccuparmi di che volto e nome avrebbe avuto chi avrei disperatamente amato, per ogni singolo giorno della mia vita mortale.

 

*

 

Riesco a uscire dal palazzo senza farmi vedere dalle guardie, utilizzando il passaggio per l’armeria che usasti tu, quella volta, per raggiungermi nella mia stanza. Sapevi che avrebbero potuto scoprirti, ma non ti importava. Io mi ero da poco unito in matrimonio con Arwen, e tuo padre desiderava che dopo i festeggiamenti tornassi subito a Reame Boscoso per farti Capitano dell’esercito, iniziandoti così alla carriera militare. Ma tu non gli desti ascolto, e quando Arwen partì alla volta di Lórien per una visita a Dama Galadriel e Sire Celeborn, una mattina di pochi giorni più tardi, tu attendesti la venuta della notte come mai avevi atteso nulla, nessun tramonto né alba, nella tua vita millenaria.

Quelle… quelle tue parole, mentre affondavi il viso nell’incavo del mio collo…

Le ricordo ancora.

Sillabe dolci, così tristi, seguite da altre pronunciate nella tua lingua, ed ugualmente dolorose. La tua prima confessione, e le prime lacrime che vidi scendere sul tuo viso.

Non voglio lasciarti.

Solo un sussurro, flebile, che risentii in un singhiozzo strozzato quando, solo pochi minuti più tardi, mi immersi dentro di te con un ultimo grido prima di crollare, sfinito, sopra il tuo petto madido. Sopra i battiti veloci del tuo cuore immortale. Ma, inarrestabili, quelle prime lacrime continuarono a scendere sulle tue guance, nella notte in cui facemmo l’amore per la prima volta.

 

Ti cerco tra gli alberi, ma il mio sguardo si perde tra i profili bui del giardino. Dove… dove sei?

Porto una mano al petto, la stringo contro il cuore. Mi assale una paura irrazionale, incontrollabile, ed in un istante mi convinco che la tua immagine dal balcone sia stata soltanto un’illusione. Forse i Valar vogliono tormentarmi in questo modo, crudele e sottile, punendomi per il tradimento che ho osato compiere per anni nei confronti della loro figlia prediletta.

Ma io… non potevo fare altrimenti.

Non potevo sfuggire alla tua luce, e nel momento in cui mi abbagliò… vidi tutto più chiaramente. E’ buffo da dire, non è vero? Però… andò esattamente così. Perché smisi di vedere ciò che fino ad allora avevo creduto importante, nella mia vita di vincoli e doveri, per aprire gli occhi solo a ciò che contava davvero. A te, e a quel sentimento che avevo cercato per tutta la mia esistenza, illudendomi più volte di averlo trovato.

 

“Sono qui… ”.

 

Risollevo la testa di scatto, volgendo il mio sguardo su una figura esile e chiara, ferma a pochi passi da me. La vedo poi allungare i piedi sull’erba senza fare alcun rumore, ed iniziare ad avanzare con una lentezza quasi ultraterrena. Si avvicina, mentre i suoi occhi sono fissi nei miei.

Immobile, la contemplo come se stessi guardando un angelo camminare sulla Terra. Probabilmente, è davvero così…

 

“… Aragorn”.

 

Solo quando pronunci il mio nome torno alla realtà. Abbasso le palpebre, poi le riapro. Sollevo le braccia, e saggio i contorni del tuo viso con i palmi aperti, le dita premute sulla la tua pelle bianca e levigata come ad assicurarmi che non sei già soltanto un miraggio, una proiezione della mia mente.

Tu socchiudi gli occhi, e finalmente mi sorridi. Una linea però appena accennata, forzata, presagio triste di qualcosa che non voglio vedere, e che desidero solo allontanare, rimandare fino a quando sarà possibile farlo…

 

crucify my love

if my love is blind,

crucify my love

if it sets me free…

 

… E allora catturo le tue labbra. Cancello le mie paure imprigionando la tua bocca con violenza, con disperazione, senza rendermi conto di aver già spinto il tuo corpo contro il solito albero, nostro umile tempio di passione ogni notte. Tu inclini il capo, e mentre le mie mani ti percorrono il collo nudo per affondare poi nei tuoi capelli oro pallido, cerchi di farti strada in me più in profondità. La tua lingua mi cerca, ed io non riesco a negarle nulla. Anche oggi sai di miele speziato e di foresta, ed io mi disseto da te freneticamente, bramosamente, sentendomi un viandante disperso da giorni in un deserto arido…

Sei sempre stato la mia oasi, la mia salvezza. Una fonte pura, ma proibita.

 

never know, never trust

"that love should see a colour"

crucify my love

if it should be that way…

 

“Estel… ”.

 

Un bisbiglio, dopo esserti staccato piano. Le tue iridi scure nelle mie, il mio nome mormorato ancora, nitidamente. Quello donatomi da voi elfi decenni fa, insieme alla preghiera celata dal suo significato. Pur sapendo che la speranza sarebbe stata anche ciò che ci avrebbe diviso, tu l’hai sempre amato, infinitamente…

 

“… io… ”.

 

So che vuoi dire qualcosa, che stai cercando parole nuove, ma non ce ne sono. Non ne esistono in questa vita, in questo tempo, e tu lo sai. Entrambi lo sappiamo.

Questa volta mi costringo a non distogliere lo sguardo, anche quando, improvvisamente, vedo i tuoi occhi brillare lucidi al chiarore delle stelle, le tue labbra tremare, la tua voce spezzarsi. La tua immagine si offusca, si fa vaga attraverso il velo delle mie lacrime, ed io mi sento così debole…

 

swing the heartache

feel it inside ‘n out…

 

Rabbiosamente, ti stringo a me. E lo stesso soffio tiepido, discreto, ed in qualche modo immensamente triste che avevo sentito sulla pelle prima, uscendo dal balcone, torna allora a baciarci entrambi. Ci sfiora con il suo tocco delicato, intonando una nenia lenta e sussurrata.

 

… when the wind cries,

I'll say good-by

 

No…

Non è ancora il momento di piangere… non è ancora il momento di dirci addio…

Ricaccio il nodo in fondo alla gola, e allontanandomi di poco allento la stretta intorno alla tua vita. Insinuo una mano sotto la tua tunica, ma immediatamente cambio idea e la ritraggo per poter slacciare, veloce, i piccoli alamari della chiusura.

Perché io… sono affamato di te, affamato del tuo calore.

Oh, Valar… come potrò rinunciarvi?

Come…  come potete anche solo chiedermi di farlo?

Avvicino le labbra alla punta di un tuo orecchio, e quando la sfioro con la lingua vieni scosso da un fremito. Scendo oltre le clavicole, gustandoti rapito dal tuo sapore. I tuoi capezzoli scuri, turgidi sotto la mia bocca, mantengono contorni indefiniti ma il tuo viso, già immerso nel piacere, viene investito dai raggi lunari nel momento in cui sollevi la testa verso l’alto. Faccio in tempo a vederti così, splendidamente etereo ma meravigliosamente sensuale per un unico, breve attimo, perché le tue mani si posano sulla mia nuca. La premono con forza contro il tuo petto, esortandomi a tornare ad infliggerti il dolce tormento che invochi…

Trascorrono secondi, forse minuti. I tuoi sospiri aumentano, diventando poi gemiti quando sposto le labbra sul tuo ombelico, perfetta costruzione di ombre appena più accentuate sul tuo ventre grigio perla, e le mie dita sulle curve morbide delle tue natiche. Con un mugolio inarchi la schiena, implorandomi di non lasciarti aspettare, e la tua voce, ora arrochita dalla passione, mi costringe a staccare per un attimo la lingua dalla tua pelle. Socchiudo la bocca, tentando di calmare i respiri troppo veloci, ma la tua eccitazione premuta contro il mio sterno non fa altro che ravvivare il fuoco incandescente, già alimentato dai tuoi gemiti, che mi scorre nelle vene…

Ormai giunto al limite prendo ad aprire, con foga, le piccole chiusure in argento dei tuoi pantaloni ma paradossalmente, mentre ti aiuto a sfilarli, mi ritrovo a desiderare di poter fermare per sempre questo momento. Di poter conservare per l’eternità questo istante, queste sensazioni, il desiderio pulsante che mi infiamma il basso ventre con dolorosa eccitazione ed il suono imperfetto dei nostri sospiri lussuriosi nell’aria tersa della notte…

E’ che… è talmente magnifico, poter sentire. Essere in grado di sentirmi davvero, fino all’ultima fibra nel mio essere. Sentire quanto ti voglio… quanto sono vivo, avvicinandomi a lambire, anche se solo per un momento, l’infinito…

 

… tried to learn, tried to find,

to reach out for eternity…

 

Ti abbassi veloce contro le grosse radici nodose dell’albero, appoggiandoti con la schiena al soffice strato di muschio che le circonda. Non sei riuscito a toglierti completamente la tunica, ma anche se ti fascia ancora un braccio non sembra importarti. Mi chino quindi sul tuo viso stravolto dal desiderio, baciandolo ed accarezzandone i contorni con la punta delle dita fino a che tu non ne catturi all’improvviso prima una, poi due tra le labbra. Inizi a succhiarle avidamente, e quando le scosto da te per avvicinarle, invece, alle tue gambe aperte, tu getti la testa all’indietro, fremendo nell’istante in cui le introduco lentamente nella tua carne.

 

“A-ah... ”.

 

La tua voce è tremante e debole, ma così bella, simile ad un canto divino…

 

“… ti prego… E-estel... ”.

 

Gemo, e porto la mano libera vicina a stringere la mia erezione, già liberata dalla stretta soffocante dei pantaloni, riuscendo a bloccarmi soltanto facendo appello a tutta la mia volontà. Torno a guardarti, seppur i miei occhi siano ormai quasi completamente offuscati dal desiderio. Ritiro le dita, per poi insinuarle nuovamente dentro il tuo corpo latteo.

Piano… quindi sempre più rapidamente.

Ripetutamente.

 

“… a-ah… ti… ti voglio… ”.

 

Divarichi maggiormente le gambe, piantando le dita nella terra scura.

I tuoi gemiti risuonano nelle mie orecchie, non facendomi capire più nulla…

Oh, se solo…

Se solo li potessi catturare…

Tenere le tue grida dolcissime con me… nel mio cuore, nella mia testa, per sempre…

Allontano la mano per sollevarti il bacino, bruscamente, e finalmente mi spingo contro di te, senza aspettare, senza pensare. Il piacere torna ad impossessarsi delle tue labbra, così come delle mie, finalmente libere di urlare alla notte. Di gridare, ancora, la mia invocazione agli Dei della mia e della tua Terra…

 

… where's the answer…

 

Oh, Valar...

Perché… non posso arrivare a toccarlo?

Perché quell’infinito non potrà mai appartenermi?

Ti posso sentire, ti posso vivere…

Ma non sarai mai mio.

Non lo sarai più, nemmeno per un fugace, onirico momento…

 

… is this forever…

 

I miei movimenti si fanno più veloci. Penetro in te con sempre maggior forza, alla ricerca di qualcosa che so di non poter trovare. Come per le parole, non c’è nient’altro per noi, in questo tempo...

Piego allora il busto verso il tuo, all’improvviso, chiamandoti tra le mie braccia, e rimanendo uniti ti porto con me contro il tronco scuro alle nostre spalle. La sagoma perfetta del tuo corpo si erge subito dinanzi ai miei occhi, preme sul mio bacino strappandomi un urlo di puro piacere quando inizia a muoversi con languore contro il mio ventre bruciante, avvolgendomi completamente. Mi circondi il collo con le braccia, e con gli occhi socchiusi al cielo stringi il mio capo contro i muscoli torniti del tuo petto.

 

“Ricordami… ricordami così…”.

 

Le tue dita si raccolgono tra i miei capelli, il soffio caldo del tuo respiro mi raggiunge la fronte. Aumenti il ritmo dei tuoi fianchi su di me ed io mi mordo un labbro, capendo di non poter più sfuggire a ciò che avverrà, di non poterlo più ignorare. I rintocchi del destino battono al tempo della nostra passione, e questa volta, dopo la notte, per noi ci sarà soltanto altra oscurità…

 

like a river flowing to the sea,

you'll be miles away, and I will know…

 

Tu… non sei mio, non sei mai stato mio.

E non lo sarai, mai.

Perché domattina, quando sorgerà nuovamente il sole, tu tornerai dove io non potrò raggiungerti.

Ti ricongiungerai col tuo popolo, per donarti all’eternità.

Seguirai tuo padre Thranduil, lasciando questi lidi già dimentichi da tempo della vostra luce. Dai Porti Grigi invierete l’estremo saluto alle lande degli Uomini, porgendo tra le loro mani gli ultimi anni di una terra ormai consumata dalla sofferenza di troppe battaglie.

La affiderete a noi, alla mia stirpe… e noi la veglieremo, fino al crollo del Mondo.

 

“… perché… ”.

 

Il sangue mi pulsa nelle orecchie, e riesco a malapena a sentire la mia voce.

 

“… non è giusto, non… n-non può essere giusto… ”.

 

La mia voce, fatta di gemiti e lacrime.

 

… I know I can deal with the pain,

no reason to cry…

 

D’un tratto i tuoi sospiri diventano singulti, e prendi ad alzarti ed abbassarti con una violenza che ti è quasi estranea. Rivoli salati scendono lungo il tuo collo, ed io ne assaggio il sapore sulle labbra, afferrando prima tra i denti un tuo lobo. Lacrime trasparenti, limpide, che ti scivolano sugli zigomi veloci e copiose, rigando le tue guance accaldate mentre apri la bocca per cercare aria, per gridare in preda all’estasi e al dolore…

 

crucify my love,

if my love is blind

crucify my love,

if it sets me free…

 

Mentre affondo la fronte nei tuoi capelli umidi, i singhiozzi mi scoppiano in gola. Le onde del piacere diventano sempre più frequenti, allargandosi per il mio ventre, e dopo aver ruvidamente avvicinato con una mano il tuo viso al mio ti costringo ad un bacio interminabile, che sembra arrivare a nutrire l’incessante movimento dei nostri fianchi…

Ad un certo punto, però, le nostre lingue si separano, e tu fermi il bacino per un istante, solo un istante. Le mie dita si chiudono su di te, e quando inizio a muoverle anche tu riprendi la tua danza. Il ritmo ora è serrato, le tue grida mi risuonano nella testa, ed io non vedo altro che la tua luce inestinguibile oltre i miei occhi chiusi, nel buio della mia mente…

 

… till the loneliness shadows the sky,

I'll be sailing down and I will know…

 

La tua schiena si tende, e chiamando il mio nome con un urlo dolce ti sciogli nella mia mano.

Tremi.

 

“... ti amo... ti… ti amo… ”.

 

Ti getti su di me, nascondendo il viso tra le mie ciocche scure, scompigliate. Non smetti di muoverti, non smetti di piangere, ed io alzo gli occhi arrossati verso le fronde fruscianti sopra di noi, abbacinato dalla passione, sfinito dal dolore. Il mio membro pulsa, adesso, con lacerante intensità, e cerca la sua liberazione, ormai prossima, dentro la tua essenza…

 

I know I can clear clouds away…

… oh, is it a crime to love?

 

Il tuo corpo si abbassa un’ultima volta ed io, senza ormai più fiato, stringo le palpebre con forza, lasciando scivolare via le lacrime.

 

“… L-legolas… a… a-ah… ”.

 

Rimango per qualche attimo immobile, con le anche inarcate contro le tue cosce ed il capo addossato alla corteccia rugosa dell’albero. Tu emetti un ultimo sospiro, per poi ricadere stancamente tra le mie braccia. Le tue labbra socchiuse, ansanti, sfiorano la mia barba rada.

Sollevo un braccio, e ti cingo la vita senza spostarti, senza permetterti di uscire da me. Le tue ciocche bionde, scorrendo sotto la mia mano ancora scossa da leggeri brividi, paiono seta fine, e morbida.

Si…

 

“… grazie di… ”.

 

… si, ti ricorderò così…

 

“… di… avermi amato… ”.

 

… ti ricorderò nei singoli battiti del mio cuore, nell’aria che respirerò, in quell’onda di piacere che mi scuoterà il corpo nelle notti di solitudine…

Continuerai a splendere in me anche quando le ombre saranno calate su questa Terra, infondendomi coraggio tutte le volte in cui la paura della mortalità mi mozzerà il respiro.

Solo a questo… potrò appigliarmi.

Per poter andare avanti senza di te, per trovare la forza di portare a termine il mio compito.

Conserverò il mio amore, crocifisso da un fato spietato, fino al giorno in cui esalerò l’ultimo respiro, per addormentarmi poi con un’altra lacrima, e la speranza di poterti ritrovare…

 

… tried to learn, tried to find,

to reach out for eternity…

 

Perché un giorno lontano, ne sono certo, ci riuniremo…

 

…where's the answer…

 

… e forse, solo allora, mi sentirò immortale.

 

… is this forever.

 

Chiudo gli occhi, e fermo le dita sopra la tua guancia. Sei caldo.

La notte ci culla, materna, ed insieme a lei, ancora, il silenzio.

 

 

~ The End ~

La canzone ‘Crucify My Love’ è © degli X-Japan, dall’album ‘Dahlia’.

 

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Ehm ehm… vi scongiuuuro abbassate gli archi e le asceeee ^^;

Lo so, lo so… è tremendamente triste e insomma… finisce pure male… però è sempre stata così nella mia testa, fin da quando l’ho pensata per la prima volta riascoltando una sera ‘Crucify My Love’, canzone del gruppo J-POP X-Japan (che adoro *.*). Diciamo che l’idea di una song-fic di questo tipo, con questa struttura, con l’io narrante in prima persona e una scena hot piuttosto lunga e dettagliata (che spero sia venuta decente… ^^;) mi ha fulminato letteralmente mentre quasi piangevo nel risentire le parole struggenti del testo della song ;_; (anni fa riascoltavo questa e le altre canzoni del gruppo di continuo… e vi giuro che se le sentite quando siete depresse le lacrime non possono fare a meno di scendervi…).

Spero quindi davvero che vi sia piaciuta, nonostante tutto… anche perché l’ho “sentita” profondamente, mentre la scrivevo (niente battute :P), ed è qualcosa che non mi capitava più da un po’, con le fic. Cioè, l’ho messa giù praticamente senza fermarmi, in pochi giorni, e ciò ha dell’incredibile per me che sono letteralmente una lumaca a scrivere ^o^; avrei voluto inserire molti più concetti e pensieri, ma naturalmente l’opera di un autore, al termine della stesura, non è mai esattamente identica all’idea originale. E poi le mie dita vanno sempre da sole dopo un po’ ^^;

Oltre alla canzone, naturalmente, dei leggendari X-Japan (che vi consiglio caldissimamente di scaricare perché è un capolavoro raro, che ti colpisce dritto al cuore >.<), devo assolutamente “ringraziare” anche un’altra colonna sonora d’eccezione, ovvero il divino album ‘Absolution’ dei Muse, i quali mi hanno notevolmente ispirata con le loro note oniriche e perfettamente in linea con l’atmosfera della fic. In particolare grazissime a ‘Stockholm Syndrome’ (soprattutto per la frase “... this is the last time I’ll abandon you/and this is the last time I’ll forget you/I wish I could... ” ç___ç *Leia piange*), ‘Endlessly’, e alle mie droghe ‘Time is Running Out’ e ‘Sing for Absolution’ (han tutti testi che sembrano, in qualche modo, raccontare questa fic… >_< son troppo belle… ). Ehm, so che è un po’ stupido ringraziare delle canzoni, ma mai come in questo periodo scandiscono la mia vita e il mio umore…

Ordunque, direi che siamo alla fine!! Spero che abbiate riposto le armi, sennò ditemelo che inizio a scappare :P

Prima di andare, naturalmente, mando un abbraccio fortissimo alle mie pucci Mellyn, e un bacione collettivo a tutta la mitica ML di WG!! Go wicked power go!! ^_-

*Leia*